Puntuale come ogni anno, nel mese di settembre, il nuovo capitolo della serie dedicata al basket NBA, NBA 2K23, ha fatto il suo trionfale debutto. Il titolo targato Visual Concepts e 2K, che ha vissuto un lancio molto discusso tra l’utenza PC, a causa di un ormai perdurante “abbandono” della suddetta versione, anche quest’anno relegata al pari delle versioni old gen, sta in realtà catturando molto l’attenzione del resto del pubblico. Al netto di questa annosa mancanza, infatti, NBA 2K23 si presenta, almeno in versione next-gen, con le solite ambizioni spropositate, figlie di una produzione che, piaccia o meno, nel corso degli anni ha saputo migliorarsi in maniera considerevole di capitolo in capitolo, fino a raggiungere vette qualitative difficilmente contestabili. Non è un mistero, ad esempio, che molti videogiocatori stanno invocando a gran voce un titolo calcistico firmato 2K, proprio perché, al di là delle problematiche che la serie si porta dietro negli ultimi anni, di natura strutturale, è incontestabile la qualità con cui il team sa lavorare su fattori quali gameplay, comparto tecnico e offerta contenutistica, divenuti negli anni il vero e proprio simbolo della compagnia e della serie in sé. E, ovviamente, anche quest’anno, NBA 2K23 è arrivato sul mercato ricco di novità, sul piano sia contenutistico sia ludico, che siamo convinti sapranno allietare le giornate dei tantissimi videogiocatori appassionati. Sia chiaro, diversi aspetti meno “amati” sono sempre presenti, ma è altrettanto cristallino quanto gli sviluppatori abbiano voluto dimostrare di saper ascoltare il feedback degli utenti, sia sul piano del gameplay sia e soprattutto in termini di ossatura ludica e strutturale. E sì, siamo convinti che questa sia la strada giusta: NBA 2K23 è un prodotto certamente imperfetto, ma fa dannatamente bene il suo lavoro, sotto praticamente ogni punto di vista.
NBA 2K23: Jordan for the win…bucket!
La nostra disamina su NBA 2K23, parlando di fattori super positivi, non può non partire dalle modalità di gioco, ancora una volta in grado di soddisfare il palato di praticamente (capito, Konami? Capito, EA?) ogni tipologia di videogiocatori. NBA 2K23 pensa, per dirla in maniera molto semplice, tanto ai più competitivi quanto ai “lupi solitari”, con un’offerta contenutistica semplicemente sontuosa e per certi versi molto coraggiosa. A tal proposito, è impossibile non pensare alla scelta di rimuovere la classica modalità MyGM, nomenclatura tanto cara a moltissimi giocatori di vecchia data (un po’ come la Master League di PES, per intenderci), a favore di una nuova “politica” ludica, i cui risvolti si sono rivelati molto interessanti. La vecchia MyGM è stata sostituita con la modalità Ere NBA, che permette di vivere non soltanto le stesse emozioni della vecchia MyGM, ma anche e soprattutto di scegliere il momento storico in cui cimentarsi a caccia dell’anello NBA. Grazie a tale modalità, infatti, è possibile prendere il controllo dei Lakers di Magic o dei Jazz di Malone e Stockton, ma anche dei formidabili Pistons dei primi anni 2000, con conseguente adattamento grafico e strutturale della modalità in sé. Per intenderci, il giocatore può scegliere letteralmente attraverso quattro ere differenti, e la scelta cambia radicalmente l’esperienza di gioco, almeno da un punto di vista dei contenuti e della struttura complessiva. Scegliendo i Lakers di Johnson, ad esempio, torneremo praticamente indietro nel passato, con gli sviluppatori che hanno ricreato tutti i roster delle vecchie squadre, con giocatori, allenatori, arene e divise autentiche, per un’esperienza che, per quanto contenutisticamente non rivoluzionaria, rende il tutto più affascinante e fondamentalmente diverso rispetto al passato. A ciò si aggiunge anche il fatto che sono state rimosse quasi completamente cut-scene e via dicendo, per un ritorno al “basket giocato” che siamo sicuri verrà apprezzato non poco da tutti i videogiocatori.
