L’Attacco dei Giganti 4×02 Recensione: i Demoni

L'Attacco dei Giganti

La scorsa settimana ha finalmente fatto il suo esordio in Giappone l’ultima stagione de L’Attacco dei Giganti, un evento che tutti i fan attendevano con ansia e apprensione da più di un anno. Tra il passaggio a un nuovo studio d’animazione, la pandemia e i ritardi che ha causato, e la mancanza prolungata di notizie sullo “stato dei lavori”, la legittima preoccupazione del fandom dell’opera di Hajime Isayama era arrivata quasi al punto di rottura, in un’attesa che si era fatta febbre e travaglio. In questo senso il primo episodio (qui la nostra recensione) è stato una liberazione, un momento catartico che è giunto a placare animi e preoccupazioni e che ha sicuramente soddisfatto largamente tutti gli appassionati. Il cambio di prospettiva e l’attenzione riservata ai “villain” di questa storia (sempre che di villain ce ne siano) sono sicuramente due elementi vincenti, che non possono non risvegliare l’interesse e la curiosità dei fan de L’Attacco dei Giganti.

Questo secondo episodio (disponibile in simuldub su VVVVID), è fatto di riflessioni e dialoghi, quasi a fare da contrappeso al primo, così pieno di azione, ed esplosioni e giganti. Un momento di quiete che ci permette di approfondire questi personaggi sconosciuti, di conoscere di più le loro famiglie, di scoprire un mondo che abbiamo visto solo attraverso il filtro dei ricordi di Grisha Jaeger. E allora saliamo anche noi sul treno di mezzanotte, e partiamo verso Marley.

L’Attacco dei Giganti: tutto e il contrario di tutto

L'Attacco dei Giganti

Questo secondo episodio de L’Attacco dei Giganti riparte da dove si era concluso il primo, ossia dai titoli dei giornali. La vittoria di Marley, che è la vera superpotenza del mondo, non è riuscita a cancellare il fatto che l’ingegno umano sta cominciando a oscurare il potere dei giganti. Esattamente come gli abitanti di Paradis, che lentamente avevano imparato a creare armi sempre più distruttive per uccidere proprio le terribili creature, le altre nazioni del mondo si sono lanciate in una terribile corsa agli armamenti, cercando di creare una qualche tecnologia in grado di cancellare il dislivello militare che li divide dai possessori del potere dei Giganti. I quattro anni di guerra contro gli Alleati Mediorientali hanno insegnato al mondo che, forse, Marley non è più imbattibile. E proprio per questo motivo la proposta che Zeke fa ai comandanti dell’esercito è allo stesso tempo avventata, disperata e necessaria. Bisogna conquistare Paradis, eliminare tutti gli eldiani, riconquistare il potere del Gigante Fondatore. In un solo anno.

La proposta di Zeke è l’occasione per tornare a parlare, per la prima volta nella nuova stagione, di Paradis e degli eldiani. L’ombra lunga di Eren e dei suoi amici si staglia imperiosa su questo episodio, anche se ne viene pronunciato soltanto una volta il nome. L’accenno alle tante navi di ricognizione di Marley scomparse lungo le coste di Paradis è soltanto il primo di questi momenti, ma sicuramente il più intenso e contrastante è quello in cui Reiner Braun, tornato finalmente a casa, racconta ai suoi parenti qualcosa dei suoi cinque anni da infiltrato all’interno delle Mura. Si tratta di un momento vibrante, in cui ritroviamo nei suoi racconti (anche se il Guerriero non li chiama per nome) Sasha, Eren, Armin e Mikasa. E soprattutto si tratta di un momento che torna a sottolineare l’indottrinamento, l’umiliazione autoindotta che gli eldiani rimasti a Marley sono costretti a subire.

La reazione dei parenti di Reiner ai racconti del Guerriero finalmente tornato a casa dice tutto e il contrario di tutto: l’odio puro che traspare dalle espressioni e dalle parole di questi uomini e queste donne, l’orgoglio nell’avere un figlio che ha combattuto per conquistare Paradis, il disprezzo, le espressioni scure, lo stesso fatto di chiamare “demoni” delle persone con le quali, dopotutto, condividono il sangue, sono tutti elementi che non hanno una ragione univoca, ma tutto il contrario. Le ragioni sono diverse, e contrastanti tra loro, ma ne spiccano principalmente due: da una parte che gli abitanti di Paradis siano tutti cattivi, che siano sempre pronti a scatenare la guerra, che non vogliano altro che schiacciare e uccidere, dall’altra che gli eldiani che si sono rifugiati dietro alle Mura sono scappati sull’isola lasciando gli “eldiani buoni” indietro, a subire le angherie e l’umiliazione del dominio dei marleyani. Una rabbia cieca e fideistica insomma, che non riesce a vedere l’insensato contrasto dei suoi argomenti, che non fa altro che ripetere insensibilmente le parole umilianti degli oppressori: “siete una razza maledetta, vi meritate queste umiliazioni, per dimostrare di essere buoni dovete soltanto morire per noi”. Ma per gli occhi di chi ha visto, per chi dietro le Mura ci è stato, questa fede cieca e irragionevole comincia a vacillare.

