Star Wars: Jedi Fallen Order Recensione

Star Wars Jedi Fallen Order Disney

Se ĆØ vero che le vie della Forza sono infinite, devono esserle anche quelle di Respawn Entertainment nella scuderia di Electronic Arts. A due anni dalla chiusura di Visceral Games – fino ad oggi, nel gruppo, gli ultimi alfieri del videogioco single player – gli autori di Titanfall e Apex Legends sono riusciti in quello che non esitiamo a definire un vero e proprio miracolo produttivo, avvenuto sotto lo stesso tetto di FIFA e Battlefield: convincere il publisher americano a farsi finanziare un progetto legato al franchise di Star Wars che non potrebbe essere più dissimile dai recenti Battlefront di DICE. Parliamo di Star Wars: Jedi Fallen Order, rumoreggiato per lungo tempo, annunciato quasi in sordina all’E3 2018 e nel tempo sbocciato sempre di più, fino ad esplodere definitivamente lo scorso 15 novembre. Nato sotto la direzione di Stig Asmussen, Jedi Fallen Order ĆØ – per usare un linguaggio quanto mai contestuale – l’unica speranza di mantenere vivo il filone delle esperienze offline in una filosofia aziendale che negli ultimi anni sembrava aver spinto verso altri lidi.

A ben pensarci, al di lĆ  di ogni frustrazione personale, sarebbe anche difficile biasimare Electronic Arts per la sua riluttanza a investire in tutt’altra direzione, dopo i Force Unleashed di Motive – non esattamente capolavori – e il successo assicurato degli sparatutto arrivati negli ultimi anni. I dubbi in tal senso, però, sono sempre stati controbilanciati dall’aver messo al lavoro sul progetto un team talentuoso come i Respawn, che, possiamo giĆ  dirvelo, ĆØ effettivamente riuscito nel suo intento: dare agli appassionati – e non solo a loro – un videogioco che merita di essere giocato, a tanti anni di distanza dai tempi d’oro di Jedi Knight e Knights of the Old Republic. Tempi in cui, spesso e volentieri, sentir nominare Star Wars era garanzia di qualitĆ , anche in campo videoludico.

Star Wars: Jedi Fallen Order

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

Quasi a voler ribadire il suo perentorio distacco rispetto al recente passato, Star Wars: Jedi Fallen Order si colloca temporalmente in un arco narrativo ben chiaro e fino ad oggi poco esplorato nella cosmologia dell’universo di George Lucas: il lungo buco temporale fra Episodio III ed Episodio IV, successivo alla nascita dell’Impero Galattico e alla proclamazione dell’Ordine 66 da parte dell’Imperatore. Si tratta, in tutti i sensi, del periodo più oscuro della timeline di Guerre Stellari, un periodo durante il quale il Lato Chiaro era cacciato e perseguito da Darth Vader e dal cosiddetto Ordine Inquisitorio, un gruppo di guerrieri d’elite addestrati appositamente per scovare ed eliminare tutti i cavalieri Jedi nascosti nei meandri più reconditi della Galassia. ƈ da qui che prende avvio la storia del padawan Cal Kestis, sfuggito alla morte del suo maestro, Jaro Tapal, senza aver ancora completato il suo addestramento, e nascostosi su Bracca, inospitale pianeta dell’Orlo Interno, per vivere alla giornata nella gilda dei rottamatori. Non passa molto tempo prima che il giovane (interpretato da Cameron Monaghan) venga scoperto dalle Sorelle della Notte, le temute streghe di Dathomir alleate di Vader: riesce per un pelo a scampare alla Seconda Sorella e si imbarca sulla Mantis, la nave del capitano Greez Dritus, insieme a Cere Junda. La donna, una ex Jedi, lo convince a intraprendere una pericolosa missione, con un duplice scopo: quello di sabotare l’Impero e distruggerlo dall’interno, appiccando l’ennesimo focolaio ribelle, e di provare a restaurare al contempo l’Ordine Jedi.

