Call of Duty Modern Warfare Recensione

Call of Duty Cover

Parlare di Call of Duty: Modern Warfare con piena cognizione di causa si ĆØ rivelata un’impresa più ardua del previsto in questi giorni, il che, visto il periodo (Death Stranding, coff coff), potrebbe suonare anche come una mezza presa in giro. Ci sarĆ  un motivo, d’altronde, se noi di GamesVillage abbiamo scelto di non partecipare alla più classica delle corse alla review, una volta scaduto l’embargo che pendeva sul nuovo titolo di Infinity Ward. Il perchĆ© ĆØ presto detto: il nuovo CoD ĆØ uno sparatutto che non ha più molto a che vedere con quelli che l’hanno preceduto e per questo richiede – anzi, pretende – i suoi tempi per essere capito appieno e a 360 gradi. Non a caso il team una volta capitanato da Jason West e Vince Zampella (ora in Respawn Entertainment) ha avuto a disposizione ben cinque anni di sviluppo e tutta una serie di aiutanti – da High Moon a Beenox, passando per gli stessi Sledgehammer Games – a supporto di una missione a dir poco colossale: trasformare dalle fondamenta i connotati del Call of Duty ambientato in epoca moderna, puntando dritto a un obiettivo che cinque anni fa Advanced Warfare aveva clamorosamente fallito – o meglio, ignorato – imboccando la strada sbagliata.

Probabilmente, vista l’evoluzione storica del brand guerrafondaio nato nel 2003 sotto l’ala diĀ Activision, solo il tempo potrĆ  dirci in maniera del tutto esaustiva e con precisione millimetrica quanto il bersaglio sia stato centrato. Durante le nostre (ormai lunghe) sessioni di gioco, però, una cosa ci ĆØ subito sembrata palese: abbiamo sentito di nuovo quell’ancestrale prurito sotto la pianta dei piedi e riassaporato un senso di scoperta sopito da troppo tempo, segno che stavolta, in quell’alchimia che ci ha fatto innamorare per anni, qualcosa ĆØ davvero cambiato.

La guerra secondo Modern Warfare

Si percepisce, in questo nuovo (e nuovo per davvero) Modern Warfare un distacco totale rispetto al passato sotto tutti i punti di vista, tanto che non di rado i veterani di lungo corso nella nostra redazioneĀ – specie il sottoscritto – si sono ritrovati a chiedersi se il videogioco sotto i ferri della nostra analisi fosse davvero un Call of Duty. Eppure ĆØ proprio alle radici della serie che Infinity Ward si ĆØ ispirata, recuperando dal leggendario Call of Duty 4 la volontĆ  di raccontare una storia il più esplicita possibile, senza alcun filtro. Quella consapevolezza, col senno di poi, non ĆØ mai stata espressa appieno da nessun capitolo del franchise, anche nei momenti più tragici, come l’attacco terroristico all’aeroporto di MW2 o la roulette russa del primo Black Ops. Al contrario, il remake/reboot di Modern Warfare, nato come vera e propria rielaborazione (nel 2019) del capitolo del 2007, rompe finalmente gli indugi e propone una campagna coraggiosa, potente e memorabile, affidandosi spesso a parallelismi con l’illustre antenato. Parallelismi che, cosƬ come le differenze, sono davvero tanti: mettersi ad elencarli tutti senza scadere nello spoiler ĆØ un’impresa degna di un campione olimpico, ma in ordine sparso ci proviamo lo stesso.

Infinity Ward ĆØ riuscita nel mezzo miracolo di reinterpretare certe scene, fra cui la missione da cecchino, quella a difesa del carro armato e alcuni scontri in notturna che evocano piacevoli reminiscenze di SASsiana memoria. Il tutto viene poi contestualizzato in una trama coerente e precisa, che evita di crogiolarsi nel citazionismo ed ĆØ costruita attorno a scelte spesso ardite e ben confezionate, in cui poco o nulla finisce con l’essere fuori posto. Pur riproponendo il classico scontro fra russi e americani come ā€œportatori di civiltĆ ā€ contro ā€œbarbariā€, l’avventura riesce a ragionare in maniera più umana e supera faziositĆ  varie e dicotomie fra buoni e cattivi, come si evince, per dirne una, dallo scontro intestino in Urzikstan, una delle nazioni fittizie in cui si ambienta la storia. Recuperando la metafora olimpica e paragonando le campagne dei Call of Duty a un campione di tuffi, capitava spesso in passato che venissero rovinate da questa o quella sbavatura più o meno pronunciata, nelle tematiche e/o nello stile: un piccolo scivolone sul trampolino, un ingresso in acqua non perfetto e via dicendo. Ecco, tolto qualche minimo episodio di revisionismo storico – anche necessario, a nostro modo di vedere, per presentare certi accadimenti nel modo giusto nel contesto della finzione ludica – quella di Modern Warfare non sbaglia un colpo, nella forma e nella presentazione visiva ancor prima che nella sostanza.