Il volto di un sopravvissuto

L'Attacco dei Giganti

Ad emergere come il personaggio di gran lunga più interessante e centrale di queste prime puntate della stagione è sicuramente Reiner Braun. Questo perché sembra essere colui che porta sulle spalle tutto il peso di scelte sbagliate, fallimenti, sangue e morte. Nonostante le attestazioni di stima e d’orgoglio infatti, lo sguardo di Reiner è sempre incredibilmente cupo. I ricordi lo perseguitano, la preoccupazione per la giovane Gabi, sua cugina, che sembrerebbe prossima a ereditare il potere del suo Gigante Corazzato, lo divora. Il bellissimo dialogo con Falco Griece durante il viaggio in treno che riporta l’esercito a casa è un momento estremamente toccante e umano. Ma soprattutto l’anima di questo personaggio, sconfitto e provato, si schiude e lo porta a fare un “passo falso” quando, abbandonandosi ai ricordi, dice che su Paradis “c’erano persone di tutti i tipi…” La scelta dei termini non è casuale. Per la prima volta gli eldiani non vengono chiamati demoni o maledetti, ma persone. Persone di tutti i tipi soprattutto. Una precisazione che stupisce la giovane Gabi. “Ma non sono tutti cattivi?” chiede lei. La crescita, la profondità del personaggio di Reiner Braun sono tutte in questo momento. Reiner ha vissuto, ha scoperto che la fede che lo animava, una fede fatta di buoni e cattivi, di bianco e di nero, è una fede fallace. Ci sono sfumature, tante, troppe. Il bianco e il nero nemmeno esistono. C’è solo il grigio di un’umanità imperfetta, il cui unico pensiero e quello di trovare un modo più efficacie,più efficiente, di massacrarsi a vicenda.

E pobabilmente non è un caso che, in un episodio in cui Reiner ha tanta importanza, uno dei temi trattati sia la sindrome da stress post traumatico. Un aspetto che si riallaccia intensamente alla presentazione della follia della guerra del primo episodio, che decostruisce l’immagine gloriosa del ritorno a casa dei vincitori nell’immagine di questi uomini fragili e ridotti al limite della follia, dagli sguardi vuoti e vacui, che arrivano persino a togliersi la vita in una notte illuminata dai fulmini. Reiner è come loro, un reduce. La sola differenza è che qualcosa ancora brucia sotto la cenere del suo io distrutto.

Un passo indietro

L'Attacco dei Giganti

Se dal punto di vista dei contenuti, delle idee, della trama, e della bellissima caratterizzazione del personaggio di Reiner questo secondo episodio de L’Attacco dei Giganti non sbaglia un colpo, è sotto l’aspetto tecnico che si deve registrare un deciso, inatteso e vagamente preoccupante passo indietro.

Nel primo episodio di questa quarta stagione infatti, le animazioni erano state sempre dinamiche e ben fatte, integrando anche alla perfezione una CGI di cui è stato fatto un utilizzo ben più massiccio che nelle stagioni passate.E sono invece proprio le animazioni che questo secondo episodio non si rivela affatto soddisfacente. I movimenti dei personaggi risultano a volte disarticolati, rigidi, legnosi, spesso inumani. Ci sono dei momenti in cui i movimenti degli arti sono talmente sbagliati anche solo dal punto di vista strettamente biologico e fisiologico da dare fastidio agli occhi.

Si tratta però dell’unico vero difetto di un episodio che conta invece su disegni dal tratto sempre molto bello, e soprattutto su un uso davvero interessante della luce e dei giochi di ombre che essa crea sui volti dei protagonisti. Alcune immagini ricordano persino delle opere d’arte, come nel caso del primo piano sulla famiglia di Reiner che, al netto delle dovute differenze, sembra composta e rappresentata quasi come nel celeberrimo dipinto American Gothic di Grant Wood. Un’altra di queste immagini particolarmente potenti è quella dell’apertura dei cancelli del “ghetto” eldiano, che ricorda in modo così distinto e palese quello di un campo di concentramento da lasciare quasi con un senso di vuoto allo stomaco.

Nel complesso un episodio introspettivo, interiore, ragionato, che scava, approfondisce emozioni e sentimenti, che tiene incollati allo schermo senza ricorso inutile all’azione. Al netto di alcuni aspetti tecnici rivedibili (molto rivedibili) questa quarta stagione de L’Attacco dei Giganti a marchio MAPPA continua a dare sensazioni più che positive.

https://www.youtube.com/watch?v=9hHHnmt8mPQ&t=6s