Disco Elysium The Final Cut Recensione: l’indiscusso Re della Disco, ancora una volta

Disco Elysium The FInal Cut

ZA/UM si ripresenta con quel capolavoro che, nel 2019, conquistò milioni di appassionati appartenenti all’utenza PC e Mac. Visto come “IL” gioco di quell’anno, arriva ora Disco Elysium The Final Cut per una più grande fetta di giocatori grazie alla nuova versione, approdando su PS5, PS4, Xbox Series X|S, Xbox One e Nintendo Switch. Arrivata anche su PC e Mac in modo del tutto gratuito per i già possessori della versione originale, questa riedizione dona a tutti (davvero, tutti) i personaggi una voce, una nuova missione per la scelta delle fazioni politiche e la nuova difficoltà Hardcore. Prima di arrivare a questi punti però, lasciate che vi racconti, ancora una volta, di questa (a dir poco) riuscitissima produzione di ZA/UM.

Disco Elysium

Disco Elysium The Final Cut: una raffinatezza narrativa del genere

Come già detto, Disco Elysium fu il titolo-rivelazione del 2019. Presentato solo due anni prima, ha poi dimostrato di poter sfondare nel mondo videoludico, facendolo con assoluta prepotenza e determinazione, senza badare ai “titoloni” con cui giocava nello stesso anno. Cosa fu ad attrarre così le masse di videogiocatori che, quasi all’unisono, hanno gridato al capolavoro (e, s’intende, senza isterismi di alcun tipo)? Di sicuro ha la sua enorme importanza quella che è la sublime e assolutamente ben fatta ambientazione di Disco Elysium, Revachol. Ma non solo la città all’interno del quale l’avventura si sviluppa, bensì tutto il suo catalogo di sfaccettature di un mondo moderno e distopico.

L’RPG ci presenta una società fittizia che, automaticamente, altro non è che una facciata della nostra realtà moderna e volutamente rivoltata come un calzino. Il mondo che ci si presenta davanti è pieno di sfumature. Revachol è il punto d’incontro di culture pensate fatte con così tanta parsimonia che, probabilmente, un libro sarebbe anche più adatto a spiegare tutta quella che oggi è definita “lore”, nel mondo di gioco e non. Tutto è vivo e non a caso. Tutto ha senso in Disco Elysium: dagli accenti (che agilmente e contestualmente cambiano dal francese, al britannico, allo spagnolo e così via), alle personalità, alle creazioni delle ideologie politiche fino ad arrivare alla religione, senza quasi nemmeno avere il bisogno di nominare l’egregia caratterizzazione di ciascun personaggio, principale e non.

Revachol, la città in cui tutto si svolge, vive all’ombra del proprio passato. Nata come capitale del mondo, si ritrova ora in forma di agglomerato per rifugiati di vario tipo, disagiati, vecchie Guardie Reali, fascisti, comunisti e tutte le sottocategorie che possono esistere, senza una vera identità “nazionale”, come alcuni movimenti nel gioco vorrebbero, ma anzi mix di culture del tutto eterogenee tra loro. Gli eventi su cui i giocatori potranno metter mano appartengono ai “Fifties”, ovvero un’età moderna, post-Rivoluzione avvenuta contro quello che era un regime regale che faceva dell’oro e della potenza militare la propria forza.

Passato quel periodo tramite la Rivoluzione fallita, iniziata da personalità di stampo comunista, dopo la creazione di varie Comuni (sì, esattamente come la Comune di Parigi della seconda metà dell’Ottocento) e con Revachol già lontana dal proprio passato d’oro, ecco che, tramite il movimento ultraliberale, entrano in gioco forze ben diverse da quelle “classiche”. La classe operaia, portata avanti dal comunismo rivoluzionario, vive ora sotto il giogo del capitalismo moderno, a malapena difesa dai sindacati della città. Si ripresentano fascisti, razzisti “classici” e razzisti “moderni” (vi sono anche accenni agli studi antropologici del razzismo, il tutto assolutamente coerente con i personaggi e con tutta l’ambientazione di sorta), lotte interne ed esterne tra corporazioni che fanno della lotta al proletariato il loro scudo, resistenze al potere e in generale tantissimi, ben inseriti, dogmi provenienti dalla nostra società, passata e presente. Insomma, un setting così definito e caratterizzato, da risultare tanto efficace quanto interessante da scoprire.

