The Crown Recensione: tutto il mondo è un palcoscenico

The Crown S4

Catturare il pubblico raccontando una storia che non lascia spazio a nessun tipo di spoiler e allo stesso tempo muovere una critica che non si nutra di effimeri pettegolezzi. Questa la sfida che Peter Morgan si è nuovamente trovato ad affrontare con la quarta stagione di The Crown.

Il quarto capitolo della serie, composto dai canonici dieci episodi, sarà disponibile su Netflix dal 15 novembre, giorno in cui non soltanto ritroveremo i personaggi della stagione precedente ma ne incontreremo di nuovi. Il cast non delude le aspettative nemmeno questa volta: oltre a Olivia Colman, Elena Bonham-Carter, Tobias Menzies, Erin Doherty, Emerald Fennell, Josh O’Connor, vedremo Gillan Anderson nei panni del Primo Ministro Margaret Thatcher ed Emma Corrin nel ruolo di Lady Diana Spencer.

The Crown Stagione 4

The Crown: fusione tra vecchio e nuovo

Coloro che hanno amato il cast delle prime due stagioni di The Crown avranno una piacevole sorpresa, nel vedere un flashback in cui Claire Foy veste nuovamente i panni della ventunenne Elisabetta II. Inserire la Foy e la Colman nello stesso episodio potrebbe sembrare un rischio insensato da correre ma, al contrario, la scelta risulta ben ponderata in quanto rafforza l’alto livello interpretativo delle due attrici, in grado fondersi in un’unica persona comunicando in ogni gesto, movenza e sguardo l’essenza della monarchia britannica.

Gillan Anderson ed Emma Corrin concorrono a rafforzare l’alto livello del cast riuscendo ad inserirsi naturalmente nella trama rendendo immediato il processo di riconoscimento del personaggio per noi spettatori. La peculiarità di tutti i bravissimi attori risiede nell’incredibile capacità di recitare tramite sguardi e movimenti impercettibili del viso: il silenzio sullo schermo è un mostro temuto, per sconfiggerlo è necessario che lo spettatore non ne sia conscio. Pertanto, non temete di farvi scrutare dallo sguardo di sufficienza della Bonham-Carter o di restare ammaliati dalla luce della Corrin.

Uno scoglio complesso da superare è quello della somiglianza: siamo diventati spettatori ipercritici, pronti a giocare a “trova le differenze” tra il personaggio storico e l’attore dedito a impersonarlo sullo schermo. Lasciate che vi sveli un segreto: non possono essere uguali agli “originali” semplicemente perché non lo sono. Tralasciando la rivelazione lapalissiana, se siete alla ricerca di somiglianze vi consiglio di fare attenzione alle movenze, espressioni e ai costumi: sono proprio questi accorgimenti, che per qualcuno potrebbero sembrare minuzie, a riportare in vita per dieci ore Lady D.

The Crown S4

È scritto nelle stelle?

Come raccontare la storia di Diana Spencer e il principe Carlo dal punto di vista dei reali? Ironia, empatia e… Shakespeare. Proprio dalle citazioni, puntuali e rimaneggiate, del Bardo immortale si intuisce l’essenza di quella che venne presentata come “favola moderna”.

Assistendo al primo incontro tra i due ci si dimentica di essere davanti ad uno schermo, sembra piuttosto un palcoscenico ciò che vediamo davanti a noi. L’ampia inquadratura ci rende inizialmente complesso scorgere la protagonista ma pian piano riusciamo a riconoscerla e, nonostante il riferimento verbale sia alla commedia Sogno di una Notte di Mezza Estate, la costruzione dell’incontro ci riporta inequivocabilmente alla più famosa delle tragedie inglesi: Romeo e Giulietta.

In questi pochi minuti è riassunto il dualismo che la storia dei principi del Galles assume sin dal primo istante essendo presentata agli spettatori come l’opposto di ciò che è. Il titolo del terzo episodio recita: Come in una favola; man mano che i minuti scorrono risulta sempre più evidente l’ironia celata in tali parole che contribuisce a evidenziare la differenza tra vissuto e percepito.

Proprio sulla percezione si basa una delle sfide affrontate da Peter Morgan: è possibile che il pubblico empatizzi con una casta di privilegiati “non sofisticati, non acculturati e maleducati”? La risposta definitiva potrete darla solamente voi, tuttavia è indubbio il processo di progressiva umanizzazione di quelli che siamo soliti immaginare come personaggi eterei.

Presentare i reali in una costante rincorsa all’autocelebrazione contrapposta alle insicurezze, alle preoccupazioni, ai problemi di salute mentale e ai bisogni che ogni essere umano può avere o affrontare è indubbiamente un metodo efficace per avvicinarli a noi.

