Scorn non è un classico horror dei Supermassive Games, non è un Silent Hill e non è neanche un modernissimo Resident Evil. Rispetto a certi nomi, Scorn è più vicino a una tipologia diversa del genere horror nel panorama videoludico, perché è una produzione atipica in tutto e per tutto. Dopo una grande campagna in crowfunding, si pensava che il videogioco sviluppato da Ebb Software con il supporto di Kepler sarebbe uscito rapidamente; invece è andata diversamente. Ci ha impiegato degli anni per arrivare a farsi conoscere, a farci paura, a inquietarci e a lasciarci con il fiato sospeso. L’orrore, nel mondo dell’intrattenimento, è qualcosa che si è sempre contraddistinto nel corso di questi anni. La paura, il panico, il senso di smarrimento e la morte hanno, in un modo o nell’altro, avuto la capacità di intaccare la natura stessa dell’uomo. E l’uomo non esiste senza il terrore e non esiste senza, perché quest’ultima fa parte della sua esistenza. Della fine della sua esistenza.
E mentre ci siamo svegliati svestiti, nudi come se ogni nostro avere in questo inferno senza fiamme ci fosse stato tolto, abbiamo iniziato un viaggio che, senza mezzi termini, comincia laddove pensiamo sia concluso. Il terrore è ovunque, si respira, è dentro di noi… e non possiamo farci nulla. In Scorn ci siamo appesi alle nostre consapevolezze, sperando che tutto quanto passasse in fretta ma ciò non è stato possibile. Davanti a noi si palesava la disperazione, che è quanto si prova mentre si esplora questo luogo mellifluo e brutale, dove ogni cosa è morte, almeno finché non riapre agli occhi, pronta a dilaniarci, a minacciarci. A prosciugarci. Non c’era qualcuno al nostro fianco perché nessuno ha amici in un regno del genere, che forse un tempo conservava la propria umanità. Ma non ne siamo certi. Siamo discesi nella disperazione, nella morte, e ne siamo usciti a stento. Ma procediamo con ordine, dall’inizio di tutto, dall’inizio della fine.
Scorn è un purgatorio eterno
Come accennavamo prima, in Scorn ci si sveglia nudi e senza alcun di riferimento. Siamo involucri senza anima e forma: il nostro corpo è scheletrito, bagnato di sangue e di una sostanza verde che ci scivola lungo le gambe, e camminiamo su un terreno spoglio, disseminato di ossa, cadaveri in putrefazione, mentre comprendiamo che ormai è finita. Non c’è speranza, siamo all’inferno… ma dove sono le fiamme, come è possibile essere in questo luogo e perché ci sta capitando tutto questo? Pur non comprendendo il perché, ma sfiorando qualunque motivazione, abbiamo seguito quel percorso prestabilito senza fermarci. Rispetto a tanti altri horror del genere, Scorn non dà punti di riferimento, non offre una trama palese nel vero senso del termine e non si accontenta di lasciare sbigottiti o disarmati.
Scorn è un’opera intelligente, intellettuale e furba, sotto diversi aspetti. Perché se il contesto arriva all’obiettivo, lasciare senza indizi potrebbe tuttavia non essere apprezzato da molti giocatori. Se non altro, però, questa è la visione degli sviluppatori, che hanno scelto un approccio diverso rispetto agli altri, preferendo lasciare il giocatore alla mercé di sé stesso, come se fosse effettivamente all’inferno. Sia chiaro, non siamo di fronte a un Agony o un qualunque altro videogioco di questa risma, perché, per quanto ovviamente possa ricordarlo, Scorn ha un’anima propria invidiabile che sottolinea la passione del team per l’orrore. Ed è un orrore primordiale, avvicinabile – sotto diversi aspetti – persino a quello di Alien, eppure qui l’orrore si incastra come se fosse un libro di Bram Stoker, interfacciandosi con la paura come se fosse un viaggio prima di tutto interno e, successivamente, esterno.
Mentre si esplora il contesto, infatti ci siamo spesso domandati come Ebb Software sia riuscito a incanalare il terrore attraverso gli scenari. Di sicuro, il lavoro di resa estetica è gradevole e verosimile, poiché gli sviluppatori si sono ispirati – e non lo hanno mai nascosto – alle opere surrealiste di Giger e Cronenberg, dove vengono rappresentati in alcune illustrazioni i cavi legati gli uni agli altri come se fossero corpi che si divincolano, creando in tal senso una sorta di visione angosciante e tenebrosa. In tal senso, l’atmosfera di Scorn arriva all’obiettivo perché, ponendosi anzitutto come una alternativa alle molte opere presenti sul mercato, dimostra di essere inedita, originale, e molto più ispirata. Ricreare un’atmosfera che catturi le essenze stesse di due grandi artisti, incanalando il loro talento e intanto mostrando la propria anima, è qualcosa che riesce a davvero pochi sviluppatori.
Qualcuno, a tal proposito, potrebbe storcere il caso perché non è palesata una storia, ma tra quegli ingranaggi, tra quei tubi che si divincolano e sono a loro volta collegati a intestini e a budella, c’è un contesto unico nel suo genere, capace di lasciare di stucco. Perché l’obiettivo di Ebb Software, come casa sviluppatrice, è quello di creare delle esperienza dove è l’atmosfera il suo reale fiore all’occhiello.
