A Plague Tale Innocence era un titolo eccezionale che è stato giustamente elogiato sin dal suo primo rilascio nel 2019. È il tipo di avventura che tutti i tuoi amici ti raccomandano di provare e, per lo spirito del bastian contrario che mi contraddistingue, più gli altri lo facevano con me e meno era la voglia che avevo di giocarci. Poi, in casa nostra è entrata una fiammante Xbox Series X, i talentuosi ragazzi di Asobo Studio hanno rilasciato una patch di aggiornamento per le piattaforme moderne e… alla fine me ne sono perdutamente innamorato, facendo mia la travagliata odissea di Amicia de Rune e suo fratello Hugo in fuga dai soldati dell’Inquisizione, costretti a nascondersi tanto da loro quanto dalla dilagante epidemia di peste nera trasmessa dalle feroci mandrie di roditori infetti che, nel corso del XIV secolo, dilagarono in tutta Europa. Ed oggi eccomi qua, con i ricordi di quello splendido racconto ancora freschi e la bramosia di mettere alla prova il sequel appena giunto, nonché la speranza che A Plague Tale Requiem possa rivelarsi all’altezza del predecessore e il timore che il vecchio adagio “squadra che vince non si cambia” si traduca in un’esperienza tutt’altro che piacevole.
A Plague Tale Requiem: farò ciò che serve per te
Una cosa che avevo rimosso, forse per una sorta di tutela inconscia del mio cervello, è quanto fosse stato stressante raggiungere le battute finali di A Plague Tale Innocence senza mai avere un attimo di tregua, con il perenne terrore di essere individuati senza la benché minima possibilità di trovare un nascondiglio nei paraggi o di mettere la giusta distanza tra noi e gli assalitori per bersagliarli con la fidata fionda. Ebbene, ho ritrovato in buona parte la medesima sensazione in A Plague Tale Requiem, ma entrambi i protagonisti mostrano fin da subito la maturità forzata che hanno dovuto raggiungere in seguito agli eventi del primo capitolo, dai quali sono stati segnati e forgiati: mentre in Innocence dovevano allontanarsi da quasi ogni pericolo e tutte le loro abilità erano basate più o meno sulla furtività, ora ho percepito lo spirito combattivo che arde nel cuore di Amicia, e che fin dal principio minaccia di trasformarla proprio in quei mostri (dis)umani che hanno distrutto la sua famiglia. La vittima che diventa carnefice, insomma, un rischio che chiunque venga toccato dal male, anche fosse per il nobile intento di contrastarlo, è obbligato a correre.
Asobo vuole farci sentire l’implacabilità della sfida che Amicia e Hugo devono affrontare per rimanere vivi, braccati senza pietà da una losca organizzazione con una scorta infinita di soldati e dalla piaga che continua a devastare la terra: la Mors Nigra e le orde di ratti che la veicolano. La loro esistenza è un’evasione costante da un prematuro decesso, che nel corso dei capitoli esige un dazio spietato sotto forma di traumi e ferite di ogni tipo, fisiche e psicologiche, tanto che non sarà difficile sentire una certa resistenza alle direttive fornite via controller per simulare un corpo sfiancato che non risponde più come prima. Come il suo antesignano, A Plague Tale Requiem pone l’enfasi sulla componente stealth, che resta la soluzione ideale per sottolineare le difficoltà che i due fratelli devono affrontare trovandosi alle prese con soldati, tagliagole o comunque adulti fisicamente più gagliardi di loro. Il gioco rimarca spesso questo aspetto, sia in termini di messaggi tutorial che buttandoci nella fossa del leone, magari contro rivali fasciati da robuste armature che ci spingono all’interno di spazi circoscritti dai quali è impossibile scappare, con altri rinforzi in arrivo: sono queste le situazioni in cui dobbiamo dare fondo a tutta la nostra perspicacia e studiare un piano d’azione efficace nel giro di pochissimi istanti, mettendo a frutto quanto appreso fino a quel momento come nei più classici trial and error videoludici. Intendiamoci, non voglio dire che Requiem sia anche solo paragonabile ad un souls-like, con avversari mai troppo scaltri o irruenti, ma la fragilità del nostro avatar va sempre tenuta in considerazione e sarà la causa di numerose disfatte accidentali. Di contro, la possibilità di anticipare gli attacchi in mischia di certi aggressori aggiunge un tassello alle dinamiche quasi enigmistiche (scegliere i pericoli più imminenti, disperdere gruppi troppo numerosi, esaminare i paraggi con la coda dell’occhio, valutare lo spazio di manovra, ecc…) che si susseguono durante gli scontri.