L’offerta single player di NBA 2K23 si arricchisce, inoltre, con un gradito ritorno. Nel parterre delle modalità di gioco single player figura anche la Jordan Challange (Sfide Jordan in italiano), che permette di rivivere, attraverso la ricostruzione ludica, i momenti più iconici della carriera di uno dei giocatori simbolo della NBA e dello sport in generale. Anche in tali momenti, NBA 2K23 si tinge di passato. Durante le 15 sfide sfide disponibili, infatti, si compirà un vero e proprio balzo nel passato, con atmosfere e soluzioni audiovisive che garantiscono un’immersività imponente. Per quanto comunque considerabile come un “passatempo”, la modalità Sfide Jordan è sicuramente una bella variazione sul tema e siamo convinti che molti appassionati saranno entusiasti del suo ritorno, al netto del suo essere completamente sconnessa dal restante numero di attività. In NBA 2K23 c’è anche tanto spazio per la WNBA. Diventata sempre più centrale nell’economia del titolo di 2K e Visual Concepts, la lega femminile cestistica più famosa e amata del mondo si mostra in grande spolvero anche quest’anno, con un’offerta ricchissima e variegata. Tramite il menù apposito è infatti possibile prendere parte all’ inizio di una dinastia, vivere l’ebrezza dei playoff o, semplicemente, divertirsi con qualche match veloce, sia in single player sia in modalità multigiocatore offline (e online). Quello che colpisce è anche il forte stacco a livello di gameplay con il basket offerto dai colleghi: NBA 2K23 riproduce con ancor più cura quello che è lo stile di gioco della WNBA, a testimonianza della grande importanza che il publisher continua a riversare in tal direzione.
L’offerta ludica del titolo, senza scomodare le due modalità cardine della produzione a cui dedicheremo uno spazio a parte, si completa con le immancabili sfide veloci e i match online. NBA 2K23 consente, come sempre, di vivere le emozioni dei playoff ma anche di lasciarsi andare alla voglia di replicare i match più importanti della stagione con NBA Today, dinamica di gioco che però verrà abilitata una volta che la Regular Season sarà effettivamente partita. Per i più desiderosi di sfida, comunque, rimangono i match online, che hanno evidenziato un buon sistema di matchmaking e una progressione complessivamente intrigante, per quanto comunque rimaniamo nell’ordine di un sistema tradizionale e ben rodato. Il tutto, chiaramente, senza dimenticare 2KU: la palestra virtuale è ancora una volta fondamentale per assimilare al meglio le tante novità di gameplay che il titolo porta con sé, con numerosi tutorial pensati proprio per rendere l’impatto con il nuovo capitolo della serie più “dolce” possibile.
NBA 2K23, parola d’ordine: difesa!
Il gameplay, da sempre il cuore pulsante nonché il simbolo della serie, anche quest’anno ha ricevuto un trattamento di primissima importanza da parte degli sviluppatori, desiderosi di rendere l’esperienza sempre più appagante e, perché no, meno frustrante. A tal proposito, il team di 2K, capeggiato dall’ormai iconico Ronnie, è intervenuto nuovamente sul sistema di tiro, che praticamente ogni stagione viene rivisto, cercando di ascoltare il feedback degli utenti (ma anche per una sorta di mea culpa tanto papabile quanto per certi versi doveroso). NBA 2K23 introduce un nuovo sistema di tiro: tramite la pressione dal tasto X (o quadrato, o con lo stick destro, come volete!) si riempie un indicatore, sulla cui parte più estrema capeggia un piccolo segmento di colore verde che indica il punto in cui lasciare la pressione per far partire un tiro più preciso possibile. Proprio per scongiurare “abusi” da parte dei giocatori, specialmente nei match online, i ragazzi di 2K hanno deciso dunque di rendere il tiro perfetto più complesso, proprio con la speranza di premiare il più possibile quelli più bravi, in grado di prendere il giusto tempo sulle conclusioni, che varia chiaramente anche in base allo stile di tiro e alla bravura dei giocatori utilizzati. Per intenderci, il rilascio di Morant è diverso da quello di Jordan o di Nowitzki, e via dicendo, cosa che rende il sistema di tiro ben più complesso di quanto possa sembrare. In questa prima fase, a onor del vero, abbiamo trovato questa dinamica forse eccessivamente penalizzante, poiché tende a rendere la manovra offensiva sin troppo tediosa. Questo nuovo sistema di tiro rischia infatti di vanificare molte manovre d’attacco, costruite con grande maestria da un comparto simulativo al top come sempre, proprio perché risulta eccessivamente punitivo, e richiede una precisione quasi sempre maniacale per poter mandare a bersaglio anche i tiri più semplici. Sia ben chiaro, reputiamo questa scelta doverosa dopo le preoccupanti annate precedenti, e comunque reputiamo il nuovo sistema ben più chiaro e semplice da memorizzare. Una volta imparate le dinamiche diventa tutto più semplice, è vero, ma crediamo che il tutto vada in parte ribilanciato, magari con le immancabili patch delle prossime settimane.
