La saga di Metal Gear Solid ha accompagnato almeno tre generazioni di videogiocatori, tuttavia la sua fama non si lega al solo fattore nostalgico: il brand ha di fatto popolarizzato il genere dello “stealth” videoludico e ha spinto perché il settore adottasse uno spessore artistico in tutto e per tutto comparabile a quello cinematografico. Il genitore della saga, Hideo Kojima, non ha mai d’altronde nascosto il desiderio di voler creare esperienze di intrattenimento che siano inedite e coinvolgenti, capaci di offrire nuovi stimoli e nuovi spunti a tutti coloro che prendono un controller in mano.
Essendo il pedigree del brand tanto virtuoso, non stupisce che negli anni si siano rincorsi continui pettegolezzi riguardanti eventuali progetti paralleli – tendenzialmente filmici -, tuttavia le ultimissime indiscrezioni emerse in rete danno forma a importanti voci di corridoio, voci che assumono a tratti la dimensione della certezza: Konami, casa editrice che possiede l’IP, starebbe per rilanciare il brand con un remake, una manovra di mercato che sta facendo trepidare i fan e incuriosendo i neofiti, un’occasione perfetta per rivisitare il passato della serie. Attenzione, per ovvie ragioni non lesiniamo sugli spoiler.
Metal Gear Solid: perché e percome
Perché resuscitare Metal Gear Solid proprio ora? Volendo adottare una prospettiva estremamente diplomatica, si potrebbe sostenere che Konami e Hideo Kojima abbiano vissuto una profonda divergenza di opinioni sulla direzione da seguire, una divergenza che è sfumata in atteggiamenti che rasentano il mobbing e che è culminata con la separazione delle due parti. Orfana del motore concettuale dell’intera operazione, l’azienda videoludica ha provato a tastare il terreno pubblicando autonomamente uno spin-off profondamente disprezzato dal pubblico, quindi ha sospeso ogni sforzo creativo per focalizzare le sue risorse sul proficuo settore del gioco d’azzardo.
Senza Kojima alla regia, un nuovo Metal Gear Solid sembra essere fuori questione, tuttavia nulla impedisce all’azienda di ripercorrere i propri passi per rimodernare i classici, una prospettiva che peraltro viene ventilata proprio dagli insider consultati da VGC. A quanto pare, l’azienda avrebbe deciso di non seguire pedissequamente l’ordine con cui ha immesso sul mercato i vari episodi, piuttosto starebbe per gettonare un approccio cronologico-narrativo, il quale coincide fatalmente con uno dei videogame più amati dai fan: Metal Gear Solid 3.
Il quartetto di Big Boss
La lunga vicenda di intrighi e spionaggio ha inizio proprio con Metal Gear Solid 3 nel remoto 1964. Nel pieno della Guerra Fredda, un giovane berretto verde dell’unità FOX, Naked Snake, viene inviato dalla CIA nell’Unione Sovietica per sventare i piani di guerra del colonnello Volgin, guerrafondaio delirante che ha messo mano su un terribile carro armato capace di sparare testate nucleari non tracciabili, lo Shagohod, nonché è riuscito a reclutare il mentore di Snake, una donna meglio nota come The Boss. Senza esclusione di colpi di scena e momenti drammatici, il guerriero riesce a portare a termine la missione, scoprendo però che l’intera impresa sia stata orchestrata dall’Intelligence statunitense, la quale non si è fatta problemi a sacrificare l’agente più competente e patriottico che aveva a disposizione pur di ottenere un fondo finanziario equivalente a più di un trilione di odierni dollari.
La mente dietro all’intera manovra, il Maggiore Zero, riorganizza i fondi occulti così ottenuti in modo che siano controllati dai membri che hanno partecipato alla controversa missione, di fatto fondando un’associazione nota come The Patriots. Naked Snake, ora noto come Big Boss, si vede assegnato in maniera arbitraria il ruolo di leader, un escamotage politico che getta sul combattente l’attenzione pubblica, così che il Maggiore sia libero di operare indisturbato. Il soldato, già disgustato dal tradimento subito dalla sua maestra, inizia a sostenere obiettivi altamente divergenti da quelli del suo diretto superiore, il quale, temendo di perdere la sua marionetta, ne trafuga il DNA per avviare un progetto di clonazione noto come Les Enfants Terribles.