Sulla trama in senso stretto, benchĆ© sia piuttosto chiaro dove vada infine a parare, non vogliamo dirvi di più: sappiate soltanto che, malgrado tutto, non si tratta in senso stretto del classico viaggio di formazione dell’eroe di turno. O almeno, non lo ĆØ se si tiene in considerazione il contesto, caratterizzato da tinte che difficilmente, nell’universo di Star Wars, potrebbero essere più cupe. Nel corso della quindicina di ore necessarie a completare la campagna principale – senza nemmeno andare troppo di fretta – Respawn ĆØ riuscita a inserire un discreto numero di momenti cinematografici, che assolvono piuttosto bene al compito di far sembrare la storia nel suo insieme ancor più spettacolare di quanto effettivamente non sia. Ne ĆØ un esempio la coreografica parte iniziale, che, in stile Uncharted, funge da prologo per un’avventura che poi (come vedremo) viene strutturata in maniera del tutto differente dal punto di vista ludico, ma anche la spettacolare sequenza a bordo dell’AT-AT che funge da incipit per l’esplorazione del pianeta Kashyyyk.

Star Wars: Jedi Fallen Order

Al di lĆ  degli effettivi avvenimenti, raccontati in maniera piuttosto omogenea e lineare, a stupire ĆØ più che altro il modo, ben più serpeggiante e curato, in cui Jedi Fallen Order va a ricollegarsi alla backstory di Star Wars, con una quantitĆ  spropositata di ammiccamenti verso i fan e una sorprendente attenzione verso determinati eventi legati al nuovo Universo espanso, che, tenendo conto di personaggi, razze, amicizie e rivalitĆ , aggiunge nuovi tasselli al mosaico giĆ  in parte esplorato dagli spin-off prodotti da Disney in questi anni, pur senza riallacciarvisi direttamente. La vicenda di Cal e dei suoi compagni viene trattata in maniera più o meno simile a quella di Rogue One: A Star Wars Story, introducendo nuovi personaggi (uno in particolare, in questo caso) che funzionano piuttosto bene, oppure affidandosi, anche se solo sporadicamente, al citazionismo, approfondendo risvolti inediti di qualcun altro giĆ  esistente. Gli sceneggiatori di Respawn hanno intelligentemente spostato il plot su una scala del tutto personale, focalizzata su pianeti finora quasi sconosciuti e lontana dalle vicende che abbiamo imparato a conoscere fino ad oggi: una tecnica narrativa, questa, che non ĆØ sbagliato definire a lente d’ingrandimento, alla quale Star Wars si ĆØ spesso affidato nel corso degli anni (anche per la stessa trilogia prequel), con risultati quasi sempre più che buoni.

Anche per questa sua maestria nel sapersi giostrare tra il vecchio e il nuovo, tra il giĆ  noto e l’inedito e senza la necessitĆ  di conoscere proprio tutto per poter essere apprezzata, la storia non dimentica il pubblico più ampio, quello che tra un mese andrĆ  a vedere L’Ascesa di Skywalker al cinema e che di Universo espanso non ha mai sentito parlare. Diverse vicende importanti, che spesso fungono da premesse narrative, vengono relegate – e per molti questo potrebbe essere un difetto, attenzione – all’archivio dei codex testuali, perfetto, a sua volta, per i fanatici della lore, che troveranno pane per i loro denti. I problemi della narrazione, però, non stanno tanto qui, quanto nella poca incisivitĆ  delle vicende narrate e in alcuni approfondimenti nei momenti chiave, che tendono ad essere poco chiari. Talvolta, dunque, dove non arriva la penna arriva la spada (laser): capita a più riprese, per questo motivo, che Jedi Fallen Order si affidi al più tradizionale casinismo e a qualche esplosione in più rispetto al dovuto per compensare le effettive mancanze del racconto.