Altre importanti novità riguardano la fase difensiva. Ancora una volta, senza rivoluzionare nulla, 2K ha saputo metter mano alle dinamiche relative alla difesa, con risultati dal nostro punto di vista decisamente molto interessanti. L’aspetto più “lampante” della nuova fase difensiva è l’introduzione di un indicatore che cambia colore, in base all’angolazione e alla vicinanza del difensore rispetto al portatore di palla. Tramite questo diagramma dinamico è infatti possibile comprendere e regolare l’intensità della difesa rispetto al tiratore o al portatore di palla, cosa che rende la fase di marcatura, da sempre molto tediosa, decisamente più familiare. Certo, è giusto sottolineare quanto difendere sui blocchi alti e sulle conclusioni al secondo tentativo sia ancora un vero e proprio terno al lotto, ma abbiamo trovato il lavoro dei difensori sugli scivolamenti e sui raddoppi decisamente più naturale, fluido e consapevole. Ovviamente, tutto questo si basa sempre sulla bravura del giocatore e la predisposizione alla fase difensiva dell’avatar controllato (un Beverly sarà più facile da usare di un Lillard, per intenderci), ma nel complesso gli sforzi compiuti nel rendere i giocatori nella fase passiva dell’azione più dinamici e “intelligenti” ci sono parsi abbastanza evidenti. A onor del vero, abbiamo notato i miglioramenti alla fase difensiva molto più nella difesa sul perimetro che sotto canestro, nonostante rimanga decisamente più facile difendere in post rispetto a tenere testa a un Curry o un Doncic di turno.
Proprio a tal proposito, abbiamo apprezzato non poco la grande personalizzazione data ai giocatori in termini di intelligenza artificiale. Per intenderci, abbiamo visto i tiratori più “seriali” provare a insistere con tiri talvolta forzati o giocatori come Durant abusare delle sue penetrazioni, tutte dinamiche accompagnate da un quantitativo di nuove animazioni impressionante. Da questo punto di vista, 2K ha saputo ancora una volta tirare fuori un gigantesco coniglio dal cilindro, perfezionando una lunga serie di movenze già di base di pregevole fattura per quantità e qualità. A differenza dello scorso anno, però, 2K ha rimpinzato maggiormente le movenze relative alla fase difensiva: blocchi, tentativi di evitare che la palla esca dal campo, sbracciate sotto canestro per prendere posizione e via dicendo sono ancor veritieri, e restituiscono un feedback tanto piacevole quanto ludicamente consapevole, capace di alzare sempre di più l’asticella qualitativa del prodotto finale. In questo panorama, però, a stonare sono ancora una volta le fasi eccessivamente “scriptate” che troppo spesso si abbattono nelle partite. In diversi momenti, infatti, rimbalzi innaturali, clamorosi svarioni e persino le decisioni arbitrali sembrano fatti apposta per rendere il tutto più complicato in maniera poco “naturale” e troviamo questa “dinamica” un po’ troppo persistente, specialmente se inserita in un contesto che, mai come quest’anno, mostra il fianco raramente a problematiche di sorta.
MyCareer: faster, better, longer…stronger?
Tornando alle modalità di gioco, è chiaro che anche quest’anno il focus principale dell’offerta risieda nell’ormai classica e immancabile La Mia Carriera (che a noi, onestamente, non piace più di tanto!). La formula introdotta ormai quasi un decennio fa continua a essere riproposta a cadenza annuale con un numero di idee, sul piano principalmente narrativo e strutturale, che inizia ad assottigliarsi sempre di più, tanto da rendere l’esperienza generale sempre meno originale. In NBA 2K23 il giocatore veste i panni di “MP”, un giovane chiamato a reggere l’urto del passaggio in NBA avvenuto attraverso un Draft che ha fatto discutere non poco i media e i tifosi di tutto il Paese. La miccia scatenante l’ira della maggior parte di quest’ultimi è il fatto che Ship Owens, talento locale e star dei social (vi ricorda qualcuno?) si è visto scavalcare nella Lottery proprio da MP, dando vita cosi a quell’immancabile quanto a tratti macchiettistica rivalità annuale, che offre in realtà qualche spunto interessante ma finisce per risultare sempre un po’ la solita “americanata” degli ultimi anni. No, non siamo fan del comparto narrativo che accompagna le Carriere di NBA 2K, ma dobbiamo ammettere che quest’anno abbiamo avvertito quella voglia (finalmente) di lasciare ancor di più che sia il campo a parlare, per quanto comunque la “nuova” formula, introdotta con la “The City” dell’anno scorso sia sempre legata direttamente alla componente ruolistica e tematica del titolo. Ancora una volta, la Città è disponibile soltanto su next-gen e mette nelle mani del giocatore un quantitativo spropositato di attività di vario genere.
