Bones and All Recensione: un mondo d’amore vuole mostri

Lo scorso settembre, in occasione della 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il regista Luca Guadagnino ha presentato in anteprima mondiale la sua ultima fatica, Bones and All. Poco più di due ore dopo le luci di sala si sono riaccese e il pubblico è esploso in una standing ovation che è durata la bellezza di 10 minuti. Ora che la pellicola debutta ufficialmente in tutte le sale, cosa deve aspettarsi il grande pubblico da parte di un lungometraggio che ha saputo stupire persino i cinefili di lungo corso? Poco importa, poiché le bizzarre alchimie di horror, romanticismo e thriller finiranno in ogni caso con il sovvertire qualsivoglia scenario a cui ci si può preparare.

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Bones and All, una buona ossatura e della squisita ciccia

Maren Yearly (Taylor Russell) è una diciottenne appena arrivata in una cittadella provinciale degli Stati Uniti. Vive in una catapecchia con un padre aguzzino che la blinda nella camera da letto per assicurarsi che non evada dalle mura domestiche nottetempo. Ogni indizio va a indicare che Maren abbia a che fare con una figura genitoriale maniaca del controllo e magari violenta, che ella sia soggiogata a una dinamica relazionale tossica ed estremista, tuttavia l’apparenza inganna.

La giovane nasconde un pericoloso segreto, è una cannibale che non riesce a resistere al richiamo della carne umana, un tratto ereditato geneticamente dalla madre scomparsa e che si è scatenato per la prima volta quando era ancora in tenera età. Non può esorcizzare la propria natura e l’ennesimo attacco di fame finisce con lo sconvolgere definitivamente la vita che era riuscita a consolidare. L’incidente spinge Meren a voler cercare risposte, imbarcandola inconsapevolmente in un viaggio di autoscoperta e autoaccettazione che finisce presto con il farla imbattere in Lee (Timothée Chalamet), un suo simile con cui nasce rapidamente un legame affettivo che sembra ineluttabilmente essere condannato al fallimento.

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Quando Guadagnino incontra von Trier

Bones and All è un film complesso. Non perché particolarmente inaccessibile, ma perché articolato sia nel tono che nelle forme. Da una parte vi è il romanticismo impossibile e idealizzato tipico delle produzioni di Guadagnino, dall’altra sussiste un clima di tensione dal sottotesto grottesco che si avvicina non poco alle immagini sublimi della filmografia di Lars von Trier. Nonostante le premesse, una simile giustapposizione non stona, anzi esalta ed enfatizza le tematiche che vogliono essere trattate, tuttavia allo stesso tempo crea anche un’esperienza sensoriale che probabilmente non è alla portata di tutti.

Il cannibalismo è per molte società un taboo terribile e la pellicola non si fa problemi a raffigurare scene raccapriccianti adottando una certa attenzione nei confronti della verosimiglianza: l’atto antropofago si presta certamente a un’interpretazione allegorica, ma nei fatti ha una concreta presenza fisica che a tratti tocca i toni del body horror. Gli sporadici banchetti di carne non mirano altresì a evocare tematiche “gore”, piuttosto servono a consolidare una cornice utile a rimarcare quanto i protagonisti siano dei “mostri”, ovvero quanto siano alieni e incompatibili all’interno di un tessuto umano fatto di “normalità”. Come suggerisce il film stesso “un mondo d’amore non vuole mostri”, tuttavia i cosiddetti mostri che vivono Bones and All sono tutti caratterizzati da una profonda umanità, mossi da un desiderio di legami che fin troppo spesso viene frustrato dalla realtà che abitano.

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Gronda sangue, eppure è pulito

Visto il carattere profondamente personale dell’opera, è difficile definire se Bones and All sia il miglior film di Guadagnino, tuttavia è certamente uno dei suoi lavori più tecnicamente raffinati e puliti. Una parte considerevole del girato viene immortalato con immagini composte con cura, equilibrate e ben definite, le quali vengono assecondate con panoramiche orizzontali semplici e di effetto. Non si tratta di uno stile sperimentale, tutt’altro, eppure proprio questa ricercata semplicità fa sì che la pellicola assuma dei toni quasi documentaristici, rinforzando l’intimità dell’esperienza. Un approccio autoriale tanto essenziale ha certamente i suoi pregi, tuttavia rende altresì evidenti quei rari errori di continuità che si sono venuti a creare in fase di montaggio. Nulla di grave, ma un occhio attento ed esigente non mancherà di notarli.

