Evil West Recensione: il gusto inebriante del sangue e dello zolfo

evil west

Evil West è stata una sorpresa incredibile. Certo, lo ammettiamo, le buone premesse intorno alla nuova fatica dei ragazzi di Flying Wild Hog (Shadow Warrior) c’erano tutte, ma la sensazione che si sia riuscito ad andare sotto diversi aspetti oltre di esse ci ha accompagnato per tutta (o quasi) l’esperienza di gioco. L’action-GDR in terza persona ci ha stupito per la sua “freschezza”, per la sua voglia evidente e soverchiante di essere un videogioco prima di tutto il resto, riuscendo a farci respirare sensazioni che da giocatori abbiamo provato soltanto di rado negli ultimi anni. Evil West, sia chiaro, racconta una bella storia, intrigante e affascinante come soltanto i racconti sui vampiri e sulle creature demoniache sanno essere, ma lo fa con un piglio diretto, con un ritmo forsennato, focalizzandosi tanto su quello che, chiaramente, è l’aspetto più importante per una produzione del genere: l’azione. D’altronde, sin dai suoi primissimi vagiti, Evil West non ha mai nascosto la sua natura, anzi, e siamo sinceramente entusiasti di poter confermare che quello stile sopra le righe da film americano accompagna l’avventura per tutta la sua durata, confezionando in tal senso un prodotto da cui, onestamente, in molti casi, è difficile staccarsi. È tutt’oro, dunque, quel che luccica? Chiaramente no, perché di svarioni ce ne sono sicuramente, ma siamo comunque più che sicuri che il titolo sviluppato da Flying Wild Hog e distribuito da Focus Entertainment abbia tutte le carte in regola per risultare uno dei più interessanti di questo finale di un 2022 decisamente molto interessante e che continua a regalare perle, piccole o grandi che siano.

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Evil West: a caccia di vampiri nel “vecchio west”

Jesse Rentier è un po’ il Van Helsing della situazione. Lo abbiamo pensato tutti, alzi la mano chi ha il coraggio di negarlo, e per certi versi è anche così. Il protagonista della storia, che per atteggiamenti e look ricorda anche un po’ un mix tra Arthur Morgan di Red Dead Redemption 2 e Kratos di God of War, due produzioni a cui il titolo si ispira parecchio anche dal punto di vista di diverse dinamiche ludiche, è il figlio di William Rentier, la cui lotta contro le creature demoniache ha assunto dimensioni titaniche con il passare degli anni. Sotto l’ala protettrice di un potere politico corrotto e apparentemente spietato, Rentier ha innalzato una vera e propria legione di cacciatori di vampiri e creature demoniache, una sorta di associazione governativa in cui i “soldati” vengono addestrati per combattere le forze oscure che minacciano nell’ombra gli Stati Uniti dell’epoca, raffigurati in un immaginario che ricorda molto quello della sopracitata produzione targata Rockstar e anche i grandi classici del genere cinematografico. La minaccia portata dalle “zecche”, così come sono stati ribattezzati nel gergo sgangherato e sempre fuori le righe di Evil West, è ormai sempre più vicina. Città bruciate, orribili creature, corpi mutilati: il mondo sta finendo sempre più avvolto nel giogo delle creature demoniache, rappresentato da un parterre di antagonisti decisamente intrigante su cui è stato sicuramente fatto un grande lavoro di “ricerca”, tale è la loro caratterizzazione, ancora una volta a metà tra l’ispirazione hollywoodiana e quella letteraria, che si avverte in ogni singolo passaggio di un’avventura apparentemente “fiacca” e di contorno ma che in realtà si lascia vivere con interesse per tutta la sua durata.

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Jesse Rentier, silenzioso ma allo stesso tempo pungente come pochi, si trova coinvolto nelle primissime battute in una caccia all’uomo che di fatto mette in moto gli eventi, che da lì in avanti iniziano a susseguirsi in maniera frenetica, con qualche cliché e momento “già visto”, certo, ma con uno stile decisamente intrigante. Flying Wild Hog ha saputo ispirarsi molto bene alle opere sopracitate, mixandole in maniera sapiente nella creazione di un immaginario mai veramente unico ma sempre intrigante e affascinante, capace di accompagnare degnamente il giocatore in un’avventura che, in particolare per gli appassionati del genere, può veramente risultare molto interessante e soprattutto assuefacente. Per intenderci: Evil West riesce a tenervi incollati allo schermo, vi trascina nel suo mondo oscuro con un racconto fatto di pochi dialoghi, sempre ben strutturati e che vanno subito al sodo, e in generale la voglia di scoprire cosa si nasconde nell’ombra non ci ha mai abbandonato, nonostante si percepisca un po’ la sensazione di sapere “già tutto” proprio data la natura non rivoluzionaria dei temi trattati. Attenzione: i colpi di scena non mancano eh, ma è proprio il modo in cui la storia è stata scritta ad averci convinto e siamo sicuri che in molti condivideranno il nostro pensiero.

