E così questo non è un addio. L’annuncio di MAPPA, arrivato alla fine di questo sedicesimo episodio e confermato via Twitter anche dalle star dello show, è di quelli rassicuranti. La quarta stagione de L’Attacco dei Giganti, l’attesissima Final Season di una delle opere anime più iconiche di questa generazione non poteva del resto rimanere così. Troncata, bloccata, sospesa a pochi passi dalla fine. Mentre il manga di Hajime Isayama corre a perdifiato verso il suo ultimo capitolo, mentre i fan si preparano a dire addio a una delle avventure meglio riuscite dell’intero panorama shonen, MAPPA ha annunciato che questa stagione non è finita, non si è conclusa. Ci sarà una seconda metà, che arriverà più avanti, nel 2022. E così questo non è un addio. Non ancora almeno. Semmai, un arrivederci.
E proprio perché è certa di reincontrarci la quarta stagione de L’Attacco dei Giganti si permette di congedarsi da noi lasciandoci con il fiato sospeso, si permette di interrompersi alle soglie del carnaio finale, bloccandosi nel momento apicale della tensione. Una strategia narrativa ben collaudata, quella di interrompere tutto sul più bello, una strategia che non fa che aumentare l’hype, l’attesa per una seconda parte di stagione che non potrà che rivelarsi l’esatto contrario di questa. Al ritmo compassato, lento, filosofico di questi sedici episodi quasi completamente privi di azione (anche se non di violenza), se ne sostituirà uno più brutale, incalzante. Ma prima di allora ci sarà quasi un anno d’attesa. Un anno per riflettere, metabolizzare, interiorizzare.
L’Attacco dei Giganti: il nichilismo è la via?
Dopo un quindicesimo episodio che ci aveva sostanzialmente spiegato tutto, o quasi tutto, del piano nichilista di Zeke, in un flashback di una incomparabile tristezza, la nostra attenzione torna al presente, alla messa in atto di quel piano folle e assurdo, agli effetti della mania autodistruttiva di Zeke (e di Eren). Il colloquio tra Yelena e il comandante Pixis e quello tra la stessa leader dei Volontari Antimarleyani e gli Eroi di Shiganshina, prigionieri proprio nel luogo dove erano sopravvissuti alla più grande delle battaglie contro i Giganti, non aggiungono nulla alla trama. Semplicemente i personaggi vengono messi al corrente di cose che noi, come pubblico, già conosciamo. Non c’è nulla di interessante nelle parole di Yelena perché noi abbiamo visto già tutto, la genesi di questo piano folle e masochistico, la perversa deviazione dello spirito e della psiche che lo ha reso possibile. Si può dire che in questa fase iniziale Yelena serva soltanto da ragguaglio, che tutti i discorsi siano in realtà pura retorica, che servano soltanto a dar voce a idee di cui si ha già la certezza.
Per questo motivo è più facile appuntare l’attenzione sui piccoli dettagli. Come il commento acido fatto da Pixis sui fazzoletti colorati al braccio dell’esercito eldiano. I colori usati per distinguere gli Jaegeristi da coloro che collaborano solo perché costretti, un sistema di divisione e di caste ideato e pensato “alla marleyana“. Impossibile non notare il cortocircuito idealogico, l’ironica ipocrisia alla base di questo sistema. I Volontari Antimarleyani volevano distruggere l’ingiusto sistema discriminatorio e razzista di Marley, ma per farlo non hanno fatto altro che riproporlo, in una scala diversa, eppure uguale.
Ci sono altri due momenti molto interessanti in questa fase: il primo è l’omicidio di Griez e cioè del più grande controsenso che sia sia visto in questa stagione. Marleyano convinto e indottrinato fino al midollo, mai uscito dallo schema di pensiero per cui gli eldiani sarebbero dei demoni indegni di vivere, Griez aveva curiosamente prestato il suo aiuto proprio a quel gruppo di uomini impegnato ad assicurarsi la distruzione di Marley. Si trattava di una scelta poco logica, una scelta che Isayama e MAPPA hanno cancellato dalla faccia de L’Attacco dei Giganti con la freddezza e la brutalità di un colpo di pistola alla testa.
Il secondo è la reazione di Armin al piano di eutanasia di Zeke, esposto per filo e per segno da Yelena. Se abbiamo imparato a conoscere il personaggio in queste tre stagioni e mezza, allora sappiamo che le sue lacrime non sono di commozione, come afferma lui stesso. Armin non può essere affascinato da un piano nichilista, non lui, il personaggio più apertamente ottimista e aperto di tutta questa serie, quello che h sempre parlato di vita, di libertà, che è stato pronto a mettere in gioco se stesso per la felicità e il futuro dei suoi amici. No, Armin non è favorevole all’eutanasia, non è questo il personaggio che abbiamo conosciuto. E allora dietro alla sua reazione deve esserci qualcos’altro. Cosa? Lo scopriremo nel 2022.
Doppio gioco e voltafaccia
La parte più interessante di questo sedicesimo episodio si svolge nella piccola stanza in cui è rinchiusa Gabi. Se Eren avesse qualcosa in mente quando si è fatto portare dalla piccola Guerriera non è chiaro, ma di sicuro l’arivo di Pieck, che si è travestita da soldato Jaegerista, scompagina ogni piano. Eren però è più riflessivo, più distaccato adesso. Non è più il protagonista testa calda delle prime stagioni sempre pronto a partire a testa bassa, e capisce immediatamente che Pieck non ha intenzione di ucciderlo. Che Pieck non può ucciderlo. Per assurdo il Gigante Fondatore è l’assicurazione sulla vita migliore del mondo de L’Attacco dei Giganti.
