Resident Evil Re:Verse Recensione: semplicemente banale

Resident Evil Re:Verse Recensione

Scrivere questa recensione di Resident Evil Re:Verse, lo ammetto, mi ha provocato più di un brivido freddo attraverso la schiena. Purtroppo non perché si stia parlando di videogiochi horror, ma perché Re:Verse è un progetto la cui natura, intenti e obiettivi sono abbastanza difficili da leggere e interpretare fino in fondo. Perché c’è del buono, in fondo, in questo Re:Verse; ben nascosto, però, sotto qualche ingenuità di troppo. Chi, come me, ha iniziato ad apprezzare il genere horror in “tarda età”, ha magari recuperato tutti i Resident Evil prima in forma di Remake e poi in versione originale… e poi: chi ha apprezzato Resident Evil Village (il che non è scontato, guardando ad alcuni fan insoddisfatti dopo l’ottima e spaventosissima prova di Resident Evil VII). Ecco, un (teorico) giocatore così dovrebbe essere più che galvanizzato all’idea di un videogioco multiplayer dall’animo competitivo, in cui compaiono sotto forma di eroi con abilità peculiari grandissimi nomi del panorama “residenteviliano”. Nomi non per forza “umani”, dato che in Resident Evil Re:Verse potremo impersonare, sotto date condizioni, anche un parco mostri notevole e nutrito (nonché ben caratterizzato). Invece, ahimè, al giorno della release effettiva, avvenuta in anteprima per i possessori di Resident Evil Village il 28 ottobre 2022, il desiderio di cimentarsi nell’ennesima conversione da single a multiplayer è stato, evidentemente, carente per la maggiorparte del fandom di Resident Evil. Insomma, la sensazione che qualcosa stava andando storto con Re:Verse è stata minata solo in minima parte nel corso della mia prova finale del gioco. Che al netto di alcuni momenti di particolare euforia, durati lo spazio di qualche partita, non è riuscito a fare breccia nel mio cuore videoludico. E sì che mi ha fatto pure impersonare un Nemesis!

Resident Evil Re:Verse Recensione

Resident Evil Re:Verse e quel bisogno di multiplayer…

Le premesse ludiche sono le seguenti: si gioca tutti contro tutti, impersonando alcuni tra gli attori della serie horror Capcom più famosi e amati di sempre. Ciascuno è dotato, in pieno rispetto delle regole del genere hero shooting, di abilità uniche che spaziano dall’offensivo al difensivo all’healing (self-healing ovviamente, dato che si gioca tutti contro tutti). Quanto alle armi, ogni personaggio parte con una dotazione standard basata su quella che era solito/a impugnare in gioco. Poi, esplorando i livelli (ce ne sono solo due a disposizione per ora, ma ci arriviamo) se ne possono trovare altre, ben più potenti e pericolose per i nostri avversari. Girovagare per le arene, però, non è soltanto un modo per scontrarsi con i nostri nemici umani, o per trovare nuove armi. Bensì, è essenziale per racimolare quante più Capsule Virali possibili prima di passare a miglior vita. Infatti, in pieno stile zombie il nostro/la nostra protagonista non muoiono quando i loro HP umani finiscono a zero. Bensì, si trasformano in una tra le molteplici bio-armi che hanno reso celebre la serie fin dagli esordi. Quale, e quanto potente sarà la bio-arma dipende dal numero di capsule raccolte prima di cadere. Con zero capsule, per esempio, si diventa un ammasso putrido che si gonfia quando viene colpito da, o colpisce un avversario. Raggiunto il culmine del rigonfiamento, poi, può decidere di esplodere a comando, o detonare “per inerzia” portando con sé quanti più nemici possibile. Affascinante, senza dubbio, ma… non preferireste raccogliere più fiale e diventare, che so, un Hunter Beta? O meglio… un Nemesis, o un Tyrant? Magari siete fan di Resident Evil 7, e desiderate da tempo vestire la camicia gialla di Jack Baker, il capofamiglia più “accogliente” che ci sia.

Resident Evil Re:Verse Recensione

Posto che di esperienze come Chris Redfield, Jill Valentine, Claire Redfield o Leon Kennedy ne abbiamo vissute a sufficienza (si fa per dire) va da sé che la maggior attrattiva di Resident Evil Re:Verse sia proprio “il momento della prima morte”, quando cioè possiamo diventare uno dei succitati mostri arrabbiati con il mondo per esibirci in movenze caratteristiche viste, fino a oggi, praticamente solo da un lato della telecamera. Non c’è dubbio che il picco della mia esperienza in gioco sia stato rappresentato proprio dalle partite in cui riuscivo a resistere più a lungo possibile come mostro assetato di sangue, persino quando diventavo il piccolo e strategicissimo Micomorfo (la palla esplosiva di cui sopra). Il problema, però, è rappresentato dalla strada lastricata di hitbox fin troppo generose, movenze un po’ troppo meccaniche e arene decisamente poco stratificate e varie che dovevo percorrere ogni volta prima di diventare una bio-arma. Una strada che spesso avrei desiderato non dover percorrere affatto, buttandomi direttamente nella mischia con il mostro di mia preferenza. Fermo restando che, alla lunga, anche essere un Nemesis stanca in Re:Verse. Più o meno per le stesse ragioni per cui stanca arrivare a diventare un Nemesis: design delle arene piatto, gioco tecnicamente da rivedere e varietà di situazioni esigua a dir tanto. Sia che si voglia giocare d’impulso, facendo macello in ogni dove e fronteggiandosi con tutto ciò che osa muoversi a portata del nostro fucile, sia che si preferisca giocare “strategico” e in modo quasi “attendista”. Forse il modo più efficace, visto che le mappe sono tanto piccole che si finisce sempre in un fuoco incrociato dove chi vince è il fatidico “terzo litigante” che si è tenuto fuori dalla lotta fino al momento opportuno per sparare. 