Questa ferita mi ricorda di continuo che dovrei ucciderti
A fare da contraltare a questa inedita “bellicosità” della protagonista interviene il sentore che alle fasi furtive manchi invece qualcosa: mancano le abilità, manca l’estro, manca… un po’ il divertimento. Inoltre, il ritmo di gioco ogni tanto appare fin troppo rallentato, come se l’attenzione per la spettacolarità e le animazioni cinematografiche avessero inciso in maniera negativa sull’agenzia del giocatore, spesso al centro di sequenze meno interattive di quanto mi sarebbe piaciuto che fossero. Se non altro, come in ogni buon sequel che si rispetti, le alternative disponibili quando la situazione si scalda sono molte di più: Amicia, ad esempio, ora può contare anche su una balestra oltre che sulla sua leale e letale frombola, perciò dispone di un ulteriore strumento per togliere di mezzo gli avversari a distanza di sicurezza. Il rovescio della medaglia, come potete facilmente immaginare, è legato all’esigua disponibilità di quadrelli che ci obbliga a selezionare con cura i bersagli ed assicurarci che ogni singolo colpo valga la pena di essere impiegato. Parimenti, i pugnali utilizzabili per mettere a segno un’uccisione rapida e silenziosa sono difficili da trovare e restano conficcati nel corpo della vittima, dunque non potremo servircene a volontà… in A Plague Tale, il sentiero dell’assassino non è certo da percorrere a cuor leggero. Dal canto suo, Hugo ha un modo più affidabile per uccidere i nemici: i summenzionati ratti, che anche in Requiem fanno sentire la loro infida presenza. Questi piccoli portatori di piaghe erano una delle caratteristiche più memorabili di Innocence, per il modo in cui fuoriuscivano da ogni dove come spaventosi tsunami di pelo, zanne e artigli che travolgevano, e divoravano, tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Metà del gioco consisteva nell’aggirare questi nugoli di bestiole utilizzando la luce del fuoco o del sole, unici mezzi in grado di respingerli.
La strana “malattia” del fanciullo gli consente di esercitare il controllo sulle menti dei roditori, come saprete già se avete giocato il primo capitolo fino in fondo, nonché di rilevare le creature viventi che si muovono anche oltre eventuali barriere che bloccano il colpo d’occhio, come una sorta di visione agli infrarossi, onde analizzare i percorsi Delle guardie di pattuglia o scovare i nascondigli dei topi. Una volta nelle loro teste, Hugo può dirigere il branco oltre gli ostacoli per inghiottire i nemici non protetti da torce o luci, in maniera neanche troppo dissimile a quanto Jackie Estacado poteva fare con i malevoli darkling in The Darkness, cosa che mi ha divertito non poco. Anche in questo caso, c’è un limite di tempo legato ai poteri del giovane de Rune, superato il quale dovremo attendere un po’ prima di poterli adoperare di nuovo. Amicia ha pure dalla sua il sostegno di svariati PNG come Arno, un nerboruto combattente che dapprima si scontra in maniera violenta con lei e poi decide di accompagnarla per una serie di motivazioni personali. Non scendo troppo nei dettagli perché, un po’ come per l’originale, il rischio di svelare dei punti cardine della storia è molto alto, ed è bene che siate voi in prima persona a sperimentare ciò che il team di Asobo ha preparato, anche in virtù dei restanti comprimari che incontreremo lungo la via. Quel che posso dirvi è che Arno ricorda molto ciò che poteva fare Rodric in Innocence, ovvero soverchiare i nostri nemici con la forza bruta, ulteriormente amplificata dalle sue competenze. I duelli uno contro uno per lui non sono un problema, ma se viene circondato dovremo aiutarlo o morirà e la dipartita di Arno si traduce in un game over per noi, dunque dovremo valutare attentamente verso quali battaglie inviarlo e preparare un piano secondario per correre al suo fianco qualora ce ne fosse bisogno. Insomma, la pletora di accorgimenti supplementari che gli sviluppatori hanno integrato nelle fasi d’azione, confezionandoli ex novo oppure migliorando quanto avevano già realizzato, contribuiscono ad incrementare la componente strategica: a quelli già citati aggiungiamo le nuove manovre offensive di Amicia, da sbloccare utilizzando la classica alberatura delle abilità, grazie alle quali potremo ad esempio sbilanciare gli avversari con uno spintone, magari facendoli cadere in un dirupo o in una zona poco illuminata e brulicante di ratti. Anche qui viene riflesso il carattere più aggressivo della ragazza, che da sconvolta ed ingenua rampolla di buona famiglia si trasforma gradualmente in una furia implacabile per il bene di chi le sta a cuore. E noi non possiamo far altro che chiederci fin dove gli eventi la spingeranno…
