Durante la mia esperienza in Gran Turismo 7, c’è stato un momento, durante la prima gara in multiplayer online disputata sul circuito statunitense di Trial Mountain, in cui ho capito che ne avrei voluto di più. Più cavalli, un assetto migliore, dei rapporti ancora più corti, magari delle gomme più performanti che mi avrebbero permesso, limiti regolamentari alla mano, di ottenere performance migliore sulla mia Miata. C’è stato un momento, durante quella prima gara in multi, in cui ho capito che sì, quelle sensazioni sopite da anni si stavano riaffacciando con delicata prepotenza, rivendicando nuovo spazio in un cervello ormai occupato da lavoro, famiglia, preoccupazione di una vita adulta soddisfacente, ma non esattamente come l’avevo immaginata quando, 25 anni prima, assaporavo l’innovazione del primo Gran Turismo nella cameretta di un appartamento di periferia che, da grande, non avrei più rivisto. C’è stato un momento, durante quella prima gara in multiplayer, in cui ho fatto definitivamente pace con Gran Turismo, la serie, collocando il settimo capitolo in un posto speciale del mio arido cuore da videogiocatore di vecchio corso. Quello che ne ha viste tanto e che no, non si emoziona più davanti a nulla. C’è stato un momento e sì, sono pronto a scommettere che ce ne saranno tanti altri da ricordare nei prossimi mesi, nei prossimi anni, su Gran Turismo 7.
Gran Turismo 7: il momento giusto
La sensazione, dopo qualche giorno di dedizione totale al software, è che fosse davvero il momento giusto per un gioco come Gran Turismo 7. Non è certo un segreto che il capitolo precedente, al netto delle qualità mostrate sotto diversi profili, non avesse incontrato i favori di tutti. Specie di chi, cresciuto sugli episodi canonici di un passato video ludico remoto o recente, legava alla serie specifiche sensazioni, determinate caratteristiche figlie di un modo di recepire l’esperienza in maniera piuttosto classica. Se Gran Turismo, in particolar modo il primo Gran Turismo, aveva tracciato in maniera netta la traiettoria da seguire nello sviluppo del racing-game moderno, GT Sport aveva fondamentalmente e sorprendentemente rinnegato gran parte di quei canoni cristallizzati, presentandosi al pubblico come un gioco diverso, proiettato al futuro e agli Esports. Insomma, per molti, una sorta di tradimento, certificato non solo da lamentele e petizioni, ma anche da un aggiornamento che, in maniera forzata, aveva messo una pezza in odor di single player. Poco, troppo poco per quella fetta di pubblico nostalgico e romantico. Tutta un’altra storia per chi, a ragione, ha intravisto in GT Sport nuove potenzialità o, addirittura, un necessario svecchiamento di una serie che, in tutta onestà, aveva perso gran parte del suo fascino già in epoca PlayStation 3. Tutti erano d’accordo sul fatto che la serie avesse vitale bisogno di rinnovarsi, sia chiaro. Il problema era su come questo processo avrebbe dovuto concretizzarsi. Ecco, in questo senso, Gran Turismo 7 è probabilmente la risposta perfetta a dubbi, perplessità e correnti diverse susseguitesi nel corso di tutti questi anni. Come profetizzavo in sede di anteprima, non è azzardato affermare, oggi a ragione, che se Gran Turismo Sport ci ha insegnato a guidare, Gran Turismo 7 è un manuale d’amore in stato di grazia, che trasuda rispetto e passione per le auto, i motori, per linee sinuose cesellate, prima ancora che dagli ingegneri dei marchi più importanti del globo, dai designer di un team che, sotto la guida del maestro Kazunori Yamauchi, continua a rivendicare autorità e autorialità. Gran Turismo 7 è un lavoro enciclopedico, capace addirittura di trascendere da comunque giustificate critiche e appassionate discussioni circa il grado di realismo, la qualità della guida, l’implementazione dei danni, la fisica che regola le collisioni. Gran Turismo 7 è un gioco unico, quasi un genere a parte, perché unica è la sua offerta, ma anche il modo in cui la stessa viene proposta all’utenza. Non si tratta di rivoluzione, neppure di vera innovazione, quanto piuttosto di un sano step evolutivo di quella particolare filosofia nata 25 anni fa e, ora, definitivamente traslata in chiave contemporanea. La vera sfida, a questo punto, è raccontarvi il perché e il percome Polyphony ci sia riuscita.
