Xenoblade Chronicles 3 mi ha lasciato un solco dentro, che difficilmente riuscirò a imprimere a mia volta nel corso di questa recensione. Da veterano di Xenoblade (giocato su New 3DS, ripreso in mano su Wii per assaggiare le differenze, ri-divorato su Switch con il perfetto remake); da fan del secondo capitolo e del suo DLC (ma non della meccanica gatcha-like delle spade, grrr); dopo aver gioito di avere una Wii-U anche solo per Xenoblade Chronicles X (che rivivrei più che volentieri su Switch n.d.r.), insomma: da amante della serie a tutto tondo, si può dire. Ecco, io, dopo così tante ore passate in compagnia di Monolith pensavo di averle viste un po’ tutte. Credevo pure, ingenuamente, che la serie stesse “spiaggiandosi” su tematiche datate, su stilemi divenuti classici e obsoleti. Caratterizzando personaggi troppo simili tra loro, e mirando a interessare solo i fan di vecchia data come me. Non potevo sapere quanto mi stessi sbagliando, fino a quando non ho messo le mani su Xenoblade Chronicles 3. Pentendomi della parziale sfiducia, adorando ogni istante passato su Aionios in compagnia del cast di personaggi migliore di tutto Xenoblade dagli esordi. Comprendendo che niente è andato sprecato in quel di Monolith. Che con l’esperienza e la maestria di chi sa quel che fa, e non ha paura di farlo, ha costruito lo Xenoblade Chronicles definitivo. E, se lo chiedete a me, uno dei JRPG migliori, in tutti i sensi, di sempre.
“Oh no, ecco che ci risiamo: la stampa che osanna le grandi produzioni, i giornalisti esagerati e sensazionalisti alla riscossa”: mi pare di sentire alcuni esclamare, mentre scrivo questa introduzione. E me ne dispiaccio, perché non posso davvero esimermi, ora che il titolo l’ho giocato per così tante ore, dal sorridere rispondendo “Sì, sono sensazionalista, iper entusiasta, una sorpresina dell’uovo di Pasqua: e allora?”. Xenoblade Chronicles 3 ha le spalle abbastanza larghe da prendersi i miei complimenti con eleganza, e sostenere i detrattori senza vacillare. Detrattori di chi, poi: del gioco, o del mio stra-promuoverlo senza vergogna? Facciamo così: leggete prima l’anteprima (reperibile a questo indirizzo), poi il provato (disponibile presso quest’altro indirizzo), e infine tornate a trovarmi qui, sotto ai molti paragrafi di cui questo testo sarà inevitabilmente composto. Ditemi se non ci sono andato con i piedi di piombo, come si suol dire. Se non ho tentato di frenarmi, prima di avere effettivamente l’expérience, il knowledge adeguati per sbilanciarmi. “Dovrebbe”, “sembrerebbe che”, “probabilmente”, “fin qui”, “arrivati a questo punto della storia” ecc.; ho usato tutte queste espressioni nei precedenti articoli con fin troppo giudizio. Giuro, ho provato. Ma, alla fine, sono capitolato davanti a tanta magnificenza, combattuto tra il mio desiderio di essere un critico combattivo, e il sistema di combattimento JRPG meglio studiato degli ultimi, boh, 10 anni? “Eh ma negli ultimi dieci anni è uscito questo, e quello e quell’altro, te li sei scordati?”. Sì, li ho scordati. Ed è stato Xenoblade Chronicles 3 a oscurarli (momentaneamente) nella mia memoria. Sicuri di non voler sapere perché, prima di criticarmi? Vi basta proseguire con la lettura…
Xenoblade Chronicles 3: missioni, missioni e missioni
Se avete recuperato (e di nuovo vi invito a farlo QUI) il provato di Xenoblade Chronicles 3 pubblicato qualche giorno prima di questa recensione, sapete che la trama mi stava coinvolgendo con veemenza superiore. Ecco, ora non voglio parlare di lei, sua maestà “storia”; bensì, vorrei iniziare raccontandovi il mezzo ludico più tradizionale possibile attraverso cui le storie vengono solitamente snocciolate al giocatore. Distribuite puntata dopo puntata nelle serie tv; film dopo film nel corso delle serie di lungometraggi; capitolo su capitolo in un libro; missione dopo missione (dopo missione, dopo missione ecc.) in un videogioco. Sebbene infatti anche Xenoblade Chronicles 3 sia ovviamente diviso in capitoli, ho come avuto l’impressione che la vera cadenza narrativa sia stata scandita dagli sviluppatori attraverso l’uso di diversi tipi di missioni. Principali (rosse), “secondarie” (azzurre), missioni eroe (gialle): queste sono le principali tipologie di missione che Xenoblade Chronicles 3 mi ha posto di fronte. Ciascuna, poi, si estrinseca attraverso richieste che ramificano ulteriormente il sotto genere della missione (abbatti tot mostri, recupera oggetto, segui il personaggio, ecc.). Fin qui tutto nella norma: tutto regolare. Se non fosse che non sono riuscito a trovare una singola missione DAVVERO inutile ai fini della narrazione. Opinabile come affermazione, certo, dal momento che alcuni potrebbero opporsi dicendomi che “beh se non prosegue la storia non serve”. O “che mi importa di sapere la storia di quel vecchio che non parla e sa solo suonare uno strumento musicale per comunicare”. Tutto vero, e infatti se la vostra curiosità si fermasse strettamente alle vicende dei protagonisti, potreste benissimo muovervi solo tra le missioni rosse, con qualche eccezione qualora si collegassero con la risoluzione di una gialla o di una azzurra.
L’eleganza di questo sistema risiede però nell’intrecciarsi organico delle vicende principali con quelle secondarie. Che non si limitano a confermare le nostre convinzioni, ma a volte, a sorpresa, le sovvertono, ci giocano, ci girano intorno. Sempre quando non introducono persino elementi del tutto inediti. A mio avviso, quindi, è proprio l’importanza “interpretabile” delle storie nascoste dietro le missioni opzionali a renderle così di peso nell’economia della narrazione. Motivando i protagonisti ad avanzare anche quando, guardando solo alla storia principale, non resterebbe loro nulla da fare se non piangere a dirotto. Fornendoci elementi di lore di incredibile valore, spessore e profondità. Sepolti nelle pieghe di una mini-storia (missione) proprio come in altri titoli tanto cari ai completisti di oggi lo sono nelle descrizioni di oggetti rari, o nei dialoghi di un NPC sperduto. Senza fermarsi nemmeno di fronte ai giocatori più pratici, che potrebbero davvero ritenerle inutili. Per loro Monolith ha creato le missioni eroe, ridefinendo il concetto di classe JRPG, e fornendo uno sprone molto più pratico di quelli summenzionati a procedere oltre il colore rosso delle missioni “principali”.
Combattimenti all’ultimo eroe
Già, perché i JRPG sono quel posto videoludico magico dove narrativa iper-sviluppata e gameplay ultratecnico e numerologicamente rilevante si incontrano. E spesso si scontrano, perché no, nella necessità comune di prevalere l’uno sull’altro nei cuori dei giocatori. Il capolavoro, poi, è il videogioco in cui le due forze riescono a bilanciarsi. Che non significa necessariamente distribuire al 50% esatto il peso specifico dei loro contenuti. Bensì lasciare spazio a ognuna delle due forze in gioco per esprimersi al massimo del suo potenziale. Possibilmente, senza soluzione di continuità l’una rispetto all’altra. Pochi ci riescono, ma con gioia vi dichiaro che Xenoblade Chronicles 3 ce l’ha fatta. E il cardine su cui ruota la riuscita di una simile impresa unisce il sistema di combattimento, gli eroi e le classi eroiche. Sappiamo da tempo (fin dall’anteprima, l’avete letta? Ve lo ripeto da tre paragrafi, magari è importante) che i sei protagonisti di Xenoblade Chronicles 3 non sono soli nei loro pellegrinaggi per Aionios. Un settimo personaggio, un/una eroe/eroina fa squadra con loro e combatte le loro battaglie, controllato normalmente dalla CPU. Sapevamo persino che conoscere un eroe e fare squadra con lui/lei fino al termine della sua missione eroe significa poter poi equipaggiare la sua “classe” ai nostri sei protagonisti. Quel che non sapevamo è la rilevanza delle storie che ogni eroe porta con sé all’interno della narrativa generale di Xenoblade Chronicles 3. La cura che Monolith ha riposto nella caratterizzazione di ciascun membro del cast eroico del titolo è pari a quella dei protagonisti. Ancora maggiore, se consideriamo che ogni vicenda che coinvolge un eroe è racchiusa in una mini-sessione super coinvolgente. Legata alla trama principale dalla traccia luminosa lasciata dalle cronofiamme, ma sempre con l’eleganza di cui sopra nel non risultare “immancabile”.
