La stirpe umana ha immaginato la morte in mille modi: dalla più classica tunica nera che avvolge lo scheletro con una falce, fino ai dipinti come la Danza Macabra di Giacomo Borlone. Mai però un corvo era stato associato alla figura di raccoglitore di anime. Lo ha fatto per noi Devolver Digital, che si è assunta un rischio enorme, ovvero quello di pubblicare Death’s Door, un sotto speciale di souls-like con visuale isometrica che ci mette nei panni di… un corvo, appunto. Un semplice volatile, nero come la pece e la notte, che si occupa di raccogliere le anime dei vivi. Un concept sicuramente interessante, che attinge a piene mani da stili di narrazione, letteraria e visiva, che abbiamo già imparato a conoscere ma che vengono offerti in una nuova, importante prospettiva. Il tutto con un solo obiettivo: Acid Nerve è tornata e rispetto a Titan Souls siamo davanti ad una nuova, piccola e importante perla del panorama videoludico indipendente.
Death’s Door: la morte (non) può attendere
Death’s Door affonda le sue intenzioni nel raccontare una storia tanto semplice quanto curiosa. In un mondo che possiamo paragonare tranquillamente a quello di Grim Fandango, il nostro protagonista è appunto un Corvo, piccolo e nero, che si occupa di falciare le anime dei defunti. Un lavoro sicuramente non di pregio, come testimoniato dal lugubre aspetto della cittadina dove si erige l’ufficio centrale e dove avvengono tutti gli interscambi dei lavoratori. Qui la somiglianza con il titolo di LucasArts, prima avventura grafica in 3D del team di sviluppo, si fanno più evidenti: abbiamo un protagonista che lavora con la morte (o meglio con le anime) e poi accade l’intoppo. Se però le avventure di Manny Cavalera erano incentrate su tradizioni realmente esistenti, qui accade l’opposto: tutto l’universo narrativo di Death’s Door è completamente inventato di sana pianta, così come il “danno” che accade al nostro protagonista, che dovrà riuscire a recuperare un’anima trafugata per completare il contratto, in un mondo dove di fatto la morte non esiste.
Fin da subito, il titolo di Acid Nerve si propone in somiglianza con un altro gioco o meglio, con un’altra serie. Parliamo ovviamente di Dark Souls (e derivati come Bloodborne, ad esempio). Le similitudini sono tante e anche per il mondo di gioco non facciamo eccezione. In Death’s Door infatti, oltre alla trama appena accennata, all’interno dei vari livelli è possibile scoprire la lore completa, così come dai dialoghi dei personaggi. E così, nel mentre che ci si imbarca per un viaggio a metà tra la lucida follia e l’atto umano, dove sogni, speranze e desolazione si uniscono ad un mondo quasi apatico e per giunta spietato.
Un corvo tutto d’un pezzo
In realtà, al di là della trama, il nostro excursus sulla narrativa di Death’s Door può concludersi qui. Non tanto perché non ci sia niente di cui parlare, ma perché sarebbe quasi un crimine negarvi di affrontare i dialoghi dal punto di vista di un personaggio completamente muto e perché, in fondo, stiamo parlando di un gioco decisamente piccolo. Se è vero che la trama di gioco ricopre un ruolo importante, in realtà gli sviluppatori si sono concentrati su un gameplay decisamente profondo, producendo un vero e proprio piacere da giocare sia sotto l’aspetto del gameplay che quello dell’esplorazione.
La natura da souls-like si fa ovviamente sentire, anche se meno punitiva (e meno pulita). In Death’s Door possiamo sferrare due tipi di attacchi: da mischia oppure da distante. Entrambi prevedono l’utilizzo di armi, come ad esempio arco e incantesimi ed entrambi non sono ovviamente puliti. Di fatto, pur funzionale sulla carta, la maggior parte dei combattimenti risulta essere poco profonda e capiterà spesso di mancare il bersaglio con gli attacchi sferrati a distanza. Allo stesso modo, comprendendo che ci troviamo davanti un prodotto di stampo minore a Dark Souls e tripla A, è dunque comunque godibile lo stesso. Al netto dei difetti, infatti, mano a mano che si avanza nella progressione è comunque molto divertente riuscire ad eliminare orde di nemici, tutti molto vari e ognuno di essi con peculiarità piuttosto uniche. Si passa infatti da semplice “minions” a veri e propri mid boss, con tanto di arene dove combattere ordate. Se si riesce (e fidatevi, si può tranquillamente) andare oltre alle piccole imprecisioni, man mano che si progredisce si riesce finalmente ad indirizzare i colpi nella maniera giusta e si possono pulire intere sezioni senza (quasi) subire un colpo.
Un discorso diverso e a parte lo meritano le boss fight. Nel corso del gioco, infatti, sarà necessario abbattere alcuni Titani, boss enormi rispetto alla nostra caratura. A differenza di altri titoli, anche indipendenti (un esempio su tutti può essere Hades), i pattern in questione non sono molto complicati ma daranno comunque del filo da torcere. In questi casi, però, la problematica di un sistema di combattimento non pulito viene meno. In Death’s Door infatti non esiste un concetto di “barra di salute” per le boss fight (così come per i nemici, in realtà) ma ci si rende conto di aver inflitto danno dopo aver notato una serie di crepe sul nemico. La strategia migliore, dunque, per chiudere un boss senza farsi prendere dal panico dopo non aver messo a segno dei colpi è dunque la pazienza. Le prime volte questo sistema può creare un po’ di confusione ma in realtà, una volta entrati nelle meccaniche del gioco, tutto risulterà molto più chiaro, tanto da permettere un esecuzione pulita, senza prendere danno. E per un gioco di questo genere, appartenente ad un filone di questo tipo, è una soddisfazione gigantesca.
