Sniper: Ghost Warrior Contracts Recensione

Sniper: Ghost Warrior Contracts Cover

Che gli Sniper: Ghost Warrior non siano mai stati annoverati fra le eccellenze nel loro genere ĆØ sempre stato un dato di fatto piuttosto evidente agli occhi di tutti. Basterebbe, d’altronde, dare un’occhiata alle medie voti e alle recensioni, quasi mai entusiastiche, per farsi rapidamente un’idea dell’accoglienza freddina che la critica ha sempre riservato ai videogiochi legati al cecchinaggioĀ di CI Games, che però, dal canto loro, sono riusciti nel tempo a ritagliarsi un buon seguito di pubblico, forse anche per mancanza di un vero concorrente. Consapevole di un simile apprezzamento, dopo tre capitoli principali lo studio polacco ha quindi tentato la strada dello spin off, con una formula a metĆ  tra l’annacquato open world di Ghost Warrior 3 e le singole missioni, fin troppo cristallizzate, dei predecessori. ƈ cosƬ nato Sniper: Ghost Warrior Contracts, un titolo che noi abbiamo avuto modo di provare a lungo giĆ  durante l’E3 e la passata Gamescom, e di nuovo pochi giorni fa: pur con aspettative generali comprensibilmente freddine, il tentativo di dare una sterzata (anche in termini concettuali) e di trovare una nuova comfort zone per la serie ci ha lasciato piuttosto incuriositi. Contracts ci sarĆ  riuscito? Vediamo di capirlo.

Dagli al cecchino

ƈ evidente, in effetti, che con il suo ultimo nato CI Games miri a raggiungere lo stesso obiettivo (quello di piacere a una determinata fetta di pubblico) in modo abbastanza diverso rispetto al passato. Basta guardare il menu principale e accorgersi del peso che determinati elementi hanno rispetto ad altri per capirlo: la storia, per esempio, ĆØ quasi completamente sparita, relegata a una serie di filmati di fondo che fungono da congiunzione tra le varie parti di cui si compone la campagna. Andando con ordine, da questo punto di vista c’è in realtĆ  poco da dire: si tratta della solita vicenda che mischia in modo posticcio fantapolitica e spionaggio, servendosi – per scelta – di una costruzione narrativa piuttosto banale e deboluccia anche rispetto al non irresistibile capitolo precedente. Vi risparmiamo quasi del tutto anche lo spiegotto sui nomi in gioco e sui loro scopi: per quel che serve, ci limitiamo a dire che la vicenda ĆØ ambientata in Siberia (che ha appena dichiarato la propria indipendenza dalla Russia) e che voi interpretate un mercenario al soldo di una fazione separatista, inseritasi nel bel mezzo del tumultuoso quadro politico per ribellarsi all’esercito che governa la neonata nazione e al pugno di ferro di altisonanti generali dagli altrettanto altisonanti nomi, i quali vanno ovviamente eliminati per ristabilire l’ordine. Fine, senza grosse sorprese nĆ© scossoni.

Se non altro, però – e qui sta l’elemento per cui vale la pena dare una possibilitĆ  a Contracts – gli sviluppatori hanno indovinato la struttura a macro-missioni, i cosiddetti Contratti, che rappresenta il cuore dell’offerta ludica. Questi ultimi sono in totale venticinque, e non sono altro che lunghe quest, inserite in cinque, grandi mappe ben circoscritte, nelle quali completare più obiettivi principali e diversi sotto-obiettivi facoltativi. Togliamo fin da subito un dente che ha lasciato perplessi anche noi: se tutto ciò vi sembra poco, vi basti sapere che per completare una delle cinque mappe in maniera ottimale e soddisfando tutti gli obiettivi potrebbero servirvi fino ad oltre cinque ore (facendo tutto con calma), per una durata complessiva considerevolmente più estesa di quel che sembra.

