Dragon Quest XI S Recensione: un’opera d’arte anche su Xbox

Dragon Quest XI S

Non sono molte le saghe nella storia videoludica che possano affermare di aver vinto la battaglia contro il tempo, appassionando giocatori diversi, in epoche diverse e di generazioni diverse per quasi quarant’anni. Si tratta di una capacità rara, quella di imporsi come il faro e il punto di riferimento di un intero genere, e di non essere mai superato, nonostante cambino i tempi, gli hardware diventino più potenti, le grafiche sempre più dettagliate. Non è facile, in un mondo come quello della tecnologia, sempre soggetto al continuo mutamento, sempre pronto a fagocitare i suoi stessi figli, diventare immortali. Ma Square Enix deve avere un qualche tipo di tocco magico, o di ricetta per il successo, perché di queste saghe immortali ne ha create almeno tre: Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dragon Quest. E proprio l’ultima iterazione di questa saga Dragon Quest XI S Echi di un’Era Perduta Definitive Edition (qui la nostra recensione della versione Switch) è pronta ormai a fare il suo debutto su Xbox One, a più di tre anni dalla release originale nel 2017, regalando anche agli utenti della console di casa Microsoft l’incanto e la magia di quello che, con tutta probabilità, è uno dei pinnacoli più alti mai raggiunti dal genere JRPG.

Che poi, del resto, se per realizzare un gioco di ruolo si mettono insieme il genio e il talento di Yuji Horii, quelli di Koichi Sugiyama e quelli del maestro Akira Toriyama, che razza di risultato ci si potrebbe aspettare, se non un capolavoro assoluto? E se è dal 1985 che la serie di Dragon Quest continua a rapire e ammaliare i videogiocatori si deve proprio all’abilità di questi mostri sacri che, con l’undicesimo capitolo hanno confezionato quello che, con tutta probabilità è la miglior iterazione della saga di sempre, che, dopo PlayStation 4, PC (via Steam) e Nintendo Switch, non poteva non arrivare anche su Xbox One.

Dragon Quest XI S: una storia che cattura

Dragon Quest XI S

Uno degli aspetti che più mi ha colpito di Dragon Quest XI S è stata la storia e, anche se ne abbiamo già parlato diffusamente nelle prime due recensioni, quella della versione originale per PlayStation 4 e quella del 2019 per Nintendo Switch, sento che una parola o due vadano dedicate a quella che, a tutti gli effetti, è una grande narrazione, al passo con quelle dei più celebrati open world della nostra generazione. Perché la vicenda del nostro Eroe, reincarnazione del Lucente che già una volta aveva salvato l’umanità intera dall’Oscuro, il signore delle tenebre, è densa, coinvolgente, intricata, eppure allo stesso tempo scorrevole e liscia, senza inciampi o forzature, qualità che non sempre riescono ad andare a braccetto insieme. La longevità del gioco è incredibilmente soddisfacente, e per non lasciare nulla al caso la Definitive Edition ha voluto anche aggiungere alcune side quest dedicate ai personaggi che compongono il nostro party e che ci aiutano ad approfondire e studiare maggiormente i nostri compagni, al di là di quelle che sono le loro abilità in combattimento.

Insomma un mondo approfondito, che si disvela a tutto tondo mano a mano che si procede con la trama e nel viaggio del nostro Eroe, pronto a salvare, una volta ancora, il mondo dalle tenebre e dall’oscurità. Dragon Quest XI S non è, a rigor di definizione, un open world, ma molti dei suoi elementi, la sua profondità l’enormità delle mappe e degli spazi, ricordano tantissimo i capisaldi del genere. Così come la vastità e la varietà dei nostri compagni che ci affiancano nella nostra difficile missione, e che sono davvero un aspetto fondamentale del nostro successo. È solo grazie a loro, infatti, che possiamo realizzare alcune meravigliose mosse combo durante i combattimenti che, oltre a essere estremamente spettacolari e godibili, sono davvero potenti (particolarmente quando i nostri protagonisti si trovino in modalità Pimpante).

Insomma una storia completa e complessa, in un mondo vasto e variegato, senza però che la narrazione risulti mai farraginosa o bloccata, ma rimanendo sempre fluida, e soprattutto senza rinunciare alla vena parodistica e scanzonata che è un po’ la cifra stilistica di tutta la serie e che, almeno in parte, deve essere stata dettata dai character design di Toriyama (che ricorda, fatte salve alcune eccezioni, più il suo periodo Arale che quello Dragon Ball).