Così come negli scorsi anni e in particolare nella precedente edizione, il giocatore è chiamato a farsi un nome e un’immagine anche al di là del campo di basket, che a volte, specialmente se si decide di dedicarsi con convinzione alla storia principale, sembra quasi un elemento secondario. In un contesto videoludico tanto ampio quanto per certi versi soverchiante, il vostro più fidato alleato quest’anno sarà il viaggio rapido in metropolitana, che vi consentirà di spostarvi da un luogo di interesse all’altro con tempi relativamente brevi. Del resto, l’ottimizzazione generale, rispetto allo scorso anno, è decisamente migliore e per quanto lag e alcuni momenti strani persistano, la città vive molto bene la sua vita intorno al giocatore. Come nella scorsa edizione, infatti, che si decida di passare direttamente all’azione o meno, le attività da svolgere una volta entrati nel gigantesco hub virtuale sono veramente tantissime. Tra missioni principali, secondarie, giornaliere e sfide a tempo, nonché i numerosi eventi a tema che man mano popoleranno i server, la MyCareer di NBA 2K23 è probabilmente una delle più vaste e complete modalità di gioco degli ultimi anni e, sicuramente, terrà incollati gli appassionati per centinaia di ore, lungo una stagione che si preannuncia decisamente interessante. La scelta di “tagliare” momenti pesanti e di passare più velocemente all’azione è certamente intrigante e vincente, ma troviamo che sia veramente il caso di iniziare a svecchiare il comparto narrativo che ruota intorno alla modalità, che rischia di diventare troppo ripetitiva e poco interessante, andando così a cozzare contro un’offerta contenutistica che, mai come quest’anno, risulta a dir poco esorbitante. Peccato, perché l’importanza della valuta virtuale (VC) ancora una volta si fa sentire, ma è comunque un fattore su cui ormai risulta quasi superfluo soffermarsi, anche perché gli “onesti” giocatori possono comunque vivere la carriera a pieni polmoni e, anzi, per loro ogni vittoria e ogni livello raggiunto saranno ancora più speciali. E, fidatevi, non c’è niente di meglio di vincere sul campo, virtuale o meno che sia.
MyTeam: pay to win sì, ma decisamente più accessibile…forse troppo?
Al mondo ci sono due tipi di persone: quelli che comprano NBA per il MyTeam o per la MyCareer e chi mente. Scherzi a parte, è chiaro però come le due modalità siano diventate oggettivamente il faro dell’offerta contenutistica del prodotto di 2K e anche con NBA 2K23 la situazione, fondamentalmente, non è cambiata. Proprio a questo proposito, gli sviluppatori si sono concentrati parecchio sulla versione annuale del “FUT di NBA”, portando su schermo un nutrito numero di novità, piccole o grandi che siano, in grado però di soddisfare appieno gli affamati del basket virtuale più famoso al mondo. La prima grande innovazione riguarda la gestione del team: in NBA 2K23 MyTeam, un po’ come avvenuto con FIFA Ultimate Team la scorsa stagione, i fastidiosissimi contratti sono stati rimossi, al fine di evitare un dispendio economico (e di tempo) a dir poco esorbitante quanto frustrante. Vengono anche ridisegnati i ruoli dei giocatori: da quest’anno è più difficile schierare un giocatore fuori posizione, poiché la sua efficacia in campo può calare drasticamente, cosa che certamente offre più soluzioni al giocatore ma che lo spinge altresì a creare con più parsimonia il proprio team virtuale. A tal proposito, 2K ha rivoluzionato anche il mercato delle ricompense legate ai gettoni. La valuta “extra” del MyTeam, ottenibile in game, sia chiaro, da quest’anno non può venire più impiegata per “comprare” i classici giocatori “Reward” Ametista, Zaffiro e via dicendo, ma è possibile utilizzarla per comprare pacchetti di giocatori relativi a un determinato team, dal prezzo variabile in base proprio alla squadra. Noi, ad esempio, abbiamo messo sul piatto ben 30 token, ma ci siamo portati a casa un bel LeBron che non fa mai male. Queste novità, per quanto possano sembrare poco significative, sono in realtà molto importanti, e vanno ad affiancarsi a una formula strutturale per il resto trasportata praticamente in toto anche nella versione annuale. L’evoluzione del team passa come sempre per la risoluzione delle missioni relative alla Stagione, che offrono ai giocatori ricompense speciali per ogni livello sbloccato. Proprio a tal proposito, questo sistema di reward introdotto con 2K21, inizia a destarci però qualche preoccupazione. Sia chiaro, da “non shopper” apprezziamo la possibilità di poterci creare ugualmente un team devastante, ma crediamo che, uniti ai vari bonus pre-order, i tanti giocatori reward, i pacchetti e via dicendo, concessi con un po’ troppa facilità, possano in qualche modo “rompere” la bellezza del crearsi un team con le proprie forze e in maniera lenta e ragionata (mannaggia ai 20 playmaker trovati in mezz’ora!).