I Contratti, almeno nelle intenzioni, funzionano, anche grazie a una struttura complessiva ben pensata e fatta di grandi aree sandbox nelle quali muoversi a piacimento, completando obiettivi senza soluzione di continuitĆ . La maggior condensazione dell’esperienza permette al design delle mappe di essere più studiato, a tutto vantaggio della qualitĆ  nella composizione degli scenari, che ruotano attorno a singoli avamposti e ai loro dintorni: ciò significa che i momenti morti e l’asfissiante ripetitivitĆ  del terzo capitolo sono stati in gran parte eliminati. Ogni obiettivo, al termine del quale viene attivato un checkpoint che consente di non dover ripetere l’intero contratto daccapo, ĆØ completabile in diversi modi: la volontĆ  di offrire approcci multipli ĆØ in effetti un elemento su cui gli sviluppatori hanno puntato parecchio, e spesso si nota. Tolte le consuete fasi di avvicinamento, effettuate quasi sempre con il binocolo in mano, la sensazione di ā€œripetereā€ più volte le stesse tattiche non ĆØ più cosƬ marcata come in passato, anche grazie a un design un po’ meno piatto, che fa maggiore affidamento sulla verticalitĆ  e sulle differenziazioni a livello ambientale, con campi minati su cui ĆØ impossibile andare, fiumi profondi da attraversare nuotando sotto il pelo dell’acqua per non farsi individuare, e via dicendo.

Ciò, d’altro canto, non significa che il retaggio “monotematico” della serie sia stato completamente eliminato. Quest’ultimo continua anzi a farsi sentire soprattutto nelle zone secondarie delle mappe: molto spesso capita di vedersi “suggerito” in bella vista il percorso da compiere, con una libertĆ  solo apparente e che non di rado lascia spazio alla banalitĆ . Se gli avamposti principali sono spesso ben difesi e può essere soddisfacente infiltrarvisi per completare gli obiettivi in silenzio, capita spesso in quelli secondari di trovarsi di fronte alle medesime situazioni, con pochi nemici a difesa di un obiettivo facile da scovare.

Sniper: Ghost Warrior Contracts

Gallina vecchia… non fa buon brodo

Se a livello di level design e strutturazione generale delle missioni sono comunque stati fatti dei discreti passi in avanti, spiace constatare che, nel concreto, Contracts si porta ancora dietro molti dei difetti atavici della serie. Cominciamo dall’intelligenza artificiale, che, ancora oggi, resta una delle note più dolenti, con routine comportamentali che a momenti sfigurerebbero anche nella generazione PS2-Xbox. I nemici, dai soldati semplici a quelli corazzati, passando per gli ufficiali, sono terribilmente poco reattivi, ingessati e incapaci di imbastire tattiche organiche di gruppo, volte a stanare il protagonista dal suo nascondiglio. Se si va oltre il danno inflitto e la capacitĆ  di scorgerci da lunghe distanze – elementi, peraltro, artificiali e legati unicamente alla difficoltĆ  – ci si rende subito conto delle loro effettive manchevolezze e di una programmazione che gestisce in maniera spesso incomprensibile qualsivoglia elemento sensoriale. Spesso, anche a causa di un cono visivo fin troppo limitato,Ā basta spostarsi di pochi metri per mandare in confusione un intero plotone, rendendo le fasi di infiltrazione, pistola silenziata alla mano e una volta capito come approcciarle, una vera passeggiata.

In realtĆ , gli elementi per gestire la situazione anche da lunghe distanze ci sarebbero tutti, grazie a un nutrito arsenale da cecchino che mette a disposizione diversi fucili (personalizzabili) con svariate tipologie di munizioni, dai proiettili perforanti o esplosivi a quelli traccianti, per arrivare ai DARPA, bossoli modificati che ignorano totalmente la distanza dal bersaglio e la direzione del vento. La balistica dei fucili di precisione non ĆØ mal calcolata, specie sulle lunghe distanze; da vicino, invece, specie fino ai 100-200 metri, tende ad essere un filo troppo approssimativa. Non mancano nemmeno i gadget, che si inseriscono in un elenco lunghissimo, dal quale attingere a piacimento: si va dai droni di perlustrazione alle torrette automatiche, passando per granate e mine di ogni tipo. In tal senso ĆØ evidente l’impegno degli sviluppatori a diversificarne l’utilizzo, sfruttando l’intero armamentario in modo creativo, grazie a dettagli – disseminati per le mappe – che spesso ā€œsuggerisconoā€ l’uso di questo o quello strumento per rendere più semplici le successive operazioni. La gran parte di questi ultimi si rivela però ben presto opzionale, messa lƬ quasi soltanto per dare un senso al sistema di valutazione del proprio stile di gioco e a certe sfide completabili soltanto in determinati modi, che incentivano la rigiocabilitĆ . Per il resto, anche considerate le mancanze nell’intelligenza artificiale, sarebbe possibile completare Sniper: Ghost Warrior Contracts anche giocandolo non come un videogioco stealth, ma come un normale sparatutto, specie al primo e secondo livello (su tre) di difficoltĆ . Non appena ci si rende conto che lo stealth ĆØ in gran parte solo un ā€œmuro illusorioā€, insomma, l’immersione si rompe del tutto, con conseguenze spesso catastrofiche, complice un gunplay non certo studiato per essere fruito in quel modo.

