XIII Remake Recensione: lo sparatutto in cel-shading torna zoppicando

XIII Remake

Grafica in cel-shading, onomatopee fumettistiche, gameplay semplice e immediato, trama degna dei migliori film/romanzi di spionaggio, così si presentava XIII ai videogiocatori di tutto il mondo nell’ormai lontano 2003. Tratto dall’omonimo fumetto franco-belga del 1984 ideato da Jean Van Hamme e William Vance (ispirato a loro volta dal romanzo di Robert Ludlum “Un uomo senza volto”, il quale ha dato il via alla serie di libri e film su Jason Bourne) lo sparatutto in prima persona sviluppato e pubblicato da Ubisoft venne accolto da pareri e voti molto contrastanti che ne lodavano la direzione artistica criticandone, però, la troppa semplicità delle fasi più action per via di un’IA non brillante e un bilanciamento delle armi non ottimale. Nonostante la scarso numero di vendite, il titolo venne apprezzato molto dai giocatori e dai fan del fumetto tanto da diventare un cult e far rimpiangere la mancanza di un possibile sequel. L’annuncio della ripresa dell’IP da parte di Microids fece tornare la speranza di un ritorno in pompa magna del nostro enigmatico protagonista Steve Rowland, magari proprio grazie a XIII Remake sviluppato da PlayMagic che avrebbe potuto essere il rilancio adeguato per un gioco mai dimenticato dagli appassionati. Purtroppo, così non è stato.

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XIII Remake: tra semplicità e immediatezza

La trama di XIII Remake segue abbastanza fedelmente le vicende dei primi 5 volumi del fumetto, aprendosi con lo sconvolgente omicidio del Presidente degli Stati Uniti d’America in puro stile Omicidio Kennedy e facendoci prendere il controllo del misterioso Steve Rowland: un uomo risvegliatosi su una spiaggia senza alcun ricordo di se stesso, se non il tatuaggio rappresentante, per l’appunto, il numero tredici in romano sulla clavicola. Spetterà al nostro protagonista, accusato di essere un assassino, risolvere l’omicidio del Presidente e scavare a fondo nel per proprio passato per recuperare i ricordi perduti. Appena presa confidenza con i comandi, ci si palesa davanti la natura FPS del prodotto, con meccaniche tanto semplici quanto funzionali. Oltre alla possibilità di saltare, accovacciarsi e interagire con l’ambiente circostante aprendo cassetti, armadi e altro mobilio alla ricerca di munizioni e kit medici per ripristinare i punti salute o elmetti e giubbotti antiproiettile per guadagnare punti armatura, XIII Remake consente di scegliere l’approccio che si preferisce per portare a termine le circa 30 missioni della campagna principale. Che sia ad armi spianate o senza farsi notare, l’addestramento avanzato di Rowland gli permetterà di essere efficiente in ogni situazione: il nostro protagonista potrà infatti contare su un arsenale di circa 16 armi tra bocche da fuoco (dalla semplice pistola al bazooka) e armi da lancio con cui sbaragliare qualsiasi avversario e, come se non bastasse, molte di queste avranno anche una modalità di fuoco secondario unica come la sventagliata per il revolver o la modalità akimbo delle pistole. Se si volesse passare inosservati, diventerà indispensabile l’utilizzo dell’udito sviluppato del nostro Steve che, quando accovacciato, permette di percepire i passi dei nemici vicini grazie alle indicazioni fornite dalle onomatopee; oltre alla possibilità di stordire, trascinare i corpi e sfruttare degli scudi umani per farsi largo in mezzo a gruppi di nemici senza farsi crivellare dai proiettili. Come non citare, infine, la capacità di maneggiare un gran numero di armi non convenzionali quali sedie, scope, mattoni e pezzi di vetro per mettere KO all’istante ogni avversario a qualsiasi distanza.