Dulcis (si fa per dire) in fundo, credo che in questa recensione di Resident Evil Re:Verse sia opportuno parlare di come sia apparentemente strutturato il futuro dell’esperienza multiplayer targata Resident Evil. Basata, logicamente, sul sistema del Battle Pass con ricompense decise da un percorso premium e da uno gratuito, supportato, perciò, da un sistema di skin a pagamento che dovrebbero supportare il gioco e consentire lo sviluppo di: nuovi personaggi; nuove mappe; nuove trasformazioni mostruose. Nonché, ce ne sarebbe più bisogno che mai, nuove modalità. Al momento, però, c’è davvero poco di cui gioire osservando il Battle Pass, il cui costo è in linea con altri ben più ricchi e densi: 9.99 euro. Stando così le cose, non credo che siano in molti a rientrare nel target degli acquirenti del pass. Con tutto che il giocatore assiduo, rispetto a quello casual, riceve persino ricompense dal valore ludico, e non solo estetico. Alcuni, molti, dei talenti passivi più forti per ogni personaggio sono murati dietro l’acquisto tramite “punti RP”, ottenibili giocando anche in totale free-to-play. Ma senza una adeguata struttura a corredo, a che pro potenziare il personaggio umano, quando quel che vogliono tutti è morire prima possibile per tramutarsi in un mostro?

Ingrana le marce, ma non parte mai

A fine recensione, tiriamo le somme: Resident Evil Re:Verse ingrana tutte le marce possibili, sulla carta; è un gioco multiplayer frenetico, che invoglia alla strategicità e consente di vivere due momenti di gameplay ben distinti e caratterizzati durante ogni ciclo di morte e respawn. Le partite durano il giusto, 5 minuti, e ci sono i volti e i volti mostruosi più amati della serie, quasi tutti almeno, con un possibile pool di eroi e anti eroi da cui attingere così vasto che ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta per proseguire a lungo e con profitto la vita di questo hero-shooting multigiocatore. Eppure, quando dalla carta ci trasferiamo al digitale, il meccanismo si inceppa. Le hitbox non sono precise, le mappe sono poco divertenti e fin troppo piccole. Nonché, solo due, un numero decisamente insoddisfacente anche per una Beta. Per quanto riguarda gli eroi e i mostri giocabili, tra gli umani sono solo due o tre le scelte che ci consentiranno di non venir costantemente obliterati tanto da altri umani, quanto da orribili mostri. Mentre sul fronte bio-arma, in realtà, il bilanciamento e la caratterizzazione sembrano aver seguito un percorso molto più interessante, equilibrato e ragionato. Ultima nota positiva, tra le tante purtroppo stonate, la presenza del Cross-Play. E, anche, un netcode solidissimo, che non ha mai vacillato nel corso di qualsivoglia prova effettuata, sia restando nell’ecosistema PS5 (nel quale ho provato il gioco), sia spaziando nel reame del Cross-Play con altre piattaforme. 

Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
Piattaforme: PS4, PS5, XboxOne, Cboc Series X|S, PC
Data di pubblicazione: 28 ottobre 2022

Di progetti come questo ne sono nati e deceduti fin troppi nel corso degli anni. Ma ho cercato, nel corso di questa recensione di Resident Evil Re:Verse, di raccontarvi che il vero problema non è nemmeno imputabile a una mancanza di identità o varietà nel panorama multiplayer. Doti che Re:Verse possiede, senza dubbio, grazie al retaggio nobile di personaggi, ambientazioni, mutazioni e armamenti che lo ha reso celebre sia come horror, che come “gioco dove si spara”. Non fatemelo chiamare sparatutto, vi prego (intendo l’originale Resident Evil). Re:Verse non parte, semplicemente, e temo stenterà a partire anche in futuro se continuerà ad adagiarsi sulla fama e sull’immagine dei protagonisti che mette in campo. Servono modalità, serve varietà, serve un battle pass che proponga skin, emote e altre componenti estetiche accessorie per le quali valga la pena dire “prendo Jill Valentine” o “stavolta sarò Chris Redfield”. Senza contare che serve un pizzico di rework per consentire quantomeno a tutti gli eroi in gioco di spiccare sugli altri, con un pizzico di verve in più. Altrimenti, proprio come nel finale del primo Resident Evil, anche la villa che fa da arena (una delle due) a Re:Verse ha un solo destino possibile. 

VOTO: 6

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.