Quando avevo 19 anni e ho iniziato l’università, mi sono trasferito in una casa con altri coinquilini della mia età, che sono diventati immediatamente i miei migliori amici. Insieme abbiamo vissuto dei momenti fantastici, tipici della vita universitaria, condividendo pranzi, serate, feste e film. Soprattutto film. Eravamo appassionati di cinema, tutti quanti, ma c’era una cosa che a volte mi escludeva da queste serate. A me non piacevano i film horror. Lentamente però, con tanto impegno, sono riusciti a tirarmi dalla loro parte, e piano piano mi sono fatto una piccola cultura horror, vivendo quei film con i miei amici. Dai grandi classici ai più moderni, sono riuscito a guardare un bel po’ di titoli nella storia della cinematografia dell’orrore. Ed è per questo che ho voluto vedere Voces, uscito su Netflix lo scorso 27 novembre..
Si tratta di un film horror spagnolo, prodotto da Netflix, scritto e diretto da Angel Gomez Hernandez, promettente e giovane regista spagnolo che ha fatto così il suo esordio con un lungometraggio (finora infatti aveva girato soltanto corti). Il cast a sua disposizione è davvero di tutto rispetto e comprende Rodolfo Sancho, Ana Fernandez, Ramon Barea, Belen Fabra e Lucas Blas, tutti attori noti nel panorma seriale spagnolo (la Fernandez è anche nel cast della serie Netflix Le ragazze del centralino) o con un passato sul grande schermo (come nel caso di Belen Fabra, protagonista del film Valérie Diario di una ninfomane). Una grande concentrazione di talento e professionalità messa agli ordini di Hernandez per realizzare questa pellicola. Ma quale sarà stato il risultato? Andiamo a scoprirlo insieme.
Voces: un collage di altri film
Daniel è un imprenditore edile che si guadagna da vivere comprando case da ristrutturare e rivendendole dopo averle rese abitabili. Con lui ci sono sua moglie Sara e suo figlio Eric. Ma nell’ultima casa acquistata da Daniel qualcosa non sta andando per il verso giusto. Eric è spaventato da qualcosa, non riesce più a dormire la notte, vuole andarsene. Finché una notte il bambino muore annegando in piscina. Daniel non riesce a darsi pace, soprattutto perché, dopo qualche giorno, comincia a sperimentare alcuni strani fenomeni all’interno della casa e a sentire la voce di suo figlio nei messaggi vocali del suo telefonino. Questo lo spinge a contattare German, un esperto di psicofonia, per scoprire cosa stia succedendo, ma in questo modo troverà soltanto una terribile verità.
Voces si presenta agli spettatori con una bellissima inquadratura che scende a spirale dall’alto su una piscina dall’acqua sporca e ingombra di rami e foglie, con la sola macchia di colore di una palla rossa al centro, che spicca e colpisce l’occhio. Un esordio tecnicamente molto pregevole che però dà immediatamente una sensazione scolastica di “già visto“. E in effetti il film utilizza tutta una serie di collaudatissimi elementi della storia dell’horror: una casa diroccata isolata nel bosco, una location talmente classica da essere quasi un cliché, un bambino dagli occhi chiari e vacui che è il perfetto ritratto della definizione di bimbo-horror, tutto il campionario di luci rosse intermittenti e apparecchi elettronici che si accendono da soli, le voci inquietanti e le presenze poco rassicuranti alle spalle dei protagonisti, fino ai jumpscare che di scare ne hanno veramente molto poco. Una serie di dettagli ed elementi usati e abusati in tutta la storia dei film dell’orrore che lasciano la sensazione che Voces sia una sorta di collage, un film fatto di pezzi di altri film (o anche di romanzi), il che non gli concede un’identità precisa, con una trama che si contorce intorno a svolte sempre meno credibili, quasi che, a corto di idee, si sia pensato di buttar dentro all’opera tutto quello che era possibile inserire.
Per questo quando ho guardato Voces, mi sono tornati in mente tanti dei film visti con i miei amici durante le nostre serate horror spensierate da studenti universitari: un po’ di The Ring, un po’ di The Grudge 2, un pizzico di American Horror Story Murder House, un etto di White Noise (un film del 2005 con protagonista Michael Keaton che parla proprio del fenomeno della psicofonia), alcuni pezzi di Duma Key (un romanzo di Stephen King, vincitore del premio Bram Stoker nel 2008) e parecchio di Hide and Seek (film del 2005 con Robert De Niro e Dakota Fanning). Il tutto mescolato con un q.b. di The Mothman Prophecies e di Dragonfly. Tutte opere di per sé godibili ma che, tutte insieme, non garantiscono un gran risultato.
Sei anche tu un personaggio horror standard?