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Come finire dalla padella alla brace

Purtroppo, per quanto lo scheletro delle meccaniche risulti praticamente invariato rispetto all’originale se non per qualche modifica atta a svecchiarne alcuni elementi (come il cambio di HUD e l’aggiunta della ruota delle armi), il lavoro svolto da PlayMagic risulta poco accurato e fallimentare. Le armi continuano a soffrire di problemi legati al bilanciamento, con dinamiche di peso e rinculo senza apparente logica, mentre il feedback dei colpi risulta del tutto assente, rendendo le sparatorie ripetitive e con poco mordente; colpa anche di un’IA claudicante e uno spawn dei nemici a volte non funzionale. Ad aggravare la situazione ci pensa l’inutilità della mira assistita che, su PlayStation 4, non svolge per nulla il proprio lavoro portando il giocatore a dover regolare il posizionamento del mirino in modo innaturale, lento e impreciso. In aggiunta, le musiche, gli effetti sonori e il doppiaggio soffrono di continui problemi di mixaggio e sincronia, tali da far ritardare l’avvio delle tracce audio sia durante le fasi in-game che nelle cut-scene, nonostante la buona direzione sonora che regala ottimi risultati in termini di fedeltà dei vari tipi di bocche da fuoco.

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Direzione artistica in crisi di identità

Come detto in apertura, ciò che rese XIII un cult fu principalmente la direzione artistica. Il connubio tra narrazione e stile grafico riuscì a riproporre fedelmente la stessa atmosfera del fumetto grazie ad uno cel-shading all’avanguardia e scelte registiche che ricreavano (tramite transizioni da una vignetta all’altra) la sequenzialità del linguaggio fumettistico, con un paio di idee ben congeniate come i sottotitoli proposti sotto forma di baloon e le suddette onomatopee presenti specialmente durante gli scontri a fuoco. Inutile dire che anche qui il lavoro del team di sviluppo ha portato più grane che miglioramenti. Se da un lato strettamente tecnico si potrebbe anche passare oltre alla mancanza e ai glitch di alcune animazioni (tra cui la ricarica delle doppie pistole che si interrompe mentre entrambe le armi sono nella mano sinistra con conseguenti spari “invisibili” provenienti dall’arto destro) e personaggi che clippano attraverso le pareti, ciò che fa storcere il naso a 360° è lo snaturamento proprio della direzione artistica, che peggiora drasticamente la qualità delle cinematiche, e degli shader, i quali vanno a migliorare l’illuminazione e la qualità delle texture ma gravando direttamente sul cel-shading che perde quella sfumatura fumettistica più marcata presente nell’originale. Come se non bastasse, il titolo soffre di continui stuttering durante le scene più concitate, una incresciosa presenza di aliasing dei modelli poligonali tanto da renderli caricaturali e un fastidiosissimo problema di tearing dell’immagine che ci ha perseguitato durante l’intero gioco.

Purtroppo, le ottime premesse con cui sarebbe dovuto ripartire il franchise videoludico di XIII si sono rivelate fallimentari. A nulla è servito un primo rinvio del titolo che, all’uscita, si presenta con molti più problemi di quanti non ne avesse la pubblicazione originale e che vanno a minare anche quanto di buono è presente all’interno dello sparatutto. Nonostante la trama, ancora ottima, possa essere un buon appiglio per chiunque volesse avvicinarsi al personaggio di Steve Rowland e approfondire la sua misteriosa vita, il gameplay poco profondo, gli innumerevoli problemi tecnici e la crisi di identità dovuta allo snaturamento della direzione artistica sono la giusta rappresentazione delle problematiche che possono affliggere un piccolo studio di sviluppo che ha dovuto fare i conti con una pandemia globale, la quale non ha permesso a PlayMagic di poter debuttare in modo adeguato. Nella speranza che le già annunciate patch correttive possano effettivamente compiere il miracolo e concedere una seconda possibilità a XIII Remake e ai suoi sviluppatori.

Marco è nato e cresciuto con i videogiochi grazie alla sorella maggiore che lo faceva giocare col suo Gameboy Color. Si è appassionato definitivamente al medium dopo aver finito il primo Metal Gear Solid insieme al padre, il più bel ricordo legato a quello che è diventato uno dei suoi giochi preferiti. È un lettore appassionato di Dylan Dog. Studia recitazione e doppiaggio da circa 10 anni. Dicono faccia un'ottima imitazione di Gatto Silvestro.