SpellForce 3 Fallen God recensione: anche i Troll hanno un cuore

Spellforce 3

Quando mi è stata data la possibilità di recensire SpellForce 3 Fallen God ero un po’ dubbiosa: non avendo mai giocato agli altri titoli di questa saga, iniziare con un’espansione poteva essere difficoltoso per avere la giusta visione d’insieme. In effetti, però, a posteriori posso dire che  rappresento, involontariamente, una fetta di pubblico di questo nuovo titolo della THQ Nordic. La casa di produzione infatti ha pensato ad un’espansione standalone (ci tengo a sottolinearlo), ovvero non è necessario conoscere la storia pregressa per calarsi a pieno nel gioco (se però siete interessati a scoprire qualcosa sul titolo precedente potete trovare in questo articolo la recensione di SpellForce 3 Soul Harvest). THQ ha creato, per usare un linguaggio preso in prestito dal cinema, uno spin-off sulla storia dei Troll, dando vita ad un titolo che si colloca a metà tra un RTS (strategico in tempo reale) ed un classico RPG. Quanto appena detto non rappresenta certo una novità o una rivoluzione nell’universo videoludico, infatti questa soluzione è stata percorsa molte volte da altre case, in quanto ci sono generi, come i due sopracitati, che date le affinità e i punti di contatto possono essere assolutamente pensati come unica entità all’interno dello stesso gioco. La difficoltà sta nel bilanciare, o nello sbilanciare volutamente, i due generi, e sicuramente il bilanciamento 50/50 effettuato dagli sviluppatori merita di essere visto. Non sto dicendo che sia perfetto, ma la natura ibrida di questo titolo è quantomeno interessante. Ad ogni modo SpellForce 3 Fallen God ha tutte le carte in regola per essere un titolo divertente e al tempo stesso fruibile sia da un pubblico che per la prima volta si avvicina a questi titoli, sia dai veterani della saga.

SpellForce 3 Fallen God: quando il Fato decide, un Troll deve inchinarsi

La sinossi è abbastanza semplice: la vostra tribù di troll nomadi, ormai ridotta all’osso, ha un solo obiettivo, la sopravvivenza. Perseguitati da feroci bracconieri a caccia delle vostre preziose zanne e indeboliti dalle malattie, voi e il vostro popolo state perdendo ogni speranza. Un giorno, però, un misterioso elfo offre al giovane capotribù Akrog una via di salvezza. Dovrete resuscitare un dio caduto. Tutto ciò è molto intrigante, e il primo approccio al gioco è di curiosità ed eccitazione, soprattutto per la promessa di una storia oscura e avvincente, con protagonisti dei troll a lungo incompresi, e un tempo di gioco di circa 15 ore.

Tuttavia già nella schermata iniziale della personalizzazione abbiamo iniziato a notare qualche increspatura. A fronte di un editor personaggi che non lascia a bocca aperta, con una personalizzazione buona ma forse un po’ troppo semplicistica per i titoli che siamo abituati ad avere sotto mano negli ultimi anni, saremo chiamati a creare non uno ma diversi personaggi, che andranno poi a comporre parte del nostro esercito. La variegatura dei rami abilità è discreta anch’essa, e sarà possibile scegliere tra classi e caratteristiche pre-impostate o crearne una da zero. Ad ogni modo il tempo necessario per creare i personaggi risulta forse un po’ troppo elevato, anche considerata la nomenclatura usata per selezionare le classi ed i conseguenti rami: se infatti non usare i classici “guerriero” o “mago” al netto di nomi come “muro di carne” rende tutto più oscuro e “trollesco”, sicuramente capire bene cosa ogni classe possa fare rallenta la creazione non di poco. Le statistiche dei nostri personaggi, di contro, sono note ed immediate, prese dal filone classico D&D, quali Forza, Destrezza etc.