Evil West: l’orrore di un mondo in declino

L’aspetto che ci ha più rapito di questo Evil West, e non poteva essere altrimenti, è sicuramente il gameplay. Prima di procedere con l’analisi del “sistema di combattimento”, ossia dell’evoluzione della gestione stessa degli scontri, vogliamo però fare una premessa importante su ciò che ruota intorno alla produzione, a livello ludico, al di là dell’arena di combattimento. Sotto questo aspetto, Evil West ci ha ricordato tantissimo gli ultimi due God of War, con un sistema di movimento, di esplorazione e del ritmo degli scontri che richiamano con forza tanto il più recente Ragnarok quanto il primo capitolo del nuovo corso intrapreso da Santa Monica Studio nel 2018. Partendo da una telecamera dietro le spalle del protagonista fino ad arrivare al ritmo cadenzato di quest’ultimo, “rotto” da uno scatto “pesante” come quello di Kratos, la gestione stessa dell’avanzamento nelle aree di gioco ci ha ricordato parecchio le fatiche “norrene” del Fantasma di Sparta, soprattutto per quanto riguarda l’esplorazione delle aree di gioco. Sia chiaro, la vastità di quest’ultime non è paragonabile con quanto visto in quel di Midgard, ma i punti in comune sono veramente tanti, partendo proprio da quello che è possibile ritrovare esplorando le aree di gioco. Durante la sua traversata, infatti, Jesse può imbattersi in forzieri che contengono oggetti cosmetici, quali skin e via dicendo, ma anche e soprattutto potenziamenti per il proprio arsenale e per se stesso, alcuni dei quali anche unici e non sbloccabili in maniera differente, ma non soltanto.

Anche i “Verdoni”, ossia la valuta per potenziare le armi e le loro relative abilità si trovano disseminati un po’ per tutta la mappa, al pari di diversi oggetti collezionabili, fondamentali per ampliare le informazioni relative a un mondo di gioco incredibilmente ricco da un punto di vista “storico” e delle nozioni generali. L’esplorazione, dunque, è una parte importante del gioco, e non risulta mai stucchevole. Anzi. Lasciarsi andare alla ricerca degli extra è un tassello fondamentale e mai invasivo, grazie sia alla natura contenuta delle aree sia proprio alla “facilità” con cui il giocatore viene ripagato per i suoi sforzi, un modo intelligente per far sì che non ci sia mai la voglia di andare avanti a testa bassa verso l’obiettivo. Anche la gestione degli scontri e l’ingresso alle fasi di battaglia ci ha ricordato molto il lavoro svolto da Santa Monica, per quanto però sotto questo aspetto il tutto sia chiaramente più “scriptato” e meno libero. Gli scontri, infatti, partono in maniera prestabilita in diverse sezioni del gioco, spesso e quasi sempre nelle fasi in cui si procede con la storia, ma anche a difesa di un determinato forziere, e si propongono come una sorta di sfida a “ondate” dalla difficoltà sempre maggiore, con la presenza di un nemico finale di un certo livello. Va detto che il livello di sfida ci è sembrato decisamente tarato verso l’alto, anche ai livelli più bassi, un aspetto che ci ha confermato ancor di più quel sapore “hardcore” e vecchio stile che pervade la produzione, anche proprio nella struttura a “torre” della difficoltà degli scontri stessi, che richiedono un forte approccio “tattico” per poter essere portati a termine con successo, specialmente ai livelli difficoltà più elevati.

I mille modi di uccidere di Jesse

E finalmente, dopo le doverose premesse, possiamo analizzare l’aspetto più interessante e senza dubbio riuscito della produzione: il gameplay. Lo vogliamo dire senza girarci intorno: quello di Evil West è uno dei sistemi ludici più riusciti, appaganti e assuefacenti degli ultimi anni, e ci sono bastati veramente pochissimi istanti per capirlo. Jesse Rentier, nella sua caccia ai vampiri e alle tantissime creature che pullulano nel mondo di gioco, ha a disposizione un arsenale ricco e sfaccettato non soltanto di bocche da fuoco, ma anche di gadget e strumenti vari che si sbloccano col passare delle ore di gioco e che risultano tutti fondamentali per poter avanzare negli scontri in maniera più agevole. Per poter portare a casa la pelle, infatti, il cacciatore può contare su un numero e una tipologia di strumenti molto variegato, tutti da imparare a padroneggiare quasi obbligatoriamente, anche per una questione di efficacia oggettiva a seconda della tipologia di avversario. L’oggetto più interessante del pacchetto è senza dubbio il Guanto, l’ultima frontiera dell’avanguardia e gioiello tecnologico dell’associazione che da la caccia ai vampiri, che dona al protagonista oltre a un grande fascino tamarro anche una potenza in battaglia non indifferente. Grazie al Guanto, ad esempio, è possibile folgorare i nemici per bloccarli temporaneamente, parare gli attacchi con una sorta di scudo “elettrico” e sfoggiare una sorta di attacco super caricato in cui i danni vengono massimizzati all’ennesima potenza, tanto quelli corpo a corpo quanto quelli a distanza. Come dicevamo poc’anzi, gli strumenti di Jesse sono potenziabili grazie ai bonus trovati nelle varie casse speciali, ma non soltanto.