Le scorribande del capitano Price (si, in qualche modo ĆØ sempre lui) e dei suoi compagni, oltre ad essere condite di una serie di scene di intermezzo di qualitĆ  elevatissima, raccontano nel loro insieme una storia corale di grande impatto e coinvolgimento emotivo, che nel complesso merita di essere giocata, anche da chi solitamente preferisce optare subito per la componente multigiocatore competitiva. Anche se, e qui sta il vero ingrediente segreto, quel che davvero permette alle vicende messe in scena da Infinity Ward di spiccare sopra la media ĆØ il tono con cui vengono espresse.

Vi basti sapere che l’unico, vero momento politically correct e volutamente edulcorato che troverete nel corso della campagna ĆØ il divieto di sparare a un neonato in una culla (ma quale pazzoide lo farebbe?); per il resto, sia a livello scenografico che ludico, ce n’è per tutti i gusti, dal racconto della terribile infanzia di due fratelli urziki (entrambi fra i protagonisti), a scene di tortura, caotici inseguimenti per le strade di San Pietroburgo e sparatorie in una Londra messa a ferro e fuoco (e in cui evitiamo di dirvi cosa succede, anche se probabilmente lo saprete giĆ ). Si tratta, nel loro complesso, di scene ben scritte e magistralmente orchestrate, in un connubio di azione e narrazione ben riuscito, nel quale il classico ā€œeffetto tunnelā€ ĆØ ormai quasi solo un ricordo. E a fare la differenza ĆØ la rappresentazione a schermo di tutte queste scene, rappresentazione la cui brutalitĆ , per una volta lontana (per fortuna!) dalla classica epica ā€œhollywoodianaā€ propria dei predecessori, si riflette nella vivacitĆ  e nel brio insiti nel gameplay. Quest’ultimo, completamente stravolto, comincia giĆ  nelle missioni storia a mostrare tutte le sue peculiaritĆ , pur rimanendo giustamente imbrigliato entro i confini di una narrazione che si mantiene coinvolgente dall’inizio alla fine.

Cambiamenti ovunque e grande coraggio nel portarli avanti

Durante le sette o otto ore necessarie per giungere ai titoli di coda avremo modo di vivere una quantitĆ  e varietĆ  di situazioni non da poco: al di lĆ  dei momenti drammatici e delle scene pensate per suscitare una reazione emotiva, la guerra – su una scala nĆ© grande nĆ© troppo condensata e inverosimile – ĆØ raccontata in maniera equilibrata, organica e coerente, sacrificando un po’ di spettacolaritĆ  in nome di un realismo più pronunciato. Ciò significa che i movimenti del personaggio e le animazioni legate alle armi e alle interazioni ambientali sono tutti elementi andati incontro a una profonda revisione, che mai come quest’anno avvicina Call of Duty ai rivali di sempre, come Battlefield e Rainbow Six, senza per questo rinnegare le basi proprie di Counter Strike. L’anima della serie, di stampo arcade, si intravede ancora, specie nella frenesia e nel ritmo degli scontri a fuoco, ma possiede connotati diversi, esemplificati in tanti modi: non ultima, la possibilitĆ  di sporgersi per sparare da dietro le coperture. Quest’elemento era giĆ  stato introdotto in Ghosts, nel 2013, in maniera piuttosto posticcia e poco efficace: in Modern Warfare, invece, complice la diversa gestione dell’arsenale a disposizione, l’effetto che fa ĆØ completamente diverso.