È una battaglia che non puoi vincere, Amicia
Innocence a tratti era incantevole, un fattore che penso abbia sorpreso molte persone convinte di trovarsi davanti un prodotto poco impressionante in termini visivi, ma A Plague Tale Requiem è davvero stupefacente, e l’effetto che può provocare in ciascuno di noi dipende molto anche dal personale fascino che nutriamo per i luoghi che vuole riprodurre a schermo. Asobo è uno studio francese, nel caso non lo sapeste, e l’amore per la loro patria trapela ad ogni passo. È come una cartolina proveniente da un’epoca lontanissima, o una lezione di storia interattiva: dai villaggi alle foreste, dai castelli agli accampamenti, quando ci aggiriamo in mezzo alle comunità di PNG che caratterizzano i centri abitati, e magari ci soffermiamo ad ammirare le bancarelle di tappeti, fiori, pellame e chincaglierie, oppure i bambini che giocano inseguendo le oche, per qualche istante ci sembra davvero di essere lì, nella Francia del 14° secolo. Il dipanarsi dell’avventura si lascia alle spalle l’Aquitania per raggiungere la regione più meridionale del territorio francese che confina con il Mediterraneo: la Provenza, uno di quei luoghi magici e pieni di vita, malgrado le tematiche non proprio allegre affrontate da Requiem, che ancora oggi ispira e cattura quanti la vanno a visitare. E sono proprio i colori ad essere parte integrante degli scenari, anche di quelli più cupi, con esplosioni di vitalità che a volte contrastano l’andamento del racconto benché il tempo, di fatto un personaggio del gioco come tutti gli altri, tenda a rispecchiare gli accadimenti rabbuiando o rischiarando il cielo all’occorrenza. Tutta questa bellezza ha un prezzo da pagare in termini di risorse, naturalmente, che per ora sono le console ad accusare di più con un framerate tutt’altro che solido. Se non altro, visti gli ottimi trascorsi dello studio in termini di supporto, la speranza che qualche aggiornamento futuro sistemi le cose non è troppo infondata.
A proposito di racconto, mi è piaciuta molto la caratterizzazione di Amicia, sia per il personaggio in sé che per il modo in cui Charlotte McBurney è riuscita ad infondere credibilità nella sua evoluzione, mentre ho apprezzato un po’ meno il lamentevole Hugo, con buona pace del bravissimo Logan Hannan, ma nel complesso è un bene che i due fratelli de Rune parlino con maggiore franchezza tra di loro, uno dei punti che nel predecessore aveva provocato alcune sciagurate incomprensioni: dai loro dialoghi si evince la sofferenza che la ragazza cova in segreto per essere costretta a mietere delle vite umane, così come quella di suo fratello che lotta per tenere sotto controllo il legame mentale con i piccoli roditori e la loro famelica violenza. A Plague Tale Requiem è lungo circa il doppio di Innocence, ed a volte indugia un po’ in lunghe spiegazioni o sequenze poco interattive, durante le quali l’utilizzo del pad è quasi nullo. Tuttavia, per chi ha apprezzato la struttura ludica e narrativa del primo episodio, sarà come riprendere un viaggio arduo e sofferto con gli amici che abbiamo imparato a conoscere ed amare, purché siate preparati a restare al loro fianco ad ogni costo.
Piattaforme: Switch (Cloud), PC, PlayStation 5, Xbox Series X|S
Sviluppatore: Stelex Software, Asobo Studio
Publisher: Freedom Games, Focus Entertainment
A Plague Tale è tornato, ed è come se non se ne fosse mai andato: per il seguito del suo acclamatissimo Innocence, Asobo ha preparato un contesto estremamente familiare in cui i reduci della precedente ordalia di Hugo e Amicia si troveranno subito a loro agio. Badate bene: per quanto sembri superfluo dirlo, conoscere gli eventi del primo gioco è necessario per capire anche solo vagamente cosa succede nel secondo, perché la narrazione non si perde in sintesi o riepiloghi di sorta per consentirvi di tenere il passo. Ciò detto, malgrado tutte le aggiunte e le rifiniture grandi e piccole, A Plague Tale: Requiem resta di fatto un “more of the same” che verrà sicuramente acclamato dai fan dell’originale, ma che non vi farà cambiare idea sulla sua bontà qualora, incredibile ma vero, non abbiate gradito Innocence.