L’Attacco dei Giganti 4×04 Recensione: Eminenze grigie

L'Attacco dei Giganti

Tutte le narrazioni hanno bisogno del loro momento di quiete. In ogni storia c’è sempre, prima che inizi la tempesta, un momento fragile, impalpabile, fatto di calma, quasi di serenità, durante il quale tutti comprendono di essere alle soglie della catastrofe, ma non fanno nulla per fermarla, perché ormai quella stessa catastrofe è ineluttabile. C’è un momento preciso, ne Il Signore degli Anelli il Ritorno del Re, in cui Pipino affacciandosi dal balcone della sua stanza a Minas Tirith, nota il silenzio della città sull’orlo della guerra totale e della rovina. “È il respiro profondo prima del balzo” gli risponde Gandalf. Una metafora naturalistica di estrema bellezza, che condensa in poche, intense parole, quell’attimo di silenzio durante il quale un predatore tende i muscoli per l’attacco fulmineo e decisivo. È una forma di equilibrio che sembra quasi contraddittoria: poco prima del disastro, del caos, c’è sempre la quiete. Nella quarta stagione de L’Attacco dei Giganti, il quarto episodio dovrebbe rappresentare proprio questo momento di calma apparente, il respiro profondo, la tensione che sale prima del fulmine.

Il che non vuol certo dire che non succeda nulla, o che l’episodio sia noioso, anzi. In realtà ci sono moltissimi spunti di riflessione e appaiono tanti personaggi che andranno sicuramente approfonditi nelle prossime puntate. E persino quelli che sono solo dei cameo hanno la capacità di suscitare emozioni profonde. Di far impallidire, rabbrividire. Di farci rimanere col fiato sospeso. Ecco dunque la nostra recensione del quarto episodio della stagione finale de L’Attacco dei Giganti.

L’Attacco dei Giganti: governare nell’ombra

La quarta stagione sta seguendo un inatteso andamento lento, contando su una narrazione che si ferma ad approfondire, che scava a fondo nell’interiorità dei personaggi (come abbiamo visto nel terzo episodio) e nelle dinamiche sociali e politiche di un mondo che ci è ancora estraneo. Marley si sta rivelando, però, un paese ricco di contraddizioni e ingiustizie. Un mondo che odia il potere stesso che sfrutta per rendersi grande e potente, un paese che ghettizza e disprezza gli stessi soldati che manda al macello sui capi di battaglia delle sue guerre di conquista, un popolo che considera gli eldiani feccia, che li insulta, che li costringe a portare una fascia di riconoscimento al braccio, ma che viene inconsapevolmente governato e guidato dal volere di una sola famiglia, che il sangue eldiano lo ha nelle vene. Willy Tybur si presenta ai nostri occhi (e a quelli del maresciallo Magath) con la semplicità e la disinvoltura del politico consumato. Ha un sorriso ampio, modi gentili e affabili, riesce persino a risultare schietto e sincero nel suo primo dialogo con Magath, ammettendo senza remore che è la sua famiglia, che sono i Tybur, a governare e guidare Marley. Tutto perché sono i discendenti dell’eroe. Avranno anche del sangue eldiano i Tybur, infatti, ma è stato il loro antenato Helos colui che, cento anni prima, ha sconfitto il re di Eldia, dando inizio alla ribellione di Marley, e costringendo gli eldiani al ghetto, o all’isolamento sull’isola di Paradis. Grazie all’impresa di Helos la famiglia Tybur custodisce gelosamente il Gigante Martello (l’unico che nell’anime non abbiamo ancora incontrato), grazie all’impresa di Helos, Willy può “prendere il timone” di Marley, guidarla nell’ombra, senza che nessuno si preoccupi o si accorga che sta piegando la testa di fronte a uno dei demoni, di fronte a uno di coloro che ha il sangue di Eldia.

Si tratta della perenne contraddizione degli ideali: di fronte al vero potere, evaporano. Magath questo lo sa bene. E proprio per questo motivo, di fronte alla stupenda statua di Helos, dopo aver ascoltato Willy decantare le virtù dell’ideale marleyano, spezza la conversazione, ricordando che quel simulacro di bronzo al suo interno è vuoto. Soltanto la facciata, l’immagine esteriore, conta. Finché tutti saranno impegnati a guardare lo scintillio del bronzo, nessuno si preoccuperà di chi sia, nell’ombra, a tirare i fili.

Lettere verso casa

L'Attacco dei Giganti

Accanto ai Tybur che governano Marley nell’ombra però, sembra esserci almeno un altro personaggio che agisce tirando di nascosto dei sottili fili invisibili. Il terzo episodio era terminato con una inquadratura in primo piano sugli ardenti occhi verdi di Eren Jaeger, infiltrato in un ospedale per veterani del distretto di Liberio fingendosi un soldato ferito di nome Krueger. Mimetizzato in questo ambiente di tristezza e disperazione, Eren è riuscito a guadagnarsi la fiducia del giovanissimo Falco Griece, forse il giovane aspirante Guerriero più umano, dubbioso, e per questo anche affine al protagonista che avevamo imparato a conoscere nelle prime tre stagioni dell’opera. Il rapporto tra Eren e Falco è sicuramente uno degli elementi più interessanti di questo lento e profondo episodio di calma apparente. Falco è disinteressato, aperto e sincero nella sua umanità, nella sua volontà di fare del bene. Si apre volentieri e completamente con quello che lui crede essere Krueger, arrivando persino ad accettare di fare per lui qualche piccola commissione. Nulla di speciale ai suoi occhi, soltanto imbucare qualche lettera nel distretto dei marleyiani. Ma agli occhi di noi spettatori, che sappiamo a chi possano essere indirizzate quelle lettere, e quale possa essere il loro contenuto, appare chiaro il modo cinico e spietato in cui Eren sta usando questo ragazzo con il quale è tanto facile empatizzare.