In generale, le sparatorie sono fisiologicamente cambiate, perdendo un po’ in fluiditĆ  ma guadagnando in realismo e anche in velocitĆ , grazie alla generosa quantitĆ  di nuove animazioni di intermezzo che prima erano magari assenti, soltanto opzionali, meno rapide o peggio calcolate. Ne sono esempi la possibilitĆ  di ricaricare mentre si mantiene il mirino puntato sul nemico o mentre si sprinta, di scivolare velocemente e di attivare due modalitĆ  di scatto, una delle quali, più rapida, rende impossibile sparare. Una volta superato un certo periodo di adattamento e di perplessitĆ  ĆØ comunque facile apprezzare il nuovo sistema, che da adesso in poi fungerĆ  gioco forza da base per tutti i capitoli moderni (ĆØ improbabile vedere altre derive futuristiche, ma mai dire mai) ed ĆØ stato palesemente studiato per essere raffinato e perfezionato nei giĆ  scontati sequel, un po’ come fu quello del primo MW dodici anni fa.Ā 

Call of Duty 4

La rivoluzione che lo studio di Los Angeles ha pensato ben si applica a tutti gli elementi e le modalitĆ  di gioco, come da tradizione suddivise fra comparti in singolo e in multigiocatore, quest’anno in maniera meno netta del solito grazie alle Spec Ops, che si sbloccano una volta portata a termine la campagna: trattasi di una modalitĆ  cooperativa per quattro giocatori che si ricollega alla trama principale e in qualche modo la espande, protraendola verso il futuro della serie. Pur caratterizzate da una premessa narrativa interessante, le quattro operazioni a disposizione fin da subito su tutte e tre le piattaforme (PC, PlayStation 4 e Xbox One) non sono certo la parte più riuscita dell’offerta ludica. Si tratta di partite in matchmaking che offrono una serie di obiettivi ben definiti, completabili in sequenza in mappe enormi ed eccessivamente dispersive: concettualmente, Infinity Ward ha voluto vagamente scimmiottare quanto fatto da Valve coi Left 4 Dead, senza raggiungere la stessa cura nel design nĆ© tantomeno la medesima capacitĆ  di divertire. Una volta ricevuto un ordine, tutto quel che bisogna fare ĆØ recarsi in un punto della mappa e fare più o meno sempre le stesse cose: assassinare un bersaglio, difendere un obiettivo e via cosƬ fino alla fine: la possibilitĆ  di utilizzare le serie di uccisioni e di condividere qualche oggetto di supporto con i compagni, tra l’altro, non basta a conferire alla modalitĆ  un minimo di profonditĆ  strategica.

La situazione non migliora neppure nella modalitĆ  Sopravvivenza, variante per ora esclusiva di PS4 (a fine articolo, prima del riassunto finale, trovate qualche considerazione in merito a cura di Matteo Murri, che ha avuto modo di giocare su console Sony). Le partite in modalitĆ  cooperativa tendono a durare un bel po’ di tempo, e in mancanza di stimoli il rischio di annoiarsi nel vomitare fuoco addosso ai nemici ĆØ sempre dietro l’angolo. Di positivo c’è che il sistema di progressione (cosƬ come l’armamento) ĆØ stato unificato a quello del PvP: scelta, questa, davvero saggia e pensata per non frammentare eccessivamente il livellamento fra mille modalitĆ  differenti, la quale fa sƬ che, loro malgrado, le Spec Ops vengano relegate al ruolo di piacevole passatempo, da alternare ogni tanto (ma solo ogni tanto) all’esperienza competitiva.

Call of Duty 5

Un multiplayer solidissimo, come sempre

Proprio il più tradizionale comparto online, neanche a dirlo, ĆØ la componente che più beneficia di tutti gli stravolgimenti apportati all’anima ludica di Call of Duty, e, oltre a sorreggere tranquillamente da solo l’intera esperienza di cui ĆØ possibile godere in compagnia dei propri amici, rappresenta ancora una volta la punta di diamante del pacchetto, il jolly che permetterĆ  a Modern Warfare di sopravvivere ed essere supportato nel tempo. SI tratta, ĆØ bene precisarlo, di un multigiocatore difficile da approcciare e che richiede ore e ore di pratica e sudore per padroneggiarne di nuovo le basi, soprattutto per chi ai Call of Duty ĆØ abituato da anni ad approcciarsi in un certo modo. Farsi le ossa nella campagna, da un certo punto di vista, non basta: esistono dinamiche, come la forte enfasi sul sound design per individuare i nemici, endemiche del multiplayer e che possono essere comprese e interiorizzate solo nel corso del tempo.