Avanzando di livello, infatti, il giocatore ottiene un punto Bonus da spendere proprio nel ramo delle abilità relativo al guanto, che si snoda su due diverse macro aree: la potenza offensiva e degli attacchi “semplici” del Guanto ed i parametri fisici di Jesse e l’efficacia dell’effetto “scossa” di quest’ultimo, fondamentale per scontrarsi contro il Fascino dei vampiri, ossia la loro capacità di soggiogare e assoggettare il prossimo. Va detto che alcuni bonus ci sono sembrati nettamente più importanti di altri e che il sistema di potenziamento risulta un po’ semplicistico, ma anche questo è un ulteriore tassello che compone un mosaico che, ribadiamo, vuole essere più immediato possibile e che ci riesce benissimo, per altro con ottimi risultati sull’economia del gameplay. Oltre al Guanto, Jesse può contare anche su diverse armi, tutte decisamente molto interessanti e diversificate e soprattutto inserite nel sistema di gioco in maniera particolare e funzionale. Al fianco dell’arma di base, ossia il Revolver, Jesse può sbloccare, man mano, strumenti come il Lanciafiamme e la Doppietta, che vengono però inseriti nel gioco come una sorta di abilità utilizzabile attraverso un’attivazione che richiede un tempo di attesa, allo scopo di non permettere di abusare della loro potenza decisamente più elevata rispetto all’arma di base, a cui più avanti si affianca anche la Balestra, decisamente intrigante e molto i stile Van Helsing. Quest’ultima può essere utilizzata al posto del Revolver, a differenza delle altre, e il suo impatto sul gioco risulta molto importante, soprattutto negli scontri con le creature alate o comunque volatili. Chiaramente, tutte queste armi sono potenziabili, ma non attraverso l’impiego dei punti bonus che rimangono sapientemente separati dall’altra valuta di gioco, ossia i sopracitati Verdoni. Questi permettono di potenziare le armi e la loro efficacia, ma anche il numero di munizioni, i tempi di cooldown e via dicendo, in un sistema ancora una volta molto basilare ma splendidamente funzionante e convincente.

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Il feeling restituito da Evil West, stando anche a quanto detto poco sopra, è dunque molto molto solido. Pad alla mano, infatti, il titolo sviluppato da Flying Wild Hog è quello di un action a metà, appunto, tra lo stile dei vari God of War, e il tipico feeling dei tps come Remnant From The Ashes, con l’alternarsi continuo e “doveroso” di armi a distanza, attacchi corpo a corpo, parate e schivate, il tutto con una frenesia di fondo imponente e respirabile a pieni polmoni. Lo stile di “combattimento” di Evil West è violento, brutale, caciarone, e ci piace tanto, anche perché ben si sposa con la sete di sangue che sembra pervadere il protagonista, desideroso di fare a pezzi le creature che gli si parano davanti con una fiamma impossibile da non scrutare in uno sguardo apparentemente spento ma che in realtà illumina il cammino del giocatore con grande fascino e solidità. Jesse ricorda in tutto il “bello e dannato”, un poVan Helsing un po’ Jack Burton, sempre pronto a sgominare i nemici grazie alla sue doti innate di combattimento, che vengono affidate al giocatore in maniera decisamente funzionale. Per rendere il tutto più dinamico gli sviluppatori hanno rimosso dagli scontri la possibilità di puntare i nemici, una meccanica che rende il tutto ancor più arcade e spettacolare, anche se compromette in alcuni casi il corretto svolgimento degli scontri, che rimangono comunque sempre godibili e mai frustranti sotto questo punto di vista. Tra colpi di revolver, scosse del Guanto o del bastone o le fiamme del Lanciafiamme, Jesse ha a disposizione un numero smodato di modi per trucidare le belve infernali che gli si parano davanti ma lo fa con una semplicità ed una velocità, anche nel passaggio da uno strumento all’altro, incredibili. È proprio questa la cosa più bella di Evil West: il suo offrire un gameplay fondamentalmente old school, con power up e boost momentanei, combo, parate e un gunplay dinamico e semplice allo stesso modo, capace di rendere ogni scontro dannatamente divertente e capace di sprigionare adrenalina da ogni poro.

