Il Novecento è stato il secolo dell’affermazione di una delle forme letterarie attualmente più in voga nelle narrazioni: la distopia. Letteralmente questa parola, che deriva dal greco “dys” (cattivo) e “topos” (luogo), significa “un pessimo posto”, ed è infatti proprio questo che la distopia rappresenta: un futuro (o un presente) indesiderabile che per alcuni o tutti i suoi aspetti è peggiore della realtà. A partire dai primi esempi firmati da grandissimi autori come George Orwell (con il celeberrimo romanzo 1984) e Aldous Huxley (il cui capolavoro, Brave New World, è recentemente diventato una serie tv), questo particolare sottogenere letterario si è mosso fluidamente tra i confini dello sci-fi, del cyberpunk, del thriller e dell’horror, approdando anche su nuovi medium, come appunto il cinema, la serialità televisiva, i manga e gli anime. Ed è questo il caso di High-Rise Invasion, la nuova serie originale Netflix, da poco sbarcata sulla piattaforma streaming più famosa al mondo.
Manga scritto da Tsuina Miura e illustrato da Takahiro Oba, High-Rise Invasion (più noto in Italia con il titolo, francamente di maggior impatto, di Sky Violation) è stato serializzato su Manga Box, la rivista online di DeNA, a partire dal dicembre 2013 per concludersi a marzo 2019, dopo 257 capitoli, raccolti poi in 21 tankobon da Kodansha. La data d’esordio non è casuale. Proprio in quell’anno infatti i cinema avevano visto l’uscita de La notte del giudizio, film distopico godibile e dalle premesse interessanti, e sempre nel 2013 era uscito anche il disastroso Non aprite quella porta 3D, ennesimo (ben poco apprezzato) ritorno in scena di Latherface. Entrambi i film però sembrano aver avuto qualche minimo influsso su questo manga.
L’anime, annunciato lo scorso 26 ottobre 2020, è stato prodotto da Netflix in collaborazione con lo studio d’animazione Zero-G (lo stesso di The Idolmaster e della seconda e terza stagione di One Room), con la regia di Masahiro Takata, lo script di Toko Machida (Esplorazioni Pokemon, Akame ga Kill) e il character design di Yoichi Ueda (Gangsta, Grand Blue). Andiamo a scoprire quale sia stato il risultato.
High-Rise Invasion: l’amata ultraviolenza (forse)
Yuri Honjo è una studentessa di liceo che durante una noiosa giornata di scuola si ritrova all’improvviso catapultata sul tetto di un grattacielo, in un mondo diverso da quello che conosce. Un mondo fatto di edifici altissimi dai quali è impossibile scendere, perché l’accesso a terra è vietato. L’unico modo per muoversi è passare dunque sui tetti, utilizzando gli instabili ponti tibetani sospesi tra un palazzo e l’altro. Ma non è certo questo l’aspetto peggiore. Tra i palazzi infatti si aggirano dei misteriosi personaggi coi visi coperti da maschere che tentano di spingere le persone al suicidio, oppure le uccidono. Disperata Yuri prova a chiamare i suoi genitori, ma i loro numeri non sono raggiungibili. L’unico che le risponde è suo fratello maggiore, Rika. Anche lui è finito in quel mondo, e le dice che è tutto vero, che non si tratta di un sogno o di una simulazione. E poi le chiede di sopravvivere finché non riuscirà ad andare a salvarla.
Le premesse di quest’anime sono intriganti. High-Rise Invasion è fondamentalmente un isekai come ce ne sono milioni, con il tema non eccessivamente originale dell’adolescente trascinata in una realtà parallela, ma trova la sua atipicità proprio grazie all’elemento adrenalinico e splatter che sono le Maschere. Pochi giorni prima dell’uscita su Netflix era stato diffuso un trailer estremamente violento dell’anime, che lasciava presagire uno show al limite tra l’horror e lo snuff, con scene forti, cruente, e una grande quantità di sangue. Dalla visione dei dodici episodi di questa prima stagione però è apparso evidente che le scene violente siano andate quasi tutte a confluire in questo trailer, presentando l’opera in modo molto più macabro di quanto poi non sia in realtà.