Emma Corrin - Lady D

Io sono la Corona

Il potere: motore di ogni azione, sguardo, pensiero e inchino. La quarta stagione di The Crown ci presenta questa tematica in tutte le sue sfumature e il compito di mostrarcele è affidato a tre donne, la prima delle quali è ovviamente la regina Elisabetta II, detentrice del potere monarchico basato su un precario principio ereditario. Pronta a tutto per non scalfire minimamente la facciata che la Corona ha costruito è conscia che, nel suo caso, il miglior modo per rimanere nella propria posizione è “non fare nulla”. Lei è il punto di riferimento attorno al quale il suo mondo gira, un mondo la cui popolazione è composta principalmente da uomini percepiti come presenze ininfluenti.

Di opinione opposta è invece il primo Primo Ministro donna, la Lady di Ferro Margaret Thatcher, spirito combattivo, a proprio agio con i nemici, eccessivamente convinta del fatto che ogni individuo sia responsabile della costruzione della propria fortuna. Fieramente legata ai suoi doveri di moglie e madre, non teme di essere l’unica donna in un mondo di uomini. Questo non basta però a liberarla da pregiudizi maschilisti nei confronti di altre donne verso le quali alle volte ostenta un disprezzo apparentemente insensato.

La terza è invece la tanto attesa Diana Spencer la quale, sprovvista di qualsiasi tipologia di potere politico, ripone la propria forza nella costruzione di un’immagine. La donna che sarà per sempre ricordata come la Principessa del Popolo ha il potere di “mandare in visibilio” le folle riuscendo così, inconsapevolmente, a monopolizzare i media, che assumono sempre maggiore rilevanza, indirizzando l’opinione pubblica a favore di un cambiamento che progressivamente sfida la tradizione.

Se la sua fortuna è legata al suo rapporto con un uomo, risulta subito chiaro che adattarsi al genere maschile è un concetto che le sta stretto, come a molte altre donne. Così, imparando progressivamente a mascherare le proprie emozioni, afferma la propria indipendenza dalla figura del Principe del Galles fino a giungere, come sappiamo tutti, alla più temuta decisione nel mondo della monarchia britannica: il divorzio.

The Crown S4Nello scenario sopra descritto in cui ogni inchino non è un segno di rispetto bensì una vera e propria sfida, si innestano una moltitudine di tematiche verso le quali deve ridestarsi la nostra attenzione: si mostrano varie problematiche inerenti alla salute mentale e la relativa influenza su coloro che ne soffrono. Si ascolta una formula che ci è diventata eccessivamente familiare: “violenza della polizia” e, seppur utilizzata a proposito delle proteste contro la politica di segregazione razziale in Sudafrica, ci  mostra che a cambiare è stato solo il contesto, le vittime di tali atteggiamenti sono sempre le stesse. Ci troviamo davanti all’ennesimo scenario conosciuto sin troppo bene: un abisso siderale che separa la concezione che le Istituzioni hanno del proprio popolo e quello che quest’ultimo è davvero, con le sue poco nobili caratteristiche e necessità.

Anche in questa quarta stagione di The Crown ritroveremo la fotografia che abbiamo imparato a conoscere nelle stagioni precedenti. La cupa foschia che sembra avvolgere gli interni delle abitazioni reali si dirada piacevolmente nelle scene all’aperto caratterizzate da colori ben definiti, brillanti. Tale aspetto assume una nota positiva, infatti nonostante l’estrema accuratezza della fotografia sin dal primo episodio della prima stagione, questa volta riusciremo ad apprezzarla al meglio data la rinnovata luminosità inserita in un gioco di contrapposizione tra ambienti aperti/chiusi. In tale contesto è fondamentale notare come le operazioni di regia e fotografia camminino fianco a fianco: ponendo attenzione ai dettagli visivi delle scene (più o meno cupe, inquadrature ampie o strette) inscindibilmente connessi ai dettagli uditivi riusciamo a comprendere la direzione intrapresa dalla trama dell’episodio comprendendola ancora più a fondo.

In definitiva è complesso definire The Crown, illustrarne i vari simbolismi, i background storico-politici, le complesse scelte musicali che vanno da Verdi a David Bowie, ma posso affermare che è una serie adatta ad ogni tipologia di spettatore, pronta a soddisfarne ogni bisogno: i più distratti potranno accontentarsi di guardarla come una mera rievocazione storica, i più pignoli apprezzeranno i vari simbolismi disseminati tra Shakespeare, Verdi e le varie battute di caccia.

I suoi migliori amici sono libri, film e serie tv. Attualmente studentessa del corso di laurea magistrale in "Scienze dell'Informazione, della Comunicazione e dell'Editoria" presso l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" ha colto l'occasione di imparare a scrivere su una rivista durante una lezione online.