Il cielo, la terra, e ciò che sta nel mezzo

Dragon Quest XI S

Un aspetto davvero straordinario di Dragon Quest XI S sono le ambientazioni. Per quella che era la mia esperienza precedente con i JRPG mi sarei aspettato ambienti fantasmagorici, sì, ma forse un po’ meno curati a livello grafico. E invece i panorami di questo titolo sono davvero da mozzare il fiato, per il loro livello di realismo e per la straordinaria quantità di dettagli. La resa è veramente precisa, e più di una volta mi sono sorpreso fermo su un’altura ad ammirare il panorama che si stendeva ai miei piedi o sopra la mia testa, con estatica ammirazione. Si vede che l’utilizzo dell’Unreal Engine 4 ha dato una svolta in positivo alla saga, soprattutto da questo punto di vista. Che si tratti di un deserto, di una montagna, di una cascata, le texture del paesaggio sono sempre strabilianti e ammirevoli.

Altra nota positiva (e come potrebbe essere altrimenti) è il design dei personaggi, dove la mano di Toriyama si avverte fortissima. L’Eroe infatti, a me, un normalissimo quasi trentenne cresciuto a pane e Dragon Ball, non ha potuto non ricordare uno sfavillante Trunks dal Futuro durante la saga di Cell, anche se un po’ patito e meno fisicato della controparte anime. Ma i tratti e la fisionomia sono quelli. Per il resto il design dei personaggi, dai compagni del Lucente, ai nemici, fino agli abitanti del villaggio di Roccapietra, sembrano gridare dallo schermo “Siamo opera di Akira Toriyama!“. Come accennavo prima però, lo stile a me ricorda più il maestro dei tempi di Arale che non quello di Dragon Ball Z, con tratti più tondeggianti e fumettosi, e i colori brillanti, saturi, chiassosi, un vero piacere per gli occhi. Inutile dire poi che l’aspetto dei mostri e dei nemici sia straordinario per varietà ed estetica, una vera gioia per gli occhi, e un regalo per gli appassionati come me. E oltre al pregio di una resa grafica spettacolare, questi personaggi hanno anche una naturalezza nei movimenti che ha del portentoso. Anche se qualche, lieve, inciampo c’è comunque (come nei casi in cui mentre cavalchiamo il cavallo si blocchi pur non avendo alcun ostacolo visibile sul suo cammino) bisogna dire che tutte le azioni sono molto fluide.

Da questo punto di vista, e a livello puramente personale, non ho apprezzato in modo particolare la versione in 2D a 16 bit, erede della versione originale giapponese per Nintendo 3DS (che non è mai arrivata sul mercato occidentale), anche se ne capisco assolutamente il fascino retro. Scegliere di vivere l’avvenutra in questa nuova veste può essere un interessante ritorno all’infanzia per molti giocatori, o la spinta a riprendere in mano questo bellissimo titolo, ma significa anche andare a perdere parte di quella bellezza e grandezza grafica che è uno degli elementi più interessanti dell’esperienza di Dragon Quest XI S.

Dragon Quest XI S: Musica, suoni e parole

Dragon Quest XI S

Le grandi novità della Definitive Edition che arriverà su Xbox One rispetto a quella che era la versione originale di Dragon Quest XI S Echi di un’Era Perduta sono soprattutto a livello del sonoro. Innanzitutto la possibilità di switchare comodamente tra il doppiaggio in giapponese e quello in inglese, in qualsiasi momento della storia, e soprattutto quella di scegliere la colonna sonora in versione orchestrale invece di quella originale. Ora, forse sto dicendo un’eresia, ma proprio la colonna sonora in versione orchestrale, realizzata come sempre dal grande Koichi Sugiyama, mi sembra essere la parte meno convincente di questo titolo che rasenta la perfezione. Il tema è veramente penetrane e insistente, bellissimo se lo si ascolta per poco tempo, ma alla lunga un po’ stancante, tanto da spingere ad abbassare il volume. Dall’altra parte le voci dei personaggi, sia in giapponese che in inglese, sono squillanti e chiare, in pieno stile JRPG, e riempiono di allegria.

L’ultima nota la dedico al sistema di battaglia, che è stato reso più veloce attraverso il menu di comandi rapidi. Una possibilità che sarà di certo la gioia dei giocatori più esperti, mentre per parte mia, ho preferito godermi gli scontri a velocità normale Si tratta comunque di una funzionalità utilissima per chi magari voglia affrontare il gioco una seconda volta o abbia già familiartità con i vari attacchi e tattiche dell’Eroe e del suo party.

Insomma, questa versione per Xbox One di Dragon Quest XI S Echi di un’Era Perduta è l’ennesima gemma nella preziosa collana di una serie di estremo successo, che continua a essere uno dei migliori lavori di sempre di Square Enix. I rarissimi e microscopici difetti non bastano certo a minare o rovinare un’esperienza di gioco entusiasmante, divertente e appassionante. Dopo qualche ora si ha la sensazione di essere risucchiati nel mondo di Hellador, di conoscere da sempre i nostri compagni e di voler vivere con loro ancora mille avventure. Sicuramente il capitolo più riuscito di tutta la serie di Dragon Quest e con tutta probabilità una delle vette più alte mai raggiunte dal genere JRPG. Solo e soltanto applausi.