Forse per rendere più snello e agile questo passaggio, sarebbe stato meglio un editing completo unicamente del nostro personaggio principale, e dare agli altri personaggi delle caratteristiche fisse e precise. Capiamo perfettamente, ad ogni modo, la voglia di THQ di permettere una personalizzazione a tutto tondo del nostro party.
Parlando di ciò che invece ho apprezzato dell’aspetto editing, senza dubbio la meccanica legata ad un personaggio chiamato Noag mi ha piacevolmente colpita. Se per tutti gli altri personaggi saremo chiamati a creare una classe ben precisa, questo invece svilupperà un proprio carattere forgiato sulla base di molti fattori, come le risposte che gli daremo in game, come reagiremo a determinate situazioni o come tratteremo gli altri personaggi. L’evoluzione di Noag avrà poi influenza sulla trama globale e sul suo svolgimento, e non farà unicamente da sfondo.

Creati i nostri personaggi, eccoci al filmato introduttivo. Qui un altro punto mi ha fatto un po’ storcere il naso. I sottotitoli in italiano, presenti in fase di caricamento, non erano presenti all’interno del filmato iniziale. Ciò può rappresentare sicuramente un limite per chi non padroneggia l’inglese. Confido che sia solo una mancanza temporanea e che verranno presto implementati.

Zanne affilate e pelle dura

Dopo il filmato introduttivo veniamo catapultati all’interno del primo scenario di gioco. Sarà un piccolo tempio a farci da “balia” nel nostro scoprire le meccaniche base del gioco. Qualunque giocatore che abbia un’esperienza, anche minima, in ambito RTS, non dovrebbe trovare particolarmente difficile il districarsi tra i comandi base del gioco e la gestione del nostro esercito personale. La schermata di gioco, così come il gioco in molte sue parti, strizza decisamente l’occhio a gloriosi titoli del passato. Guardando la schermata personaggio, le ambientazioni, l’albero abilità etc. non ho potuto non notare discrete somiglianze con storiche saghe quali Diablo, Warcraft e Baldur’s Gate, con un HUD dai toni decisamente retrò che ricorda quest’ultimo titolo molto da vicino. La natura ibrida di questo gioco si nota fin da subito, alternando i comandi tipici dell’RTS all’albero abilità e le schermate personaggio tipiche degli RPG. Tutti i comandi base, gli HP personaggio, la mini-mappa, e tutto il corollario di ogni RPG che si rispetti è ben visibile sulla mappa, occupando una discreta porzione di schermo ma non risultando invasiva, bensì grande al punto giusto.

Il doppiaggio dei troll è in pieno stile GDR classico, ben fatto, con voci cavernose e un po’ distorte, come cioè tradizionalmente sono sempre state rappresentate e immaginate. I primi combattimenti sono estremamente semplici, al punto tale da non permetterci quasi di prendere dimestichezza con i comandi base per la loro brevità, ma sono appunto pensati per non inserire subito su passaggi troppo difficili per chi non ha dimestichezza con questo tipo di giochi. Riguardo ai combattimenti, tuttavia, avrei qualcosa da dire. Gestire un piccolo esercito può risultare complicato, ed avrei preferito, come sui vecchi Baldur’s Gate (tanto per citare un titolo che ricorda da vicino), la possibilità di mettere il gioco in pausa e assegnare i comandi ad ognuno dei nostri personaggi. L’escamotage usato da THQ è invece quello di accedere ad una ruota abilità attraverso il tasto Alt, che attiva una sorta di Time Lapse, che rallenta ma non ferma la battaglia. Sicuramente la scelta è stata dettata dal rendersi conto di non poter gestire tutti i personaggi in tempo reale, ma proprio perché consci di questo fatto, avrei preferito una soluzione come quella sopra descritta rispetto a quella scelta dagli sviluppatori, ma è solo la mia personale opinione, e mi rendo conto che sarebbe stata una soluzione forse troppo GDR-oriented, che avrebbe cozzato con la natura ibrida bilanciata del titolo. Del resto questo è uno dei rovesci della medaglia di una scelta come quella fatta dalla casa di sviluppo. Con il passare del tempo, e dei livelli, possiamo notare un punto interessante: i punti caratteristica dei nostri personaggi non seguono un aumento standard in base alle caratteristiche e alla classe preimpostata, ma sono distribuibili a nostro piacimento. Scelta anche questa non rivoluzionaria, ma piacevole al fine di plasmare a nostro piacimento il nostro eroe. La parte GDR del titolo risulta quindi discretamente strutturata, mai eccessivamente complessa, con una discreta possibilità di personalizzazione dei nostri eroi per quanto concerne le abilità.