Star Wars: Jedi Fallen Order

Uno scheletro ludico ben pensato…

Tutto sommato, messi sul piatto tutti gli elementi, quelli legati alla scrittura sono problemi sƬ evidenti, ma non cosƬ rilevanti, anche perchĆ© poi, quando ci si tuffa nell’azione, Jedi Fallen Order diventa un vero e proprio spettacolo, e non ci riferiamo alla prima ora e alla sequenza sul treno, ma a quel che viene dopo. Respawn ĆØ riuscita a mettere in piedi un sistema piuttosto coerente e quasi sempre funzionale, per quanto fortemente derivativo e ispirato – talvolta in maniera quasi sfrontata – ad altri pesi massimi visti e giocati negli ultimi anni. Tolta l’impalcatura narrativa, del tutto originale, non c’è nel titolo un singolo elemento che non si sia giĆ  visto applicato in passato, recente e non, in altri videogiochi: lo scopo degli sviluppatori, dunque, non ĆØ stato quello di puntare ad offrire una formula innovativa, quanto di concentrarsi su un certosino taglia e cuci che potesse infine dar vita a un risultato convincente.

Alla base, Jedi Fallen Order ĆØ un action adventure più o meno simile a Sekiro: Shadows Die Twice in determinati tecnicismi e nella struttura vagamente mutuata dai souls-like. Man mano che si comincia però a scendere nello specifico e ad analizzare i singoli elementi che compongono l’impianto ludico immaginato da Asmussen e compagni, vengono a galla una dopo l’altra tutta una serie di contaminazioni più o meno marcate che, alla fine dei conti, lo allontanano dalle summenzionate ispirazioni creative, anche in modo marcato.

Star Wars: Jedi Fallen Order

Proviamo, man mano, a spiegarci meglio. Innanzitutto, la progressione si lega a doppio filo alla narrativa esplicita,Ā ed ĆØ tutta strutturata attorno al risveglio dei poteri dormienti di Cal, che possono essere sbloccati di volta in volta o proseguendo nella trama – nel caso dei più importanti – oppure riposando ai punti di meditazione. In questi ultimi, considerabili veri e propri falò, ĆØ possibile accedere al più classico degli alberi di abilitĆ  per spendere i punti esperienza, acquisiti fino a quel momento riempiendo una rudimentale barra (senza veri e propri livelli), in modo da potenziare principalmente l’attacco, la difesa e i poteri della Forza. Questi ultimi permettono di eseguire mosse più o meno complesse e stratificano il gameplay evitando di basarlo solamente sul lato meleĆ©, un po’ come i segni di The Witcher. Non aspettatevi, in tal senso, una profonditĆ  da gioco di ruolo, quanto piuttosto un sistema molto più action, tutto incentrato attorno ai riflessi e alle abilitĆ  innate di Cal piuttosto che alla costruzione di vere e proprie tattiche elaborate in base a uno stile di gioco più o meno personale. Ciò non significa che non possiate sbizzarrirvi: le abilitĆ  a disposizione spaziano dalla spinta di Forza, alla stretta, al blocco e via discorrendo, e, se combinate nel modo corretto, possono persino permettervi di far schiantare uno stormtrooper munito di lanciarazzi contro lo stesso missile che poco prima ha sparato contro di voi.

In generale, il sistema non arriva a raggiungere laĀ profonditĆ  d’azione di Sekiro, anche considerato che i feedback visivi per aiutare il giocatore (un contorno rosso che appare attorno al bersaglio che sta per attaccare) sono molto più marcati. Ciononostante, gli somiglia piuttosto da vicino nell’impostazione del combattimento, specie nella gestione delle parate e dei contrattacchi con la spada laser e nella necessitĆ  di trovare finestre precise per eseguire spettacolari counter all’arma bianca. I nemici, siano essi umani (semplici stormtrooper o agenti d’élite) o bestie di varia natura, sono piuttosto variegati e spesso costringono – soprattutto i secondi – a ripensare le proprie tattiche in funzione di pattern mai visti prima, da imparare di nuovo. Anche in questo caso, intendiamoci, nulla che si avvicini ai lavori di From Software, dai quali – per fortuna – Jedi Fallen Order non riprende gli aspetti più frustranti, fra cui il marcato trial & error legato ai boss. Quest’ultimo, in veritĆ , comincia a farsi sentire soltanto alle difficoltĆ  maggiori, che spesso, proprio nelle boss fight – che non sono cosƬ tante come si potrebbe pensare – richiedono una perfetta esecuzione di manovre offensive e difensive complesse per non soccombere in pochi secondi, privi anche di ogni tipo di indicatore visivo.

