Per un periodo la scena pubblica è stata dominata dai MOBA, poi è stato il turno degli hero shooter, ora è il tempo dei battle royale e dei “live services”. L’industria videoludica tende a seguire i trend del successo economico spingendo editori e game designer a incanalarsi in colli di bottiglia che instaurano una competitività commerciale perlopiù insostenibile. In questo spazio ostile cerca di inserirsi il neonato studio di programmazione Sharkmob, il quale ha ben pensato di sfidare l’istinto di sopravvivenza, di buttarsi nella mischia e di debuttare con un battle royale free-to-play legato al più noto esponente della saga di giochi di ruolo cartacei di Mondo di Tenebra, Vampiri la Masquerade (qui potete invece trovare la nostra review del titolo dedicato ai “colleghi” licantropi). Il team di sviluppo sta intraprendendo un percorso faticoso e spintona per ottenere visibilità in un Mercato saturo, il tutto con il rischio di scatenare le opinioni caustiche dei fan del brand. In questa prospettiva, non abbiamo potuto che avvicinarci a Vampire: The Masquerade – Bloodhunt con una certa dose di preoccupazione, preoccupazione che il titolo è riuscito a sedare. Almeno in parte.
Vampire: The Masquerade – Bloodhunt, quattro salti
Verticalità e movimento: questi sono i dogmi verso cui il giocatore di Vampire: The Masquerade – Bloodhunt deve giurare fedeltà. Il titolo antepone la giocabilità frenetica a ogni altro valore, facendo slittare contenuti d’altra natura in secondo piano, se non addirittura oltre. Facciamo un passo indietro: il primo videogame di Sharkmob è ambientato in una Praga crepuscolare vittima dell’avanzata di una mortale nebbia rossa e dominata da vampiri la cui catena di comando è stata gravemente danneggiata. Seguendo pulsioni frenetiche, i morti viventi si sono dati a una caccia di sangue fratricida e si sono abbandonati a un tutti contro tutti mirato a.. stravolgere gli equilibri di potere? La cosa non è immediatamente chiara, tuttavia poco importa: i giocatori devono interpretare la carne da macello che scenderà in prima linea per uccidere e morire, non partecipare agli intrighi politici che si muovono dietro le quinte.
Nei fatti, lo stralcio narrativo si traduce in un multiplayer competitivo – in solitaria o in team da tre – che si dipana in una mappa fatta di vicoli stretti e tetti frastagliati da comignoli e campanili, due setting paralleli molto diversi che i combattenti devono presto imparare a fruire in alternanza. Strade ed edifici offrono infatti maggiore protezione, equipaggiamenti facilmente reperibili e passanti da dissanguare, tuttavia le posizioni sopraelevate garantiscono enormi vantaggi nel controllare il territorio, cosa che a sua volta permette spesso e volentieri di sferrare il primo colpo. E in Vampire: The Masquerade – Bloodhunt colpire per primi è estremamente importante. Nonostante la natura soprannaturale che li contraddistingue, i vampiri interpretati dagli utenti sono tutto sommato vulnerabili alle mitragliatrici e alle mazze chiodate, neppure potenziarsi o corazzarsi garantisce con certezza la possibilità di poter sopravvivere a uno scontro a fuoco.
Saltare, schivare e arrampicarsi sono dunque stratagemmi indispensabili per conquistarsi posizioni di vantaggio che poi possano tradursi in vittorie, spesso sudate. Essendo la mappa tanto minuscola quanto labirintica, è infatti estremamente comune che una sparatoria possa rivelare la propria posizione e attirare avversari assetati di sangue, nonché che questi abbiano la possibilità di sferrare un colpo a tradimento nel momento in cui ci si illude che il peggio sia finito. Angoscia e paranoia sono tratti distintivi del Mondo di Tenebra, siamo “lieti” di vedere che le diaboliche menti di Sharkmob siano stati in grado di integrarli nel loro prodotto.
Poteri e discipline
A pochi giorni dal lancio, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt mette in campo sette “classi” caratterizzate ognuna da tre poteri liberamente ispirati alle Discipline presenti nell’originale gioco di ruolo. Queste abilità vengono adoperate per ottimizzare il movimento sul campo, per alterare gli equilibri della battaglia e per godere di interessanti vantaggi passivi, tutti elementi che potrebbero sbilanciare profondamente il gioco, ma che sono parzialmente tenuti sotto scacco attraverso cooldown castiganti, nonché da un gameplay che premia la competenza. Non vi salverete dalla zuffa spammando le vostre discipline vampiriche.
