L’Attacco dei Giganti 4×21 Recensione: il Boato

Attacco dei Giganti

Immaginate di essere degli sportivi professionisti, di arrivare al massimo livello competitivo nella vostra disciplina finché, un bellissimo giorno, arrivate a stabilire il record del mondo. È una sensazione straordinaria, indescrivibile, dolcissima. Poi, una settimana dopo, riuscite a battere il vostro stesso record. E poi, ancora una volta, lo fate la settimana dopo. Più o meno dev’essere così che si sta sentendo lo studio d’animazione MAPPA con la sua Final Season de l’Attacco dei Giganti. Nelle ultime tre settimane infatti si sono succeduti tre episodi, il diciannove prima, il venti poi e infine il ventuno, che hanno progressivamente alzato l’asticella di questo anime, aiutando a imprimere a fuoco il nome di Hajime Isayama e dello show tratto dal suo manga non solo nella storia del medium, ma della serialità televisiva più in generale.

Perché se per le precedenti puntate eravamo stati costretti a scomodare parole di altisonante e magniloquente valore positivo, come ad esempio “capolavoro” e “meraviglia“, quest’ultimo episodio (come il resto della serie, in esclusiva su Crunchyroll) ha portato tutta l’opera a un nuovo livello, oltre ad aver risposto a tantissime domande che assillavano il fandom praticamente fin dall’inizio della serie. Perché è dalla prima stagione he ogni appassionato de l’Attacco dei Giganti si chiedeva quale potesse essere l’origine dei Giganti, e persino la spiegazione che era arrivata al termine della terza stagione non era bastata a placare la sete di informazioni. Ma in questo episodio tutto viene svelato, tutto viene rivelato e infine, in un brusco ritorno al tempo reale, il più grande Cataclisma di tutti ha inizio.

Attacco dei Giganti

L’Attacco dei Giganti: schiavi e parassiti

Negli ultimi episodi de l’Attacco dei Giganti, il concetto di tempo ha perso quasi completamente di senso. Zeke ed Eren si stanno muovendo in uno spazio in cui il tempo stesso non esiste, nel quale possono vivere e parlare con la Fondatrice, Ymir e in cui possono avventurarsi nel corso dei ricordi, persino arrivare a manovrarli. Proprio questo ha fatto Eren a suo padre Grisha, lo conferma lui stesso: ha mostrato al genitore alcuni ricordi perché lui compisse il suo dovere, perché massacrasse i Reiss e gli cedesse il Gigante Fondatore. Si tratta di un piano dalle radici profondissime, che Eren ha messo in atto a partire da quel famoso baciamano a Historia. È di nuovo lui, infatti, a svelarci di come avesse visto, nei ricordi di Grisha, un se stesso più maturo incitare e manipolare il padre, e di come avesse capito che tutto sarebbe dipeso soltanto da lui.

E proprio il personaggio di Historia fa da ponte tra queste drammatiche scene e il flashback definitivo, quello più importante, quello destinato a svelare l’origine dei Giganti. Perché è in una scena d’infanzia della piccola regina che risaliamo all’immagine della Fondatrice, Ymir, e, finalmente, ne vediamo delineata la storia. E scopriamo che tutte le storie che eldiani e marleyani hanno raccontato per due millenni non sono altro che menzogne. Ymir era soltanto una povera ragazzina, una ragazzina che non voleva far altro che aiutare il prossimo e che finì schiavizzata, torturata e mutilata dagli eldiani del primo re Fritz. La rappresentazione di Ymir e del suo intero popolo è indicativa fn da subito, con gli occhi vuoti e lattiginosi coperti d’ombre, come se in loro mancasse già la volontà, come se non potessero fare altro che sottomettersi.

Poi, però, la fuga di un maiale cambia ogni cosa. Ymir viene accusata dai suoi stessi compagni di prigionia, punita in modo crudele, inseguita e braccata nella foresta come un animale, come una bestia. L’albero enorme che le si para davanti, al centro della foresta, sembra essere l’unico rifugio sicuro. E mentre i cacciatori si avvicinano sempre più, la piccola Ymir entra nella cavità aperta tra le enormi radici, sempre più a fondo nel cuore dell’albero, fino a cadere in una polla d’acqua. Tutto sembrerebbe concluso, tutto sembrerebbe finito con una morte banale, drammatica e triste. Ma c’è qualcos’altro che si agita in acqua. Un parassita si avvicina, sinuoso e spaventoso, e tocca Ymir donandole il maledetto potere dei Giganti. La mostruosa figura che sorge dalla foresta è l’inizio della storia che tutti conosciamo.

Il re Friz intuisce le possibilità che il potere dei Giganti racchiude per il popolo eldiano: Ymir, del resto, è la sua schiava, e Fritz la usa come preferisce. Le fa costruire strade e acquedotti, le fa arare e dissodare campi e, soprattutto, la schiera in battaglia contro gli acerrimi rivali di Marley. Grazie alla schiava, la potenza di Eldia cresce, tanto da convincere il re a giacere con Ymir, dandole tre figlie: Rose, Sina e Maria. Ymir è completamente soggiogata, asservita, schiavizzata, tanto che arriva a sacrificare la sua stessa esistenza per proteggere il suo re, per fermare un attentato alla sua vita. Ma al re Fritz importa soltanto del potere: è lui stesso, in una scena macabra e drammatica, dalle atmosfere ctonie e paganeggianti, a far divorare alle sue stesse figlie il corpo della madre, e a dare loro l’ordine di contrinuare a divorare i portatori dei Giganti, per renderne eterno il potere, per la grandezza di Eldia.

