Bisogna ammettere che fino a questo momento la quinta stagione de L’Attacco dei Giganti è stata sorprendente. Non mi riferisco tanto al fatto che gli episodi siano molto più che soddisfacenti, quando tutte le condizioni sembravano aver remato contro MAPPA e tutti i fan temevano che lo studio d’animazione avrebbe rovinato una serie tanto amata, ma più che altro alla strana latitanza dei Giganti stessi. In cinque episodi infatti, dei gradi combattimenti tra le gargantuesche creature che hanno fatto la fortuna di questa serie se ne sono visti pochi, anzi pochissimi.
Sono stati episodi introspettivi, di analisi interiore, di ricordi e di turbamenti. Ci è stato presentato un personaggio dilaniato dai dubbi, perseguitato dai propri sensi di colpa fino quasi a compiere l’estremo gesto, un Reiner completamente diverso da come eravamo stati abituati a conoscerlo nelle prime tre stagioni, e meraviglioso nel suo sviluppo psicologico. Eppure non è sempre usuale per una serie shonen passare tanto tempo lontana dall’azione, limitandosi a qualche scena o a pochi flashback. Insomma la Final Season de L’Attacco dei Giganti sembrava essere isolitamente compassata e controllata. Questo fino all’ultima scena del quinto episodio. In quella devastante trasformazione di Eren, nel crollo dell’intero palazzo, si è capito che la guerra era cominciata, che la serie stava per accelerare e cambiare volto. E questo sesto episodio ha cambiato tutto.
L’Attacco dei Giganti: mancavi solo tu…
Quando, al termine della terza stagione, la serie di Hajime Isayama aveva rivelato la vera origine del potere dei Giganti, i fan avevano scoperto l’esistenza dei Nove Giganti Mutaforma, nove giganti molto più potenti di quelli normali, tutti con le proprie caratteristiche e le proprie specificità. Otto di questi erano stati rivelati durante le prime tre stagioni dell’anime: il Gigante d’Attacco, ovviamente, quello in possesso di Eren, il Gigante Colossale e il Gigante Corazzato di Bertholdt (e poi di Armin) e Reiner, il Gigante Femmina di Annie, il Gigante Bestia di Zeke, il Gigante Mascella di Ymir, il Gigante Carro che abbiamo scoperto essere Pieck e infine, chiaramente, il Gigante Fondatore.
Soltanto uno dei Nove mancava all’appello, ed è inutile dire che il suo esordio fosse circondato da un certo hype. Fin da quando è stato nominato la prima volta il Gigante Martello è stato il sogno proibito di tutti i fan de L’Attacco dei Giganti e, per come si era concluso il quinto episodio, con la morte di Willy Tybur in un modo tanto brutale, ci si sarebbe potuti aspettare che il l’ultimo dei Nove apparisse immediatamente, quasi ad aprire la puntata. E invece MAPPA ha deciso di giocare ancora sui ritmi, rallentando di nuovo dopo l’accelerata del quinto episodio, facendo un passo indietro e mostrandoci come Willy Tybur e il comandante Magath avessero pianificato l’evento di Liberio nei minimi dettagli, consapevoli di un attacco dei “demoni di Paradis“, con freddo cinismo, utilizzando lo stato maggiore dell’esercito marleyano, i rappresentanti delle nazioni, Willy stesso come esche.
Un piano che serve a coalizzare il mondo contro gli eldiani, a cancellare divisioni e diffidenze reciproche nell’alleanza contro un nemico comune. Un piano che manda al macello centinaia, migliaia di civili innocenti, tutti eldiani, di nuovo utilizzati come carne da cannone per un freddo, cinico calcolo politico. Ed è solo a quel punto che il Gigante Martello si materializza. L’effetto è valso l’attesa. Il character design di questo nuovo Gigante è assolutamente spettacolare. Il suo stile di combattimento, la sua capacità di utilizzare l’indurimento per generare armi, anche il modo particolare che ha di generarsi, dal basso verso l’alto, hanno reso la sua comparsa davvero emozionante. La superiorità di questo mostro è schiacciante, palese, evidente. Il momento in cui sta per giustiziare Eren sarebbe potuto essere il più alto dell’episodio. Ma…
Al di là del bene e del male
L’entrata in scena di Mikasa entra di diritto tra le più belle degli anime. Elegante, leggiadra, letale come l’avevamo lasciata e anche di più, la sorella di Eren fa il suo ingresso in questa quarta stagione, rispondendo nel frattempo a tutti coloro che si preoccupavano per la capacità di MAPPA di animare le scene d’azione. Mikasa è stata disegnata e animata come poesia in movimento. Nessun volteggio è eccessivo o di troppo (anche se lo sarebbe stando alle più basilari leggi della fisica), ogni passaggio è perfettamente misurato.
