Klonoa Phantasy Reverie Series Recensione: il ritorno di un’icona Bandai Namco

Klonoa Phantasy Reverie Series

A volte ritornano, e ci possiamo solo augurare che ne valga la pena, se si tratta di una remastered version come quella che abbiamo tra le mani. Il debutto di Klonoa Phantasy Reverie Series, la raccolta contenente le versioni aggiornate e graficamente ammodernate di Klonoa Door to Phantomile e Klonoa 2 Lunatea’s Veil, è prevista per l’8 luglio su PC, Nintendo Switch, Xbox e PlayStation, console sulla quale è stata effettuata la prova per PS5. Un’uscita che consente ai giocatori più agé di rimettere le mani su due titoli usciti rispettivamente nel 1997 e nel 2001, e dall’altro lato porta con sé la possibilità di far avvicinare nuovi giocatori a un franchise che è rimasto parecchio nell’ombra da oltre un decennio, se consideriamo l’ultimo titolo uscito nel 2008. Se uniamo questo fattore con il confronto tra la versione dei titoli di Klonoa originali e remastered, il lavoro di aggiornamento grafico svolto da Monkey Craft è stato davvero buono, anche se non globalmente eccelso. Scopriamone i motivi e tanti altri dettagli nella nostra recensione di Klonoa Phantasy Reverie Series, meglio noto come il tentativo di Bandai Namco di riproporre una delle sue vecchie glorie, per celebrare il 25° anniversario della serie, e rispondere a un quesito fondamentale: ha senso ipotizzare un futuro sviluppo per questo franchise o rimarrà ancorato al passato, come una delle tante icone che hanno contribuito allo sviluppo della narrazione videoludica, ma che ha esaurito il suo tempo?

Klonoa Nintendo Switch

Klonoa Phantasy Reverie Series: non tutte le remastered riescono col buco

La risposta alla domanda precedente potrebbe essere anticipata da questo sottotitolo, ma è bene spiegare per filo e per segno cosa abbiamo testato in questa mini raccolta di due titoli dedicati a uno dei platform che più avrebbero meritato di stare in luce, all’epoca della loro uscita, ma che meno hanno goduto di questa fama meritata per via di tanti altri titoli dell’epoca. Klonoa è così rimasto in secondo piano nel mare magnum dei platform, fin da allora notevolmente originale in alcune delle sue dinamiche e per certi aspetti di concept creativo. Uscito ora per capire quali siano le opportunità di ulteriore espansione di questa IP, Klonoa Phantasy Reverie Series presenta fin da subito l’opportunità di giocare a uno dei due titoli originali, nell’ordine che preferiamo e totalmente localizzati in italiano. Ricapitoliamo dunque in breve la storia raccontata in entrambi i titoli: nel primo facciamo la conoscenza della leggenda di Phantomille, un luogo misterioso alimentato dai sogni delle persone. Tra questi, una strana creatura tra uomo e gatto, di nome Klonoa, sogna proprio un misterioso dirigibile scuro che si schianta contro la cima del picco campana e riesce a ricordare ogni dettaglio di questa visione. E il sogno si realizza: dopo aver trovato un anello magico da cui viene sprigionato uno spiritello, Huepow, decide di investigare sulla faccenda. Nel secondo titolo, Lunatea’s Veil, abbiamo il seguito della vicenda, dove il nostro eroe, aiutato dalla sacerdotessa Lolo e dal suo amico Popka, deve salvare la terra di Lunatea da una Quinta Campana che minaccia la tranquillità nei regni. Dobbiamo così attraversare i quattro regni di Lunatea per ottenere gli “elementi” delle Campane e ristabilire l’ordine. Ben evidente è la semplicità e chiaramente la linearità e scarsità di complessità della vicenda in sé, un escamotage per mettere in pista diversi livelli di gioco, la cui longevità è abbastanza discutibile, e no, non basterà cambiare il grado di difficoltà da facile a difficile, gli unici due disponibili, per rendere più complicato il da farsi.