Attacco dei Giganti

L’Attacco dei Giganti: tu sei libera!

Nel corso degli interminabili duemila anni che sono trascorsi nell’universo de l’Attacco dei Giganti, Ymir è stata sola, nello spazio della coordinata, costretta a costruire nuovi giganti, costretta a ubbidire docilmente agli ordini  chiunque possieda sangue reale, di qualunque erede di quel re Fritz che l’aveva schiavizzata, torturata e usata. Una visione letteralmente insostenibile per Eren, l’eroe (o il villain) degli assoluti.

Eren la schiavitù non l’ha mai sopportata, ha sempre voluto essere libero, fin dalla primissima stagione, quando le Mura, che lo avrebbero dovuto proteggere dai Giganti n facevano altro che farlo sentire oppresso. Mentre Ymir inizia a ubbidire in maniera completamente apatica agli ordini di Zeke, Eren grida in modo disumano (sembra che la scena abbia messo a dura prova le corde vocali di Yuki Kaji), strepita, utilizza ogni singola stilla di energia per togliersi le catene che lo bloccano, le catene che Zeke gli ha imposto. Eren arriva a fare qualcosa di pazzesco, a mutilare se stesso per correre dalla Fondatrice. E non lo fa per dargli un comando, non per ordinargli qualcosa come si fa a una schiava, né per pregarla come per una divinità. Lo fa per abbracciarla, per stringerla a sé, per regalarle quel calore umano che le è sempre mancato, per ricordarle, con forza, che lei è libera, completamente libera.

Libera di gestire quel potere, di darlo a chi vuole, di scatenarlo come preferisce. Ed è in questo momento che, con una scelta registica semplicemente sublime, vediamo per la prima volta gli occhi di Ymir. Sono occhi disperati, sono occhi pieni di lacrime, di rabbia, di odio. È il grido silenzioso e dilaniante della schiava muta e infaticabile, è l’espressione di duemila anni di sofferenze, umiliazioni e asservimento. È l’inizio dell’Apocalisse.

Attacco dei Giganti

Il Boato della Terra

Nel momento stesso in cui il dramma di Ymir finisce di consumarsi sotto i nostri occhi, con una scelta sapiente e studiata, MAPPA ci riporta nel mondo reale, nel momento in cui il tempo si era cristallizzato. Tutto riparte, tutto torna a scorrere, ma con una terrificante, spaventosa differenza. Il parassita sembra eruttare dal collo mozzato di Eren, simbolo tangibile e drammatico del fatto che Ymir deve avergli concesso il potere del Gigante Progenitore. E in una scena carica di una tensione mostruosa vediamo gli occhi verdi e spendi di Eren tornare a muoversi.

La metamorfosi è completata, e un essere gargantuesco, di una enormità smisurata, assoluta, totale si prende la scena. Nel frattempo, Eren attiva il Boato della Terra. Le Mura si sgretolano rivelando gli innumerevoli Giganti Colossali custoditi al loro interno. Il sollievo di Armin, che vuole continuare a credere che Eren sia ancora dalla sua parte, che sia ancora quello stesso bambino con il quale leggeva libri che parlavano del mare, dura soltanto il breve spazio di un attimo. I Colossali sono troppi, Eren li ha liberati tutti, il suo piano non può essere, semplicemente, quello di annullare le forze di coalizione che si stanno raccogliendo a Marley.

E poi Eren parla. L’episodio si chiude con il più drammatico, cupo e terrificante dei discorsi. Eren utilizza il potere del Fondatore, i Sentieri degli eldiani, per comunicare con tutto il popolo di Ymir, per spiegare ciò che ha intenzione di fare. Armin, Mikasa, Jean, Connie, Falco, Reiner, Gabi, Pieck: tutti gli eldiani ci vengono mostrati mentre fissano la Coordinata luminosa con gli occhi sbarrati e increduli, mentre ascoltano il piano delirante, folle e criminale di Eren, che sostiene di voler proteggere la nazione di Eldia dall’estinzione, di volerne garantire l’esistenza attraverso il genocidio sistematico di tutti gli altri popoli.

L’immagine finale, quel volto tratteggiato in modo pesante, con gli ardenti occhi verdi, è una scena in grado di scatenare i brividi. Nel frattempo i Giganti Colossali avanzano al seguito dell’immenso Fondatore, in una CGI fluida e cupa, con un sottofondo perfetto, lirico e drammatico. L’Apocalisse è iniziata: chi potrà fermare Eren adesso?

Ogni settimana di più ci si rende conto di quanto l’Attacco dei Giganti rimarrà impresso nella storia degli anime: al di là di una narrazione sostanzialmente perfetta, lo studio MAPPA sta confezionando una stagione che ormai ha esaurito gli aggettivi positivi noti e che può essere definita soltanto come un puro capolavoro. Se proprio si doveva arrivare alla fine di questa storia, questo è senz’altro il finale più degno e meraviglioso che le si potesse regalare.