Difficile non aver mai sentito parlare di Vampire Survivors, lo sparatutto/roguelite nato apparentemente dal nulla che ha catturato cuore, mente, dita e tonnellate di ore ai proprietari di PC in tutto il mondo iniziando dal suo primo rilascio su itch.io, quando era ancora una sorta di embrionale ma giocabilissimo prototipo in HTML5. