A Plague Tale Innocence Recensione: musofobia next-gen a 60 fps

A Plague Tale Innocence Cover

In apertura di questa recensione della versione PlaySTation 5 di A Plague Tale Innocence, vorrei farvi una confessione. Non ho mai pienamente amato separare i videogiochi in base alla “provenienza”. Infatti, doppia A, tripla A, indie, d’autore, artistici o non artistici, sono etichette attraverso le quali si rischia spesso di travisare le scelte artistiche con quelle economiche, i limiti tecnici imputabili all’abilità degli sviluppatori con le suddette scelte autoriali, e via dicendo. A Plague Tale Innocence, tecnicamente, sarebbe un doppia A. Ma è sempre stato, e resta anche in questa ultima versione next-gen per PS5 (quella che abbiamo provato) e Xbox Series X|S un piccolo gioiellino, che funziona anche quando, sotto alla lucida pelle delle texture, qualche muscolo, nervo e osso si lascia intravedere, attraverso i morsi malefici dei terribili ratti pestiferi (letteralmente) della storia cruda e cupa che racconta..

A Plague Tale Innocence PS5 Recensione

A Plague Tale Innocence: amore fraterno

“I fratelli ti salvano. Puoi anche odiarli, o non sopportarli, ma in un modo o nell’altro ti salvano sempre” ci ricorda in una linea di dialogo intensa, eppure quasi nascosta in una missione di raccordo, A Plague Tale Innocence. Un gioco medievaleggiante fortemente story-driven, che tiene incollati alla poltrona dall’inizio alla fine, pronti a scoprire qualcosa di più su Amicia e Hugo, i due sfortunati fratelli in fuga dall’inquisizione. Hugo, il più piccolo e innocente, ha vissuto quasi tutta la sua vita recluso, per curarsi da una malattia misteriosa. Che ora, a quanto pare, l’inquisizione intende studiare, per far fronte a un’inattesa invasione di ratti della peste particolarmente… mordaci. Spetta ad Alicia, quindi, la sorella maggiore di Hugo farsi carico delle speranze dei genitori, della loro eredità, e della vita di Hugo. 

Senza spoilerare a chi non abbia mai giocato al titolo, e per non annoiare chi invece sia in cerca di un’opinione più tecnica dopo aver “spolpato” A Plague Tale Innocence su PS4 o PC, non andrò oltre nella narrazione della trama. Vi basti sapere che la spirale discendente nell’orrore medievale costruito da Asobo Studio mi ha ricordato la narrazione in perenne bilico tra fantasy e storia tipica di un “certo” George R.R. Martin, e del suo Il Trono di Spade. La fascinazione continua che alza e abbassa l’asticella dell’improbabile è quindi, probabilmente il vero valore aggiunto della storia e dell’universo narrativo di A Plague Tale Innocence. Nonché, il motivo per il quale non vediamo l’ora di goderci il sequel…

Quanto al gameplay, c’è poco da dire in realtà: A Plague Tale Innocence è un puro stealth game “come una volta”; fatto, quindi, di silenziose camminate acquattati dietro a muri di paglia inspiegabilmente impermeabili alla vista dei nostri nemici; di pietre capaci di uccidere in un sol colpo uomini adulti e vaccinati (non contro le pietre, pare). E, immancabili, di power up sbloccabili raccogliendo oggetti per migliorare le nostre capacità; e diventare, lentamente, sempre più proni ad abbandonare strategie univoche, per tentare approcci differenti a situazioni simili. In breve? A Plague Tale Innocence faceva e fa dannatamente bene il suo lavoro da stealth game. Ma non osa mai, rimanendo fedele agli stilemi confezionati per lui da anni di titoli appartenenti al genere.

A Plague Tale Innocence: un’esperienza sensoriale, grazie PS5!