In mezzo alle già tantissime attività utili per avanzare nella Stagione, pensate per armare la mano di ogni tipologia di videogiocatore, NBA 2K23 introduce comunque diverse nuove feature decisamente interessanti. La prima è senza dubbio la nuova modalità, Momenti decisivi, tanto semplice nella concezione quanto azzeccata, sia per le reward sia per il funzionamento. Con Momenti decisivi è infatti richiesto di vincere le partite in maniera sequenziale, prendendo parte al solito quarto periodo, in un campo in cui viene introdotto il tiro da quattro punti, un po’ il sogno bagnato di Curry e dei suo fratelli. Vincendo queste gare è possibile accedere all’immancabile ruota della fortuna, capace di offrire ricompense speciali che includono anche delle carte giocatore di alto livello. In questo momento, per dirne una, è disponibile nella ruota Lamar Odom in versione 94 overall, una carta che, considerando la fase del gioco, può cambiarvi letteralmente la vita in game. Un’altra novità intrigante è senza dubbio quella che riguarda le Amichevoli. Questa dinamica ricalca in toto le spedizioni in stile Monster Hunter: tramite il menù apposito è possibile mandare in missione, seguendo direttive e requisiti ben precisi, i giocatori non attivi del vostro team e sbloccare ricompense extra semplicemente aspettando che quest’ultime vengano completate (ci possono volere anche giorni).
Si tratta di un sistema tanto semplice quanto funzionale, che dal nostro punto di vista sembra avere proprio l’intenzione di far utilizzare le tante carte di overall elevato che rimangono spesso ai margini delle squadre e di portare a casa (occhio che le missioni possono fallire!) premi extra con un minimo effetto gestionale annesso. Per quanto riguarda il gioco competitivo, l’introduzione più interessante, che va ad affiancarsi alla conferma di tutte le attività già disponibili nella passata edizione, è senza dubbio quella Triplice Minaccia Co-op, che consente ai giocatori di creare dei team da 3, contro l’IA o 3vs3, per poter accedere a svariate ricompense e, semplicemente, per poter misurare il proprio livello di gioco insieme a un team di amici o a giocatori provenienti da tutto il mondo. Pur rimanendo forte il fattore pay-to-win, e non ci vogliamo girare intorno, possiamo però dirvi che la forbice tra chi spende soldi veri e chi invece preferisce basarsi soltanto su quelli virtuali è stata parecchio ridotta. Tutte queste nuove aggiunte offrono modi infiniti per rinforzare il proprio team (forse troppi!) e anche chi non può o non vuole spendere soldi veri può finalmente, con un minimo di sforzo, metter su un team di tutto rispetto, anche in tempi ragionevoli, ragion per cui troviamo che la direzione intrapresa con il MyTeam, finalmente, potrebbe essere quella giusta.
