Tredici Stagione 3 Recensione

Tredici Stagione 3 Recensione | La serie teen basata sul romanzo di Jay Asher e prodotta da Selena Gomez è stata un concentrato di polemiche al suo debutto due anni fa. La prima stagione ha ricevuto elogi per la narrazione cruda dei traumi adolescenziali, ma è stata condannata per la rappresentazione grafica del suicidio del personaggio principale, Hannah Baker. Adesso Tredici Stagione 3 giunge su Netflix, consapevole del fatto che il suo contenuto potrebbe non essere adatto ai giovani più vulnerabili: come per la season 2, il primo episodio è infatti preceduto da un messaggio dei membri del cast principale attraverso il quale gli spettatori vengono invitati a rivolgersi a una persona fidata o a uno psicologo nel caso avessero bisogno di aiuto per uscire da situazioni di crisi.

Tredici Stagione 3

Un importante incontro.

Tredici Stagione 3: rinnovarsi ma senza carattere

La seconda stagione ha mostrato gli effetti del suicidio di Hannah su adulti e ragazzi – sussurrando per tutti gli episodi la domanda “di chi è la colpa?” nell’orecchio dello spettatore – e ha fatto calare definitivamente il sipario sulla tragedia con il processo. Nelle puntate finali il tema del suicidio viene lentamente offuscato da una seconda brusca svolta della trama: Tyler, un personaggio solitario e vittima di bullismo che aveva cercato vendetta sui ragazzi più prepotenti, viene brutalmente aggredito e violentato dai giocatori di football nel bagno della scuola. La raccapricciante sequenza, come quella del suicidio dell’anno precedente, non si è fermata al suo realismo, alimentando ancora una volta discussioni sul controverso show televisivo. Peraltro, a infiammare le non poche polemiche, il cliffhanger alla fine della seconda stagione incentrato su una sparatoria pianificata dallo stesso Tyler e sventata in extremis dal protagonista maschile, Clay. Da qui comincia Tredici 3, che in un certo senso cambia veste trasformandosi in una sorta di soap-opera mystery: stavolta l’intreccio alla base della trama è il rinvenimento del corpo di Bryce, il giovanotto benestante che in passato ne aveva combinate di tutti i colori (stuprando oltretutto alcune ragazze del liceo). Qualcuno l’ha ucciso, ma chi? Tredici 3 è un po’ un “Big Little Lies teen”, ma quando la serie punta i riflettori sugli abusi sessuali e la violenza più in generale non riesce a raggiungere il livello dello show HBO, limitandosi a essere appetibile per un pubblico di adolescenti (ciò non toglie che la serie possa essere apprezzata anche dai più grandi, ovviamente).

 

La stagione inizia otto mesi dopo che Clay ha impedito a Tyler di fare una strage al ballo della scuola, e salta avanti e indietro nel tempo per descrivere ciò che è accaduto nei momenti, giorni e settimane seguenti. Introduce anche il nuovo plot: dopo una rissa in una partita di football, Bryce scompare e successivamente viene trovato morto. Si scopre inoltre che Tyler ha evitato con successo gli sbirri che si stavano recando a scuola dopo aver saputo della sparatoria sventata. L’alternarsi di due periodi di tempo diversi viene rappresentato graficamente dalle bande nere cinematografiche che compaiono nel momento in cui la serie racconta gli eventi successivi alla sparizione di Bryce, prediligendo una palette di colori scuri per simboleggiare visivamente il tono un po’ dark assunto. Come la prima stagione è stata impostata sul suicidio di Hannah e la seconda sull’incessante bullismo subito da Tyler, Tredici 3 si poggia sull’omicidio di Bryce, ma i quesiti che pone sono sempre gli stessi: nei primi due casi, lo spettatore è portato a chiedersi se la decisione (rispettivamente di uccidersi e fare una strage) sia in qualche modo giustificata da ciò che è successo alle vittime; nel terzo caso, se l’omicida misterioso abbia fatto la cosa giusta dal momento che Bryce non era un ragazzo pulito. Bisogna dunque entrare in empatia con una suicida che cerca vendetta, un giovane armato fino ai denti e un killer? Quello che hanno fatto è motivato da quanto hanno subito? Riscattarsi è giusto? Quando entra in gioco l’etica o la morale non è mai facile dare una risposta, ma non credo – parlo esclusivamente a nome mio – sia opportuno prendere le parti di Hannah, Tyler e l’assassino di Bryce vedendoli come martiri, pur comprendendo i motivi dietro i loro gesti estremi.

Tornando a Tredici 3, il povero Clay è il principale sospettato dell’omicidio, dettaglio che spoglia ulteriormente il personaggio della sua innocenza. A questo punto, vista anche la natura investigativa che abbraccia, è difficile dire che la serie assomigli a com’era alle sue origini. Non intendo che gli show non possano evolversi, ma l’intera idea alla base dello show Netflix viene cestinata in favore di una soap opera scabrosamente macabra, interpretata da un cast di attori che non si adattano più alle loro parti. Ha perso tutto il suo senso iniziale, basti pensare al titolo che inevitabilmente si rifà ai motivi che hanno spinto Hannah Baker a togliersi la vita, personaggio tornato in maniera forzata nella seconda stagione (come illusione creata dalla mente di Clay) e del tutto assente in Tredici 3. Al suo posto subentra Ani, la ragazza nuova, figlia della badante del nonno di Bryce Walker che stringe amicizia con Clay, Justin, Jessica e tutti i protagonisti delle stagioni precedenti. Un’aggiunta gradita al gruppo.

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Lo show cerca di rinnovarsi, ma finisce con l’assumere una forma che non sente sua. I fan potrebbero ancora apprezzare la produzione, ma avrebbe funzionato senz’altro meglio come serie antologica.

La mia sedia a rotelle è come il kart di Super Mario. In qualsiasi cosa devo essere il migliore, altrimenti ci sbatto la testa finché non lo divento. Davanti a un monitor e una tastiera, però, non è mai stato necessario un grande sforzo per mettermi in mostra. Detesto troppe cose, sono pignolo e - con molta poca modestia - mi ritengo il leader perfetto. Dormo poco, scrivo tanto, amo i libri e divoro serie tv. Ebbene sì, sono antipatico e ti è bastata qualche riga per capirlo.