Tutti i combattenti condividono dunque la possibilità di usare un “sonar” che esplora brevemente la mappa di gioco per evidenziare la posizione dei nemici in vista, degli oggetti interattivi e dei personaggi non giocanti. Oltre ai giocatori – e agli eventuali bot -, la Praga progettata da Sharkmob ospita infatti i soldati di una truppa d’élite messa a disposizione dal Vaticano, l’Essenza, ma anche normalissime persone che non si fanno problemi a uscire per strada mentre la metropoli è messa a ferro e fuoco da miliziani ed esseri soprannaturali. Sospensione dell’incredulità a parte, questi innocenti cittadini non sono un mero elemento decorativo, sono testimoni che non mancano di chiedere aiuto e fuggire qualora notino qualcosa di preoccupante, che si tratti di mostri zannuti che utilizzano poteri mistici o di signori della notte che sparano all’impazzata con un fucile mitragliatore.
Non solo, come già accennato i passanti possono essere adoperati come “sacche di sangue” utili a sfamare la propria fame bestiale, cosa che ai fini ludici si traduce con la guarigione dai danni subiti e con l’ottenimento di bonus cumulabili che dipendono fortemente dallo stato emotivo della propria vittima. Esiste dunque la possibilità di compiere “Diablerie”, ovvero di nutrirsi dell’essenza vitale dei giocatori atterrati, un’azione che i clan vampirici teoricamente dovrebbero considerare mostruosa e degenerata, ma che in questo universo digitale serve a ottenere potenziamenti immediati e, cosa più importante, una notevole quantità di punti esperienza. Vale dunque la pena di ricordare che i protagonisti di Vampire: The Masquerade – Bloodhunt non sono semplici umani, neppure la morte può fermarli. Nonostante la loro resistenza ai proiettili sia sorprendentemente scarsa, la resilienza dei predatori notturni si manifesta come una seconda possibilità di rientrare in gioco una volta che si viene eliminati, una possibilità che peraltro si può rinnovare se ci si nutre di esseri umani dal carattere “potente”, i quali sono contraddistinti da un’aura purpurea. Il vampirismo è però allo stesso tempo un dono e una maledizione, questa “resurrezione” priva infatti il combattente dei suoi equipaggiamenti più potenti, con il risultato che in alcuni casi quest’abilità si dimostra più molesta che d’aiuto, proseguendo inclementemente partite che si è quasi certamente destinati a perdere.
Missioni e cultura vampirica
Quando non sono impegnati a massacrarsi reciprocamente, i giocatori possono rilassarsi nel centro di riferimento della diplomazia vampirica, l’Elysium. Qui si possono ricavare lo spazio e il tempo necessari a navigare i menù, a studiare le sfide attive, a personalizzare il proprio avatar, a consultare l’avanzamento dell’immancabile battle pass e del negozio di cosmetici. Nell’Elysium è inoltre possibile incappare nei “primogeniti” dei clan vampirici, i quali espongono brevi stralci di trama da esplorare attraverso la risoluzione di vere e proprie quest. Come si risolvono le quest? Soddisfacendo requisiti che vanno dall’esplorazione di un’area al causare danni agli avversari con un’arma specifica. Queste missioni si risolvono spesso in maniera organica, seppur lentamente, almeno finché non si incappa nell’ostacolo dei collezionabili. Praga è circondata da oggetti nascosti del tutto superflui ai fini del combattimento, ma che in alcuni casi possono essere invece indispensabili nell’ottica di voler portare avanti quel gracile stralcio di trama che il titolo inscena. Il battle royale sviluppato da Sharkmob non è stato però pensato per una lenta esplorazione della mappa, l’area di gioco è densa di avversari e dedicare attenzione alla ricerca e al reperimento di artefatti graficamente poco evidenziati si traduce spesso in processo che è lento, molesto e frustrante. La gestione delle quest e, più in generale, lo storytelling sono i più grandi punti deboli dell’opera, sono molto più rozzi di quelli offerti, per esempio, da Fortnite e non rendono giustizia al brand di Vampiri: la Masquerade, il quale si lega da sempre a narrazioni complesse e articolate.
Piattaforme: PlayStation 5, PC
Sviluppatore: Sharkmob
Publisher: Sharkmob
Molti dei programmatori di Sharkmob si sono fatti le ossa lavorando a The Division e i risultati si notano immediatamente, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt è forte di una giocabilità estremamente energica e dinamica che ricorda per certi aspetti un S4 League in vesti urban gothic. La qualità del gameplay non è tuttavia accompagnata da quella raffinatezza e da quella profondità di contenuti che ci si aspetterebbe da un titolo “completo”, pronto per il lancio. L’impressione non è quella di avere a che fare con un videogame, ma di avere per le mani una beta aperta al pubblico a cui verranno aggiunti in un secondo momento contenuti essenziali, un atteggiamento certamente comune nel settore dei live services, ma non per questo meno deprecabile. Vampire: The Masquerade – Bloodhunt merita l’interesse pubblico e merita di essere provato, tuttavia gli sviluppatori dovranno intervenire rapidamente con aggiornamenti sostanziosi, se non vogliono che la loro opera finisca in uno stato di torpore eterno.