Luci a San Siro…cioè, allo Staples Center
In chiusura, non possiamo non spendere più di qualche parola sul solito, sontuoso, comparto audiovisivo della produzione. NBA 2K23, pur senza rivoluzioni in termini di motore grafico e di riproposizione poligonale di atleti, stadi e via dicendo, si conferma anche quest’anno come un prodotto praticamente senza rivali in termini di qualità tecnica. Portando avanti un lavoro già di per sé eccellente compiuto negli ultimi anni e col passaggio alla next-gen, NBA 2K23 riesce ad alzare l’asticella qualitativa quel tanto che basta per rendersi ancor più bello da vedere e da vivere, grazie a ritocchi intelligenti e piccoli accorgimenti, che vanno però a puntellare le già eccellenti fondamenta costruite nel corso degli anni. A tal proposito, ci sentiamo di piazzare in cima alla classica il lavoro compiuto sulle luci, l’illuminazione e il sistema di shader in generale. Su Xbox Series X, console da noi utilizzata in fase di recensione, la resa degli effetti di luce sui parquet virtuali della NBA ci è sembrata veramente encomiabile e ce ne siamo accorti praticamente sin da subito. Rispetto all’anno scorso l’impatto della luce, non sul campo ma anche sul corpo dei giocatori, è decisamente più veritiero e meno “appariscente” e rende il colpo d’occhio generale ancor più piacevole.
Discorso molto simile per quanto riguarda la modellazione dei giocatori. Sia chiaro, non cambia nulla in termini di “potenza”, ma la ricostruzione degli atleti, specialmente quella dei volti più noti della lega, ci ha veramente colpiti. Pensiamo ad esempio a un Ja Morant o a un Patrick Beverly, le cui capigliature super personali sono state ricreate nei minimi dettagli, o alle smorfie durante i contatti in area di quel gran chiacchierone di LeBron, che in alcuni momenti ci hanno fatto dubitare di essere davanti alla console. Prima vi parlavamo di piccoli dettagli, e non a caso: guardando più da vicino i giocatori è possibile apprezzare elementi quali sudore, piccole espressioni e gestualità incredibilmente fedeli alla controparte reale, a testimonianza della grande importanza che il team continua a riversare tanto negli aspetti più macroscopici quanto nei dettagli apparentemente più marginali. E, proprio a tal proposito, è un peccato non poter godere ancora di una licenza ufficiale, con grafiche televisive e via dicendo, un fattore che completerebbe un quadro generale praticamente inattaccabile, cosa che è riuscita con la modalità Jordan, impreziosita oltre che dagli apprezzabili filtri d’epoca (disattivabili, sia chiaro) anche da una ricostruzione dello stile televisivo di quegli anni, inconfondibile e spaventosamente romantico. Inutile sottolineare la stabilità del titolo: NBA 2K23 gira perfettamente, senza cali di frame rate, in ciascuna delle modalità, tranne qualche piccolo singhiozzo nella Città, sia con un target in 4K e HDR10 sia con collegato un MSI Curved da 27” con uscita a 120hz (non supportati dal gioco) e una risoluzione massima di 1440p. Qualche dubbio in più, invece, ce l’ha suscitato il comparto sonoro. Precisiamolo subito: la soundtrack è sontuosa e troviamo fantastico il fatto che ogni venerdì venga ampliata da nuove tracce, ma in senso più pratico, ossia dal punto di vista della telecronaca e delle riproduzioni dei suoni ambientali (ottimi, sia chiaro), ci aspettiamo ormai da diversi anni qualcosina in più. È proprio la telecronaca il principale oggetto del nostro “odio”: le frasi pronunciate sono sempre le stesse da anni, l’interpretazione c’è, ma se il copione non viene aggiornato… Insomma, ci siamo capiti: rimandati a settembre.
Piattaforme: Nintendo Switch, Xbox One, PS4, PS5, Xbox Series S/X, PC
Sviluppatore: Visual Concepts, 2K
Publisher: 2K
NBA 2K23, per usare un’allegoria cestistica, ci ricorda i Golden State Warriors del 2017, uno dei team più completi, vincenti e straordinariamente fieri di sé della storia del gioco del basket. La nuova fatica di Visual Concepts e 2K si vuole bene, sa di poter vincere tutto, ma non si siede sugli allori e, anzi, spinge sempre di più verso l’alto un’asticella qualitativa che ormai ha raggiunto l’apertura alare di Kevin Durant. Sia chiaro, i problemi rimangono e li abbiamo già citati, tanto in alcune dinamiche di gameplay quanto nell’IA, passando per la Carriera e per lo spettro del pay-to-win sempre dietro l’angolo, ma è impossibile non premiare gli sforzi della compagnia nel migliorare sotto praticamente ogni punto di vista, anche quest’anno. NBA 2K23 è un prodotto longevo, appagante e che pensa veramente a tutti i videogiocatori, specialmente quelli next-gen ovviamente, che siamo sicuri non si staccheranno facilmente dallo schermo, in attesa di un prossimo capitolo che potrebbe significare sul serio il passaggio a un livello qualitativo potenzialmente senza rivali per i titoli sportivi (e non solo!).