Un cavaliere per Natale Recensione |Come da tradizione, anche quest’anno il colosso dello streaming Netflix ha regalato ai suoi abbonati una generosa infornata di film – dalla qualità più o meno altalenante – dedicati al Natale. Tra questi anche Un cavaliere per Natale, commedia romantica diretta da Monika Mitchell che vede protagonisti l’insegnante Brooke (Vanessa Hudgens – anche lo scorso anno in un film natalizio Neftlix: “Nei panni di una principessa”) disillusa dall’amore vero e il cavaliere britannico Sir Cole Christophere Frederick Lyons (Josh Whitehouse) del XIV secolo, catapultato nell’Ohio dei giorni nostri a causa di una magia.
Dite la verità, avete subito pensato all’indimenticabile “Come d’incanto” della Disney? Meglio che mettiate subito da parte quel pensiero: Un cavaliere per Natale, purtroppo, non ha nulla da spartire con il film che vedeva protagonisti i bravissimi Amy Adams e Patrick Dempsey, se non una certa similarità del soggetto e la “magia” che crea l’improbabile incontro amoroso. Sottolinea le differenze dei due protagonisti che, ovviamente, rappresentano il motore trainante dell’intera sceneggiatura. Un motore che in Un cavaliere per Natale risulta inesorabilmente in panne, se non spento.
Siamo nell’Inghilterra del 1334 e sir Cole, durante una sorta di gara di cattura del falco, incontra nella foresta una anziana signora con cui si dimostra gentile offrendosi di soccorrerla. Quest’ultima, come gesto di riconoscenza, lo teletrasporta (con effetti speciali da b-movie anni 90′) nel presente, dove sarà chiamato a compiere la sua impresa entro la mezzanotte della vigilia di Natale, dopodiché l’incantesimo si spezzerà e il cavaliere tornerà al suo tempo. Un’impresa che è ovviamente il “segreto di Pulcinella” anche per il telespettatore meno malizioso. Ma i problemi sono altri.
Banale e senza senso. Convince (solo) il cavaliere di Josh Whitehouse
A non stare in piedi è proprio l’intera messinscena del film: il nuovo arrivato di casa Netflix è infatti una banale accozzaglia di stereotipi e frasi fatte, nutelloso buonismo – a tratti persino immotivato e irritante – dialoghi spesso sconclusionati, momenti incoerenti e nonsense. Unica nota positiva va fatta per la discreta prova del semisconosciuto Josh Whitehouse, istrionico e svampito al punto giusto per vestire i panni del bonaccione cavaliere senza macchia e senza paura, gettato nel futuro. Meno brillante rispetto ad altre occasioni la co-protagonista Vanessa Hudgens.
Lineare e senza pathos l’evoluzione amorosa della coppia Whitehouse-Hudgens con un timidissimo twist narrativo sul finale il cui effetto si esaurisce in un paio di scene senza mettere un po’ di sale né alla trama in generale né tantomeno al rapporto fra i due innamorati. In definitiva la romance tra il cavaliere (uomo perfetto che si adatta in poche ore allo stile di vita contemporanea senza grandi problemi) e la bella insegnante Brooke fatica a decollare, e difficilmente scalderà il cuore dei telespettatori, pure di quelli più sdolcinati.
Se è vero che non è certo in un film del genere che si può pretendere una cura in termini storici (gli scivoloni sono tanti, ma evidentemente voluti per semplificare certi momenti), avremmo almeno gradito maggior attenzione ai costumi e alle scenografie: l’armatura di sir Cole sembra uscita dal reparto costumi di un centro commerciale a Carnevale e, più in generale, il piccolo spicchio di medioevo rappresentato nel film ricorda una rievocazione da sagra di paese più che una credibile scenografia cinematografica. Ma evidentemente il budget era quello che era, e quindi la produzione si è concentrate sulla trama. Anzi no.
L’ennesimo film natalizio di cui, forse, se ne poteva fare anche a meno e dove a salvarsi è unicamente la divertente figura dello strampalato e simpatico cavaliere interpretato da Josh Whitehouse. Se siete già nel mood natalizio, il nostro consiglio è di orientarvi su altro, ad esempio l’ottimo Klaus, altro prodotto di casa Netflix.