Per fortuna il ventaglio di possibilitĆ  ĆØ incredibilmente ampio, anche se ci si volesse limitare al solo corpo a corpo, attorno a cui ĆØ strutturata una notevole parte dei combattimenti. Per esempio, a circa metĆ  della storia Cal acquisisce la possibilitĆ  di attivare una doppia lama sulla sua spada, che, pur non indispensabile, rappresenta pur sempre un’opzione di attacco in più e gli garantisce una maggior efficacia e potenza in determinati scontri. Per difendersi, invece, il giovane protagonista può fare sfoggio di una parata e ben due diverse schivate: una piroetta a mezz’aria e una capriola, la prima delle quali eseguibile in sostituzione del salto quando si centra la visuale su un nemico. In generale si tende ad essere molto mobili durante i combattimenti, specie per l’elevato numero dei nemici o per la loro pericolositĆ : proprio qui, tra l’altro, sta l’unico vero limite che abbiamo trovato al canovaccio ludico pensato da Respawn. Presto o tardi, soprattutto una volta sbloccate le abilitĆ  più potenti, si tende a ignorare la parata, anche per suoi limiti intrinseci (non ĆØ cosƬ precisa come ci si aspetterebbe, meno che per deviare i proiettili col giusto tempismo), e ci si affida al classico schiva e attacca, salvo eccezioni piuttosto rare, per exploitare l’intelligenza artificiale, che mostra qualche limite soprattutto nel caso di bestie e mostri non senzienti. Per fortuna, come accennavamo, l’avventura basa molta della sua godibilitĆ  sui livelli di difficoltĆ , strutturati per renderla accessibile sia a chi apprezza uno stile parecchio tecnico, sia, all’opposto, a chi non si ĆØ mai approcciato a un action di una simile complessitĆ , con una notevole scala di sfumature di grigio nel mezzo. I quattro livelli selezionabili, infatti, intervengono non solo sul danno subito e inflitto, ma anche sulla frequenza degli attacchi nemici e sulla finestra di parata, tarando le battaglie in base al proprio livello di abilitĆ  in maniera molto precisa e permettendo a Jedi Fallen Order di cambiare letteralmente faccia passando da quello minimo a quello massimo.

… ma Jedi Fallen Order non vive di soli combattimenti

A un combat system godibile e ben amalgamato ma non certo esente da qualche difetto, specie nei dettagli e se esposto a paragoni più o meno scomodi, il team ha ben pensato di affiancare una struttura dei livelli complessa e affascinante, farcita di tutta una serie di elementi riconducibili al genere dei metroidvania. Un primo esempio di quanto Jedi Fallen Order faccia parecchio affidamento sulla pura e semplice godibilitĆ  nell’esplorazione lo si ritrova quasi subito, quando la combriccola approda su Zeffo: ben presto, il freddo e desolato pianeta si rivela un capolavoro di level design, ed ĆØ soprattutto qui che si intuisce dove gli sviluppatori siano voluti andare a parare. La filosofia di fondo, specie nelle sue componenti platform, fonde elementi legati ai Darksiders con altri presi di peso dai capitoli PS2 di Prince of Persia, dagli ultimi Tomb Raider e persino dai precedentiĀ Titanfall, fra cui la possibilitĆ  di camminare in orizzontale sui muri e concatenare spettacolari acrobazie, funzionali anche allo spostamento da una zona all’altra; muoversi a piedi, peraltro, ĆØ l’unica opzione valida, dato che il viaggio rapido ĆØ possibile solo tra i cinque pianeti esplorabili, interagendo con l’olotavolo di comando della Mantis (che funge da vero e proprio hub centrale su cui riposarsi), ma non sulla in superficie. Al di lĆ  della sua componente platform, talvolta – ma accade molto di rado – il titolo ne mette in mostra una puzzleĀ e richiede di risolvere determinati enigmi ambientali per proseguire, nei cui pressi si trova spesso qualche tipo di guardiano o mostro più forte della norma. I rompicapo non sono cosƬ tanti, ma neppure troppo semplici o banali. Spesso, infatti, si basano su un’unica meccanica legata alla fisica e di pura logica, che, se compresa, rende il tutto piuttosto semplice; in caso contrario, procedere a tentoni potrebbe risultare molto meno immediato.