L’ascesa della tribù Zannadiluna

Andando avanti con il gioco, dopo una prima parte decisamente troppo discorsiva e con troppi dialoghi, capiremo a pieno la natura RTS di questo titolo: saremo chiamati a gestire per intero il nostro villaggio, con più di una strizzata d’occhio a titoli come Age of Empires. Potremo infatti gestire operai, raccogliere materiali, costruire edifici. L’interazione con l’ambiente non è certamente quella di un open world di ultima generazione, la texture grafica funge unicamente da sfondo, se non per quegli elementi che gli sviluppatori hanno pensato per l’interazione, che sono principalmente di tre tipi: contenitori di oggetti, cumuli di risorse, strutture particolari. Anche la possibilità di movimento risulta sulla stessa linea: la libertà di movimento è molto limitata ai sentieri prestabiliti, e la mappa, seppur ben articolata e piena, ci permette pochi movimenti al di fuori del “seminato”.

Una caratteristica inedita di questo titolo, che devo dire mi è piaciuta, è stata la componente mutevole dell’esercito che potremo creare. Spesso infatti negli RTS le unità più avanzate possono essere direttamente addestrate in determinati edifici costruiti; in questo gioco invece sarà necessario prima addestrare un unità di base, e successivamente specializzarla. Questo comporta anche la possibilità di “riaddestrare” a nostro piacimento una truppa che all’inizio era stata pensata per un altro compito, e così un nostro combattente, pensato inizialmente come seconda linea, potrà diventare una feroce prima linea e così via. Questa componente inedita sicuramente rappresenta un punto a favore di questo titolo, permettendoci di riorganizzare il nostro esercito secondo necessità e scelta personale. In ultima battuta, THQ ha rilasciato una seconda versione, comparsa sul nostro desktop dopo l’installazione, chiamata Spellforce 3 Fallen God Versus Edition. Questa è una versione del gioco dove sarà possibile sia giocare in Coop con altri giocatori, contro delle IA, o giocare l’uno contro l’altro in battaglie classificate.

In conclusione, SpellForce 3 Fallen God risulta essere un buon DLC Standalone che sicuramente farà piacere agli appassionati della saga. Quando si creano ibridi di questo tipo il pericolo in agguato è quello di non sviluppare in maniera eccelsa i due ambiti, e anche questo titolo non fa eccezione; la fusione di generi risulta azzeccata e piacevole, ma gli amanti dell’uno o dell’altro genere potrebbero avere idee differenti su come potevano essere sviluppati determinati ambiti del gioco. Dal punto di vista grafico Fallen God non fa gridare di stupore. Lo Script Engine usato per creare il gioco fa il suo lavoro, con una visuale isometrica e forte predominanza di verde e colori accesi, e risulta sempre molto facile capire cosa stia succedendo sul campo di battaglia, ma non bisogna certamente aspettarsi una sezione grafica all’ultimo grido, ray tracing di ultima generazione etc. A suo favore, però, non ho notato particolari bug grafici, sebbene le animazioni a volte risultino non particolarmente fluide. Il comparto audio risulta ben fatto, con musiche con forte predominanza di tamburi come nelle migliori tradizioni troll e, come accennato prima, il doppiaggio dei personaggi risulta coerente con l’immaginario che la casa di produzione vorrebbe dare. I dialoghi di contro potrebbero risultare un po’ pesanti, per quantità degli stessi e di informazioni contenute al loro interno, in particolare nelle prime fasi di gioco. In sintesi un gioco piacevole, che sicuramente piacerà a chi è già appassionato di questo genere, ma non so quanto farà avvicinare nuovi utenti ai precedenti titoli.

La passione per la scrittura e il fantasy nascono prestissimo, ma l’incontro con i videogiochi arriva di soppiatto a casa dei compagni di scuola con Mario Kart, Age of Empires e The Sims. La sua formazione è prevalentemente letteraria ma l’incontro fortuito con Marco Accordi Rickards al Vigamus le ha permesso finalmente di ritrovare il suo lato giocoso e di divertirsi lavorando.