Architetture fantastiche e design funzionali
Appurato che nel combattimento e nella trama Death’s Door non brilla, dove allora il titolo di Acid Nerve dà il meglio di sé? Semplice: nell’esplorazione. Non parliamo di meri poligoni o colonne sonore gradevoli (ci arriveremo comunque) che ci accompagnano nel girovagare tra i livelli, ma proprio di un grande e sontuoso lavoro di architettura. A dispetto della semplicità che ci viene proposta, infatti, gli sviluppatori hanno lavorato per poter mettere a disposizione del giocatore un mondo costellato di shortcut, livelli superiori e inferiori e più in generale un’attenzione ai dettagli non da poco. Ogni cosa che si vede a schermo, tecnicamente, è raggiungibile. Su come farlo, però, spetta a noi. O meglio, spetta ai giocatori incaricati di scoprire il modo con cui raggiungere una determinata area di gioco.
Elementi del genere sono però poco utili se non nascosti o comunque se non spingono l’utilizzatore finale all’esplorazione. Ed è per questo che alcune porte non si aprono se non si eseguono dei brevissimi puzzle game, come accensione di torce e fornaci, oppure non si esplora a sufficienza. C’è un gioco di specchi, forse uno dei più geniali, all’interno del Ceramic Manor, che è in grado di dimostrarci esattamente di cosa stiamo parlando: rompere dei vasi, per attivare un meccanismo che rivela un passaggio per una stanza extra. Ogni livello è infatti ricco di segreti, dove è possibile trovare miglioramenti, potenziamenti e così via. Rinunciare a questa parte significa perdersi buona parte dell’esperienza, oltre che l’aspetto più divertente. Per ogni corridoio che infatti viene abbandonato, al ritorno (magari per un backtracking importante) ritroviamo i nemici. E questo si ricollega ad un altro, importante elemento di design: le anime.
Nel corso dell’avventura, in Death’s Door è possibile infatti potenziare il nostro corvo, acquisendo vari potenziamenti in merito e anche nuovi incantesimi, nuove armi e così via. Una parte di tutto ciò passa dalla vendita. Moneta di scambio? Le anime che si raccolgono dai nemici. Certo, non ci troviamo davanti ad un vero e proprio RPG e dunque i parametri potenziabili sono pochi, ma è comunque un surplus che troviamo. In realtà l’intero design del gioco Acid Nerve è molto elementare, ma con tutti gli elementi al punto giusto: abbiamo i punti di healing, rappresentati da semi che si raccolgono e vengono seminati in vasi e che ci permettono di avere degli ottimi spot per la cura, nel caso non riuscissimo a superare determinati quadri. I puzzle game sono molto semplici, così come gli enigmi, ma i reward sono coerenti con tutto ciò che rappresenta il nostro viaggio. Aspetti da non trascurare, soprattutto considerando che stiamo parlando di un gioco che si avvicina moltissimo ad un’esperienza punitiva ma che grazie a questo livello di produzione riesce a creare una curva di apprendimento non ostica ma molto, molto piacevole da affrontare.
Death’s Door: un piacere per gli occhi
Death’s Door rappresenta, poi, come ogni gioco indipendente dovrebbe essere realizzato. Abbiamo giocato l’avventura di Acid Nerve su un PC di ultima generazione e vi possiamo garantire che non abbiamo trovato un singolo bug oppure della latenza. Il miglior modo per giocare è sicuramente il pad, ma anche con mouse e tastiera, seppur decisamente ostica come barriera, l’avventura è godibile.
A livello tecnico il gioco è programmato molto bene: il codice è stabile, non abbiamo avuto crash o errori improvvisi e la gestione del salvataggio automatico funziona molto bene. Graficamente il gioco è sicuramente ben realizzato, con la tecnica low poly (ovvero pochi poligoni per modelli) ma con effetti di luce e ombre e VFX sicuramente ben implementati. L’art direction, seppur inferiore rispetto ad altri prodotti in arrivo (come ad esempio Tunic) è sicuramente soddisfacente. Unica nota stonata è la telecamera, che in alcuni punti fa un po’ di bizze e risulta difficile capire quali minacce siano presenti in un angolo e che spesso, rischia di far sovrapporre dei layer, rendendo l’esplorazione leggermente più complesse. Piccoli problemi tecnici, che comunque non scalfiscono un’esperienza di gioco solida.
Piattaforme: Xbox One, Xbox Series X/S, PC
Sviluppatore: Acid Nerve
Publisher: Devolver Digital
Al netto delle dimensioni ridotte, Death’s Door è un piccolo atto di amore verso il filone dei souls-like. Chi non ama particolarmente i giochi ispirati alle opere di Hidetaka Miayazaki potrebbe trovare in questo piccolo titolo una valida alternativa, sicuramente più semplice e meno ostica da affrontare rispetto a giochi indie e tripla A che mimano completamente lo stile delle opere From Software. Al netto di alcuni problemi relativi alla telecamera, il lavoro di Acid Nerve è decisamente valido ed è consigliatissimo a tutti coloro che cercano di uscire dalla loro comfort zone videoludica oppure di chi vuole un’esperienza simile a quelle che ha già vissuto in passato.