Jedi Fallen Order

Nel complesso, parliamo di un game design studiato per mettere da parte la rigiocabilitĆ  e incentivare i giocatori a scavare, ad indagare a fondo in ogni possibile pertugio nell’arco di un solo playthrough, premiando – e non poco – i completisti. Se vi piace andare ad esplorare negli anfratti più reconditi e avete sbloccato le abilitĆ  giuste – per alcune ĆØ necessario proseguire nella storia, ma poi si può liberamente tornare indietro – ne avrete mediamente per ore ed ore su ogni singolo corpo celeste, tra scorciatoie da scoprire ed attivare – alcune delle quali decisamente geniali – passaggi segreti e intere aree nascoste e del tutto facoltative, che ospitano boss e casse bonus. In alcuni casi potreste persino incontrare nemici particolari (non vi diciamo nulla in merito) e scoprire ulteriori strati di narrativa, in un connubio tra storia, combattimento ed esplorazione davvero ben pensato. Forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più in termini di personalizzazione, che si limita ad essere solamente estetica e riguarda la spada laser, il piccolo e simpatico droide BD-1 (piuttosto simile, per caratterizzazione, a BB-8), l’abbigliamento di Cal e il colore della nave. Ciò significa che sparsi per le mappe non troveremo altri oggetti all’infuori di questi, se si escludono i classici collezionabili e qualche elemento scansionabile – compresi i nemici sconfitti – che può essere aggiunto alla Banca Dati. BD-1, in realtĆ , avrebbe anche un ruolo funzionale all’interno del gioco: può curare Cal con delle fiale Stim (equivalente delle fiaschette Estus), serve da tramite per permettergli di scansionare oggetti e arricchire cosƬ l’archivio, può sbloccare determinate porte secondarie grazie al suo braccio meccanico e infine funge da mappa olografica in 3D. Quest’ultima, sebbene liberamente consultabile e tutto sommato ben fatta, senza diventare troppo confusionaria nemmeno nelle mappe più intricate, manca forse di un corrispettivo nell’hud (per intenderci, il classico indicatore lineare a bussola posizionato in alto sullo schermo) che in certi casi potrebbe essere di enorme aiuto per orientarsi.

Una delle più grandi problematiche, nella produzione di marca EA, ĆØ invece rappresentata dal comparto tecnico. Respawn, infatti, non ha utilizzato il Frostbite, il motore proprietario della casa madre, forse anche per diverse limitazioni legate all’engine, poco adatto a un gioco d’azione in terza persona (Anthem insegna, specie nelle sue versioni su console standard). Archiviato anche l’ormai vetusto Source Engine, impiegato in Apex Legends e nei vecchi Titanfall, l’unica scelta possibile non poteva che ricadere sul versatile Unreal Engine 4. Che, a ben vedere, offre un colpo d’occhio generale nient’affatto male: le rupi di Zeffo, le giungle di Kashyyyk e le brulle distese di Dathomir sono state rappresentate in maniera più che valida e rendono giustizia allo sconfinato immaginario starwarsiano, anche più dei Battlefront. Rispetto a questi ultimi, però, Jedi Fallen Order deve cedere il passo quando si comincia a parlare di tecnica. L’action dello studio californiano vive di alti e bassi e non manca di evidenziare tutta l’inesperienza del team con l’insieme diĀ toolĀ offerti da Epic Games, tra animazioni realizzate in maniera frettolosa e texture dei fondali troppo posticce, talvolta persino invadenti se amate guardarvi attorno (su Zeffo la zona di atterraggio della Mantis ĆØ orribile). In generale si avverte poca cura in termini di rifinitura, e, sebbene il gioco mostri una buona ottimizzazione e una più che discreta scalabilitĆ  su PC (versione da noi provata), la sensazione ĆØ che il progetto sia stato chiuso con un po’ troppa fretta per poter arrivare sugli scaffali in tempo per l’uscita di Episodio IX e prima del periodo natalizio.

