Torna nelle sale cinematografiche il ladro che ha fatto impazzire schiere di spettatori in tutto il mondo. Riuscirà l’ultima incarnazione di Lupin ad accontentare fan di vecchia data, fruitori distratti e nuove generazioni, cresciute in un palinsesto mediatico/televisivo ben distante dalle prodezze elaborate da Monkey Punch in un’epoca oramai sepolta? Scopriamolo assieme con la nostra recensione di Lupin III The First, nuovo film in computer grafica sul noto personaggio.
(in) Correggibile Lupin!
Seconda guerra mondiale, un antico tesoro che andava portato in salvo, i nazisti che giocano a fare i nazisti, e subito il quadro iniziale è chiaro. L’azione si sposta velocemente agli anni ‘60 dove Lupin, Jigen e Goemon tentano di rubare il prezioso manufatto scampato dalle mire nazionalsocialiste. Il gruppo sarà immeditamente catapultato in una storia molto più grande di ogni singolo membro del team, che abbraccia personaggi totalmente inediti al franchise della serie. L’incipit è quindi solido e e riesce a coniugare vecchie istanze a nuove, non scontentando gli amanti ultradecennali e al contempo accontentando i nuovi arrivati in sala che non avranno difficoltà a familiarizzare con figure ultra caratteristiche e – ad ogni modo – frutto di un lungo e meticoloso labor limae che li ha resi gli iconici furfanti sempre al limite tra il faceto e il serioso.
D’altra parte ci rendiamo conto di come i nuovi personaggi dell’opera non siano all’altezza della situazione, né icastici e neppure un po’ lontanamente inspirati. Nota positiva è che, per lo meno, non risultano essere mal scritti o incoerenti con i caratteri che li compongono. Se volessimo fare un’analogia con il gioco degli scacchi, le new entries sono come i pezzi della scacchiera che rispondono esattamente ai movimenti designati, dall’inizio alla fine della pellicola. Senza esitazioni di alcun tipo. Inoltre le vicende raccontate trasportano lo spettatore in una lunga caccia al tesoro che rammenteranno le prodezze di un Indiana Jones, con tanto di culture antiche e tombe da disvelare. Manca un po’ del fascino “bondiano”, dei dialoghi sagaci, dei piani infallibili e al limite del paradosso.
Fortunatamente l’ispettore Zenigata, Zazà per gli amici, è rimasto esattamente come doveva essere: il giapponese medio dedito interamente alla professione e totalmente calato in essa, il cui unico e reale sogno è arrestare Lupin e la sua banda, senza rinunciare ad essere un portatore di solidi principi quando la situazione degenera nell’assurdo. Un personaggio che riesce a strappare più di un sorriso e sottolinea quanto il cast originale sia ancora validissimo – oltre che trasposto con grande cura e piacevolezza.
Occhi sullo schermo!
Graficamente il lavoro è pregevole e la prima apparizione del brand storico in salsa 3DCG non ha nulla di sotto tono. Magari alcune animazioni facciali sono eccessive – quelle di Lupin mi hanno ricordato in alcuni momenti quelle di Sonic the Hedgehog – e spesso delle coreografie in slow-motion, che strizzano molto l’occhio al cinema contemporaneo – e affatto all’originalità della serie – tendono ad essere esagerate, sul limite dello stucchevole. In ogni caso non sono così numerose all’interno della pellicola e fortunatamente – aggiungo – a far da traino è la colonna sonora e il doppiaggio, fedele all’edizione italiana conosciuta a più di vent’anni a questa parte.
Quando quindi suona forte nella sala il classico squillo di trombe e rintrona il famosissimo pezzo jazz è impossibile rimanere freddi. È impossibile rimanere freddi per il quartetto (o quintetto, se includiamo l’ispettore Zenigata al gruppo degli affiatati ladri) al massimo del suo potenziale mentre compie l’ennesimo colpo e ribaltamento di scena, accompagnato da una regia mobile, rapida, fluida, in grado di trasmettere tutta la grazia, l’eleganza e la velocità dell’anime originale – con qualche concessione in più.
Inizialmente, devo ammetterlo, di essere rimasto in parte deluso dal film. La trama non è così accattivante, i nodi fondamentali attorno la quale si svolge sono eccessivamente pronosticabili e manca un reale villain – o un tangibile leitmotiv – che riesca a tener la scena senza sfociare nel già visto – è una mia impressione o, eccetto sporadici casi, viviamo in un’epoca che spesso non riesce a confezionare antagonisti di qualità? Inoltre in alcuni momenti una maggiore distensione narrativa e coesione con l’opera originale avrebbero donato al lungometraggio una profondità aggiunta, togliendo qui e lì qualche esagerazione visiva non certamente di competenza al “ladro gentiluomo”.
https://www.youtube.com/watch?v=0uhDGqzQXPs
Come ci rapportiamo quindi a Lupin III – The First? Con sorriso e allegria. Perché volente o nolente la formula è rimasta quella originale. Non certamente una delle migliori trasposizioni cinematografiche ma che riesce a dimostrare quanto l’universo immaginato da Monkey Punch sopravviva e sia in grado di cambiare pelle adattandosi al mutare dei tempi. Quindi, perché siamo un po’ buoni – e come si fa a non essere bonari quando entra in gioco la nostalgia? – ci troviamo a promuovere il film e salutare, ovunque sia, Kazuhiko Katō.