Nei primi episodi però la promessa di trovarsi di fronte a una versione animata di Hostel è sostanzialmente rispettata, e la tensione cresce in modo palpabile mentre Yuri cerca ogni tipo di stratagemma per sopravvivere e per sfuggire a questi assassini silenziosi. L’idea che non esista una giustificazione, un movente, l’idea che semplicemente uomini e donne mascherati possano andarsene in giro a uccidere le persone, sono il vero punto forte di questa parte dell’anime, che è difficile da digerire, forte e intensa. La violenza delle Maschere ci disgusta, ci ripugna, ci terrorizza, soprattutto a causa del loro innaturale silenzio. Rimaniamo col fiato sospeso, cercando di trovare un briciolo di senso a ciò che sta accadendo mentre Yuri scappa, si nasconde, combatte. E la curiosità cresce quando, dopo aver danneggiato una delle Maschere, Yuri scopre che c’è qualcuno dietro a tutto questo. Qualcuno che controlla tutto. Qualcuno che dà ordini alle maschere e le costringe a eseguirli contro la loro volontà. Fino all’incontro tra Yuri e Mayuko Nise (Missy), una ragazza che sembra avere la stessa età, ma un passato molto oscuro alle spalle, la serie punta davvero ad altissimi livelli. E oltre all’azione, all’adrenalina, c’è anche il risvolto morale. Ogni volta che Yuri è costretta a uccidere lo fa in preda a un profondo tormento etico, ogni stilla di violenza è perfettamente contestualizzata con tutte le sue conseguenze.
Poi però qualcosa si spezza. Con l’entrata in scena di Kuon Shinzaki, i ricordi di Maschera Cecchino che cominciano a tornare, e le prime Maschere anomale (e parlanti) che fanno la loro comparsa, la trama si ingarbuglia, si complica fino a diventare davvero troppo contorta, e a contenere delle incongruenze abbastanza palesi. Con un ritmo narrativo serrato che ha il retrogusto della fretta, veniamo a sapere che lo scopo ultimo di questa dimensione è quella di creare un “Dio perfetto” e che esistono persone che possono controllare le Maschere, poiché hanno il grado di “coloro che sono quasi diventati Dio“. Da questo momento in poi la portata morale della violenza, gli aspetti profondamente umani vengono tralasciati e messi da parte. Il sangue e la morte violenta diventano normali, quasi privi di peso ai fini della trama e High-Rise Invasion prende a correre su binari molto più banali.
Fratello o fardello?
Fin dal primo episodio appare evidente quanto Yuri abia fiducia in suo fratello, Rika Honjo, perché la salvi e riporti tutto alla normalità. Ma se in High-Rise Invasion c’è un personaggio che fa le spese del ritmo esageratamente frenetico della serie è proprio Rika (seguito a brevissima distanza da Missy). In tutto il suo tempo in scena infatti, il fratello di Yuri non fa nulla di veramente impressionante, non dimostra qualità particolari, o almeno non tali da giustificare tanta stima da parte della sorella e da tutto quel gruppo di personaggi ampiamente dimenticabili che sono insieme a lui. Anche se sembra che la storia debba ruotare intorno alle due alleanze fondate dai due Honjo, il ruolo di Rika nello sviluppo della trama è così incredibilmente marginale da lasciare basiti. E il divario aumenta in modo esponenziale quando Yuri (ma anche Missy, prima di lei) acquisisce capacità sovrumane, rendendo del tutto ininfluenti le azioni di Rika.
Missy, come accennavamo, è un altro personaggio che viene esplorato molto meno di quanto potrebbe. I pochissimi accenni a un passato doloroso che la hanno resa apatica e senz’anima avrebbero potuto essere sviluppati in qualche flashback che invece non trova assolutamente spazio, e dopo un esordio brillante, la sua personalità finisce per scomparire, sostituita e stritolata da una venerazione cieca per Yuri (di cui è palesemente innamorata). In questo modo High-Rise Invasion finisce per diventare monodimensionale, occupandosi dello sviluppo (tra l’altro innaturalmente celere e affrettato) di un personaggio soltanto, lasciandosi alle spalle tutto il resto. Per non parlare di tutti gli altri personaggi che, al di fuori di Maschera Cecchino, vengono sacrificati o completamente ignorati.
