Stranger of Paradise Final Fantasy Origin Recensione: tradizione e innovazione

Stranger of Paradise Final Fantasy Origin

Cominceremo questa recensione con una sentenza forse dura, ma che riteniamo sincera: non ci sono più i Final Fantasy di una volta. Almeno, nel caso specifico di questo titolo. Un duro colpo per i puristi e gli amanti della saga originale, quella che ormai da trentacinque anni a questa parte porta con sé l’eredità dei cristalli, onnipresenti (o quasi) in ciascun capitolo del franchise di Square Enix. Dal 1987, il passaggio di testimone ha visto una sequela di titoli dapprima realizzati e concepiti nel classico stile JRPG, con qualche ventata di innovazione, e conseguente successo, già dieci anni dopo nel 1997 con Final Fantasy VII, ma il rinnovamento di linguaggi e di alcuni tecnicismi, accompagnati da qualche tratto sempre ancorato alla tradizione, ha cominciato dai primi anni Duemila ad accompagnare le nuove produzioni della serie. Tutto questo preambolo è per introdurvi a quello che vi attende nella nuova avventura realizzata in co-produzione con Koei Tecmo e Team Ninja, la cui esperienza è stata maturata con la serie di NioH, dunque un sodalizio che non poteva lasciare indifferente il risultato complessivo di quanto abbiamo avuto tra le mani in anteprima. Se di capitoli spin-off il mondo di Final Fantasy ne è pieno, dai Tactics a Type-0, ognuno con il suo gameplay sempre diverso rispetto alla serie principale, siamo ora di fronte a un tramonto, probabilmente temporaneo, del genere JRPG per lasciare spazio a quello souls-like. Parliamo di nuove sfide e nuovi orizzonti incontrati in Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, un titolo che in prima battuta non aveva raccolto l’entusiasmo dei fan, né la sua accoglienza a braccia aperte, subodorando la distanza netta con i canoni di un brand che non manca di apporre la sua firma, in un modo o nell’altro, anche questa volta. Come lo ha fatto? Lo raccontiamo nella nostra recensione in anteprima mentre avete ancora disponibile la versione demo, in attesa che tutti voi possiate provarlo dal 18 marzo su PlayStation 5, come lo abbiamo testato noi, ma anche per PlayStation 4, Xbox One, Xbox Series X/S e PC. Quanta distanza c’è tra questa versione definitiva e il nostro scorso provato di giugno e ottobre nel 2021?

Stranger of Paradise Final Fantasy Origin: un souls-like con richiami al passato della saga

Prima di procedere con il riassunto della storia, è bene sottolineare che Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è una reinterpretazione del primo titolo, che vide l’impresa compiuta dai quattro guerrieri della luce, senza però la pretesa di voler riscrivere la storia o riproporla pedissequamente, dunque distaccandosi dal primo lavoro di Square Enix, uscito come dicevamo ben 35 anni or sono. Siamo a Cornelia, una terra invasa dall’oscurità, e simile non solo per omonimia, ma anche per relazione con il Caos, alla stessa “città dei sogni” che i più datati giocatori e affezionati della saga conoscono per via del primissimo capitolo di Final Fantasy, ma anche per la sua comparsa nei capitoli dello spin-off Dissidia. Questo è infatti il primo di diversi omaggi presenti nella storia, che vede protagonisti Jack e i suoi due compagni di viaggio, Jed e Ash, mettendosi in cammino per un’avventura che ha come obiettivo la sconfitta appunto di Caos. I nostri eroi sono considerati gli unici salvatori in grado di poter portare la pace e la salvezza nella terra di Cornelia, ma i loro cristalli, elemento ormai imprescindibile per qualsiasi capitolo della saga, sono neri. Vi sono ancora incertezze quindi sul fatto che siano questi tre i Guerrieri della Luce che una profezia aveva annunciato, e lo potremo scoprire solo man mano che procediamo durante la campagna principale di Stranger Of Paradise Final Fantasy Origin, attraversando tanti diversi luoghi, uno più oscuro dell’altro. Il loro viaggio li conduce al cospetto di Garland, autodefinitosi come Caos, che si rivela essere Neon, una fanciulla che in passato tentò la stessa impresa di Jack e compagni, andando incontro però a un destino ben diverso. La ragazza crede che Caos in realtà sia solo frutto dell’immaginazione umana, un elemento creato dall’uomo e dalla sua negatività. Dunque Neon decide di abbracciare l’oscurità e diventare lei stessa Caos, permettendo così di essere sconfitta e sacrificando la sua vita per restituire la pace al regno. Una verità piuttosto incredula per Jack, che non si perde d’animo e riparte subito alla caccia del suo nemico giurato, convincendo così la fanciulla trovata ad unirsi al gruppo di guerrieri.

