Se stessi scrivendo questa recensione per la carta stampata, vi direi che avrei desiderato che le pagine dell’articolo fossero piegate proprio come un origami, da svolgere man mano che scoprite le caratteristiche, i vizi e le virtù di questa nuova opera di Intelligent Systems. Un titolo, questo Paper Mario The Origami King, molto atteso dal popolo della Grande N, ma, soprattutto, dagli oltranzisti appassionati di una saga che debuttò nel 2000 (2001, in Occidente) su Nintendo 64 con il capostipite, chiamato semplicemente Paper Mario.
Non avendo particolare fretta, voglio esordire con sette semplici ma perentorie premesse:
- Ritengo Intelligent Systems il migliore studio di sviluppo del mondo.
- Credo che il Paper Mario su N64 sia tra i 5 migliori giochi di ruolo elettronici di tutti i tempi.
- Considero Paper Mario infinitamente superiore (l’avverbio è ponderato e deliberatamente utilizzato) a Super Mario RPG di Square per SNES (1996).
- Il suo seguito su GameCube, Paper Mario: The Thousand-Year Door, è un titolo eccellente. Non all’altezza del capostipite, ma comunque un autentico capolavoro.
- Tutto ciò che è venuto dopo, drammaticamente, non è stato all’altezza della serie, neppure lontanamente, il che è stato deprimente, molto deprimente.
- Consideravo questo The Origami King il rigore di Roberto Baggio nella finale dei Mondiali USA 1994 tra Italia e Brasile. L’ultima chance. Mi rendo conto delle implicazioni di siffatta similitudine, ma tant’è.
- Sarò spietato e non farò regali, proprio perché amo questa serie. I miei film preferiti sono Alien e Aliens: considero tutto ciò che è uscito dopo e appartiene a questa serie come sterco fumante. Spero di aver fatto passare il messaggio.
Bene, ci siete ancora? Sperando di aver seminato gli stolti che cercano solo una frase rivelatrice e il voto in fondo alla pagina, è il momento di raccontarvi le mie impressioni sulla nuova opera ruolistica di Nintendo, con l’assicurazione che non dovrete temere alcun tipo di spoiler, per il semplice fatto che, detestando con tutto me stesso i documenti dei publisher con le linee guida su ciò che si può e non si può dire, ho adottato la filosofia di non dire nulla, almeno non esplicitamente. Tanto, una recensione è altro che una dissezione di un rospo, né sarà una mia noiosissima analisi di 50.000 caratteri a farvi decidere per l’acquisto del gioco o il suo abbandono su scaffali virtuali e non. Insomma, rilassatevi. Non vi dirò il finale del gioco. Ehi, dico anche a te, PR di Nintendo Italia. Take it easy!
Paper Mario The Origami King: la storia s’incarta
I giochi di Super Mario, quelli classici, intendo i platform, sono i perfetti esempi delle opere che chiamo semi-narrative. La storia c’è, ma certamente non è il vero motore che vi spinge a godere del lavoro di Nintendo: non è che vi aspettiate chissà quale incredibile colpo di scena nella rincorsa del prode Mario per salvare la cara Peach dalle grinfie di Bowser; semmai, vi aspettate stupore e meraviglia dai livelli geniali, dagli stupefacenti meccanismi di interazione che i game designer del gioco hanno saputo immaginare. Ecco, Paper Mario era decisamente… un’altra storia, un autentico gioco di ruolo con tutti i crismi, i canoni e le caratteristiche del genere, ovviamente declinato all’interno del filone giapponese e secondo i toni, il target e gli stilemi del family-friendly sense della più grande Casa di Videogiochi di tutti i tempi. Giocando al primo e leggendario Paper Mario, ma anche al suo seguito sul Cubo, siamo letteralmente rapiti, stregati e ipnotizzati da una storia affascinante, divertente e sorprendente, complessa nella sua apparente semplicità, persino ricca di diversi livelli di lettura, un po’ come una puntata che si rispetti dei Simpson, dove ciascuno trova il suo, se capite cosa intendo.
