L’Attacco dei Giganti 4×23 Recensione: Falling to Pieces

L'Attacco dei Giganti

Dopo una tripletta di episodi dal forte e deciso sapore di capolavoro, il ventiduesimo episodio de l’Attacco dei Giganti era arrivato, con una formula a metà tra l’approfondimento psicologico dei personaggi e la ventata di nostalgia per la prima stagione, a riportarci duramente nel mondo reale, fuori da quello spazio sospeso, disabitato e immobile che era la Coordinata, dove un secondo può equivalere a molti anni, e si possono attraversare decenni in un battito di ciglia.

Nel mondo reale però le azioni di Eren hanno avuto delle conseguenze estremamente drammatiche, lasciando Shiganshina nelle mani dei Giganti Puri creati da Zeke e costringendo il Corpo di Ricerca (o quello che ne rimaneva) all’ultima battaglia contro le mostruose creature pur di garantire la salvezza della popolazione. Con un disperato atto di coraggio, Jean, Mikasa, Armin e Connie, unici superstiti di quel corpo di reclute che abbiamo imparato ad amare, hanno confermato il loro status di eroi, pur senza sapere più da che parte combattere, pur con tutta la consapevolezza che le tremende azioni di Eren fossero motivate da null’altro che dalla loro salvezza e dal loro benessere. Jean l’ha capito subito, ricordando le parole che Eren gli aveva rivolto in un tramonto infuocato di qualche anno prima: l’unico desiderio che i giovane avesse per i suoi amici era quello di poter garantire loro una lunga vita.

E dopo esserci immersi nella battaglia e nel sangue, anche solo per dimenticare, anche solo per non pensare, ecco che le conseguenze delle azioni di Eren sono precipitate su di noi in tutta la loro enormità, con questo ventitreesimo episodio, arrivato, come i precedenti, in esclusiva su Crunchyroll.

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L’Attacco dei Giganti: danni collaterali

Nel corso della serie di Hajime Isayama fin troppo spesso siamo stati messi di fronte a scenari desolanti fatti di macerie e distruzione, che segnavano il punto dove i Giganti erano passati, avevano ucciso, avevano combattuto. Ed è proprio su uno scenario di questo tipo che si apre questo episodio. L’inizio del Boato della Terra è coinciso infatti con il crollo di tutte le tre cerchie di Mura che proteggevano gli Eldiani (o forse proteggevano il mondo dagli Eldiani). Disintegrandosi però, il Wall Rose, il Wall Sina e il Wall Maria hanno finito per rovinare sulle case e tra le strade, cogliendo gli stessi abitanti impreparati, seminando morte e distruzione senza fine, ovunque.

Tutti i soldati che non stanno partecipato ai drammatici fatti di Shiganshina non hanno potuto fare a meno di intervenire, cercando di salvare quante più vite possibili, e tra questi la nostra attenzione torna su una vecchia conoscenza: Hitch. Un personaggio che, per quanto secondario, per quanto mostrato da Isayama con il contagocce tra la terza e la quarta stagione, ha vissuto una grande evoluzione, passando dall’essere una ragazzina petulante a una donna decisa, sicura di sé, con lo sguardo intenso di chi è riuscito a far cicatrizzare ferite interiori profonde. Hitch è la prima ad accorgersi che qualcosa non va, che Annie è uscita dal sotterraneo, che è libera.

Per quanto spossata dopo quattro anni di “ibernazione”, la portatrice del Gigante Femmina è e rimane pericolosa, come una Beatrix Kiddo di tarantiniana memoria appena risvegliata dal coma. Proprio per questo Hitch sceglie di non rischiare, di assecondarla, di portarla via, lontano dalla città. E durante il tragitto c’è lo spazio per un nuovo, breve flashback. Un flashback che ci parla di un’altra anima ferita, di una bambina dall’infanzia violata, abbandonata perché frutto di una relazione proibita, vittima di un odio che non ha nulla a che vedere con la sua giovane vita innocente, cresciuta con durezza e violenza, solo e unicamente per asservire a uno scopo: diventare marleyana onoraria, una Guerriera, uccidere senza fare troppe domande. È una storia breve e tristissima quella di Annie Leonheart, che ci conferma, per l’ennesima volta, come se ce ne fosse ancora bisogno, che ne l’Attacco dei Giganti nessun personaggio è bidimensionale. Nessuno è completamente buono, né completamente cattivo. E in questo l’opera di Isayama è probabilmente una delle rappresentazioni più fedeli della realtà.

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L’Attacco dei Giganti: a volo d’uccello…

Questo episodio de l’Attacco dei Giganti può essere legittimamente definito “di transizione“. Soprattutto però è un episodio che tenta di fare il punto, di chiarire cosa sia successo dopo gli avvenimenti apocalittici delle puntate precedenti. È un episodio dai ritmi serrati perché segue, a volo d’uccello, tutti i protagonisti (eccezion fatta per Eren, che ha avuto ben tre episodi per brillare), informandoci sulla loro situazione e sulla loro condizione.

Di fatto si tratta di un episodio di passaggio perché non fa altro che schierare le pedine in vista della battaglia finale. Un episodio dove tutti hanno spazio, e che potrebbe risultare persino caotico. Proprio perché è il caos il concetto principale che vuole trasmettere. E proprio per questo si tratta di un episodio che offre un numero impressionante di spunti di riflessione. Dalla visione sconfortante di una Mikasa svuotata, quasi fosse ormai priva di una ragione di vita, all’implosione di Armin, nel cui cervello da stratega volteggiano milioni, miliardi di idee confuse, che lo portano a immaginare tutte le conseguenze, a valutare tutti i pesi e gli attori in gioco, e tutti i vari scenari possibili, quasi che stesse vedendo 14.000.605 di futuri possibili, uno più cupo dell’altro, fino ad arrivare a rimpiangere di essere stato lui a ricevere la possibilità di diventare un Gigante, la possibilità di una nuova vita, al posto di Erwin Smith. Dallo sguardo vacuo e devastato di Jean, che si chiede se sia davvero possibile che tutto sia finito così, alla magniloquente follia vanagloriosa di Floch, autoproclamatosi leader e sacerdote degli Jeageristi, guida di un Impero di Eldia che dovrebbe rinascere sulle ceneri di un mondo nullificato. Dal saluto, toccante e sincero, di Gabi e Kaya, al ritorno in scena di Hange e, soprattutto di un Levi che per l’ennesima volta si dimostra personaggio possessore di una plot armor poderosa, per arrivare a Pieck e Magath, che osservano sconvolti la sfilata dei Giganti Colossali, che contemplano l’Apocalisse con il desiderio impossibile di fare qualcosa per fermarla.

In tutte queste scene, in tutti questi personaggi, c’è sempre un minimo comun denominatore: la sensazione della caduta di ogni maschera, di ogni ideale. Di fronte allo spettacolo della distruzione definitiva non esistono più marleyani o eldiani, non esistono più schieramenti, non esiste più nulla. C’è solo la follia, la disperazione. Tutto sta crollando, precipitando in un buco nero di caos, dove tutti sono alleati e nemici allo stesso tempo, dove la razionalità non esiste semplicemente più. E per rappresentare alla perfezione questo momento, il momento in cui tutto crolla al suolo in frantumi, interviene la voce del popolo: dagli eldiani internati nei distretti di Marley, che assaltano i cancelli in cerca di scampo e di salvezza, agli eldiani di Paradis, divisi al loro stesso interno, tra chi incolpa Eren della morte di tanti innocenti, e chi giustifica la morte di pochi in nome di un “Bene Superiore“, della rinascita di un Impero di Eldia, al grido, mai sopito, di shinzou wo sasageyo!

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Verso casa

Gli ultimi due personaggi su cui l’episodio si sofferma in maniera sostanziale sono Falco e Connie. I due stanno cavalcando verso una destinazione che il giovane Guerriero di Marley, preda dell’amnesia tipica che colpisce i Portatori dei Giganti dopo aver divorato il loro predecessore, non conosce.

Falco non sa che Connie, quel soldato gentile che ha la sensazione di aver visto da qualche altra parta, lo sta portando al macello, olocausto su un terribile altare sacrificale, vittima necessaria per recuperare i pezzi di una vita, quella di Connie, che si è inevitabilmente frantumata fin da quando la sua intera famiglia è stata trasformata da Zeke, fin da quando sua madre, il corpo gargantuesco troppo pesante per le gambe sottili, è collassata sulla sua stessa casa. Un’intensità dal valore quasi biblico, inserita in una semplice cavalcata illuminata dalla luce sanguigna del tramonto, e accompagnata dai pensieri di Falco.

Anche in questo episodio studio MAPPA si rende autore di un piccolo capolavoro tecnico, con animazioni di livello assoluto, una CGI quasi indistinguibile e perfettamente integrata nelle scene, disegni che comunicano tutta l’intensità dei sentimenti in ballo e della confusione, un comparto sonoro al limite della perfezione, e soprattutto un cromatismo inquietante, caratterizzato da un filtro rossastro che richiama la luce del sole morente, ma anche quella del sangue che bagna la terra di Paradis, i volti dei protagonisti, che presto si riverserà la sul mondo intero mentre i Giganti Colossali di Eren compiono la loro macabra missione, alla ricerca di quella chimera che Floch ha gridato in faccia a Jean con il suo sorriso esaltato: la libertà!

https://www.youtube.com/watch?v=w9S7Tr5HZa8&t=4s