Un gameplay tanto facile, quanto breve

Guardiamo infatti ora in maniera approfondita al gameplay in sé, piuttosto simile tra un titolo e l’altro: in Klonoa: Door To Phantomile è un platform molto semplice, che presenta una serie di livelli bidimensionali e dove ci è richiesto di salvare diversi abitanti di Phantomille, imprigionati dai nemici, i morbidi Moos. In questi livelli, possiamo solo saltare, planare e usare l’anello magico per lanciare colpi e catturare i nemici, sbarazzandocene in modi sempre diversi e a noi utili. Questi ultimi possono essere lanciati, diventare una sorta di trampolino e poco altro, il tutto condito da un level design che ci chiede di perlustrare l’ambiente circostante, ma senza parecchie difficoltà. Facile sì, ma anche breve: ci basta una manciata di ore per portare a termine, una pecca già riscontrata nella versione originale, che ci toglie il gusto di molteplici run, abbastanza inutili se abbiamo già completato in prima battuta i livelli, e che non ci consente di gustare appieno del comparto grafico del titolo, appena svecchiato e parzialmente migliorato. Ma di questo aspetto parleremo poco più avanti. In questa nuova versione dunque abbiamo per le mani la stessa esperienza di gioco presente nel remake del 2009 e in quella ancora precedente, senza alcuna variazione sul tema. Parlando del secondo titolo, non cambia la sinfonia: ancora una volta, abbiamo a che fare con un recupero in toto del titolo originale, dove l’unica variazione, già all’epoca, riguardava più il comparto grafico, che il concept design del gioco. Anche qui la suddivisione del platform è in livelli, ma in 2.5D, almeno in parte, e niente più. Rimangono i morbidi nemici da affrontare attaccandoli e nel caso sfruttandoli per elevarsi a sporgenze e catturare i cristalli, ma niente di particolarmente originale rispetto al primo titolo.

Quella ventata d’aria fresca sperata, ma mancata

Guardando infine all’aspetto tecnico e artistico dei due titoli, il primo gioco è stato ripreso dal rifacimento, come detto poc’anzi, dunque a tratti risulta paradossalmente migliore rispetto al secondo titolo, dalla texture meno curata e dalle performance tecniche talvolta in calo. Nonostante questo risultato, in Door to Phantomile vi è stata forse una maggiore cura dei personaggi principali e dei nemici, mentre in generale si sente a viva voce il grido di due titoli che portano con sé i segni e il peso del tempo che è trascorso, sia come grafica che come concept. Globalmente non ci sono importanti cali di frame rate, o eventuali pecche tecniche come bug o glitch, anzi, il motore di gioco si dimostra piuttosto solido, ma rimane comunque la semplicità di base dei titoli e una rimasterizzazione fatta e finita, senza alcuno sforzo aggiuntivo, a rendere più golosa questa raccolta. Il comparto tecnico risulta così abbastanza arretrato visivamente arretrato e nonostante la risoluzione 4K, non si riesce a guardare oltre le texture arretrate e non in grado di ben impressionarci.

https://www.youtube.com/watch?v=zCnxnsagRdk

Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One X, Xbox Series S/X, Switch, PC

Sviluppatore: Bandai Namco, Monkey Craft

Publisher: Bandai Namco

Tirando le somme di quanto offre Klonoa Phantasy Reverie Series, sentiamo che questi due platform old-school possano difficilmente attirare l’attenzione massiccia del nuovo pubblico, così come potrebbe essere un tiepido interesse del pubblico d’antan a recuperare due vecchie guardie, pur mostrando un ottimo level design e mostrandosi godibili. Forse un’“operazione nostalgia” che rischia di lasciare il tempo che trova, svolta con poco budget e con una cura relativa e buona fino a un certo punto. Klonoa Phantasy Reverie Series elimina qualche minima sbavatura e pecca del tempo, ma non fa rifiorire in maniera importante ed eclatante un franchise che poteva davvero meritarsi qualcosa di più in questa occasione.

VOTO: 6.5