Paper Mario The Origami King, da questo punto di vista, sembra non soddisfare del tutto, ma poi, un po’ a sorpresa, soddisfa. Spiazza, principalmente. Dopo una premessa che stupisce e mischia le carte, dando un taglio nuovo e divertente agli eventi, con tanto di inaspettati alleati e inediti avversari “di spessore”, l’opera di Intelligent Systems si rivela a noi giocatori come un GdR meno gioco di ruolo di quanto magari sperassimo. O meglio: un GdR sui generis, che osa di più in termini di game design, sembrando volerlo anteporre alla tradizionale narrazione, forse ritenendo (temendo?) che il pubblico odierno dello Switch sia più avvezzo ai virtuosismi dell’interazione che alle sinfonie emotive proprie delle grandi storie del Videogioco. Al party e all’azione corale è preferito il monologo, con una nuovissima spalla d’eccezione (che funziona alla grande) che serve a valorizzare le nuove meccaniche di questo Paper Mario, tutte rigorosamente in linea con il tema base dell’avventura: una lotta senza esclusione di colpi tra la carta semplice e quella piegata e ripiegata in origami, tanto belli quanto pericolosi.
In un’estasi di sperimentazioni anche piuttosto ardite, che vi racconterò a breve, la storia resta, ma pare farsi timida, scostarsi di lato e, con un inchino, salutare Lord Gameplay. “Non vorrei disturbare”, sembra dire. Eppure, senza quasi che ve ne accorgiate, il developer semina, semina idee ed emozioni nel vostro più recondito spazio dello spirito, neanche fosse un agente di Inception impegnato nel colpo della vita. E così, mentre avanzate di area in area in una lunga e appagante avventura (di contenuto ne avrete in abbondanza: questo GdR è tanto vasto quanto vario, mai noioso), scoprendo continue varianti di gioco, nuove profondità tattiche e differenti approcci di fusione tra pensiero e azione, vi sorprenderete ad aver maturato una tensione emotiva notevole, che si scioglierà in gioia, entusiasmo e infine anche sincera commozione in un crescendo gentile che sembra coniugare la filosofia un po’ zen di Animal Crossing con la compostezza del cinema di Clint Eastwood. Come un complesso origami, la storia di quest’ultimo Paper Mario è in sostanza celata, almeno in parte, ma sublime nel suo minimalismo, pronta a montare in voi e a rimanervi incollata addosso, rendendovi bambini nel modo più profondo, cioè riportandovi a guardare il mondo con gli occhi dell’innocenza ritrovata. Un inchino a Nintendo e agli sviluppatori, perché il compito non era affatto semplice e, sulle prime, avrei giurato in un parziale passo falso. Non era così.
Carta canta
Non si tratta solo di storia, ma anche e soprattutto di meccaniche di gioco. Paper Mario: The Origami King non si accontenta di fare i compiti per casa, ma decide di sfidare la sorte, estraendo la carta dell’originalità. Chi mi conosce sa che non considero affatto l’originalità come un valore assoluto. Tutt’altro! Quante volte fu il desiderio smodato di innovare, di stupire, a portare un’opera interattiva alla rovina? Tante, tantissime, troppe. Molto spesso è il puro e semplice more of the same la risposta perfetta al desiderio legittimo di noi appassionati giocatori. Figuriamoci poi con il nuovo Paper Mario, dove lo scenario più semplice sarebbe stato certamente il brutale ritorno alle origini, con la riproposizione pompata al massimo della formula aurea dell’opera originale per Nintendo 64, Santo Graal ineguagliato del filone in oggetto. Eppure no, non è andata così. Evidentemente, a Intelligent Systems non piacciono le scorciatoie, le strade facili. Via dunque con le novità. Tante, grosse, sfacciate.
Il gameplay di The Origami King è una miscela temeraria di esplorazione e interazione tipica di un GdR (non troppe); elementi action da platform (abbastanza frequenti, ma mai troppo esuberanti); nuovi combattimenti puzzle (in gran quantità); boss-fight puzzle apparentemente simili, ma totalmente diverse dai combattimenti ordinari (inizialmente spiazzanti e indisponenti, presto genialmente appaganti). Vi dirò: il punto di questo nuovo GdR, che lo è ma fino a un certo punto, non è il blend tra ritmo ruolistico classico e inserti d’azione, perché entrambi sono sopraffatti dal nuovo sistema di combattimento, assolutamente rivoluzionario e inedito, ma soprattutto sdoppiato, come anticipavo, tra battaglie ordinarie e sfide ai temibili boss, presenti in gran numero e anch’essi originali e ispirati, pur nella loro apparente e realistica semplicità (tranquilli: capirete quando li affronterete).