Stranger Of Paradise: Final Fantasy o NiOh? Analisi del gameplay

Inutile dire che, a nostro avviso, la trama sia in realtà un pretesto per mettere in piedi un progetto dall’anima quasi gemella a quella di NiOh, titolo già citato poco sopra e non a caso, in quanto il focus principale della storia è il combattimento, e il complesso sistema che lo gestisce. Le meccaniche di combattimento sono infatti piuttosto ricche e dettate da una combinazione di attacchi leggeri e pesanti, accompagnati dalle abilità dell’arma che possiamo cambiare di volta in volta, man mano che andiamo ad arricchire il nostro inventario, e che richiede inoltre il consumo di punti mana. Tuttavia, nonostante troviamo una barra sia per i punti vitali che per la magia, quest’ultima subisce un trattamento simile a quello del sistema ATB (Active Time Battle) e anche espandibile, i quanto questa barra può appunto espandersi in combattimento. I PM possono essere ricaricati durante una battaglia infliggendo danni agli avversari, ma non consentendoci di usare oggetti come Etere o Elisir per recuperare punti, purtroppo per noi. Magie, abilità e tecniche dunque richiedono lo stesso tipo di consumo, ma senza distrarci dal nostro impegno nei confronti dei nemici da combattere, proprio per via dell’impossibilità di usare oggetti. Rischi e facilitazioni al tempo stesso, in un gioco che punta tutto davvero sul combattimento e sulla sua anima souls-like. Lo scontro corpo a corpo con nemici di diversa misura e natura viene reso ancora più gustoso dalla possibilità di sferrare potenti attacchi, come Impeto spirituale, che ci consente di eliminarle con un colpo micidiale il nemico e di sfruttare non solo tecniche e abilità delle nostre armi, ma anche l’albero delle classi, dove possiamo evolvere man mano che acquisiamo punti nelle varie classi del nostro protagonista, e che possiamo potenziare solo quando troveremo un punto di salvataggio e recupero punti vitali, i Prismi, che fungono anche da checkpoint in caso di game over.

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Una possibilità rara, quest’ultima? Nient’affatto, ma tutto dipende da quale delle tre modalità di gioco avete selezionato. Siamo onesti, ciascuna in realtà dimostra un livello di difficoltà ben più elevato di quanto promesso, e non è l’unico ostacolo che abbiamo incontrato nel portare a termine Stranger Of Paradise Final Fantasy Origin, a suon di fendenti e magie. Ad esempio, in caso di salvataggio presso un Prisma e uscita dalla partita, ci è successo più di una volta di dover ricaricare la partita ricominciando da un punto precedente a quello in cui eravamo rimasti; un inghippo di non poco conto, se consideriamo appunto che gli scontri, davvero frequenti, non sono così facili da superare talvolta. Inoltre non sarà nemmeno un evento comune riuscire a trovare oggetti che ci ridiano punti vitali dopo ingenti ferite riportate in battaglia, rendendo il tutto davvero complesso e invitandoci anche a fare uno sforzo ulteriore per affinare le nostre capacità di combattenti. In tutto questo però non siamo soli: man mano che procediamo, troviamo di frequente, soprattutto nelle fasi iniziali, parecchi punti di raccolta di memorie, ricordi che in realtà fungono da tutorial per darci lezioni di battaglia, informazioni e consigli su come migliorare il nostro equipaggiamento e le nostre tecniche di sopravvivenza. Un ulteriore indizio sul fatto che coloro che sono alla ricerca di un titolo dove possa emergere anche il lato narrativo, sono sulla strada sbagliata.