La struttura del gioco
Il lungo filmato introduttivo che precede l’inizio dell’avventura, ci piace immaginarla come tale, è una dichiarazione di intenti. Dall’invenzione dei primi motori a scoppio, passando per le evoluzioni politiche e culturali che investirono l’Europa prima e gli Stati Uniti dopo, fino ad un Giappone che, grazie alla tenacia e alla forza del suo popolo, riprende vita dopo le guerre mondiali. Le prime gare, le prime competizioni, combattono con altre mode e altre notizie sulle prime pagine dei giornali del ‘900, con il mondo della musica scosso da Elvis Presley e dai Beatles. Scosso, pure, da una passione continua, quella per le auto e per le gare che non accenna a diminuire. Le auto, sempre loro, raccontate attraverso le evoluzioni dell’industria e, infine, alla fine dello scorso secolo, protagoniste, pure loro, di quel mondo dei videogiochi scosso, 25 anni fa, dall’arrivo di Gran Turismo. C’è un prima e un dopo, per il genere delle simulazioni di guida. E il dopo è rappresentato da quella filosofia immaginata e scritta sotto forma di codice da Kazunori Yamauchi, autore vecchio stampo che, ancora oggi, ha qualcosa da dire. Il primo passa da fare, in Gran Turismo 7, è aprire la Mappa del Mondo e fare visita al Café, un luogo tranquillo, un posto creato da appassionati per gli appassionati, dove scambiare quattro chiacchiere con gli altri astanti. Faremo subito amicizia con Luca, ovvero il gestore del piccolo locale. Sarà lui ad introdurci nel mondo di gioco e in una particolare struttura che mescola gusti e concezioni diverse. Perché è proprio dal Café, o meglio dai suoi menu, che si sviluppa buona parte dell’esperienza in singolo di Gran Turismo 7. Un’esperienza dove il videogiocatore sarà chiamato a collezionare specifiche auto corrispondenti a specifici cataloghi. Ad esempio, in una circostanza, Luca ci chiederà di mettere le mani su 3 modelli di auto giapponesi da Rally Base. Un settore ben specifico, rappresentato sul menu del giorno da 3 sagome grigie. Il compito del giocatore sarà quello di “ordinare” il tutto e, quindi, una volta usciti dal café e tornati nella mappa, andare in cerca di quelle gare che, al netto di un sudato podio, garantiranno come premio proprio una di quelle vetture. Una volta completata la collezione, si torna al Café, dove Luca, o altri compagni di viaggio incontrati lungo il percorso, snocciolerà una serie di nozioni e informazioni su quelle vetture, su quel segmento, sulla storia di auto che no, per gli appassionati solo auto non sono. Quindi, nuovo menu, nuove gare, nuove competizioni o sfide. Sembra complicato, ma non lo è, perché l’interfaccia è sempre chiara, pulita, persino essenziale nella sua ricerca stilistica che, ancora una volta, richiama il passato della serie. La campagna in singolo, tutto sommato, si sviluppa sempre secondo questa linea, per quanto le variabili, lo dimostrano le icone che compariranno mano a mano su schermo, sono in realtà tantissime. La prima, sono le Patenti di Guida. Un ritorno in grande stile, che serve, da un lato, a familiarizzare con il modello di guida, dall’altro a scandire il livello del giocatore, in altro modo identificato con il grado da collezionista imposto dal numero e dalla tipologia di auto presenti nel suo garage. Affianco al Centro Patenti, si parla di 5 licenze diverse suddivise nelle solite sfide, ecco che arrivano le Missioni. Più o meno brevi “episodi” dove circuiti e luoghi diversi vengono concettualmente collegati per mettere il pilota virtuale in situazioni particolari che richiederanno determinate “soluzioni” legate alla guida e al risultato.