Gli scontri coi nemici che incontrerete su risolvono attraverso un meccanismo da puzzle-game. Siete su un disco diviso in caselle: voi al centro, i vostri avversari attorno a voi, disposti in modo deliberatamente disordinato. Il primo compito sarà quello di razionalizzarne la posizione, disponendoli in file verticali, attaccabili con i salti, o in gruppi quadrati, che potrete tentare di abbattere con gli attacchi dei vostri martelli. Per ordinare i nemici, avrete un limitato numero di mosse per far ruotare le caselle in senso orario o antiorario, oppure per far scorrere le file avanti e indietro. Il tutto con un ulteriore e pressante limite: il tempo, che potrete in parte estendere al costo di preziose monete. Questa la base, ma è superfluo aggiungere che avrete molte variabili da tenere conto, gradualmente e abilmente inserite dai developer via via che progredirete nella vostra lunga quest. Ordinati i nemici, è il momento di scegliere gli attacchi ed eseguirli, con le classiche azioni a tempo tipiche dei Paper Mario ma, più in generale, di moltissimi GdR, specialmente della scuola nipponica.
Quanto ai boss, torna il disco come campo di battaglia e la possibilità di spostarne le caselle orizzontalmente o verticalmente, ma qui finiscono le analogie, perché il puzzle cambia volto, radicalmente. Il boss è al centro, mentre il prode Super Mario, rigorosamente cartaceo, parte dal basso, fuori dal cerchio. Egli, cioè voi, dovrà disporre le caselle in modo tale da preparare un sentiero che attivi le giuste funzioni, eviti i rischi ambientali, e consenta di sferrare il migliore e più opportuno ed efficace degli attacchi, che a volte… sarà magari una difesa. Il tutto, non occorre quasi specificarlo, con il fiato sul collo del tempo che scorre, pompandoci adrenalina in corpo. Ecco, dopo un iniziale senso di smarrimento, quasi di impotenza, le boss-fight si impongono come il capolavoro del gioco, il momento di maggiore soddisfazione e appagamento, impegnative, talora decisamente ardue, ma mai frustranti o ripetitive, mai noiose, a differenza degli scontri ordinari, che alla lunga un po’ di (sopportabile) noia la causano. Ogni boss è una sfida al vostro intelletto e la fonte di genuino stupore. Ottimo lavoro, Intelligent Systems. Su questo fronte, hai scelto la strada più ardua, ma hai decisamente vinto la partita.
Mi piego ma non mi spezzo
Come avviene sempre di fronte a titoli profondi, vasti e molto vari, si potrebbe parlare quasi all’infinito di Paper Mario The Origami King, dedicandosi alla disamina di tutti i suoi aspetti, ma sapete come la penso: è e resterà sempre il modo più sciocco di recensire un videogioco, rovinando al fruitore quel senso di scoperta e meraviglia che sono fondamentali in un’opera interattiva degna di questo nome. Quello che trovo invece fondamentale, avviandomi alle conclusioni, è cercare di raccontarvi il senso di stupore che questo titolo riesce a infondervi nel cuore.
Artisticamente, siamo dinnanzi a un tripudio di colori e suoni, armoniosamente intrecciati in un affresco multisensoriale che ci avvolge e ci abitua a un mondo che, a gioco finito, vi mancherà come l’ossigeno. Sì, Paper Mario: The Origami King genera assuefazione sinestetica, la confusione dei vostri sensi in un’estatica contemplazione di forme perfette e adorabili, come fossimo in un paradiso del neoclassico videoludico. Credetemi: non vorrete andare via, perché quei suoni, quei colori, quei personaggi, quegli scenari da “cartone” animato saranno troppo belli per essere dimenticati, troppo fondamentali per essere rinunciati. Insomma, la quintessenza del videogioco come lo inventarono i grandi anziani del medium, ma reinterpretato da artisti assolutamente a loro agio nella più sfrenata contemporaneità, irriverenti quando serve, trasgressivi alla bisogna, sublimi nel trionfo finale del sentimento fiabesco e immortale che, no, non ha mai davvero lasciato gli angoli più ripiegati e segreti del nostro essere.
Masahiko Nagaya, nuovo Director di Paper Mario The Origami King, ha portato a termine un lavoro difficile e imponente, con grande cura e impegno, raggiungendo un risultato notevolissimo. Ha arrestato la caduta, riportando la serie ai fasti originali. No, non ha eguagliato il risultato eccelso che Ryota Kawade, Director dei primi due Paper Mario, aveva raggiunto, ma – ehi – Ryota Kawade era anche al timone di Super Paper Mario, il primo mezzo passo falso. E quindi? Quindi certi esiti sono insondabili, certi traguardi non programmabili. Si va avanti, si sperimenta, si sogna in grande, puntando alle stelle. Deve essere così, già. Oppure riguardi i credits di tutti i giochi della serie, e scopri che il Producer dei primi due Paper Mario è un developer che non è presente né in Super Paper Mario né in quelli venuti dopo, compreso quest’ultimo. E che il suo nome è Shigeru Miyamoto.