Se la nostra estate nel mondo reale comincia, quella raccontata in The Quarry finisce non di certo nella maniera migliore. Un campo estivo, una compagnia di ragazzi e un falò. Manca solo una chitarra, dei marshmallow da abbrustolire e una canzone che sappia raccontare la fine dell’estate nel modo giusto. Tutto questo succede quando alla regia c’è Supermassive Games, lo studio prestato all’horror e alle avventure narrative tra le più apprezzate del pubblico del panorama dei videogiochi.
Per chi non conoscesse questo team ma volesse approfondirlo, deve sapere che negli ultimi anni lo studio inglese ha pubblicato Until Dawn e si è occupato di The Dark Pictures Anthology, una serie che ha saputo raccontare l’horror sotto diverse lenti d’ingrandimento, sviscerandone i classicismi, gli stereotipi e non sempre confezionando delle narrazioni e delle sceneggiature capaci di intrattenere il giocatore.
The Quarry, però, è la produzione più curata e scritta meglio delle precedenti, con una rifinitura appagante per i temi che vengono trattati al suo interno e la personalizzazione dei suoi protagonisti. In questo horror, come scoprirete, non esistono buoni e cattivi… e non tutto, ovviamente, è come sembra. Non tutto è messo a casaccio; tutto ha una logica, tutto è incastrato perché il giocatore affronti i drammi di questo campo estivo e i suoi segreti.
Ci sono racconti pronunciati quasi con paura, storie di un amore infranto e quei soliti drammi adolescenziali abbiamo vissuto tutti. Quello che cambia, tuttavia, è non aver mai passato quei momenti ad Hackett’s Quarry, il teatro degli errori scelto da Supermassive Games come scenografia di questo racconto. Ma procediamo con ordine, dal principio.
Una narrazione dal ritmo alto e avvincente
Non possiamo farvi troppi spoiler e neppure raccontarvi cosa si celi dietro a tutto quanto. Dei ragazzi hanno lavorato per tre mesi come animatori del campo estivo di Hackett’s Quarry, un luogo montano e accogliente, circondato da foreste, laghi, fiumi e baite davvero suggestive. Ci sono casette in legno – e sì, pure quelle sugli alberi – e gli immancabili sentieri che tanto adoriamo quando andiamo a fare le nostre scompagnate immersi nella natura.
Dietro tutta questa calma apparente, ovviamente, c’è una storia; non una che raccontiamo davanti a un falò mentre arrostiamo qualche salsiccia e ci dichiariamo a qualcuno. No, è una storia inquietante, di quelle brutte e la viviamo direttamente, nel modo peggiore. Il sangue scorre, ed è il nostro, mentre ci interfacciamo con una narrazione, a differenza di House of Ashes e Man of Medan, scritta e gestita in maniera azzeccata e appassionata.
I ritmi sono alti per l’intera durata dell’esperienza, con qualche calo nella seconda parte dell’avventura ma, complice la scrittura e una cura azzeccata per la personalizzazione dei protagonisti, The Quarry risulta una prova d’amore per il genere, nonché un racconto appassionante e assuefacente che spinge ad affrontarlo più e più volte, aumentando di conseguenza la longevità complessiva di un’esperienza in grado di incantare con una capacità narrativa fuori scala.
A differenza di molte altre opere horror, The Quarry è assuefacente, divertente e spaventoso al punto giusto. Non soffre di momenti di stanca, né si fa prendere troppo da quelli di smarrimento come è tipico purtroppo nelle altre produzioni di Supermassive Games. In ogni caso è una produzione curata e sfaccettata, capace di incalzare il giocatore senza realmente farlo urlare dalla paura. Se non altro, è proprio questo il suo più grande pregio: essere capace, con estrema semplicità, di proporsi a un pubblico vasto e non solo agli appassionati, riuscendo di conseguenza ad alzare all’asintoto il livello qualitativo d’efficienza comunicativa che è alla base di qualunque videogioco horror.
Il cast di personaggi scelti per l’occasione vede nomi a noi noti di attori celebri e rinomati, uno su tutti Ted Raimi. Esatto, Colinio il Magnifico di Xena, nonché il fratello di Sam Raimi, il regista di Spiderman con Tobei Maguire. La sua interpretazione è una delle migliori, ma chi non sfigura sono anche gli altri protagonisti che hanno prestato i loro volti a questo videogioco imperdibile. Non per niente, il cast a cui facciamo riferimento ha recitato in diversi film e serie televisive, e su tutte brilla Brenda Song, che abbiamo conosciuto in passato in Zack e Cody. E ancora, come se non bastasse, c’è pure Ariel Winter di Modern Family, oppure Skyler Gisondo di Licorice Pizza, uno dei film più interessanti degli ultimi mesi.
L’evoluzione narrativa della produzione di Supermassive Games, oltre a essere matura, è intrigante e profonda. Ovviamente è dura scrollarsi il peso di scelte sbagliate con altre produzioni. Tuttavia, questo videogioco riesce a intrattenere grazie a un racconto che supera di gran lunga le diatribe insite all’interno delle tipiche trame dell’orrore, un risultato per nulla semplice da ottenere, ma comunque rilevante.