Ad essere cambiata ĆØ innanzitutto la filosofia di base, che nelle prime fasi beta era evidenziata anche dalla rimozione della minimappa, tornata al suo posto soltanto poche settimane prima del lancio. Si tratta di una scelta che noi non condividiamo appieno e che sminuisce il valore ludico del grandioso lavoro svolto dai designer sui suoni ambientali, ancor più apprezzabile servendosi di un paio di buone cuffie o di un impianto hi-fi. La necessitĆ  di prestare attenzione a ogni sparo e a ogni passo era un elemento coraggioso, che ben si sposava con il ritmo generale e con l’obbligo di “anticipare” le mosse del nemico di turno, impallinandolo per primi. A differenza di molti fra i predecessori, Modern Warfare non ĆØ (più) un gioco per corridori sfrenati, ma richiede uno stile di gioco attendista e circospetto, volto a presidiare una porzione di mappa e a giocare ā€œdi squadraā€ per sopravvivere. In queste prime settimane, per nostra sfortuna, ci ĆØ capitato di vedere molti giocatori fare un uso improprio delle opzioni a loro disposizione, limitandosi a cercare di preservare il proprio rapporto uccisioni/morti invece di collaborare per gli obiettivi, cosa che, al contrario, sarebbe teoricamente accentuata grazie al ritorno di qualche modalitĆ  che negli ultimi anni era finita un po’ nel dimenticatoio, fra cui Quartier Generale, senza contare il debutto di Guerra Terrestre. Quest’ultima, collocata in una playlist a sĆ©, si ispira in maniera spudorata alla Conquista di Battlefield, copiandone quasi specularmente la struttura e consentendo a due squadre, composte ognuna da 32 giocatori, di sfidarsi alla cattura e alla difesa di cinque bandiere in mappe ben più grandi del normale, aperte anche all’uso dei veicoli. Malgrado l’apprezzabile tentativo, non si può far altro che constatare l’inadeguatezza di Call of Duty a gestire al meglio scontri di simile portata, a differenza dell’eterno rivale: tra i tanti problemi di cui Ground War soffre, emblematici sono gli scontri a fuoco tra veicoli e fucili di precisione, dotati di una balistica fin troppo grossolana, chiaramente non calcolata cosƬ bene per quelle distanze.

Call of Duty 6

Anche le novitĆ  pratiche sono tante: se le serie di uccisioni rimangono grossomodo le solite, va segnalata l’introduzione dei potenziamenti tattici, bonus a ricarica attivabili sul campo. L’intenzione del team, in questo caso, ĆØ stata quella di spostare alcuni fra i perk di classe da sempre considerati più ā€œfortiā€ in una categoria di abilitĆ  temporanee, di cui ĆØ impossibile abusare: il passamontagna che rende più silenziosi i propri movimenti, per esempio, ĆØ attivabile a comando, ma resta utilizzabile solo per pochi secondi e impiega diverse decine per ricaricarsi ed essere di nuovo pronto all’uso. Per il resto, le classi possono beneficiare dell’introduzione dell’Armaiolo, che permette di personalizzare le armi in un modo mai visto per la serie, con decine di accessori disponibili. Si tratta di uno strumento di tuning fine davvero prezioso e dalle possibilitĆ  quasi sconfinate, che apre un mondo di nuove opzioni per i giocatori competitivi, raggruppando al contempo la progressione e i livelli arma nello spazio di poche schermate. Il cosiddetto Gunsmith ĆØ l’emblema del cambiamento a cui il PvP ĆØ andato incontro, un cambiamento votato a offrire ai giocatori maggiore libertĆ  e un più ampio ventaglio di possibilitĆ , in cui si specchia anche il design delle mappe. Queste ultime, perfino quando si limitano alla tradizionale connotazione di arene destinate a scontri a fuoco serrati, sono contraddistinte da un design molto più complesso, fatto di spazi più ampi, tanti edifici multipiano, corridoi sovrapposti, tante porte da aprire e sporgenze a cui appoggiarsi. Più variabili significano però meno geometrie e zone un po’ meno studiate, che fanno sƬ che non tutte le mappe mantengano lo stesso livello qualitativo: quella ambientata a Piccadilly Circus, in particolare, ci ha convinto davvero poco (e non ĆØ l’unica). Per il resto, potremmo stare qui a parlare del multiplayer per settimane: c’è tanto da dire, e potete giurare che in futuro avremo modo di trattare ogni aspetto in maniera più approfondita.