Insieme a Mikasa entra in scena anche un altro Corpo di Ricerca, completamente diverso da quello che avevamo lasciato a suo tempo. Uomini forgiati, induriti, maturati. Sembrano passati secoli da quando Jean si rifiutava di sparare a un altro uomo o Sasha aveva paura di scoccare una freccia negli occhi di un Gigante. Quello che ci ritroviamo di fronte è un esercito perfetto, organizzato, che funziona come un metronomo, che colpisce chirurgicamente. Ma questo non significa che gli eldiani, che sono stati i nostri eroi per ben tre stagioni, siano diventati degli assassini a sangue freddo. Ce lo dimostra benissimo Sasha, quando risparmia Gabi anche se capiamo che sarebbe semplicissimo per lei eliminarla. Ce lo dimostra Jean che vuole evitare a tutti i costi che ci siano troppe vittime civili durante questo attacco. Ce lo dimostra Mikasa, con le poche parole rivolte a Eren dopo averlo implorato di tornare a casa: “hai fatto qualcosa di irreparabile“. Glielo dice con le lacrime agli occhi, cosciente di quanto sia vero, per ricevere in risposta soltanto quello sguardo vuoto e freddo, quasi privo di anima.
L’unico personaggio che non ci sembra essere cambiato, che non è mutato affatto, è Floch, probabilmente il più petulante e irritante partorito dalla penna di Isayama. Ma anche lui ha una ragione per comportarsi in questo modo. E quella ragione è Eren. Come Floch grida a Jean, è stato Eren a mostrare agli eldiani come combattere, che non bisogna avere pietà, che sono tutti nemici. Come avveniva nel quinto episodio, l’intero sistema di valori de L’Attacco dei Giganti si è ribaltato, confuso, sfumato. Non esiste più un giusto e uno sbagliato, un bene e un male. Non importano più le motivazioni per cui si combatte. Ci sono solo il dolore e la morte, c’è solo la perdita, la follia. E per un gioco perverso del destino, Eren ha appena fatto a Gabi quello che Reiner e Bertholdt avevano fatto a lui, in quel giorno lontano, durante quella prima puntata. Le ha sottratto l’innocenza, l’idea che tutto possa andare bene. Liberio è diventata Shiganshina. La guerra è assoluta, totale. Tutto questo è irreparabile.
Semplici umani
Nonostante l’episodio si intitoli Il Gigante Martello, questo nuovo mostro non ci mette molto a uscire di scena, e anche il mistero della sua apparente immortalità viene risolto abbastanza in fretta durante il combattimento (segno che MAPPA sta evidentemente provando a forzare le tappe dell’adattamento). Gli ultimi secondi in realtà sono una sorta di one man show. Dopo che Eren ha commesso l’ennesimo errore di valutazione della serie, quando sta per farsi divorare dal Gigante Mascella di Porco Galliard, quando tutto sta per terminare in modo fin troppo veloce, è in quel momento che fa la sua comparsa il deus ex machina per eccellenza de L’Attacco dei Giganti.
Levi Ackermann è probabilmente il personaggio col miglior rapporto hype/altezza non solo della saga, ma dell’intera storia anime. Era probabilmente il più atteso tra gli uomini del Corpo di Ricerca, e come al solito ha saputo stupire con la sua entrata in scena. Veloce e mortifero come sempre (tanto da essere quasi prevedibile… solo quasi però), Levi è ormai in grado di incutere terrore anche in chi non lo conosce, come Porco. E il suo arrivo scatena il Corpo di Ricerca contro il Gigante Mascella. La reazione di Porco Galliard ci dice tutto su quanto, in fondo, Marley non sia davvero pronta per questa guerra. Chi non è stato infiltrato tra le Mura, chi non ha passato anni in mezzo agli eldiani, non conosce la vera portata del loro coraggio e della loro determinazione. Porco Galliard è vissuto in un mondo dove il potere dei Giganti era temuto, dove la sua posizione di Guerriero significava tutto, dove gli umani avevano paura di affrontarlo. Non ha mai incontrato gli eldiani di Paradis. Non ha mai potuto comprendere queste persone che hanno convissuto per cento anni con il terrore dei Giganti. Per questi umani, tutt’altro che semplici, Porco è soltanto un’altra preda.
Dal punto di vista tecnico la puntata è un lavoro pregevole come sempre, anche se non eccelso. Qualche animazione si rivela leggermente farraginosa, e in un paio di passaggi (soprattutto quelli in prima persona) la CGI utilizzata per rendere il paesaggio cittadino di Liberio è vagamente fastidiosa. Niente però che vada a influire sul solito, ottimo risultato. MAPPA si sta confermando sempre più in grado di gestire questa stagione, e di farlo nel migliore dei modi. E anche questo sesto episodio va ben oltre la sufficienza.
La guerra è iniziata. Ormai non si può tornare indietro.