Alla scoperta del proprio Io

Ed è proprio in questa situazione che, dopo un hangover somministrato da un mix quasi fatale di alcol e droga, il protagonista si sveglia nella stanza di un motel (essa stessa finestra della situazione dell’io del personaggio, distrutto da pensieri assolutamente negativi), che cerca, claudicante e ancora strafatto, di raccattare tutto l’occorrente, tra cui i suoi vestiti, prima di andare nella hall. Vi basti sapere, ai fini della comprensione della recensione e conseguentemente del gioco, che la vostra missione in veste di giocatore sarà quella di investigare su un caso di omicidio avvenuto proprio dietro l’albergo in cui il protagonista si è risvegliato. Piccola nota: il nostro personaggio soffrirà di un forte caso di amnesia. In poche parole, avrete parallelamente due fili da sciogliere: quello dell’identità e della storia personali e quello dell’omicidio.

ZA/UM ha fatto sì di rendere il “filo” della storia personale quasi impercettibile. Non sarete forzati andare a scavare nell’animo del personaggio; lo farete, anzi, in modo del tutto naturale. Voi “vorrete” scoprire ciò che si cela dietro l’uomo che impersonate perché, pian piano, il mondo attorno a voi e ciò che accade ve lo stanno inculcando e stampando nella mente ancor prima che ve ne accorgiate. Il tutto sarà fluido e, contemporaneamente, di una coerenza alle volte spiazzante, risultato di un’accurata, dettagliata e magistrale scrittura, volta a riempire la narrativa di questo RPG, la quale in realtà arriva a diventarne parte.

Vi assicuriamo che, con la minima volontà, tanto si verrà a scoprire riguardo il nostro alter-ego in quel di Revachol. Eviteremo, per ovvie ragioni, di dirvi più del dovuto ma sappiate che molte sfumature non le si acquisiscono senza passare per “vie secondarie”. Dovrete fare qualche passo in più ma, siatene certi di ciò, lo vorrete fare senza alcun dubbio. Riguardo la trama principale, nulla ci è permesso dirvi, visto che sin dai primi minuti, il tutto è un mistero data l’amnesia del personaggio. Difatti, quest’ultima cosa, è un ottimo pretesto per favorire il racconto. Potrebbe sembrare un po’ forzato, è vero, ma alla fine si ha la “scusa” di fare domande, essendo investigatore, potendo così rivolgerci a tutti i cittadini e, nel frattempo, riacquisire la memoria anche sulla base dei racconti di ciascuna delle personalità.

Disco Elysium

Disco Elysium The Final Cut: tante parole, pochi numeri

Disco Elysium The Final Cut non è il tipico GDR o, ancor meno, il GDR d’azione a cui siamo abituati. L’opera è, a tutti gli effetti, un RPG fortemente narrativo, il quale si sviluppa tutto attorno ai tantissimi dialoghi presenti. Infatti, non vi è l’ombra di combattimenti fisici. I veri “combattimenti” sono solo quelli interiori e qualche sporadica azione di tipo prettamente fisico, sempre ottenuto per mezzo di voci di dialogo egregiamente descritte. Il tutto è accompagnato da descrizioni e, ciliegina sulla torta di questa edizione, tutte interamente doppiate magnificamente. Ogni personalità, ogni descrizione del mondo che ci circonda, sono perfettamente concretizzate e piene di vita grazie all’indiscutibile lavoro e dedizione della software house.