Call of Duty 7

Possiamo, invece, soffermarci un attimo su qualche considerazione tecnica: se ĆØ vero che ĆØ consuetudine, da molti anni, inserire la serie nel novero dei videogiochi senza infamia e senza lode, ĆØ anche vero che questo capitolo riesce ad andare finalmente oltre questa definizione, e senza neppure scomodare le animazioni, totalmente rinnovate. L’idea di FPS arcade orientato alla fluiditĆ  totale ĆØ stata mantenuta, anzi, ulteriormente accentuata: di conseguenza, a buone vette qualitative si contrappongono diversi elementi sacrificati in nome del frame rate, che per un’esperienza simile va mantenuto sempre costante. Quest’anno, però, gli sviluppatori si sono impegnati ad aggiornare in maniera importante l’engine, che, oltre a rimanere funzionale a un’esperienza del genere, introduce tutta una serie di novitĆ  non da poco, dall’illuminazione in tempo reale all’ottima implementazione del ray tracing su PC. Quest’ultimoĀ fa il paio con le diverse condizioni di illuminazione in cui, di missione in missione, ci si viene a trovare, dando il meglio di sĆ© – e mettendo in mostra risultati davvero apprezzabili – in situazioni di luce fioca (all’alba) o del tutto assente. L’intelligente gestione delle fonti luminose, peraltro, assume talvolta un riscontro pratico, come nel caso in cui, per difendere una posizione, si ĆØ costretti ad usare dei bengala per illuminare un campo buio e difendersi cosƬ dai nemici che provano ad avvicinarsi di soppiatto. Degno di nota, come giĆ  accennato, il comparto sonoro: il team ha svolto un lavoro monumentale da questo punto di vista, sia nelle modalitĆ  per giocatore singolo che online, in cui il sound design assurge a vero e proprio perno cardine dell’esperienza. Infine, avremmo forse preferito una soundtrack un po’ più incisiva in certi momenti, ma per buona parte del tempo, tutto sommato, la scelta di mantenere al minimo il livello di accompagnamento – anche per lasciar parlare i fatti – non ci ĆØ dispiaciuta.

Qualche annotazione su Operazioni Speciali in survival, a cura di Matteo Murri:Ā 

La sopravvivenza classica, esclusiva temporale su PS4 e variante delle Spec Ops, non si discosta più di tanto dal modello di gameplay introdotto con Call of Duty: Modern Warfare 3. Tale modalità cooperativa, pensata per arricchire la proposta delle Operazioni Speciali, immerge quattro giocatori in una lotta contro ondate infinite di soldati nemici, con la possibilità di rifornirsi e acquisire nuovi potenziamenti spendendo la valuta ottenuta con le uccisioni. La collaborazione tra i giocatori è strettamente necessaria, una tattica individualista non reggerebbe il confronto con una potenza bellica che, ad ogni avanzare delle ondate, si rafforza sempre di più. Si tratta, comunque, di una modalità del tutto opzionale, adatta più ai giocatori nostalgici che a chi desidera provare qualcosa di nuovo.

Call of Duty: Modern Warfare ĆØ il primo, netto passo verso un cambiamento di enormi proporzioni nella serie di proprietĆ  di Activision, un passo che, pur coi suoi rischi e portandosi dietro qualche contraddizione, non possiamo che apprezzare appieno. Il capitolo sviluppato da Infinity Ward fa tutto quanto era necessario per riportare la serie alle origini e ripartire da lƬ, cancellando con un colpo di spugna i troppi copia-incolla degli ultimi anni. Mette innanzitutto in piedi una campagna poderosa (pur non lunghissima), ricca di momenti epici e drammatici e narrata in maniera magistrale, grazie a una serie di filmati d’intermezzo curati e ben amalgamati con l’azione. Tutto ciò senza dimenticare il multiplayer, anzi, compiendo i più grossi cambiamenti proprio in funzione di quest’ultimo, per riaffermarne con forza il ruolo di colonna portante. Si tratta, nel suo complesso, di un capitolo coraggioso, che cerca di smarcarsi dalle etichette più ā€œmainstreamā€ alle quali il franchise aveva provato ad avvicinarsi lo scorso anno con Blackout e al tempo stesso prova a prendere spunti – non sempre riuscendoci nella maniera migliore – da quanto altro di meglio il mercato (o, più propriamente, il suo genere specifico) ha da offrire al giorno d’oggi. Ma soprattutto, con grande coraggio, getta le basi per un ā€œnuovoā€ futuro per Call of Duty, un futuro programmato guardando al passato e a tempi d’oro che, di questo passo, non tarderanno a tornare.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.