Scorn è efficace ma impreciso
Nonostante l’obiettivo di Scorn sia quello di inquietare, decide tuttavia di farlo attraverso degli enigmi sparsi per il suo intricato level design che però non fanno esageratamente stringere le meningi. In molte occasioni, infatti, li abbiamo risolti senza troppa difficoltà. Scorn si presenta con una visuale in prima persona e, inizialmente, non sono presenti barra della vitalità, anche se questa viene aggiunta successivamente una volta attrezzati di tutto punto con una specie di fucile che però, a differenza di qualunque altra arma presente nei giochi horror, risulta assolutamente inefficace contro i gruppi di nemici, sbilanciando lo shooting. Ma a questo ci arriviamo dopo.
Scorn, pur presentandoci come un videogioco in prima persona incentrato sulle atmosfere, presenta alcune imperfezioni nel suo game design. Ci riferiamo nello specifico alla progressione, che avviene in maniera poco stratificata, come se non volesse mai osare o prendersi qualche rischio. Resta su binari sicuri perché, in un modo o nell’altro, teme di mostrare il fianco, ma così non rende semplice che farlo notare a un occhio attento. Perché, per quanto gli enigmi siano ben implementati, Scorn per la maggior parte del tempo propone lunghe camminate e un’esplorazione che, a differenza di altre produzioni, resta troppo sui binari del genere. Avremmo preferito un approccio nettamente sandbox, proprio per garantire quel senso di smarrimento che in videogiochi del genere non può che fare del bene.
Al contrario, ci siamo trovati davanti a un’opera che arranca ma non si spezza, rimanendo estremamente lineare dal punto di vista di struttura ludica. Una grande pecca, peraltro, è il sistema di shooting, con un gunplay impreciso e poco curato. Inizialmente, ci siamo armati appunto di un fucile, che può aiutare a tenere a distanza le bestie generate dall’oscurità, eppure è difficile gestirlo; perciò il più delle volte ci siamo trovati a scappare via per non farci catturare, rischiando così di fare una brutta fine con altre creature giunte all’improvviso, che abbiamo tuttavia imperato a gestire. Niente che non possa, ovviamente, capitare in momenti simili. In Scorn, però, tante azioni si ripetono all’infinito, specialmente la risoluzione degli enigmi e, in generale, si presentano situazioni fin troppo esagerate, per quanto ottimamente rappresentate. È un approccio tuttavia che funziona fino a un certo punto, poiché i problemi di game design, presenti dall’inizio alla fine, rendono l’esperienza acerba, ma è inevitabile per uno studio di sviluppo che sta ancora cercando la sua strada in un mercato imprevedibile e in continuo mutamento come quello del nostro medium preferito.
Scorn è, infatti, un’opera da intendere per Ebb Software come sperimentale, che può piacere e appassionare, pur mancando del guizzo giusto per dimostrarsi matura. Perde di mordente perché, per via di qualche imprecisione, non osa troppo dal punto di vista del game design, che in un videogioco del genere è fondamentale, specie per interfacciarsi con coraggio alle varie richieste del mercato.
Un lavoro estetico e un lato tecnico attento
La direzione artistica, che in un’opera del genere è fondamentale, risulta per l’appunto ben implementata ed ispirata. Come accennavamo prima, sono presenti scorci unici e realistici, che ricordano Alien nell’estetica e le opere di Giger e Cronenberg, i maestri dell’illustrazione dell’orrore. Abbiamo esplorato luoghi angoscianti, percorrendo un deserto privo di luce e con tante ombre a darci il benvenuto, mentre avanzavamo forzatamente nell’incubo, accorgendoci di non essere soli.
Sul lato tecnico, in tal senso, non abbiamo niente da eccepire, tant’è che il videogioco mantiene i sessanta fotogrammi al secondo, con caricamenti rapidi dall’inizio alla fine, con texture definite al meglio e un’ottima qualità grafica, che offre degli scorci meravigliosi. Al netto dei suoi limiti, ci siamo innamorati di Scorn e, in generale, dell’approccio di Ebb Software, nonostante debba ancora maturare per arrivare a guadagnarsi un suo spazio nell’industria dei videogiochi.
Piattaforme: Xbox Series X/S e PC
Sviluppatore: Ebb Software
Publisher: Kepler Interactive Limited/Ebb Software
Nonostante un’ottima ambientazione e situazioni orripilanti, Scorn arriva sul mercato mostrando una grande personalità che si manifesta in modo inedito e originale, portando il giocatore in uno scenario lugubre e disturbante, capace di lasciare di stucco, far sentire a disagio e, soprattutto, angosciati a tal punto da non riuscire neppure a vedere certe scene. Le sue ispirazioni, che abbiamo trovato azzeccate e piacevole, sono assolutamente palesi e non rappresentano affatto un difetto. Al netto però di qualche imprecisione sotto al profilo del game design, piatto e gestito troppo frettolosamente, Scorn propone enigmi comunque impegnativi. Il sistema di shooting, però, è da rivedere totalmente in futuro, qualora il team volesse proseguire con un secondo capitolo.