Come si sviluppa, però, il gameplay? Come accennato poco fa, la produzione è di pieno stampo RPG, ciò vuole ovviamente una serie di statistiche (sulla falsa riga di D&D) le quali sono a loro volta suddivise in sottocategorie. All’inizio dell’avventura potremo scegliere tra tre archetipi già costruiti o l’opzione di crearne uno che meglio rientri nelle nostre preferenze, scegliendo in base alle quattro fondamentali caratteristiche: Intelletto, Psiche, Fisico e Motoria, dalle quali derivano conseguentemente le numerose e dettagliate sottocategorie. Non si tratta quindi dei tipici parametri a cui siamo abituati ma hanno bensì a che fare con gli aspetti cognitivi (anche conosciute con il termine “facoltà superiori”) della mente umana. Durante i dialoghi, ciascun aspetto è utilizzato, ovviamente dipendendo dal contesto in cui ci si trova. Ad esempio, nel momento in cui il nostro agente dovrà fare mente locale su determinate conoscenze che potremmo localizzare nella “mente semantica”, cioè quella a lungo termine e ormai cristallizzate, si attiverà la sottocategoria, appartenente alla macro Intelletto, dell’Enciclopedia. O, ancora, ci verrà fatta utilizzare la sottocategoria “Elettrochimica”, derivante dalla macro Fisico, nel momento in cui l’attività sensoriale verte sul riconoscimento (o sulla resistenza all’uso) di alcol e droga.

Il gioco, comunque, non si presenta come una messa in atto di totale passività, tutt’altro. Durante i numerosissimi dialoghi, oltre a scegliere la domanda o risposta più appropriata (discorso che verrà intrapreso a breve in separata sede), avremo di volta in volta la possibilità di scegliere tra una serie di azioni che fanno capo proprio a una delle categorie sopracitate. A quel punto, un lancio di dadi sarà tutto quel che possiamo fare di “attivo”: la fortuna da un lato, com’è giusto che sia, farà la sua parte ma, dalla nostra, avremo la possibilità di aumentare le caratteristiche una volta saliti di livello e, in più, anche il vestiario (assieme ad una lista di oggetti che possiamo liberamente usare), ci aiuterà ad aumentare le probabilità di riuscita dell’azione. Questi fattori sono proprio un’altra facciata del genere RPG che mette radici in Disco Elysium The Final Cut. Tenete anche ben a mente che, nonostante la percentuale di riuscita mostrata a schermo prima di effettuare il lancio di dadi venga sempre mostrata, potremmo comunque aver successo o fallire nel momento in cui, rispettivamente, avremo un doppio sei o un doppio uno, i quali corrispondono nel gergo a “successo critico” e “fallimento critico”.

Come accennato poco sopra, i dialoghi, punta d’eccellenza della produzione, non si rifanno a quello standard consono alle più svariate creazioni: solitamente siamo abituati consapevolmente o inconsapevolmente a scegliere qualcosa “anche” sulla base di ciò che verrà dopo, perché si riesce piuttosto facilmente a prevedere quali saranno le conseguenze di ciò che diciamo. Disco Elysium, dal canto suo, è molto più “realistico” (vogliate farmi passare il termine): esso mette davanti al giocatore una serie di scelte che risulteranno, il più delle volte, in azioni davvero imprevedibili o comunque di difficile prevedibilità. Alla fine, quante volte ci capita nella vita di fare o dire qualcosa e non prevederne l’effettiva conseguenza? Inoltre, sperando mi permettiate la pignoleria, l’ordine delle domande/risposte non sarà sempre (appositamente) chiaro. Non sempre avremo dall’alto verso il basso un’organizzazione buono/cattivo o viceversa; il tutto va fatto sulla base di come si sta giocando e, assolutamente, accettarne le conseguenze, che possono in alcuni casi guidare alla morte del nostro personaggio. Questo è l’estremo punto forte del gioco, il quale rimanda ad un finale unico ma con un’ottima rigiocabilità visti i molteplici modi (o “viaggi”, come preferisco dire) di intraprendere l’avventura.

