Di samurai ne abbiamo a bizzeffe. Marines, corpi speciali, non citiamoli neppure. Arti marziali? No, lasciamo stare, per favore. Cowboy? Non troppi, ma neppure pochi. Spartani e opliti? Si cala di numero, ma possiamo trovarli qui e lì. Gladiatori? Silenzio. Il matrimonio tra gli antichi combattenti delle arene romane, gli homo ludens per eccellenza, quando il pane e circense era altro che un controller in mano ma un gladio nel pugno e una fiera dall’Africa a volerci sbranare, i Gladiatori, e i videogiochi, colossei virtuali delle nostra vite più spericolate ed eccitanti, dove abbiamo salvato il mondo dozzine e dozzine di volte da ogni stramberia, ebbene, pare che non s’ha da fare. Cosa è successo negli anni che non ha mai reso appetibile per il videogioco la figura del gladiatore e il suo epos, la sua lotta per la libertà, il suo iconico saluto all’imperatore “Ave, Caesar, morituri te salutant”, noi non lo sappiamo. Ricordiamo vari tentativi, alcuni molto fantasiosi, come l’ottimo gdr-tattico Gladius, oppure Shadow of Rome, che con tutte le licenze del caso prese da Capcom riusciva a farci assaporare un po’ di gusto latino. Sì, perché sui gladiatori si potrebbe far veramente di tutto. E poi diciamocelo: quello dell’arena è un format che ha conquistato duemila anni fa e continuerebbe a conquistare anche oggi.
Story of a Gladiator è una produzione indie indipendente che si sobbarca il peso di inserirsi tra i pochissimi titoli ambientati nel folklore latino. E lo fa proponendo un gameplay hack&slash tridimensionale dove dovremmo combattere orde di nemici, acquistare potenziamenti, combattere altre orde, e così via, sino al fatidico momento in cui potremo reclamare “Ave, Caesar, liberaturi te salutant”.
VENI VIDI VICI
Cartaginese, Greco o Africano. Una volta presa questa decisione un filmato introduttivo ci spiegherà come siamo finiti a guadagnarci da vivere col sangue. Nulla di troppo articolato, nessun dramma altisonante: Story of a Gladiator è un indie immediato dall’anima arcade con una spolverata di managament delle risorse e tanto grinding. Il core (che si può leggere sia in romanesco che in inglese, data la natura dell’articolo) del gioco si suddivide tra l’Anfiteatro e Roma. Cominciamo da quest’ultima: Roma viene rappresentata come la facciata di un quartiere dove troveremo tutto quello di cui abbiamo bisogno: il fabbro per armature e attrezzi del mestiere, il negozio merci per attivare upgrade temporanei, il tempio dove pregare e offrir tributo agli dèi, il domatore di bestie per un fido compagno assassino a quattro zampe, il grossista di merci esotiche per aumuleti e trinket, l’istruttore marziale per aumentare le skill del nostro schiavo combattente. Spendendo i soldi guadagnati col sudato lavoro di coltello potremmo comprare equipaggiamenti migliori e prepararci al prossimo bagno di sangue.
Lo skill tree ci permetterà di personalizzare il nostro stile di gioco, andando a sbloccare o aumentare perks di vario tipo: un roll più performante, uno scatto più prestante, un montante per decapitare, un calcio in pieno petto stile “This is Sparta!” (che consigliamo perché è super-efficace). Le tre divinità, Giove, Minerva e Marte, offriranno il loro aiuto a patto di pregarli e offrire una lauda libagione, esprimibile in termini di gameplay con boost e una modalità “Rage” qualora avessimo eccitato abbastanza le folle. A proposito di folle…
Quando si decide di scendere nell’Anfiteatro tutto cambia. La storyline si dipana su tre Campagne: Greca, Africana e Romana. Ogni campagna ha 9 sfide inclusa una boss fight finale, un morfologia dell’arena e nemici tematici. Perciò ci troveremo ad affrontare sciami di avversari molti diversificati tra loro nel moveset e nell’estetica, che ci costringerà di volta in volta a cambiare strategia. Proponiamo un esempio pratico: abbiamo scampato il game over molte volte nelle prime ore di gioco rotolando alle spalle del nemico e mandandolo al tappeto grazie alla perk che aumenta il danno alle spalle. Ebbene, si arriva ad un momento di gioco che alcuni nemici reagiscono velocemente al nostro raggiro menando un fendente prima che possiamo colpirli, stordendoci e facendoci perdere la priorità. Sì, priorità fondamentale: mai come in Story of a Gladiator il detto “chi picchia prima, picchia due volte” è tanto vero: dovremmo essere veloci, spregiudicati e letali, imparando a conoscere debolezze e punti dei forza dei nemici, che saranno spesso molti e soverchianti. L’Arena di combattimento a livelli più avanzati comincerà ad essere un ostacolo vero e proprio, con trappole come fosse, bracieri, punte acuminate retrattili: letali su noi quanto suoi nemici. Gladiatore avvisato mezzo salvato.