Un comparto narrativo debole, non ineccepibile quello grafico e tecnico

Lo abbiamo detto diverse volte: il sistema di combattimento è tutto e la storia alle spalle, così come il vero e proprio character design sono deboli e di scarso spessore. Chi conosce i vari prodotti di Square Enix, tra cui anche la saga di Mana, non si esimerà dal notare che ci sono diverse commistioni, soprattutto a livello grafico. Non abbiamo notato la cura estrema e la raffinatezza dei personaggi dei precedenti Final Fantasy, ma un avvicinamento quasi più allo stile morbido dei JRPG tradizionali che rende questo titolo quasi più fiabesco nei tratti di alcuni personaggi, mentre i nostri tre eroi riprendono non solo il concept dell’allegra brigata di FF XV, ma in diversi momenti di gameplay ricordano anche i protagonisti di ben altre saghe, a partire da Resident Evil. Ciò che più ci ha lasciato un po’ storditi è stato il canovaccio narrativo, appunto non dei migliori per scarsità di dettagli e di profondità: il protagonista Jack Garland si lega all’antagonista del primo Final Fantasy, così come il riferimento ai cristalli è debole, per quanto sia ripetuto nei dialoghi sin dall’inizio. Anche la comparsa random di nemici come i classici Piros, le temibili palle infuocate, o di Kyactus riallaccia sì questo titolo al resto della produzione, ma in maniera davvero lasca. Come avevamo detto infine nelle nostre precedenti prove, ancora una volta siamo abbastanza insoddisfatti del comparto tecnico, non tanto per il frame rate, decisamente migliorato e che ci offre performance più fluide, ma soprattutto per la resa delle texture, che ci offrono un risultato complessivo già invecchiato prima ancora di essere uscito in via definitiva. Vero è anche che i nostri due compagni di viaggio ora sono decisamente attivi e presenti in combattimento, ma non sempre di grande aiuto. 

Piattaforme: Xbox Series X/S, Xbox One, PS4, PS5, PC

Sviluppatore: Team Ninja, Tecmo Koei, Square Enix

Publisher: Square Enix

Stranger Of Paradise Final Fantasy Origin torna alle origini della saga in maniera totalmente rivisitata e sicuramente senza quell’impegno su tutti i fronti che ci saremmo aspettati, o che almeno abbiamo incontrato in precedenti e recenti lavori. Ci riferiamo chiaramente ai capitoli di Final Fantasy VII Remake, dove è stata riposta una cura e un’attenzione ben diversa, e in parte anche comprensibile chiaramente. Questo titolo è d’altronde una sorta di cuscinetto, di antipasto che spezzi la fame in attesa del titolo più corposo e appetitoso che ci aspettiamo sia Final Fantasy XVI, ma questo boccone ci lascia un retrogusto dolceamaro. Soddisfacente e pienamente approvato in sé tutto il comparto di combattimento, un souls-like che non ci aspettavamo e che distingue questo titolo dalla carovana carica di JPRG (più o meno) rispettosi della tradizione come lo sono stati i precedenti capitoli. In questo caso però rimane una incuria del comparto grafico e tecnico, accompagnati da una narrazione davvero insipida e che nulla porta di arricchente e di memorabile. Scontri pazzeschi, sia per tecniche che per effetti speciali, storia deludente, ma non è questo il punto del gioco. E non è questo il titolo che rimarrà nella storia della saga, per quanto, come ricorda subito in apertura una inaspettata comparsa del brano My Way, si sia proposto a modo suo e senza rimorsi.

VOTO: 8

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.