ZA/UM non si è accontentata però della “sola” missione principale. In tutta Revachol (suddivisa in sezioni liberamente visitabili da un certo punto in poi) saranno infatti disponibili numerose missioni secondarie. Vi sono delle semplici missioni (sempre e comunque ben realizzate e caratterizzate), così come qualcosa che, addirittura, va a collegarsi alla trama principale e al delitto su cui lavoriamo. Il tutto è stato appositamente creato per ben due scopi: il primo, quello di dare vita alla città, rendendola eterogenea grazie anche all’uso di tanti personaggi ottimamente caratterizzati e diversi tra loro (con, ripeto, un doppiaggio di prim’ordine); il secondo, quello di perfezionare il viaggio, donare rigiocabilità e scoprire sempre qualcosa di nuovo (tra queste, anche le missioni sul proprio alter ego). Il calcolato “open world” di Disco Elysium The Final Cut permetterà di girovagare per le strade della decaduta Revachol in cerca di risposte ad ogni interrogativo, comprendente un ciclo giorno-notte. In tutto ciò, dovrete anche farvi i conti in tasca: ogni notte dovrete pagarvi il motel (o cercare un nuovo rifugio), altrimenti potrete dire addio al sonno (perennemente tormentato), così come alla ricarica degli unici due parametri “tangibili” dell’agente, vale a dire Salute e Morale, i quali possono essere comunque ricaricati tramite l’uso di consumabili. Infine, il gioco è scandito anche dal tempo: alcune quest vi chiederanno di aspettare un determinato giorno o un’ora precisa per essere portate a termine. Potrete sedervi su una panchina (qualora non foste accompagnati dal partner Kim Kitsurage) o leggere un libro (meccanica che permette attivamente al giocatore di “partecipare” alla lettura, potendo scegliere determinati processi cognitivi in base al contenuto del testo) per far passare il tempo velocemente o, semplicemente, parlando con i vari cittadini sparsi in giro per il posto.

Altra chicca assolutamente da menzionare, è la meccanica del Pensiero. Esso ci permetterà, durante il corso dell’avventura, di lasciar scorprire al nostro personaggio, tanti altri aspetti della vita e della società in cui ci troviamo. Solitamente ricercabili dopo determinate scelte, azioni o avvenimenti, essi possono dare dei bonus permanenti. Occhio però, perché durante la riflessione (altro non è che il tempo necessario a finire il procedimento, segnato tramite le ore di gioco) si possono spesso avere malus alle caratteristiche, anche di un certo spessore. Sicuramente una meccanica unica o, per meglio dire, un “rivestimento” di quelli che potremmo più comunemente chiamare “talenti”, i quali però, a differenza di quest’ultimi che spesso hanno prettamente una funzionalità pragmatica, quelli del titolo targato ZA/UM offrono anche spunti sulla lore o sull’ispettore stesso, rendendo ulteriormente più profonda la sua caratterizzazione.

Arte, Musica, Mondo

I punti forti di Disco Elysium The Final Cut però, non giungono al termine. ZA/UM ha svolto un ottimo lavoro nell’unire l’arte figurativa alla testualità del gioco. La visuale isometrica, non del tutto piena di dettagli certo, è comunque accompagnata da un’ottima scelta stilistica e artistica. Infatti, tutto il mondo di gioco è progettato seguendo le tecniche e i colori della pittura a olio. A parte sposarsi alla perfezione con “l’era” (piuttosto indefinita, se non un generico “anni Cinquanta” di un qualche secolo di qualche millennio) in cui si ambienta il titolo, porta benissimo quelle che sono le sensazioni che potremmo vivere nell’abbandono totale di Revachol. I colori spenti, opachi e omogenei, senza alcuno sprazzo di vivacità, ci ricordano in ogni momento lo squallore all’interno del quale ci troviamo; lo stesso squallore che potremmo trovare parlando con qualcuno dei personaggi (anche le icone dei personaggi sono molto chiare e ben delineate, subito definendo  con chi abbiamo a che fare, una sorta di “pregiudizio”), anch’essi abbandonati e senza un vero obiettivo di vita, né aspirazione alcuna.