Una nota a parte va fatta sull’imbarazzante e morbosa tendenza (che inizia da subito, nel primo episodio) a sessualizzare i personaggi femminili e le situazioni nelle quali si trovano. Le ragazze hanno tutte quante gonne troppo (davvero troppo) corte, forme prorompenti e l’intimo ben in vista, cosa che in alcuni momenti viene persino sottolineata, come ad esempio quando Kuon scorge le mutandine di Missy e fa un commento assolutamente fuori contesto e senza senso sul fatto che siano a righe. A questo quadro bisogna aggiunge anche le scene che si svolgono nello “spazio virtuale” delle maschere, in cui le ragazze sono sempre, palesemente, nude.
Light Yagami, sei tu?
Ogni anime ha il suo villain, e ovviamente High-Rise Invasion non fa eccezione. Ma se all’inizio (e la soluzione era davvero interessante) sembrerebbe che siano le Maschere i cattivi, o al massimo coloro che danno gli ordini alle Maschere, la trama ci porta presto verso altri lidi, molto più standard. E dunque emerge che il villain di High-Rise Invasion è un ragazzino con la faccia da schiaffi che risponde al nome di Mamoru Aikawa ed ha l’impressionante abilità di controllare fino a 30 Maschere contemporaneamente. Ma soprattuto Aikawa ha l’inquietante progetto di diventare un “Dio perfetto” per poter ripulire il mondo da tutte le persone che ritiene indegne e realizzare un’utopia della quale sarà il solo signore e padrone.
Se vi sembra di aver già sentito questo piano, è perché… beh, l’avete già sentito. Questo è stato grossomodo il piano, tra gli altri, di Light Yagami in Death Note, ma in generale è uno dei piani villain più gettonati nel mondo anime/manga, tanto da essere diventato quasi prevedibile. Ovviamente la nostra eroina e i suoi alleati, insieme al gruppo di suo fratello Rika, dovranno impedire che i piani di Aikawa possano realizzarsi, e questo significherà dare il via a una vera e propria guerra contro di lui. L’originalità dei primi episodi, insomma, è volata via, lasciando spazio a una trama sì involuta e complicata, ma enormemente meno interessante, anche se sempre abbastanza d’appeal.
Rimangono dubbi su alcune grosse incongruenze, forse dovute però alla necessità di tagliare materiale dell’opera originale per riuscire ad adattare più capitoli possibile all’interno dei primi dodici episodi. Un esempio è la sovrabbondanza di telefoni cellulari (Yuri ne perde almeno due, e nonostante tutto i membri del suo gruppo continuano a poter comunicare con lei e con quello di Rika), la capacità di rigernerazione della camicetta di Missy (che si strappa durante uno scontro, mandando la ragazza in giro in bikini per almeno tre o quattro episodi, e poi torna magicamente integra) e soprattutto le apparenti capacità di onniscienza dei personaggi: ogni volta che si passa da un gruppo all’altro infatti, i ragazzi sono in possesso di informazioni che avevano raccolto gli altri.
Il lavoro tecnico di Zero-G è più che pregevole. Le animazioni scorrono con fluidità, e il tratto dei disegni (nonostante la morbosità di certe scene) è elegante, con pochissime sviste (anche se può capitare di accorgersi di una mano di Yuri che, in una scena, diventa un arto deformato da una qualche malattia ossea). Le scene d’azione vanno avanti senza intoppi, generando un prodotto visivamente godibile, al netto di un adattamento davvero troppo raffazzonato per la volontà di inserire troppi capitoli in una singola stagione. In questo modo vanno perse le presentazioni e le storie di tanti personaggi, che invece avrebbero potuto arricchire l’opera e facilitare la comprensione delle svolte narrative fin troppo ardite scelte dagli autori.
Una nota di merito però va al comparto musicale. La opening dai ritmi e dalle sonorità techno chiarisce fin da subito che l’anime sarà un concentrato d’azione e panico, e il suo ritmo trascinante vale davvero un punto in più.
In conclusione High-Rise Invasion è un anime godibile e anche divertente, con però tantissimo potenziale inespresso e qualche pecca più o meno grande. Aspettarsi la perfezione sarebbe stato troppo, ma sarebbe bastato cercare di coprire un arco narrativo più breve per ottenere un risultato migliore, più omogeneo, o almeno narrativamente più lineare. Nel complesso però è un’opera che vale la pena vedere, perché al netto dei difetti è capace di intrattenere e ha i suoi lampi positivi.