Per chi, dopo aver letto questa recensione, si apprestasse a giocare A Plague Tale Innocence per la prima volta su PS5: rispetto a quanto visto su PS4, l’esperienza è radicalmente differente. Dal punto di vista tecnico, e quindi estetico e di gameplay. E sebbene sì, quest’ultimo sia gestito bene, pur nella sua non-innovatività, l’esperienza di Asobo Studio è, piuttosto, un’esperienza narrative e sensoriale. Visuale, ambientale, uditiva; e, su PS5, tattile, grazie al mitico Dualshock 5. Ho già avuto modo, in passato, di citare il controller della nuova PS5 come l’elemento distintivo che portava la console Sony su un livello differente dal mero “potenziamento tecnico”. Sarà una sciocchezza; ma sentire attraverso i trigger resistitivi e le vibrazioni aptiche del pad i passi più o meno affannati di Alicia, le differenti texture di alcuni terreni accidentati e il brulicare dei topi intorno a noi cambia radicalmente la godibilità di alcune sessioni. Che diventano decisamente più immersive, a giovamento, appunto, dell’essere “un’esperienza sensoriale” di A Plague Tale Innocence. 

Mancano solo gusto e olfatto, al quale contribuiscono in larga parte le capacità immaginifiche dell’art direction, e, certo, la resa grafica migliorata su PS5. Lontani dai 4K veramente nativi, certo, ci assestiamo su un più che dignitoso 2560x1440p. A loro volta distanti, stavolta in positivo, dai “vecchi” 1080 p sfruttati su PS4. Se desiderate qualcosa in più, beh, vi dovrete tuffare nella conversione su PC. Ma state sereni: non starete comunque sereni. Il medioevo di A Plague Tale Innocence è un pot-pourri di tutto ciò che l’epoca buia della storia ha da offrire in termini di orrore e raccapriccio. Tra sporcizia, ratti della peste, malattie, guerre e soldati fatti a pezzi, o civili bruciati in pubblica piazza, non mancheranno le suggestioni visive intense. Il cui obiettivo, come anticipavo riuscito, è suscitare in noi reazioni sensoriali sinestetiche. Come se riuscissimo a sentire l’odore del mare di ratti omicidi che ci opprime ogni volta che ci addentriamo nelle ammuffite catacombe del gioco; o quando affondiamo nella fanga di un campo di battaglia ancora in fiamme, avvolti da nuvole di polvere da sparo bruciacchiata e amara.

In ultimo, PS5 viene in soccorso anche delle magagne di gameplay (che poi vere e proprie magagne non sono, ma passatemi il termine). La fluidità aumentata a 60 granitici FPS aiuta non poco le sessioni di gioco puro, tanto che mi son chiesto se la difficoltà non fosse stata tarata al ribasso con la conversione next-gen. Invece no: il gioco è identico. Ma la fruibilità aumentata dalle capacità tecniche con conseguente miglioramento sia visivo (tutto è più nitido e riconoscibile) e di fluidità spicciola di ogni movenza dei personaggi è accresciuta enormemente rispetto alle versioni old-gen. Fatta salva quella PC, ovviamente, che giocava già più abilmente giostrando luci e ombre, riflessi e movimenti più naturali. Di certo, poter fruire su console del gioco con la stessa naturalezza che aveva su PC, è un pro non da poco.

A Plague Tale Innocence, anche su Ps5, e anzi, soprattutto su PS5, fila liscio dall’inizio alla fine. Come e più della sua incarnazione old-gen, le ambientazioni, il level design, la trama misteriosa pur se non intricata ne fanno un gioco da provare anche se non siete strettamente amanti del genere stealth. L’approccio con cui Asobo, indirettamente, ovvero attraverso la sua creazione e le sue regole, vi spinge a fruire di A Plague Tale Innocence è infatti prettamente narrativo, lasciando il gameplay a fare da strutturato (perché lo è), ma mai innovativo strumento di interazione con i personaggi.

Piattaforme: PS5, Xbox Series X|S, PC
Sviluppatore: Asobo Studio
Publisher: Focus Home Interactive

Come opera prima di quello che si è rivelato essere parte di un universo narrativo ancora tutto da scoprire (ora con un sequel, poi chissà), A Plague Tale su PS5 merita decisamente tutti i complimenti possibili per l’operazione di conversione ben riuscita. Se lo avete giocato su PS4, e ora avete una PS5, non tardate a ri-immergervi nelle atmosfere lugubri e macilente del fantasy di Asobo. Diversamente, se siete PC Gamer, pensateci un attimo, e valutate pro e contro. Tenendo presente il fatto che, a mio avviso, il DualSense vale da solo la candela. Rigorosamente accesa, per carità. Non si sa mai.

VOTO: 8.7

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.