Inoltre, appare evidente che, specie al livello di difficoltà più alto dei tre disponibili all’inizio, non sempre sarà facile riuscire a collezionare un mezzo, e quindi a vincere e progredire nel gioco, con una delle auto base presenti nel garage. Per questo, meglio fare una capatina nel centro di Messa a Punto dove è possibile modificare e potenziare l’auto in praticamente ogni suo aspetto trasformando una normale vettura stradale in una sportiva, magari estrema. Chiaramente, il Tuning è legato alla tipologia di auto, ma anche ai crediti presenti nel portafoglio virtuale. Meglio non esagerare, non da subito, per evitare di trovarci senza neppure un soldo. Spesso, piuttosto che incaponirsi su un’auto, è consigliabile acquistarne una con le giuste caratteristiche di Performance (PP). Fondamentalmente, ci sono tre modi per acquistare una vettura. In concessionario, sfruttando gli stilosi menu di Brand Central, acquistandone una usata, ma garantita!, ad un prezzo di favore oppure, ma serviranno davvero tanti crediti, raggiungendo lo stand dedicato alle Auto Leggendarie. Modelli unici, proposti ad un prezzo proibitivo. Eppure, ne vale la pena. Esiste poi una modalità Fotografica ad Hoc, denominata Scapes, in odor di condivisione globale dei propri lavori, e, ancora, un luogo deputato al tuning estetico dei bolidi: se l’obiettivo e trasformare e creare di proprio pugno la livrea dei sogni, GT Auto è il luogo che fa per voi, con nuove vernici e altri “accessori” chiamati a rendere unico stile e aspetto. Ora, questo è un riassunto “striminzito” e che messo nero su bianco, me ne rendo conto, non sembra poi dissimile alla descrizione di un qualsiasi altro racing Tripla A. Non è così, perché in Gran Turismo 7 ognuno di questi aspetti sembra essere “legato” in maniera diversa, più fluida, più convincenti. Merito, forse, dei “tutor” che si incontra ranno nel gioco, sempre pronti a dispensare consigli e cordialità. Merito, pure, di un modo autoriale di fare giochi a cui Polyphony e Yamauchi non hanno mai rinunciato e, anzi, hanno ripescato con nuovi modi di comunicare per questo capitolo. A rafforza quella sensazione di “pulito” c’è anche la modalità Sport, ripescata in toto dal precedente episodio e ora parte di una esperienza più completa, perché appunto direttamente collegata alle altre modalità descritte. Chiaramente, per comprendere appieno le potenzialità del multiplayer competitivo bisognerà attendere il lancio ufficiale del gioco, eppure, in questi giorni, al netto di poche sessioni dedicate alle sfide tra recensori, sono emersi alcuni aspetti fondamentali. Il primo è rappresentato dalla possibilità di “giocare” con il tuning delle auto, cercando di rimanere sempre nei paletti imposti dai ferrei regolamenti di una determinata gara, ma allo stesso tempo liberando la “fantasia”, prima ancora che la competenza, del pilota – meccanico. Ad esempio, in una gara giornaliera dedicata ad uno specifico segmento di auto, l’accesso sarà consentito a vetture che rientrano in un determinato range di Punti Performance. A quel punto, sta al giocatore decidere come operare, magari optando per una nuova marmitta piuttosto che per degli pneumatici più performanti. Le combinazioni sono infinte e, per l’appunto, sensibilmente legate, oltre che al mero assetto, all’esperienza accumulata nel single player. Le possibilità, insomma, sono infinite e, sin da oggi, forte anche di un testimonial d’eccezione coma Valentino Rossi, scommettiamo su una nuova e splendida stagione sportiva legata a Gran Turismo 7.