I protagonisti di Voces condividono lo stesso difetto di tutti i protagonisti della storia del cinema horror, ossia l’assoluta mancanza di senso delle loro decisioni. Daniel è il primo a manifestare i sintomi della sindrome da personaggio horror standard, quando decide di rimanere a vivere da solo nella casa in cui suo figlio è morto in circostanze misteriose, ma German, l’esperto di psicofonia che decide di aiutarlo, e sua figlia Ruth, non sono assolutamente da meno: nemmeno dopo aver accertato (non è passato nemmeno mezzo film a questo punto) che nella casa c’è una presenza, e che questa presenza è palesemente ostile, i due continuano a dormire e vivere proprio all’interno della casa. Non bastano nemmeno gli avvertimenti dei paesani, che dicono a Ruth di “stare lontana dalla casa delle voci” e un tentativo di suicidio di German, istigato dalla presenza con una visione, a far capire ai protagonisti che l’unica cosa da fare sia dare fuoco all’edificio e allontanarsi il più in fretta possibile.
E a completare il quadro, proprio quando si pensa che l’insensatezza dei personaggi abbia già raggiunto il punto massimo, arriva lui, German, a pronunciare il più classico dei “dividiamoci” che, si sa, in un film horror non può mai portare a nulla di buono! Insomma un film prevedibile, pieno di cliché, di elementi già visti, di jumpscare che non fanno paura e anche di un plot twist, perché sembra che ormai se in un film horror non troviamo un cliffhanger finale non si possa più girare la pellicola.
Una tecnica impeccabile
A livello tecnico però non si può dire che il giovane Hernandez non abbia fatto i compiti a casa. Il film, dal punto di vista registico e della fotografia è quasi impeccabile. Il regista usa sapientemente una luce smorzata, dei colori che cozzano apertamente tra di loro per trasmettere angoscia o paura, e particolarmente alla fine del film, quando il contrasto tra luce e tenebre diventa fondamentale. Il predominio di colori seppia, di ambienti sempre abbastanza chiusi (anche le inquadrature esterne sono delimitate e circoscritte dagli alberi della fitta foresta che circonda la casa) aiutano a garantire un’atmosfera opprimente, che si sposa perfettamente a una colonna sonora sempre adeguata e ansiogena al punto giusto. Da manuale anche l’alone sfocato con il quale sono presentate le scene delle visioni.
Benissimo il comparto sonoro, ancor più fondamentale in un film che si intitola Voces e che dovrebbe dunque essere basato sulle voci (anche se poi in realtà non lo è). La gestione del volume della voce che parla dal baby monitor nella scena della vasca è l’unico momento davvero da brividi dell’intero lungometraggio. Ottima anche la gestione degli effetti speciali, per quanto il film non ne faccia un uso eccessivo. I pochi che ci sono però sono ben equilibrati, e concorrono alla sensazione generale di angoscia che (non fosse per la prevedibilità di certe situazioni) dominerebbe la pellicola. Giova anche il fatto che la CGI sia molto realistica, senza dare una fastidiosa sensazione di falsità.
Forse un po’ troppo scolastica, ma comunque apprezzabile anche la Ringkomposition, la composizione ad anello, con il film che si chiude con un’inquadratura ascendente della stessa piscina dalla quale eravamo partiti, con un tipo di rosso diverso a dominare stavolta l’acqua e ad attirare l’occhio dello spettatore (non possiamo dire di più per evitare spoiler). Purtroppo però la tecnica non sempre basta.
Anche le prestazioni degli attori non sono affatto censurabili, anche se non stiamo certamente parlando di interpretazioni memorabili: Rodolfo Sancho è credibile nel suo ruolo di Daniel, un padre e un marito distrutto, mentre Belen Fabra riesce a trasmettere un grande senso di tristezza e immedesimazione nel ruolo di Sara. Perfetta l’interpretazione di Lucas Blas nel più classico dei bambini della storia horror, i più ingessati tra il cast sembrano essere la Fernandez e Barea, che nelle parti di Ruth e German offrono una prestazione senza infamia e senza lode.
https://www.youtube.com/watch?v=LkKclH7miYA
Insomma, Voces è un film che, al netto di un comparto tecnico più che all’altezza non riesce mai a spiccare il volo, invischiato com’è in una tonnellata di cliché, in quella forte sensazione di aver già visto tutto, di poter capire esattamente come vada a finire, che nemmeno il plot twist finale riesce a cancellare e che anzi non fa che peggiorare. Con una trama che appare il frutto di una istancabile opera di ricucitura di pezzi diversi, questo horror, è proprio il caso di dirlo, è un mostro di Frankenstein, in cui tante idee (poche delle quali originali) vengono buttate insieme in un grosso calderone, sperando che ne esca fuori,come in un rito stregonesco, un buon film. Purtroppo, non è questo il caso.