Story of a Gladiator, nel suo cuore arcade, funziona, e funziona bene: massacrare orde di nemici, posizionarci strategicamente nella mappa per recuperare Stamina, aizzare la folla con triple-quadruple uccisioni e attivare il favore degli Dèi per renderci dei campioni devoti al massacro, beh, è divertente. Ogni tanto le hit-box non sono chiarissime, complice il movimento 3D su asset 2D, ma nulla che infici il divertimento e la fruibilità. Certo, se fossimo un Augusto il pollice scenderebbe in basso per la componente gdr del titolo: la progressione è unilaterale, verso un upgrade che aumenta solo parametri numerici come HP, Damage e Protezione. Anche lo skill-tree è una corsa in una sola direzione: la possibilità di scegliere di costruire una build rispetto un’altra si esaurisce verso il middle-game, dove la quantità di punti da investire ci permetterà di acquistare ogni potenziamento. Certamente intravediamo le scelte di game design degli sviluppatori non finalizzate sul gdr, ma approfondire un po’ questo lato del gioco avrebbe reso l’esperienza di gioco più appagante e più personale. Perché dal versante opposto, sul “fashion”, è un piacere vedere il nostro alter-ego crescere col crescere della sua fama, vestire corazze rifulgenti di stemmi, spade, lance, mazze e scudi via via più pregevoli, lasciando al giocatore un discreto margine di personalizzazione.
QUOUSQUE TANDEM ABUTERE, STORY OF A GLADIATOR, PATIENTIA NOSTRA?
Pochissimo, se dobbiamo dirlo. Perché il titolo indie funziona e diverte. E lo fa anche in virtù della direzione artistica semplice e funzionale, in un lavoro che potrebbe ricordare – con tutte le accezioni del caso- Darkest Dungeon. Il protagonista e tutti i suoi nemici sono modelli 2D disegnati che scorrono su schermo con scarne animazioni, più che sufficienti per mettere in scena le battaglie circensi del titolo. Le tipologie dei nemici sono molte, ognuna dotata di perk uniche, e senza un’efficiente caratterizzazione estetica degli stessi sarebbe stato impossibile riconoscere quale minaccia eliminare primariamente quando verremo accerchiati: ed essere accerchiati equivale ad un game over veloce.
Ci troviamo a promuovere pienamente il titolo sulla sua direzione artistica: ricordandoci sempre il rapporto qualità/prezzo, più che giusto. La colonna sonora accompagna bene le scaramucce e ha quel feeling ridondante che aiuta tanto nell’immersione. E poi vi diremo: dopo un’estenuante fight tra urla e percussioni incalzanti – e ce ne saranno di fight veramente difficili al limite del tecnicismo nella campagna Africana e Romana- essere accolti nel borgo di Roma sulle rilassanti note di un’arpa è una sensazione davvero piacevole. Un ritorno a casa. Il sound design quindi ci convince, dagli schiamazzi della folla, all’affanno dei gladiatori, ai gridi di morte, agli squarci, agli applausi, alle fanfare della vittoria, sino alle icone e ai suoni d’interazione. Il titolo senza questa cura per il sound non sarebbe stato lo stesso.
Story of a Gladiator è un titolo indie in uscita su Playstation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC. Venduto al prezzo di 9.99 euro è grado di regalarci una longevità più che discreta, estremamente rigiocabile, e un livello di sfida che non va mai tenuto sotto gamba. Per i veterani c’è la modalità Gladiatore, dove ogni vittoria ci allontanerà dalla permadeath sempre imminente. Noi l’abbiamo provato nella difficoltà intermedia e l’abbiamo trovato bilanciato: basta un niente per trasformarci in cibo per i leoni. Il sistema di crescita gdr non è sfaccettato ma serve per elevarci verso l’olimpo dei gladiatori, in una crescita di danni e abilità esponenziale, rendendoci capaci di sfidare le fondamenta stesse dell’Impero romano. Che dire: per il prezzo che vale questo Story of a Gladiator è veramente una opportunità divertente per smanettare un po’ sul controller e aspettare che magari qualche altro team accolga l’onere di sviluppare un grande titolo sui gladiatori. Ah, ci dimenticavamo: il main theme è semplicemente pazzesco.