Studio 666 Recensione: la horror comedy dei Foo Fighters

Six six six, the number of the beast, Hell and fire was spawned to be released“: cita così il ritornello di una delle più famose canzoni degli Iron Maiden e d’altronde da sempre il numero 666 è associato al demonio. Secondo la religione cristiana infatti indicherebbe una figura satanica, come riportato nella Apocalisse di Giovanni in riferimento a una bestia che sale dal mare e devasta la Terra.

L’immaginario secondo il quale queste tre cifre sarebbero perciò legate a eventi inquietanti, tra messe nere e sacrifici umani, è ormai bello che consolidato ed è diventato di uso talmente comune da essere espresso in varie forme e contesti, spesso in connotazioni ironiche che giocano proprio sull’eterna battaglia tra il Bene e il Male. Questo è il caso di Studio 666, che già dal titolo mette in chiaro i suoi intenti e vede cimentarsi per l’occasione l’intera band dei Foo Fighters negli scomodi panni dei protagonisti, incluso anche il recentemente compianto batterista Taylor Hawkins, ritrovato senza vita nella stanza di hotel dove alloggiava coi colleghi nel marzo di quest’anno. Il film diventa così anche l’occasione per i fan di rivedere per un’ultima volta uno dei loro idoli, per di più in una veste inedita.

Studio 666, accendi il demone in Dave

Dave Grohl è in cerca di ispirazione per registrare il decimo album dei Foo Fighters e pensa di aver finalmente trovato il luogo ideale quando gli viene proposto di trascorrere un periodo di villeggiatura in una splendida villa isolata in campagna. Il leader del popolare gruppo musicale è ignaro che tra quelle quattro mura anni prima ebbe luogo un massacro, quando un rocker venne posseduto da presenze demoniache e massacrò i suoi compagni di band.
E ora l’incubo rischia di ripetersi: fin dal loro arrivo Dave e il resto dei FF notano qualcosa di strano, che si concretizza in maniera ancor più macabra quando uno dei tecnici perde tragicamente la vita in seguito ad un incidente. Il leader si trova alle prese con il blocco dello scrittore e finisce per cadere egli stesso vittima delle forze sovrannaturali che lì dimorano, trasformandosi in un pericolo per i suoi amici e colleghi. L’unico modo per evitare una nuova strage è quello di fermare la maledizione prima che sia troppo tardi…

Un horror tutto da ridere

Studio 666 è il classico titolo per una disimpegnata serata estiva e non è un caso che venga distribuito nei nostri cinema proprio all’iniziar della stagione. Ci troviamo infatti davanti ad una comedy horror da godere a cervello spento, incuranti delle falle narrative o della recitazione approssimativa che caratterizzano i cento minuti di visione.
Perché l’intera operazione altro non è che un parodico omaggio ai classici del genere, citante tutto il succitato campionario in maniera a tratti confusa ma spesso divertente, con qualche sussulto splatter a far capolino qua e là. Proprio la leggerezza è l’elemento distintivo di una sceneggiatura che non si prende mai sul serio, cercando di offrire una caratterizzazione ai relativi, improvvisati, attori: tolto Dave Grohl, che vantava già alcune esperienze sul grande schermo (basti pensare al suo ruolo cult in Tenacious D e il destino del rock), il resto della band dimostra tutta la sua inesperienza in campo attoriale. Un difetto che passa comunque in secondo piano dato che di momenti effettivamente introspettivi e/o drammatici non v’è parvenza, con tutte le dinamiche del caso giocate su un’ironia nera che scatena poi il gioco a massacro preventivato, fino a quel finale dove succede tutto e di più con tanto di cammei eccellenti di personalità dell’universo rock.

Da sottolineare la buona resa degli effetti speciali e del make-up, che affidandosi a soluzioni “classiche” e limitando al minimo il digitale, riescono a regalare dei sani momenti a tema, tra risate e spaventi che sembrano voler richiamare in diverse occasioni alcune sequenze cult de La Casa raimiana. D’altronde il soggetto è stato scritto dallo stesso Grohl, che si è preoccupato di dare ad ognuno dei suoi colleghi la giusta importanza pur prendendosi, e non poteva essere altrimenti, il ruolo mangiatutto, con tanto di trasformazione demoniaca annessa che pare rimandare proprio all’iconica figura del mutato Bruce Campbell / Ash Williams.

Studio 666 rimane ad ogni modo un film pensato per un target ristretto, composto per gran parte dai fan dei Foo Fighters e da chi mastica b-movie a colazione. La regia di BJ McDonnell, che aveva esordito sul grande schermo con il sequel horror Hatchet III (2013) per poi cimentarsi nel mondo dei videoclip, è una garanzia in tal senso nel cavalcare a più riprese quel palese riciclo di topoi, ad uso e consumo delle platee di riferimento.

Un divertimento senza troppe pretese quello garantito da Studio 666, che vede i Foo Fighters – nei panni di loro stessi – alle prese con una maledizione demoniaca durante le registrazioni del loro decimo album. Una villa abbandonata e un Dave Grohl in cerca di ispirazione preparano campo libero ad una horror comedy di serie B che cita i classici, tra buoni effetti speciali e una colonna sonora ovviamente a tema che farà la gioia dei fan della band. Si respirano ovviamente certe ingenuità, relative soprattutto a una sceneggiatura ricca di forzature – alcune volute, altre meno – e a una recitazione che vede protagonista un cast non certo di attori professionisti, per quanto alcune gag riescano comunque a regalare altrettante risate. Tra guest-star d’eccellenza e un gioco al massacro che segue i tipici step del filone, Studio 666 è un’operazione ingenua e genuina, indirizzata già dalle premesse ad un range di pubblico limitato.

Voto: 6