Comprensibilmente irritato da questo ennesimo colpo basso, Big Boss abbandona gli Stati Uniti e diventa un mercenario a capo di un intero plotone di guerriglieri dallo spirito anarchico e idealista, i Militaires Sans Frontières (MSF), l’antitesi del sogno di ordine e controllo a cui mira invece Zero. Metal Gear Solid: Peace Walker, ambientato nel 1974, offre uno spaccato di questa realtà paramilitare e lo fa esplorando un’importante battaglia portata avanti contro la CIA in Costa Rica, battaglia anch’essa pregna di colpi di scena, ma che per vie traverse porta il protagonista a sviluppare due asset estremamente importanti: la base militare Outer Heaven e il Metal Gear ZEKE, il primo di una lunga serie di robot bipedi.
Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, antefatto del quinto capitolo della serie, muove la trama di un anno, nel 1975, descrivendo l’infiltrazione del capo mercenario all’interno di un’anonima statunitense in quel di Cuba, una prigione che ricorda molto da vicino il centro detentivo di Guantanamo. In questo caso, lo scopo del leader delle MSF è quello di recuperare la prigioniera Paz Ortega, ex spia di Zero nonché unico legame utile per risalire alle manovre del potente avversario. L’estrazione va nel peggiore dei modi e gli scagnozzi del Maggiore, gli XOF, si trovano in una posizione strategica tanto vantaggiosa da annichilire Outer Heaven, danneggiando fisicamente Big Boss al punto di mandarlo in coma. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain si apre con il protagonista che, godendo di un contorto gesto di affetto, è rimasto in vita grazie alla tacita protezione di Zero, il quale si è assicurato che non venisse eliminato mentre era immerso in uno stato di incoscienza. Nel 1984 però il degente, etichettato per l’occasione come Venom Snake, si risveglia e la tregua termina bruscamente.
Da che il combattente era caduto in torpore, il mondo è profondamente cambiato: il leader degli XOF, Skull Face, ha tradito i suoi superiori per ottenere una vendetta personale, di fatto infettando Zero con un parassita che ha lasciato l’uomo privo di funzioni cognitive. I MSF sopravvissuti e alcuni disertori di XOF si riuniscono sotto l’ala di Venom Snake con l’obiettivo di contrastare i piani del nuovo nemico che, ubriaco di potere, sta costruendo un’arma inquietantemente pericolosa, il Metal Gear Sahelanthropus. I piani di Skull Face vengono sventati, tuttavia si scopre che Zero, prima di divenire catatonico, aveva commissionato un sistema di intelligenze artificiali che avrebbe portato avanti le sue fantasie di controllo: la The Patriots. Si scopre anche che Venom Snake non è veramente Big Boss, ma un sosia a cui è stato fatto il lavaggio del cervello, una testa di legno adoperata per garantire al comandante dei MSF il tempo per recuperare le energie e le risorse politiche che aveva perso nei quasi dieci anni di coma.
Metal Gear, ma senza Solid
Una piccola parentesi: prima del passaggio alle tre dimensioni, la saga era nota semplicemente come Metal Gear e in Occidente era perlopiù ignota al grande pubblico. I due capitoli canonici usciti in quegli anni remoti, Metal Gear (1987) e Metal Gear 2: Solid Snake (1990), hanno dato il via a un’epopea che è sopravvissuta per decadi senza mai affievolire il proprio ardore, tuttavia è opportuno suggerirvi sin da subito di affrontare i contenuti narrativi di questo paragrafo con una certa leggerezza, poiché questi sono figli di un periodo remoto e decisamente meno raffinato. Pronti? Allora andiamo avanti.
Mentre Venom Snake era impegnato a tenere a bada i piani degli XOF e di The Patriots, Big Boss ha fondato un’altra Outer Haven. Non più una base militare, ma una vera e propria nazione indipendente posizionata in prossimità del Sudafrica, un’operazione tanto ingombrante che ha spinto il mercenario a tornare in seno agli Stati Uniti per cercare disperatamente di coprire le tracce del suo operato direttamente dall’interno della CIA. Un progetto che ha funzionato sorprendentemente a lungo, visto che l’attività dei mercenari ha destato l’attenzione del Pentagono solamente a metà degli anni Novanta.