Questo non significa, come abbiamo accennato, che non ci siano elementi che vanno dal più che buono all’eccezionale, in primo luogo la rappresentazione visiva dei corpi celesti visitati nel corso dell’avventura, ognuno dotato di un suo fascino e di suoi colori, che tutti insieme vanno a comporre una palette cromatica ampia e particolareggiata. Ottimi anche l’illuminazione e i particellari, non a caso annoverabili fra gli elementi meno ardui da gestire fra gli strumenti tecnici a disposizione. Menzione d’onore anche per la fotografia, talmente evocativa e d’impatto da spingerci a pensare che i responsabili si siano avvalsi di una qualche consulenza in casa Lucasfilm per mettere in scena determinati scorci nella maniera migliore possibile; da lodare anche diverse scelte registiche, fra cui alcuni momenti a bordo di veicoli che si trasformano in spettacolari cutscene in movimento. Andrebbero invece riviste (magari nel sequel, giĆ  quasi scontato) le animazioni facciali, talvolta fin troppo approssimative e facilmente inquadrabili come vere e proprie controparti non interattive di quelle legate alla corsa sui muri e all’arrampicata. Apprezzabile anche il doppiaggio in lingua italiana (purtroppo non ĆØ selezionabile l’inglese, almeno su Steam e Origin), sebbene ad alcuni doppiatori manchi un po’ di convinzione nell’interpretazione dei loro personaggi; ĆØ impossibile negare che, anche di recente, da questo punto di vista si ĆØ sentito di molto meglio nell’ambito delle produzioni tripla A.

Star Wars: Jedi Fallen Order ĆØ un diamante grezzo, un videogioco che dimostra tutto il talento di un team come i Respawn Entertainment e che al contempo finisce preda di alcuni scivoloni che gli impediscono di puntare dritto all’eccellenza. Cionondimeno, Asmussen e soci sono riusciti a realizzare uno dei migliori titoli legati all’universo di Star Wars mai visti, e questo non ĆØ un elemento da sottovalutare, anche considerato il ridotto ciclo di sviluppo e la generale sfiducia in casa Electronic Arts verso le produzioni single player, almeno negli ultimi tempi. Parliamo di un prodotto che tratta con sconfinato rispetto e amore il franchise da cui origina, riuscendo nel mezzo miracolo – ed ĆØ un qualcosa che, a ben vedere, forse solo un videogioco può fare – di accontentare sia gli appassionati storici del franchise che i ā€œsempliciā€ giocatori più o meno hardcore, anche grazie a difficoltĆ  pensate per adattarsi a tutti i palati. In Jedi Fallen Order c’è davvero tutto quel che serve per passare una quindicina d’ore di sano divertimento, che si cerchi un’avventura leggera, un action spietato e brutale, ma anche un titolo che, quando vuole, sa essere anche cervellotico ed esplorativo. Ma non solo: sotto il suo ā€œcofanoā€ c’è di più, e lasciamo a voi il piacere di scoprire tutti i rimandi e le sfumature che ĆØ capace di nascondere. Una cosa ĆØ certa, il titolo di Respawn può essere davvero il cavallo di Troia necessario a convincere Electronic Arts che continuare a investire su questo filone non ĆØ poi cosƬ sbagliato, anzi. Difficile escludere, a questo punto, che sia in arrivo una nuova epoca d’oro per Star Wars, almeno per quanto riguarda i videogiochi.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.