Un affascinante viaggio nell’oscurità

Vi abbiamo parlato poc’anzi della necessità di adattarsi alle tante creature presenti nel mondo di gioco e non di certo a caso. Evil West offre un bestiario ricco e affascinante, tanto nelle creature “normali” quanto nei boss, che abbiamo trovato decisamente molto soddisfacenti, tanto nel numero quanto nella loro unicità in campo. Le battaglie, come vi abbiamo detto già, nella loro frenesia generale sono in realtà molto complesse, anche perché richiedono un approccio particolare a seconda proprio dell’avversario. Che siano i vampiri mutati che ricordano un po’ i lupi mannari o demoni alati che assorbono l’energia vitale di chi gli sta intorno, Evil West mantiene alto l’interesse dei giocatori sul piano sia tematico sia ludico, e ci siamo divertiti non poco a sperimentare modi diversi di approcciare gli scontri, anche contro i boss più impegnativi. Alcuni di questi, onestamente, li abbiamo trovati più ispirati di altri sia a livello ludico sia a livello audiovisivo, ma nel complesso possiamo ritenerci più che soddisfatti dal lavoro svolto dal team di sviluppo in tal direzione, che ha saputo mettere in piedi un esercito di creature demoniache tanto affascinante quanto coerente con il mondo di gioco e col suo background narrativo. Va detto che comunque il gioco offre diversi modi per personalizzare l’esperienza e la sua difficoltà generale, tra mira assista, aiuti vari e via dicendo, cosa che abbiamo sicuramente apprezzato, anche tenendo a mente che il livello di sfida è sicuramente pensato per essere tendenzialmente sempre tarato verso l’alto.

Anche dal punto di vista dell’ottimizzazione estetica e tecnica, il titolo fa un ottimo lavoro in termini personalizzazione e di fruizione generale. La versione PC da noi testata in fase di recensione ci ha offerto infatti un numero importante di setting modificabili a piacimento, cosa che ha reso l’esperienza di gioco molto personalizzabile a livello tecnico per andare incontro alle esigenze veramente di tutti i giocatori. L’immaginario creato dal team di Varsavia si ispira molto a pellicole quali Van Helsing e a produzioni ludiche come Red Dead Redemption, ma risulta anche allo stesso tempo molto originale, restituendo un fascino che abbiamo visto soltanto in pezzi da novanta come Bioshock Infinite e i vari Dishonored. L’universo “alternativo” creato dagli sviluppatori è decisamente intrigante da vivere e da vedere e peccato che non tutti i tasselli siano stati trattati con la stessa cura. Alcune aree di gioco, alcune sezioni, ci sono apparse meno ispirate di altre, ma nel complesso, ancora una volta, possiamo ritenerci soddisfatti di quanto abbiamo visto. Discorso diverso per l’aspetto tecnico della produzione, decisamente più altalenante. Per quanto nel complesso il gioco sia piacevole da vedere e offre anche grande libertà in termini di bilanciamenti vari, non possiamo non notare diversi punti meno convincenti, come texture meno curate di altre, interazioni ambientali risicate e una gestione generale di diversi elementi dello scenario chiaramente cross-generazionale e poco “invidiabile” da un punto di vista estetico. Sia chiaro, non si tratta di nulla di invalidante, ma la natura se vogliamo “limitata” del progetto si nota parecchio in questi frangenti. Bocciata totalmente, a nostro modo di vedere, è la soundtrack: anonima, piatta e ridondante, questa non ci ha mai convinto e ci spiace, perché un titolo del genere avrebbe richiesto una colonna sonora decisamente più interessante.

Piattaforme: PS5, Xbox Series X|S, PC

Sviluppatore: Flying Wild Hog

Publisher: Focus Entertainment

Evil West è un titolo divertente, un action-TPS old-school che difficilmente passerà inosservato nel panorama ludico attuale. I ragazzi di Flying Wild Hog hanno svolto un ottimo lavoro nel confezionare un prodotto tanto sopra le righe quanto profondo, su cui pesano alcuni limiti tecnici e di game design dovuti principalmente alla natura cross-generazione del prodotto e alla “potenza” del progetto in sé che, dal nostro punto di vista, ha superato in pieno le ottime aspettative della vigilia. Se siete alla ricerca di un titolo divertente e appagante e se i vampiri sono la vostra passione, insomma, non potete assolutamente perdervi questa esperienza, che al netto dei suoi limiti è una delle migliori, almeno sul piano ludico, che abbiamo vissuto in questo roboante 2022.

VOTO: 8

Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.