Nel 1995, senza sapere chi sia dietro a questa nuova organizzazione paramilitare, gli USA ordinano a Big Boss di inviare sul luogo un uomo del suo plotone, ordine che il comandante è felice di assecondare affibbiando la missione impossibile alla recluta più giovane e inesperta presente nel suo organico, un certo Solid Snake. Non si tratta però di una recluta qualsiasi, il giovane è uno dei controversi cloni dell’eroe di guerra e le abilità ereditate vengono dimostrate direttamente sul campo di battaglia, con il risultato che Solid si dimostra capace di distruggere la base, il Metal Gear di turno e, apparentemente, anche il suo superiore. Scosso dagli eventi vissuti, Solid Snake abbandona il suo ruolo e si ritira a vita privata.
Il suo pensionamento dura circa quattro anni. Nel 1999, nel pieno di una crisi petrolifera, l’Intelligence lo richiama per recuperare uno scienziato rapito che promette la ricetta per risolvere ogni problema energetico. Il gruppo militare che lo ha catturato vuole ottenere il monopolio della preziosa risorsa, guadagnando di conseguenza una posizione politica di vitale importanza. Solid Snake viene dunque schierato a Zanzibar Land, una piccola nazione autonoma che è stata (probabilmente) ritagliata sulle macerie dell’area ex-sovietica un tempo governata dal colonnello Volgin. Ovviamente il rapimento è stato perpetrato da Big Boss, il quale è sopravvissuto al combattimento di Outer Heaven delegando la gestione di quella base a Venom Snake, ormai suo sosia di fiducia. Poco importa, Solid risolve nuovamente la situazione, annichilisce il suo vecchio mentore e fugge in Alaska, nella speranza di essere finalmente lasciato in pace.
L’era dei grandi classici
Ovviamente non viene lasciato in pace. Nel 2005, l’ormai navigato combattente viene nuovamente scomodato per risolvere un pasticcio di dimensioni madornali, vicenda che viene narrata da quel capolavoro videoludico noto semplicemente come Metal Gear Solid. Nel gioco in questione, il Pentagono e un noto produttore di armi hanno assemblato di nascosto un Metal Gear di ultimissima generazione nella speranza che la nascita dello strumento possa sconvolgere artificiosamente il mercato delle armi e gli equilibri politici internazionali. Il problema non è però l’esistenza di un piano tanto strampalato, quanto il fatto che i personaggi chiave della joint venture sono stati rapiti da Liquid Snake, ennesimo clone di Big Boss, il quale ha peraltro messo le mani sulla letale arma nucleare e su un plotone di soldati geneticamente modificati con il DNA del glorioso mercenario.
La sfida tra Solid e Liquid non è però che il riflesso di una partita a scacchi decisamente più elevata. Da una parte c’è il Presidente degli Stati Uniti, anche noto come Solidus Snake, terzo e ultimo clone del progetto Les Enfants Terribles, il quale ha istigato il rapimento dei due uomini nella speranza di ottenere per vie traverse un’arma con cui minacciare The Patriots, dall’altra c’è l’IA in questione, la quale ha deciso di fare tabula rasa infettando lo sventurato Solid Snake con un virus che dovrebbe uccidere tutti coloro che hanno in corpo le tracce genetiche di Big Boss, il FOXDIE. Il morbo artificiale funziona, tuttavia lo fa a singhiozzo. Elimina Liquid, ma lasciando il protagonista della serie miracolosamente in vita. Al Presidente non resta che fuggire per evitare di essere ucciso da quello che ormai è un network neurale che raggiunge capillarmente ogni branca del potere, un Deep State digitalizzato.
Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty fa slittare l’azione al 2007, periodo in cui un Solid Snake straordinariamente invecchiato indaga sul contenuto di una finta nave petroliera nella cui pancia viene ospitato un nuovo modello di Metal Gear costruito direttamente dall’esercito statunitense e reclamato con la forza da un agente di The Patriots. Snake è dato per morto, la nave è stata affondata e l’IA approfitta della situazione per costruire uno stabilimento marittimo che su carta servirebbe a contenere la fuga di petrolio, ma che viene utilizzato per costruire un Metal Gear colossale dentro cui custodire una delle intelligenze artificiali della Rete, una macchina che è in grado di manipolare ogni genere di media e di informazione.