Gran Turismo 7: la guida
Una scommessa che, ad ogni modo, si basa anche sulle qualità, secondo noi indiscusse, della guida tipica della serie. Il “gameplay” di Gran Turismo 7 non è certo rivoluzionato e, anzi, via DualSense, la sensazione potrebbe essere di giocare ai capitoli precedenti. La differenza, in questo caso, la fa un buon volante. Durante la nostra copertura, ossia un test di 10 giorni trascorsi esclusivamente su una PlayStation 5 collegata ad un Logitech G923, le sensazioni sono state estremamente positive perché ogni auto, ogni tracciato, ogni situazione climatica concorrono nel trasmettere quante più informazioni possibili al pilota virtuale. Insomma, per molti, specie per chi è legato ad una esperienza più casual in fatto di aiuti e trasmissione, probabilmente non cambierà nulla. Per altri, per i più coraggiosi, cambia invece tutto. Così cambia molto quando si guida su superfici diversi, su asfalti più caldi e invece più freddi, su strade scaldate prima dal sole e poi, dopo il tramonto, raffreddate dalle tenebre e, magari, da una pioggerellina. In termini di ciclo giorno notte e di meteo dinamico, la concorrenza, in questi anni, ha fatto passi da gigante, specie negli aspetti visivi. Chi vi scrive, però, ritiene che Gran Turismo 7 sia un nuovo step evolutivo sul fronte delle sensazioni di guida, specie quando possono anche contare una grafica che, pur lontana dal miracolo tecnologico, è sicuramente soddisfacente. Anche in questo frangente, nessuna rivoluzione. Lo stile visivo è quello cui la serie ci ha sempre abituati, con una cura maniacale dei modelli delle auto e un sistema di illuminazione davvero caratteristico. D’altro canto, l’assenza di aliasing e la costanza del frame rate ancorato ai 60 fotogrammi al secondo restituisce il solito feeling visivo, complice una direzione artiche che, parliamoci chiaro, come Polyphony nessuno mai. Non si tratta solo di potenza bruta, quanto di gusto, di “artigianalità”, di un Ray Tracing – non attivo in gara, ma solo in determinate situazioni tra Replay e Showroom – che aggiunge bellezza su bellezza. E pazienza se, ogni tanto, qualche ombra si carica con una frazione di ritardo. Gran Turismo 7 è bello da vedere. In alcuni momenti, addirittura bellissimo. Come le sue musiche, alle volte aggressive e altre volte delicate, che coloreranno ogni momento, ogni ricordo. Anche quelli di una sezione Music Rally, novità assoluta per la serie, che, a conti fatti, si rivela solo un passatempo. Oppure, se si preferisce, tassello di un complesso più ampio, di una classica meraviglia in cui il tutto è maggiore rispetto alla somma delle parti. Per Gran Turismo, in fondo, è sempre stato così.
Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4
Sviluppatore: Polyphony Digital
Publisher: Sony Interactive Entertainment
Gran Turismo 7 non rivoluziona, neppure stupisce. Piuttosto, si tratta della “summa” del lavoro mastodontico svolto da Kazunori Yamauchi e dal suo team nel corso di 5 lustri vissuti su PlayStation. L’abilità di Polyphony è stata probabilmente quella di “recuperare” non solo le fortunate caratteristiche dei classici episodi, ma anche di averle sapientemente sviluppate e mescolate con le velleità sportive di Sport. Il risultato è un prodotto mastodontico, eppure pregno di stile. Di un gioco “muscolare”, eppure estremamente raffinato. Di un titolo “vecchio”, eppure “nuovo”. Di un manifesto di amore e passione per i motori, le auto. Per quello che c’è dentro, per tutti quelli che sono rimasti fuori, immobili, ad ammirare la grande bellezza di un’esclusiva dal valore infinito.