Però il punto a cui volevo arrivare è proprio questo: sia a livello narrativo, che ludico, sarete voi in primis a non volervi perdere nessuna missione. Che sia perchè vi serve una classe specifica per potenziare il vostro setup; per dotare un personaggio di una mossa che può apprendere solo livellando la classe dell’eroe che incontrerete; per mettere proprio lui, l’eroe, nel team. Per integrare cioè le sue capacità nella strategia che vi permetterà di abbattere un boss particolarmente ostico. Gli eroi, infatti, anche se nel corso dei combattimenti non sono direttamente controllabili come i protagonisti sono invece fondamentali nel corso degli attacchi di gruppo. Le loro capacità uniche durante ciascun assalto collettivo vi consentiranno di giocare con il moltiplicatore (e quindi con i danni inflitti) a vostro piacimento. E proprio nel momento in cui vi sembrerà di aver trovato il team perfetto BAM, una missione vi costringe a seguire la storia di un altro eroe. E perciò a integrare lui/lei nella squadra, ridefinendo tutti gli equilibri faticosamente costruiti. E se la divisione in attaccanti, curatori e difensori vi sembra riduttiva, aspettate di scoprire tutti i modi che Monolith ha trovato per tradurre il ruolo in azioni, skill attive e passive, armi ed equipaggiamenti. Per citare me stesso nella stesura del provato di qualche giorno fa, non ne vedrete il fondo per un bel pezzo.
Xenoblade Chronicles 3: esplorazione!
Salterò a piè pari la trama, di cui guardando i trailer rilasciati e leggendo anteprima e provato saprete già fin troppo. E vorrei invece terminare questa recensione di Xenoblade Chronicles 3 parlandovi dell’importanza del concetto di esplorazione. Non limitata al gargantuesco mondo di gioco, ma estesa a ogni aspetto di Xenoblade Chronicles 3. Un titolo che, fino alla fine dell’avventura (e se siete completisti veri anche dopo) non smetterete di esplorare con sorpresa e curiosità. Partendo dal livello base del significato di esplorazione, Aionios è allo stesso tempo si fin troppo vasto, che iper attraversabile. E lo è in quanto risulta esteso, stratificato (anche altimetricamente), denso di contenuti (mostri da combattere, missioni da trovare, oggetti da recuperare ecc.). Ma mai “troppo” o illegibile, grazie al sistema di teleport presso punti notevoli, e a un’onesta suddivisione in macroaree tematiche, che scopriamo in progressione avanzando nelle missioni sia principali che secondarie. Aree che, però, non diventano inutili, o “underlivellate” appena passiamo allo stage successivo. E che, invece, ci spronano a tornare a visitarle dopo aver ottenuto un livello più alto. Per sconfiggere un mostro unico particolarmente imponente (proprio come stazza) per esempio. O per terminare una nuova missione appena sbloccata raggiungendo una zona dapprima inaccessibile; celata da una meccanica di attraversamento peculiare, da una chiave che non possiedevamo. O da uno shortcut quasi invisibile. Ma se l’esplorazione geografica convince appieno, è con l’esplorazione delle meccaniche di gioco che Xenoblade Chronicles 3 va definitivamente all-in. Di classe in classe, passando attraverso un sistema che sblocca sinergie e movenze equipaggiabili con parsimonia, il titolo svela le sue carte lentamente. Anche troppo a inizio avventura. Salvo poi assestarsi su un ritmo costante e compassato.