E così a Pieck non rimane che svelare un tradimento che non è tale, recitando la parte della peggiore (e meno credibile) traditrice di sempre, e dimostrando anche che, maturato o no, per quanto freddo e calcolatore possa essere diventato, Eren rimane un protagonista anime credulone. Il discorso appassionato di Pieck a Gabi non convince nemmeno per un istante lo spettatore, ed è quasi imbarazzante che Eren ci creda (anche se con le sue riserve). Eppure un piccolo brandello di verità, un piccolo indizio, esce dalla bocca di Pieck. I Giganti stanno per diventare obsoleti. L’avanzamento tecnologico li ha resi vulnerabili, i mostri ora possono essere sconfitti. L’hanno dimostrato gli Alleati Mediorientali al Forte Slava, l’hanno dimostrato gli eldiani nati dietro le Mura. I Giganti smetteranno presto di essere l’infallibile arma di un tempo. E allora che valore avranno gli “eldiani buoni” per Marley? Nessuno. Sarà la fine di un popolo, il genocidio totale. Davanti a questa prospettiva il piano di eutanasia di Zeke perde completamente di senso. Marley non accetterà lo spegnersi pacifico degli eldiani nella loro sterilità. Marley cerca soltanto la distruzione completa del popolo eldiano. L’Olocausto definitivo.
Quando Eren e i suoi escono dalla stanza portando con loro Pieck, l’inquadratura indugia su Porco Galliard, mimetizzatosi (male) tra i soldati Jaegeristi. Si tratta di pochi frame, che bastano a sottolineare però l’incompetenza di Eren come capo politico e militare. Il detentore del Gigante Mascella è così fuori luogo, così poco a suo agio, che balzerebbe all’occhio anche senza averlo mai visto. Delle tante, straordinarie infiltrazioni che abbiamo visto in questa serie, questa è sicuramente la più approssimativa, quella più frettolosa e realizzata peggio. Eppure si rivela inaspettatamente efficacie. Forse per motivi di trama, o forse perché Eren non è, in fondo, così calcolatore e senz’anima come gli piace mostrarsi.
Dov’è il nemico?
Nell’ultima parte di questo sedicesimo episodio, il triplo gioco di Pieck viene svelato, anche se non è un grande colpo di scena. Si era trattato soltanto di uno stratagemma, un modo per portare il Fondatore allo scoperto, per dare una chance a Porco, per consentire a Magath, a Reiner, a Colt, di vedere l’obiettivo, di attaccare.
Sembra abbastanza impossibile che nel dettagliato e maniacale piano di Zeke non ci fosse nessun accenno a questa possibilità. Eppure le azioni di Eren denotano o una sicurezza eccessiva nei propri mezzi, o un primo accenno di indipendenza rispetto ai piani del fratellastro. In ogni caso, indubbiamente, Eren conclude questa prima metà della quarta stagione nel ruolo del villain. Il dito indice di Pieck è inequivocabile, un messaggio a noi spettatori e al contempo a tutti i protagonisti dell’opera. “Dov’è il nemico?” “Lì!“. Eren è il nemico. Non di Pieck, non di Marley, non di Hange Zoe o degli eldiani. Di tutti.
La quarta stagione de L’Attacco dei Giganti ci ha sempre fatto convivere con un pesante interrogativo, con l’incertezza di chi fosse davvero il cattivo in questa serie. Alla fine, con tutte le imperfezioni dei protagonisti, con tutte le loro colpe, i loro delitti, abbiamo trovato il nostro villain. Nel momento in cui Eren assume la forma del suo Gigante (resa in modo assolutamente spettacolare da MAPPA) ci troviamo di fronte alla risposta. Lui è il nemico.
E la stagione si chiude qui, nel momento in cui il villain si erge fiero e valoroso contro le forze marleyane che arrivano, contro Reiner che (in una bellissima Ringkomposition) chiude la stagione lì dove l’aveva iniziata, pronto a lanciarsi in battaglia da un dirigibile. Pronto a trasformarsi in volo, di nuovo su quelle Mura tanto odiate. Semplicemente è giusto così, che la stagione si interrompa sul più bello. Che si chiuda in questo modo.
A partire dal prossimo inverno, L’Attacco dei Giganti sarà una carneficina. La guerra definitiva è iniziata. Non ci sarà più alcun modo di fermarla.
E dopo sedici episodi di questo livello, di questa intensità, possiamo dirlo apertamente. MAPPA ha realizzato un capolavoro. Un’opera che non ha nulla da invidiare alle prime stagioni di Wit Studio, ed è anzi più cupa, più intensa, pù adulta, più “sporca” in alcuni passaggi. Che non si vergogna di affondare le mani nel torbido, in tutto ciò che è moralmente discutibile. E anche se a livello tecnico ci sarebbe stato qualcosa da rettificare, questo rimane a tutti gli effetti un anime meraviglioso, considerate anche tutte le difficoltà tra le quali è stato realizzato. Hajime Isayama e il suo capolavoro non avrebbero potuto chiedere di meglio.
Volete un voto finale? Beh… Per quello dovrete aspettare il vero finale! L’appuntamento è al prossimo inverno!
https://www.youtube.com/watch?v=5gq3YK5wlV0