Sniper: Ghost Warrior Contracts

La cosa ā€œpositivaā€, in un certo senso – e qui ci rivolgiamo in particolar modo agli appassionati di lungo corso della serie – sta nel fatto che chi ĆØ disposto a sorvolare sugli aspetti più problematici dell’esperienza e a giocare in un certo modo, volto a non sacrificare mai l’immersione in nome dell’attuazione di tattiche che ā€œromponoā€ il gioco, può anche divertirsi. Il sistema di potenziamento del personaggio e dei gadget a disposizione, per esempio, richiede tempo e pazienza per essere ultimato e padroneggiato, specie grazie a un sistema economico che non fa sconti a nessuno e spesso richiede di rigiocare più volte determinati obiettivi per ottenere il denaro necessario a sbloccare tutto. Gli elementi ruolistici sono presenti in forma piuttosto marcata e, se specchiati unicamente nella gestione del personaggio e del suo armamentario, permettono di dar vita a una quantitĆ  – teorica – di build niente male e con cui ci si può anche divertire a sperimentare, specie sbloccando determinati oggetti avanzati che consentono un ground control sempre maggiore.

Tecnicamente, infine, siamo su buoni livelli: Contracts ĆØ sviluppato con il CryEngine, motore, di proprietĆ  di Crytek, che negli ultimi anni ĆØ finito un po’ nel dimenticatoio per quanto riguarda le produzioni tripla A, ma che si difende ancora egregiamente. Su PC, versione da noi testata (configurazione di prova: i9-9900K, 2080 Ti, 32 GB di RAM), l’esperienza ĆØ fluida e convincente, ed anche piuttosto scalabile. L’unico elemento verso il quale ci sentiamo di muovere critiche sono le animazioni,Ā davvero deludenti e legate a una fisica ragdoll quasi comica quando la visuale proiettile (che di per sĆ©, in pieno stile Sniper Elite, dovrebbe essere cinematica e spettacolare) raggiunge il bersaglio. Buone, invece, quelle di arrampicata e di interazione, cosƬ come il sonoro, disponibile soltanto in inglese.

Sniper: Ghost Warrior Contracts ĆØ indubbiamente il miglior capitolo della serie partorita da CI Games, anche grazie al prezzo budget e all’intelligente struttura di gioco, volta a eliminare la ripetitivitĆ  e a concentrarsi sui – pochi – elementi positivi e distintivi della serie. Il risultato finale, nel suo complesso, ĆØ da promuovere anche soltanto per l’intuizione di accantonare subito il disastroso open world del predecessore, affidandosi a una formula più condensata, che elimina le lunghe camminate fra un avamposto e l’altro, e nel suo insieme valida, anche grazie alla possibilitĆ  di aggiungere, nel tempo, nuovi Contratti. Quando però si va a scavare un po’ più nel profondo, i problemi che la serie si porta dietro – e che, a questo punto, difficilmente verranno risolti – sono sempre lƬ, prima fra tutti un’IA al limite del ridicolo, che, il più delle volte, rompe totalmente l’immersione e trasforma lo stealth di CI Games in un mediocre sparatutto in prima persona. Un vero peccato: con un po’ di impegno in più si sarebbe potuto facilmente andare anche oltre la piena sufficienza, che comunque Contracts – a differenza dei suoi predecessori – riesce a raggiungere senza problemi.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.