Infine, non meno importante sarà l’esplorazione delle storie e delle psicologie dei protagonisti. La cui profondità emotiva mi ha lasciato sorpreso per due ragioni principali. La prima, è che ogni topos classico dei JRPG non manca di fare capolino nella caratterizzazione. Ma è nella sua evoluzione, spiegazione, o addirittura negazione inaspettata che i quadri si completano. E tutto trova un nuovo significato senza per questo cancellare il passato, sia precedente alle vicende di gioco che contemporaneo, di ciascuno. Un personaggio X che si comporta così e sembra colà potrebbe avere un passato tale che le sue azioni hanno senso solo dopo averlo scoperto. Oppure no. Nel non saperlo risiede l’esplorazione, il desiderio di saperne di più che non cessa mai nemmeno dopo i colpi di scena più rivelatori. La seconda ragione, invece, è più pratica. Basata sulla bontà dell’ottimizzazione degli sforzi grafici sia in portatile, che in fisso. Che a essere onesti non lascia a bocca aperta nella totalità dei casi generici, sia chiaro. Del resto, Nintendo Switch non è mai stata un mostro di potenza. Ma! In Xenoblade Chronicles 3 Monolith ha saputo ottimizzare gli sforzi grafici nei frangenti narrativi, o ludici, più rilevanti. Dotando, ad esempio, ogni personaggio di occhi talmente espressivi da meritare, e ottenere, lunghe inquadrature poetiche e indagatrici.
Xenoblade Chronicles 3 è ineluttabile
Dall’inizio alla fine di questa recensione, ho avuto bene in mente il momento in cui vi avrei detto con teatralità che Xenoblade Chronicles 3 è ineluttabile. E lo pensavo già nel corso della mia lunga prova; attraversando tutta Aionios senza mai avvertire lo spettro della ripetitività grazie a sapienti colpi di scena. Oppure, concentrandomi su nuove e costanti scoperte lato gameplay/combat system. Immergendomi nel sistema di relazioni tra i personaggi, immancabile in uno Xenoblade Chronicles, e foriero di preziose rivelazioni e situazioni che vanno dal simpatico al “piccante”. Guardando, come vi dicevo poco fa, nei profondi occhi rivelatori dei protagonisti. Scoprendone di ora in ora lati caratteriali inaspettati, esaltati dagli ottimi (entrambi) doppiaggi in inglese e in giapponese. Preferendo ora lui, ora lei, ora PERSINO quel maledetto ammasso di pelo Nopon che due minuti prima desideravo poter abbattere. Xenoblade Chronicles 3 è ineluttabile, a mio avviso, perché anche con una struttura che per sua natura DEVE essere dispersiva, vasta, allungata e complessa, rimane sempre eccezionalmente leggibile; confortante, ma non statico, nuovo senza bisogno di essere rivoluzionario. Narrativo e ludico con un tale equilibrio da risultare “perfettamente bilanciato, come ogni cosa dovrebbe essere”.
Piattaforme: Nintendo Switch
Sviluppatore: Monolith Soft
Publisher Nintendo
Un gioco perfetto, lo definirebbero alcuni. Di sicuro per voi amanti del genere (fantomatici personaggi citati in ogni recensione). E forse anche per voi curiosi di addentrarvi in Xenoblade e nelle sue dendritiche vicende. In quel forse, però, c’è l’iniziale lentezza a ingranare tipica dei JRPG; la necessità imprescindibile di grindare alle difficoltà più elevate, alleggerita da alcuni espedienti come i combattimenti automatici contro i nemici base (non attivabile contro Boss o mostri unici). Ma mai del tutto azzerata nel suo essere un elemento vistosamente d’annata, in un videogioco così narrativamente moderno e quasi reazionario. Non è mai davvero unico nel panorama dei JRPG, eppure odora costantemente di “nuovo”. Come una macchina appena comprata, che si avvia sempre con la stessa chiave, e si aziona sempre con gli stessi pedali. Ma sotto il cofano e nell’abitacolo ha innumerevoli nuove funzioni e aggiornamenti quality of life. Come un inno alla libertà di espressione, invita a vivere la vita pienamente ogni giorno. Mettendo in prospettiva i nostri problemi con quelli degli altri, vicini o lontani. Senza rinunciare a ciò che ci rende felici, ma comprendendo il peso reale che comporta avere qualcuno da amare. Xenoblade Chronicles 3 vi farà bene, anche quando vi farà male con tematiche pesanti come macigni; vi confonderà mettendo sul piatto molta più carne di quella che pensate di poter digerire. Ma poi, non ho dubbi, vi conquisterà come pochi altri videogiochi hanno saputo fare prima. Questione di sensazioni, di emozioni, prima, di tasti, di numeri, di gioco e divertimento puro poi. Avete capito, ora, perché è ineluttabile?