E la cosa non è chiara solo a noi. Quando quello che sembra essere un medico della clinica si siede accanto a Eren, dicendogli di essere il dottor Jaeger, il cuore non può non saltare un battito. Il protagonista deve sapere chi sia quell’uomo deve averlo riconosciuto: i ricordi di suo padre Grisha sono dentro di lui del resto. Fa impressione, fa quasi accapponare la pelle che il primo incontro tra Eren e suo nonno avvenga qui, in questo modo. Soprattutto perché l’uomo ci sembra lucido, ancora dedito a quell’autoflagellazione, a quell’umiliazione autoimposta che tanto sdegno, tanto fastidio aveva causato negli ultimi episodi della terza stagione. Soltanto quando l’uomo inizia a perdere il controllo capiamo: il dottor Jaeger non è lì come medico, ma come paziente. Il dolore per la morte della figlia, per la perdita del figlio, uniti al continuo sminuirsi, dirsi di essere malvagio per la sola colpa di essere nato eldiano, lo hanno dilaniato dentro, lo hanno condotto alla pazzia. Vedere l’espressione devastata di quest’uomo fa passare un brivido lungo la schiena, ma ciò che è ancora peggiore è la vacuità dello sguardo di Eren, la sua indifferenza assoluta. Non gli interessa del dolore di quell’uomo, non gli interessa se si incolpi per la sconparsa della sua giovanissima figlia, per la sorte di suo figlio. Negli occhi verdi di Eren c’è solo freddezza, c’è solo calcolo, come uno scacchista che sta studiando la prossima mossa. Come un marionettista che tira il prossimo filo.

Post credit

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Il resto dell’episodio è fatto principalmente di attese. Attesa per un discorso dei Tybur che non vedremo in questa puntata, attesa di scoprire le decisioni dell’esercito sul successore del Gigante Corazzato, attesa di sapere qualcosa di più sul vero piano di Marley per attaccare Paradis. C’è spazio per una riflessione, ancora più approfondita, sull’umanita, sull’empatia che tocca agli emarginati, sull’ipocrisia della politica e della guerra (principale bersaglio di questo inizio di stagione), ma anche per la leggerezza di una fiera, per le espressioni gioiose di quattro bambini che possono assaggiare cibi esotici e mai provati prima, per le espressioni bonarie di Colt e Reiner.

La scelta di MAPPA di proseguire con una narrazione lenta è sicuramente sensata, intelligente e furba. Le scene non presentano molta azione e dunque è più facile gestirle, anche dal punto di vista dell’animazione. Per questo, a livello tecnico, nonostante il poco tempo che lo studio ha avuto a disposizione per realizzarla, la quarta stagione si sta mantenendo sugli standard di Wit Studio (con il pregio ulteriore di un character design più “maturo” e di una gestione dei colori e del contrasto luce/ombra davvero entusiasmante, al tempo stesso crepuscolare e satura). Una nota di merito in questo episodio va soprattutto alla scena in cui Porco e Pieck si incrociano sulle scale. La postura e il modo di camminare della portatrice del Gigante Carro sono davvero inquietanti, e sebbene la scena abbia il chiaro intento di essere un siparietto comico, quella posa a quattro zampe che fa tanto L’esorcista, colpisce in modo quasi disturbante. Il banco di prova vero, comunque, arriverà sicuramente nei prossimi episodi, con i combattimenti e l’impiego della CGI, quando magari cominceranno anche a emergere gli effetti del crunch.

Ma l’ultima nota su questo quarto episodio de L’Attacco dei Giganti va spesa sulla scena post credit. Il Marvel Cinematic Universe ci ha ormai abituati (quasi assuefatti) a questo tipo di soluzione, una scena che arriva dopo i titoli di coda, e che a volte può risolversi in un inaspettato plot twist, o fungere da anticipazione. In questo caso, MAPPA è riuscita a confezionare qualcosa di esplosivo che, personalmente, mi ha colpito come una scena post credit non faceva dai tempi di Avengers. E l’espressione di Reiner, animata e girata in quel modo, è qualcosa di assolutamente sublime.

Insomma, L’Attacco dei Giganti sta continuando a stupire in positivo, con una stagione che si conferma ai livelli di quelle precedenti e che ha tutte le carte in regola persino per superarle. Certo, si tratta soltanto dei primi quattro episodi, ma se il buongiorno si vede dal mattino potremmo tranquillamente trovarci di fronte a una delle pietre miliari del genere shonen. Vi ricordiamo che gli episodi di questa Final Season de L’Attacco dei Giganti sono disponibili in simulcast e gratuitamente sul sito di streaming VVVVID ogni martedì. Continuate a seguirli insieme a noi!