Due anni dopo, Solidus Snake viene manipolato dai The Patriots per dar via in questo stabilimento a un test di lavaggio del cervello: l’ex-presidente viene usato come antagonista di una simulazione la cui vittima centrale è un certo Raiden, nuova recluta del corpo di infiltrazione fondato anni addietro da Big Boss. A rovinare l’esperimento giunge però l’inossidabile Snake, il quale riesce a recuperare un programma worm che distrugge l’IA di controllo, sventando di conseguenza le oscure mire di controllo portate avanti dall’“erede” del Maggiore Zero.
Metal Gear Solid: un epilogo complesso e gli spin-off
A questo punto dell’intreccio quasi tutte le persone che conoscono la vera “identità” di The Patriots sono ormai decedute e Solid Snake è incastrato in un frustrante loop in cui cerca disperatamente di risalire all’identità di quelli che crede siano i “patrioti” che manovrano i fili degli Stati Uniti. Una lista di nomi che, in verità, non esiste. Non solo, senza nessuno che sia in grado di guidarla, l’IA si è ormai persa nelle sue perversioni, deviando profondamente dall’ideologia iniziale per incanalarsi in un dedalo di eterna economia della guerra. Ecco dunque che Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots pone una conclusione all’intera vicenda, offrendo risposte a molti dei quesiti che erano rimasti aperti per anni.
2014, Solid Snake dimostra ormai una quantità di anni ben superiore a quella che dovrebbe avere, una fatale conseguenza del processo di clonazione che gli ha dato i natali. Continua a combattere per assicurarsi che l’umanità non venga schiacciata da poteri occulti, ma inizia innegabilmente a essere affaticato, fisicamente e psicologicamente. Un’ultima missione lo conduce in Medio Oriente con l’obiettivo di assassinare Ocelot, l’ultimo vero seguace di Big Boss, un uomo che è fondamentalmente legato alla mitologia della saga e che, di fatto, ne ha sempre dettato il ritmo con atteggiamento discreto e occulto. Come avrete già intuito, l’intero gioco è pregno di colpi di scena disarmanti, ma il quarto capitolo della serie può fondamentalmente essere riassunto nell’ottica di uno stallo alla messicana composto da tre poteri contrastanti: i The Patriots, i quali vogliono manipolare Snake per liquidare il loro ultimo nemico; Ocelot che vuole sfruttare il protagonista per distruggere la sfera digitale e rilanciare l’umanità in un periodo in cui i combattenti erano più “genuini” e brutali; Snake che vuole eliminare il sistema di dominanza delle IA senza però distruggere quanto c’è di buono nella tecnologia.
Lo stanco condottiero riesce nella sua impresa, ma il suo trionfo è figlio di molti sacrifici: nel suo corpo viene iniettato un ceppo rinnovato del FOXDIE, il quale elimina tutti coloro che avevano inizialmente fondato i The Patriots, compreso Big Boss. Si, in qualche modo è riuscito a sopravvivere abbastanza a lungo da offrire un verboso quanto accattivante soliloquio finale, garantendo una chiusura quasi poetica a un’epica fatta di guerre e tradimenti. Una chiusura che ovviamente è tale solamente se non prendiamo in considerazione i vari spin-off, alcuni dei quali si considerano altamente semi-canonici. Vista la predominante impostazione autoriale della saga e tenendo conto delle opinioni espresse da Kojima stesso, è tacita regola non prestare troppa attenzione alle vicende esplorate nei capitoli non diretti dal creatore del brand, il quale ha sempre desiderato mantenere una supervisione assoluta della propria creatura.
Se già così vi sembra di aver subito fin troppe informazioni, vi assicuriamo che questa nostra sintesi è assolutamente pregna di omissis, non trasmette le alchimie bizzarre, cinematografiche e contorte che sono il carattere vincente della saga. In questa sede non vogliamo d’altronde convincervi a immergervi nel brand – anche se lo consigliamo caldamente -, piuttosto abbiamo voluto sintetizzare una trama che negli anni si è ingarbugliata al punto da diventare complessa oltre a ogni legittima aspettativa. Proprio per questo motivo, se Konami fosse davvero in procinto di riesumare il brand, è facile che la dirigenza scelga effettivamente di ripescare il terzo capitolo – splendido, ma fiaccato da alcune scelte sperimentali poco fortunate -, una direzione che peraltro era già stata ventilata da un semi-remake in salsa pachislot e che certamente offrirebbe un punto di ingresso ideale per tutti i neofiti. Ora la mossa sta al publisher, il quale ci sta certamente facendo aspettare.