L’impostazione “verista” è particolarmente palpabile soprattutto nella prima metà del girato, lasso di tempo in cui gli spettatori sono accompagnati da un sound design che è quasi del tutto scevro di musiche. La colonna sonora vera e propria si manifesta con forza solamente quando la visione cupamente realista della pellicola viene progressivamente sostituita dall’ideologia romantica e quasi donchisciottesca che trova sfogo nel rapporto tra i due protagonisti. La vita di coppia di Maren e Lee non è però un sogno ad occhi aperti, non nel senso più tradizionale e stucchevole del viaggio onirico, e il regista non manca di rimarcare questa contraddizione affidando la produzione musicale a Trent Reznor e Atticus Ross, un duo specializzato in toni industrial che è ben noto al mondo discografico con il nome di Nine Inch Nails.

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Un cast stellare, ma discreto

Inutile negare che tra Chiamami con il tuo nome, Un giorno di pioggia a New York e Lady Bird, Timothée Chalamet si sia ormai consolidato un ruolo solido all’interno del cinema di genere romantico, posizione che difende con una certa abilità anche in Bones and All. A stupire in positivo è piuttosto Taylor Russell, attrice che già in passato si era prestata a racconti di crescita cinematografici, ma che al grande pubblico è nota come un volto anonimo all’interno della saga di film horror Escape Room. Grazie alla sua performance sotto la direzione di Guadagnino, la giovane è stata celebrata a Venezia come attrice emergente, ottenendo un meritatissimo premio Marcello Mastroianni che, ci auguriamo, possa definitivamente aprirle la strada verso una carriera d’alto profilo.

Una menzione d’onore va dunque fatta a Mark Rylance attore che veste i panni di Sully, un personaggio non necessariamente complesso, ma che è certamente difficile da interpretare a causa della sua profonda ambiguità. Volendo estendere il ragionamento, bisogna encomiare l’impostazione di tutti i soggetti cannibali, i quali vivono a cavallo tra il desiderio di socializzare e la paranoia, districandosi in un difficile equilibrio in cui ogni atto d’amicizia può fungere da antefatto a un tradimento in divenire.

I mondi affini a Bones and All

Bones and All è una creazione assolutamente degna di interesse, forse la più interessante mai prodotta da Guadagnino, tuttavia si inserisce in coda a diversi omologhi d’alto profilo che hanno il vantaggio di possedere un’identità cinematografica meglio definita. Muovendosi verso la deriva dell’intrattenimento si può quindi puntare sul blockbuster del 1994 Intervista col vampiro, mentre coloro che sono alla ricerca di un’impostazione più provocatoria e autoriale possono invece far conto sul recente Titane di Julia Ducournau o sul Border di Ali Abbasi. Come i personaggi di cui racconta la storia, Bones and All si muove in bilico tra contesti e nature apparentemente divergenti, riuscendo funambolicamente a mantenere un equilibrio che però viene straziato costantemente da forze contrapposte che vanno al di là del controllo del regista. Ci sono pellicole che sono facili da raccomandare a determinati pubblici, ma l’ultima opera di Guadagnino non è certamente una creatura dotata di confini ben definiti, nel bene e nel male è ambigua e fluida come la società che vuole narrare.

Bones and All è un film che potrebbe piacere a chi non ha mai amato i film di Guadagnino e, di contro, potrebbe risultare indigesto a chi ha seguito con fervore il romanticismo delle sue produzioni precedenti. Si tratta di un’opera tecnicamente raffinata, ma che per contenuti e forma potrebbe non essere adatta al palato del vasto pubblico. Detto questo, si tratta anche di un film che è dotato di un marcato valore artistico e che può essere visto come una creatura a cavallo tra il cinema di consumo e i lungometraggi “alti” quali Gummo di Harmony Korine e Antichrist di Lars von Trier, entità che sono decisamente meno accessibili ai cinefili di primo pelo. Vista l’intrinseca ambivalenza di Bones and All, non possiamo che stimolarvi a concedergli una possibilità, soprattutto se non volete compiere i primi passi verso una fruizione del cinematografica più ricercata e attenta.

Voto: 8.4