Dragon Ball Super Super Hero Recensione: molto Dragon, poco Super

Ogni tanto capita: la propria mente e il proprio cuore ardono dal desiderio di ottenere un qualcosa che pare impossibile raggiungere e poi, a distanza di anni, quasi a sorpresa, quel qualcosa si avvera, però ci si trova spaesati, persi in un panorama che ci è straniero. Forse delusi. Questa sensazione sublime si sposa armoniosamente con Dragon Ball Super Super Hero, ultima fatica di Toei Animation e ventunesimo lungometraggio della saga di Dragon Ball. Il quarto, se teniamo conto esclusivamente degli episodi che hanno coinvolto direttamente Akira Toriyama, il mangaka che ha creato il fortunato brand.

Su carta, Dragon Ball Super Super Hero ha tutti gli elementi che avremmo voluto in un film dedicato ai “guerrieri Z”, tuttavia qualcosa non ha funzionato e i nostri sogni si sono corrotti fino a tramutarsi in un prodotto che, pur essendo un godibilissimo pezzo di fan service,  difficilmente può definirsi un’opera artistica a cui tessere delle lodi. Al massimo può ambire a riconoscersi come un interessante esperimento estemporaneo.

dragon ball super super hero

Dragon Ball Super Super Hero torna per non dimenticare

Akira Toriyama è noto per la sua sbadataggine. Dopo anni passati a scrivere e inchiostrare Dragon Ball, lui stesso, pur essendone l’autore, fatica a stare dietro alla continuità narrativa intessuta tra le pagine del magna. Il risultato è che fin troppo spesso personaggi e sottotrame finiscono con lo sbiadirsi nei fumi della dimenticanza. Se a questo sommiamo il fatto che alcune sue decisioni sono storicamente morte sul nascere, cadute vittima dell’insoddisfazione del suo editore, non sorprende che il fumetto sia pregno di elementi inconcludenti o abbandonati.

Nel vedere Dragon Ball Super Super Hero si ha la sensazione che Toriyama abbia avuto tempo e voglia di rileggersi i vecchi volumetti e che questo l’abbia spinto a ripescare alcuni elementi topici che ci eravamo lasciati le spalle ormai da decenni. I primi minuti del lungometraggio in questione sono quindi dedicati a riassumere in maniera estremamente concisa alcuni degli avvenimenti consumatisi all’inizio dell’avventura intrapresa da Goku, protagonista indiscusso della serie, una sintesi che riesuma sin da subito dei toni svagati e rilassati. Si tratta di una rapida carrellata di immagini accompagnate da una voce narrante che presto defluisce in un blocco espositivo che introduce tutta una nuova serie di nozioni utili a dare una forma alla trama che ci si presta ad assorbire.

Il concetto di base è che il Fiocco Rosso, armata sconfitta da un Goku ancora infante, sia in qualche modo ancora attiva e prospera. Magenta, figlio del comandante Red, ha ereditato le macerie dell’azienda militarizzata guidata dal padre e si è assicurato di ripristinarne il potere. Forte di ingenti risorse economiche, l’uomo ha contribuito anni dopo a finanziare le ricerche di un genio della cibernetica, il Dr. Gelo, il quale ha cercato di annichilire Goku e amici dando vita a Cell, l’androide perfetto. Sconfitto Cell, Magenta ha passato anni a leccarsi le ferite, quindi ha contatto il Dr. Hedo, nipote di Gelo. Siete confusi dalla mole di dati e dalle piccole modifiche che alterano la saga intera con valore retroattivo? Poco importa, per ora abbiamo parlato del solo antefatto. Accettate il tutto con approccio dogmatico e procediamo.

Una vicenda minuscola in un mondo di battaglie galattiche

Piccolo, alieno namecciano che si è fuso con dio – è una lunga storia –, passa le sue giornate a fare da maestro e da baby-sitter a Pan, figlia del suo caro amico ed ex discepolo Gohan, guerriero che ha messo da parte gli allenamenti in favore degli studi entomologici. La fiacchezza marziale del suo passato studente frustra non poco l’extraterrestre, soprattutto perché in un modo o nell’altro il pianeta è costantemente al centro di pericolosissime minacce galattiche e l’accademico non sembra in alcun modo prendere sul serio le insidie che irrimediabilmente si abbattono sulla vita dei terrestri. Fatalmente, i timori di Piccolo vedono fondamento nel momento in cui un pericoloso cyborg costruito da Hedo lo attacca a sorpresa, mettendolo alle corde in un battibaleno.

Sopravvivendo all’agguato, il combattente indaga sulla minaccia in corso, comprendendo rapidamente che la potenza dei propri avversari sia molto più incisiva di quanto non gli fosse stato lecito credere. Incapace di contattare i guerrieri più forti del suo entourage, impegnati ad addestrarsi a distanze siderali, e non potendo fare affidamento sul poderoso Mr. Buu, immerso in un letargo poco provvidenziale, Piccolo decide di ricorrere a rimedi estremi, ricorrendo anche all’inganno pur di spronare Gohan a riscoprire la grinta battagliera che si cela nel suo cuore. A ben vedere, il piano non procede in maniera del tutto lineare, tant’è che il lungo epilogo si consuma in una scenografica battaglia contro una creatura kaiju che darebbe filo da torcere a Godzilla stesso.