Ovviamente, non poteva mancare l’analisi della colonna sonora. Sicuramente non il punto forte dell’intera produzione, almeno al netto di tutto quello descritto qua sopra, ma non lasciatevi ingannare: il tema centrale della città, ha una melodia che mostra indirettamente le due facce della città: si apre alta, orgogliosa e trionfante ma, ad un certo punto, mantenendo la stessa tonalità pur cambiando ottava e strumento con cui è eseguita, risulta divenire cupa e definitivamente lontana dal “trionfo” di poc’anzi, arrivando nell’insieme a definire una dicotomia tra una Revachol e l’altra, come una dualità tra luce ed ombra, vittoria e sconfitta. Questo è sicuramente l’aspetto più interessante della colonna sonora, la quale mantiene gli stessi toni anche nelle diverse zone della città e, delle volte, arrivando a toccare punte molto alte, così come un’anonimità appena accennata. Tutto sommato, è sicuramente un buonissimo lavoro fatto dai compositori.

Uniche pecche a cui sento di poter dar voce, sono i controlli. Giocando su PC con mouse e tastiera, non vi sono grossi problemi. Il tutto segue i comandi agili e intuitivi dei tipici giochi isometrici in salsa punta e clicca. Purtroppo però, diversa è la situazione con il controller. Infatti, tramite quest’ultima periferica, i giocatori avranno non pochi problemi su console, tra comandi di movimento, messa in evidenza e bug vari, ma il team di sviluppo est europeo ha già chiarito che con la patch 1.2 in arrivo a breve, le cose dovrebbero migliorare (la recensione è scritta con il titolo in versione 1.1).

Sicuramente, la versione uscita poco fa e oggetto di questa recensione, rifinisce giusto qualche ultimo aspetto di un gioco già ottimamente riuscito ai tempi. La difficoltà più elevata (a scelta, ovviamente), la nuova side story per la scelta di una delle ideologie in gioco e il fantastico doppiaggio in toto, donano ancor più vita alla produzione del team del nord est europeo.

Disco Elysium The Final Cut è, senza ombra di dubbio, una delle produzioni più riuscite del recente panorama videoludico, perlomeno per quanto riguarda il genere degli RPG. La sua forte componente narrativa ben realizzata e costruita, mai banale, assieme ad uno dei mondi più caratterizzati che un giocatore possa aver mai giocato negli ultimi anni (forse anche una decade, a dirla tutta), struttura quello che può definirsi un nuovo standard del genere in chiave occidentale. Mi sento molto sicuro quando dico che da ZA/UM e dalla versione rifinita e migliorata del capolavoro del 2019, c’è davvero tanto da imparare ma, ancor prima, ci dev’essere la stessa volontà e devozione del team nel produrre un’opera di questo calibro.

VOTO: 9.4

All'età di sei anni, Fabio ha potuto mettere le mani su quella che sarebbe diventata, in estremamente poco tempo, la sua passione più grande: il videogioco. Dalla prima Playstation, vagando tra le terre simil-burtoniane di MediEvil fino a Crash Bandicoot e Tombi arriva, nel suo percorso di videogiocatore, a farsi appassionare da una moltitudine di generi e a crescere con loro, facendoli diventare parte integrante della sua vita e riconoscendo nel videogame una nuova forma di pura arte, oltre che di intrattenimento. Da quel momento, i suoi interessi mettono radici anche altrove, arrivando alla Settima Arte e alla musica, il gioco di ruolo e la lettura e tutto ciò che permette di sentire e immaginare mondi che ci sembrano, o sono effettivamente, lontani dalle nostre realtà.