The Quarry: una formula di gioco sempre divertente
Prima di iniziare l’avventura, il gioco dà la possibilità di cominciare una nuova partita, di vivere l’esperienza con qualcuno o di vedere il gioco come se fosse un film con la modalità cinema, già inserita nei precedenti lavori di Supermassive Games. È una funzione interessante, capace di unire il mondo videoludico a quello cinematografico, dando così un approfondimento maturo dell’esperienza. Noi lo abbiamo provato per qualche ora, dopo che abbiamo concluso la sua parte ludica in nove ore di giocato, una longevità lodevole per un’avventura grafica con tinte horror.
Il sistema di gioco, tuttavia, resta pressoché identico a Until Dawn, con poche reali differenze ludiche. In The Quarry la visuale, non più soltanto con la telecamera fissa, segue il personaggio in maniera più fluida e meno macchinosa, offrendo così una panoramica immersiva e differente rispetto alle altre produzione che abbiamo già accennato in apertura. Alle volte può avvicinarsi e in altre occasioni, invece, si allontana. Nelle aree buie è possibile usare la torcia, muovendola sugli oggetti o sui punti di riferimento che ci interessano.
Questo è un risultato ottimo perché permette di approcciarsi alle ambientazioni in maniera sequenziale, ripercorrendo le strade e i sentieri per raccogliere i tarocchi, l’alternativa agli avvertimenti come i quadri che ritroviamo in videogiochi come Man of Medan o Little Hope. Alla fine di ogni capitolo, in totale dieci con l’epilogo, veniamo accolti da un’anziana signora di cui non sappiamo nulla, se non che è un personaggio utile poiché legge il futuro dalla sua sfera di cristallo. Qui possiamo ricevere degli avvertimenti, nonché delle soluzioni a quello che potremmo affrontare nelle scene successive.
Nella struttura ludica ritornano anche i momenti dove restare in silenzio è forse la scelta migliore, con i personaggi che si nascondono nei pertugi o tra le frasche per non essere visti dalle creature e dalle strane figure che dominano questo campo estivo. A differenza di Man of Medan e degli altri videogiochi di Supermassive Games, non c’è una linea che indica il nostro battito cardiaco in orizzontale, bensì due linee rosse verticali che, se non premute a sufficienza e fino alla fine per trattenere il fiato, possono attirare l’attenzione di chi ci sta cercando, allertando chiunque nelle vicinanze.
Nonostante non cambi poi molto, la formula rodata è comunque gestita magistralmente e in modo corretto, seppure si avverta una certa ripetitività di fondo, che non è da intendere come una critica, quanto più un difetto indiretto di produzione su cui possiamo lasciare correre. D’altronde non è semplice gestire un’avventura grafica, sia chiaro, e non lo è neppure portare novità interessanti capaci di lasciare il segno. The Quarry, nel suo insieme, non si accontenta di seguire una strada già percorsa, ma ne elabora e crea un’altra, riuscendo a convincere e a centrare l’obiettivo.
Motion capture e direzione artistica: The Quarry è uno spettacolo visivo
Se non altro, ad averci colpito è il motion-capture e la sua implementazione, in grado di stupire ed innalzare qualitativamente quanto abbiamo già visto in passato con altre produzioni. Le espressioni facciali dei personaggi e dei protagonisti, infatti, sono confezionate in maniera egregia, offrendo una qualità visiva invidiabile.
Al netto di questo, però, quello che ci ha sorpreso davvero è l’ambientazione, molto più simile alla fredda baita di Until Dawn che alla nave di Man of Medan o alla cittadina maledetta di Little Hope. I suoi scorci, notevoli e forti di un’illuminazione ben implementata, offrono spaccati in cui perdersi, tanto che per alcuni istanti pensavamo più di non essere dentro a un horror ma in un videogioco totalmente differente, magari in un’avventura grafica sviluppata da Dontnod. Invece, come ogni avvenimento che capita all’interno di The Quarry, anche questo era tutta apparenza.
Al netto di qualche problema minore, come le voci dei personaggi che ripetono le stesse frasi durante i tempi di caricamento (comunque molto brevi, considerando che lo abbiamo giocato su PlayStation 4), il resto dell’esperienza è stata fluida e appagante anche dal punto di vista tecnico. Non ci sono bug, compenetrazioni e ulteriori problematiche legate al frame rate. Tutto è stato gestito in maniera magistrale e rispettoso, con The Quarry che si dimostra il miglior gioco di Supermassive Games.
Piattaforme: Series X/S, Xbox One, PS4, PS5 e PC
Sviluppatore: Supermassive Games
Publisher: 2K Games
The Quarry è la produzione migliore di Supermassive Games. Tutto è amalgamato in maniera ottima, tra dialoghi, profondità narrativa e la costruzione di una storia convincente, con una parte ludica inedita e coinvolgente. Non il semplice horror, non la semplice avventura grafica e non un semplice videogioco come molti altri. Una vera propria esperienza, longeva e appagante allo stesso tempo.