Un ritmo spezzato

Con Dragon Ball Super Super Hero, Toriyama realizza il sogno di molti fan ed esplora le vicende private di Piccolo, analizzando i rapporti che l’alieno intrattiene con Gohan, giovane che è per lui è al pari di un figlio adottivo. In un universo che sembra popolato quasi esclusivamente da padri assenti e figure genitoriali ossessive, il namecciano è una delle poche figure che rappresenta l’immagine di un tutore positivo e amorevole, più disposto a sacrificarsi per proteggere i propri cari di quanto non sia propenso a vendicarli una volta morti. Un paladino che per queste sue caratteristiche altruiste e per la sua saggezza strategica si è accattivato velocemente l’affetto del pubblico. 

Il film parte innegabilmente da un’ottima intuizione narrativa, la quale viene valorizzata dal fatto che la portata degli accadimenti sia più intima di quanto la serie animata Dragon Ball Super non ci ha ormai abituati a vedere. Goku, Vegeta, Beers, Broly e tutti gli altri esseri semi-onnipotenti che popolano la serie sono stati perlopiù estromessi dai giochi e le vicende orbitano tutte intorno a un avversario la cui trama, seppur un po’ raffazzonata e ingenua, risulta facilmente digeribile. In un certo senso, Dragon Ball Super Super Hero fa tornare la saga a un periodo più innocente e spontaneo senza però rinunciare ai combattimenti sopra le righe e alle esaltanti trasformazioni.

Come fa una base tanto buona a deragliare in un qualcosa di poco entusiasmante? Con un ritmo narrativo incostante e ondivago: l’antefatto contiene decenni di vicende condensati nel lasso di pochi istanti, quindi la trama rallenta d’improvviso per dedicarsi alle videochiamate tra Piccolo e la famiglia di Gohan, quindi ci si intrattiene in un piano d’infiltrazione dai toni comici che dura forse troppo a lungo, un’inutile parentesi ambientata in una galassia remota, quindi un’epica scena di combattimento sotto la pioggia. Il tutto viene chiuso da un epilogo che è sì scenografico, ma che risulta praticamente privo di alcuna tensione drammatica, se non altro perché il gigantesco mostro finale si trova a essere liquidato sul luogo della sua stessa nascita, ancor prima che la sua furia incontrollata possa causare danni ad alcun innocente. Il gioco Dragon Ball The Breakers ci insegna che i nemici di Dragon Ball ben si prestano a incarnare le sfumature horror, ma questo lungometraggio sembra non aver imparato la lezione.

dragon ball super super hero

Una nuova dimensione

Oltre alla questione narrativa, Dragon Ball Super Super Hero non può che cogliere l’attenzione per le scelte registiche di Tetsuro Kodama, il quale ha deciso di abbandonare l’animazione di stampo tradizionale per dedicarsi alla sempre più diffusa animazione 3D. I risultati sono decisamente misti e lasciano un sapore dolce-amaro in bocca. La qualità dei modelli, il characters design e le colorazioni sono indiscutibilmente ben studiate, in alcuni punti sarebbe difficile distinguere i frame dai disegni di classica fattura, tuttavia una goffa impostazione della fotografia si traduce in un’esperienza strana e alienante.

Le concitate scene di combattimento, decisamente manieriste, preservano lo spirito compositivo della saga, tuttavia i campi larghi e alcuni movimenti di camera cercano di proporre elementi più “sperimentali”, non sempre ricavandone risultati positivi. La sensazione è che il direttore del progetto abbia voluto approfittare di questa tecnologia mai adoperata da Dragon Ball per mettere alla prova delle inquadrature le cui prospettive scatenerebbero gli incubi di qualsiasi illustratore che non sia estroso di natura. L’esplorazione di nuovi mezzi creativi è sempre cosa buona e giusta, tuttavia i modi di attuazione sono incoerenti con una visione d’insieme e, anzi, non è neppure del tutto chiaro quali sentimenti Kodama volesse suscitare nel pubblico.

Lo “slice of life” vissuto da Piccolo e Gohan in Dragon Ball Super Super Hero non può che catturare l’interesse di veterani e neofiti vicini al brand. Anzi, gli apici del fan service toccano vette che mai ci saremmo aspettati di poter scrutare sul grande schermo (l’albero genealogico del Dr. Gelo, per esempio), in più il lungometraggio riesce a introdurre ben due trasformazioni, che risulteranno sicuramente critiche per l’evoluzione delle vicende di Dragon Ball Super. Di carne al fuoco ve ne è e ve ne è tanta. Una volta scalfito lo spesso strato di passione incontrollata, la creatura nata dalla collaborazione tra Kodama e Toriyama mostra però tutti i suoi limiti, rivelandosi sghemba. 

VOTO: 5.7