Romancing SaGa 3 Recensione

Romancing SaGa 3

C’era una volta un mondo diviso tra PAL e NTSC. E poi vennero gli emulatori, le paste termiche, i chip di contrabbando nel negozio di fiducia sotto casa (che adesso non esiste più, il negozio di fiducia, la casa si spera di sì). C’erano poi i primi porting: e vennero le bande nere, i 50 fotogrammi, gli adattamenti sballati. C’era una volta un mondo dove il gaming non era un service, ma un trophy. In questo mondo, nell’anno del signore 1995, usciva Romancing SaGa 3 per una console che, per chi non ha mai maneggiato la lira (e non lo strumento a corde), ricorderà a stenti: il Super Nintendo Entertainment System. Lo SNES. Ah si, ora cominciamo a ricordarlo: l’abbiamo giocato magari, con i suoi Super Mario, Donkey Kong, Street Fighter. E poi c’era quella casa di sviluppo sul lastrico del fallimento che tentò il tutto per tutto in un’ultima grande fantasia: sì, la conosciamo. Non c’erano ancora Cloud, Squall, la grafica tridimensionale e i filmati in cg. Ma era lei nello spirito: la Square. Eppure, a guardarlo così, questo mondo non ci pare così distante dal nostro: che sia questo il bridge che ci consente, ad oggi, anno del signore 2019, di poter apprezzare ancora Romancing SaGa 3? Scopriamolo assieme.

Romancing SaGa 3

C’era una volta

Tamburi dagli abissi. Ogni 300 anni la Stella della Morte oscura il Sole, e ogni sciagurato nato nell’infausta eclissi è destinato a non vedere le luci dell’anno venturo: uomo o bestia che sia. Eppure un infante sopravvisse alla profezia: cresciuto egli plasmò le energie diaboliche a sé divenendo l’Archfiend, il Devil King. Inarrestabile schiuse le aule degli Abissi e liberò i Quattro Demoni, che portarono il mondo degli uomini alla rovina. Il Devil King scomparse e i Quattro Demoni regnarono sulle podestà e sulle sciagure umane, tiranneggiando indisturbati. Tre secoli trascorsero e la Stella della Morte e il Sole si incontrarono nuovamente. Nacque un nuovo infante, destinato alle grandezze: egli fu la Matriarch, l’Holy King. Raccolti a sé dei fidi alleati sfidò a singolar tenzone i Quattro Demoni dell’Abisso, li ricacciò nelle loro dimore e dissipò la malvagità dal mondo. Gli anni passarono. Il Sole e gli astri nel cielo compivano il loro tragitto, ignari degli affanni umani. Ma il destino è solo un orologio che rintocca sordo agli animi umani: 300 anni sono già passati. Il mondo ora si domanda: chi sarà nato stavolta? Il savio Holy King o l’empio Devil King? Con questo incipit si apre Romancing SaGa 3, in un pregevole filmato in pixel art, in grado di darci immediatamente le coordinate essenziali e, per chi ha masticato Dark Souls et similia, qualche anticipazione sui nemici di gioco. La sensazione è subito di trovarci a casa: è solo un po’ più vecchia, ruvida, non proprio confortevole come la nostra. Ma è casa. L’incipit di Romancing SaGa funziona ancora e ha stile da vendere.

Romancing Saga 3

Il passo successivo è scegliere il nostro eroe tra un tier di 8 avventurieri. Hanno nomi comuni, piccoli sprite colorati a rappresentarli; età, caratteristiche, armi, origini: nobiliari, umili, nomadi. Octopath Traveler ante-litteram! Noi abbiamo avuto la possibilità di provare lo starting della campagna con due personaggi, e all’oscuro di tutto, abbiamo scoperto che con il Marchese Mikhail il gioco intraprende una piega politica/gestionale: battaglie campali da condurre e una cittadina da amministrare (il tutto ha la portata di un mini-game, niente di più). Con il secondo personaggio, Julian, le cose cambiano. Catapultati nell’azione in una foresta si apprezza subito il feeling old-rpg: mostri da sconfiggere, una carovana dispersa, un gruppo di avventurieri che ben presto scopriranno di essere coinvolti in una realtà più grande. Il fantasy che Romancing SaGa 3 mette in scena è la classica trasmigrazione di alcuni topoi classici europei filtrati dalla sensibilità giapponese, amalgamati in una salsa veramente molto anni ‘90: i dialoghi sono semplici, lineari, così come le intenzioni e le motivazioni dei personaggi. Un piatto che va preso così come è, senza starci troppo a filosofeggiare attorno.

Romancing SaGa 3

La vecchia scuola degli J-RPG

Visuale dall’alto. Pixel art. Nemici visibili su schermo, alcuni evitabili e altri no. E interagendo con essi si viene catapultati nel fight mode a turni. Gruppo di eroi da un lato, nemici dall’altro, telecamera fissa su entrambi e fight theme ad incalzare la progressione del duello. Il party è composto da 5 membri che possiamo scegliere tra una rosa d’avventurieri che arriva a 20 progredendo nell’avventura. HP, SP sempre presenti, ma dimenticatevi le poco sobrie Limit alla Final Fantasy: in Romancing SaGa 3 non sarà il singolo eroe a fare la differenza ma la strategia di gruppo! Questa caratteristica ci ha realmente incantato del titolo: in base a quali personaggi dispiegheremo in battaglia si sbloccano sinergie, nuove formazioni e azioni veloci in grado di rigenerare HP, aumentare danni, rinvigorire i parametri di difesa. Il gioco non ha punti esperienza cumulabili ma la progressione avviene in modo randomico: a fine combattimento aumenteranno alcune o le caratteristiche o le abilità in una data tipologia d’arma. Ogni tipologia di arma (spadoni, alabarde, shotel, staffe, etc) ha il suo moveset unico, traducibile in mosse da sfoderare per sbaragliare i nemici. Se poi consideriamo che i singoli personaggi possono portare con sé contemporaneamente tre armi ne viene un impiego strategico e divertente, lontano dalla mera interpretazione di arma come semplice valore numerico (anche se un’arma migliore porta sempre un damage output maggiore).

Il farming sarà essenziale per progredire, e vi avvisiamo: questo è un GDR di altri tempi, quando finire un gioco non era da darsi per scontato ma un trofeo da guadagnarsi con sudore, ricominciando da lontani checkpoint e scaraventando i controller contro le pareti (no, questo non era essenziale). Romancing SaGa 3 richiede attenzione e tempo per completarsi e per essere apprezzato. Nessun tutorial vi dirà quale skill usare contro una determinata tipologia di nemici o dove andare per continuare le quest, in un mondo che si dipanerà in ogni direzione e senza limiti. Il mondo è totalmente open, ma ogni zona (città o dungeons che sia) andrà prima scoperta attraverso il dialogo con i png, e solo dopo ricevute le informazioni comparirà nella mappa e sarà possibile accedervi. Starà tutto a voi e alla vostra volontà di esplorare e muovervi continuamente. A proposito di mondo di gioco….

L’Amore ai tempi della Pixel Art

L’operazione di restauro di Square Enix è stata egregia, senza sbilanciarci in eccessi di entusiasmo. Il lavoro migliore è stato fatto sulle interfacce e didascalie, rese pulite e appetibili alle sensibilità videoludiche odierne. La pixel art è stata spolverata senza grandi stravolgimenti per mantenere inalterato lo spirito e l’art design di un jrpg che farebbe sembrare Final Fantasy VII un titolo next-gen. Il risultato è colorato, vivace, particolareggiato, affatto fastidioso, e se da una parte la staticità delle animazioni dei personaggi può allontanare dalla fruizione, dall’altra gli effetti luminosi regalano al titolo una boccata d’aria fresca. Romancing SaGa 3 ci ricorda come Square sia sempre stata legata alle sue magie sobrie: esplosioni di pianeti e piogge cosmiche saranno all’ordine del giorno. Fuori dai combattimenti e dai dungeons le città di Romancing SaGa 3 sono ancora meravigliose. Passeggiarci, interagire con gli abitanti, entrare negli edifici per poter immergerci nella vita quotidiana di intere cittadine è un feeling favoloso che ci ha ricordato la saga di Final Fantasy, Breath of Fire, Dragon Quest. L’art design degli interni ci riporta ad un’epoca dove ogni elemento non era messo a caso per riempire lo schermo ma stava esattamente dove doveva essere per regalarci, in un mosaico particolareggiato, la sensazione di camminare in un mondo vivo.

Le musiche del gioco sono figlie dell’era 16bit: il taglio è polifonico, con motivetti ripetuti e assuefacenti. Note emotive per i momenti più tragici (sì, che ci saranno) sino a tracce che hanno risentito della contaminazione industrial di quegli anni. Il feeling generale è di una colonna sonora solida, variegata, con una decina di tracce davvero riuscite che a distanza di anni farebbero voltare qualsiasi fan di Romancing SaGa 3 verso lo schermo per dire: “Davvero stai giocando a Romancing SaGa?”

Dopo un’intera settimana spesa in un back-travel negli anni ‘90 videoludici possiamo non essere che felici dell’iniziativa di Square Enix di riproporre la line-up dei suoi classici in veste aggiornata. Romancing SaGa 3 è un titolo invecchiato, questo dobbiamo ammetterlo, ma che per il fan del genere propone elementi nuovi e mai più esplorati: scombina le carte in tavola, ma le carte sono sempre quelle. Probabilmente l’uscita a ridosso di Final Fantasy VIII Remastered lo metterà in disparte, anche a causa dell’assenza di quei comandi che rendono le remastered Square Enix appetibili ad un pubblico moderno (tra tutte la velocità x3 al fine di agevolare il farming, che in questo titolo è oltremodo importante). Per chi è allora questo Romancing Saga 3? Per tutti coloro che sono intenzionati nel tuffarsi e perdersi in un JRPG vecchia-vecchia scuola, non estremamente tecnico ma punitivo. Per tutti gli altri indugiate: prima recuperate titoli più recenti e più alla vostra portata e quando sarete pronti Romancing SaGa 3 sarà lì ad aspettarvi.

Non esisto. E anche se esistessi ignorerei dove sono. Perso nel NET o nel Lifestream, in qualche arcipelago sperduto dell'Alaska, forse nell'Arkham dei Grandi Antichi e, più lontano, tra montagne di D20, alla destra di Padre Ilùvatar, in un sogno b/n. Dove sono, chi sono? Nel dubbio, scrivo.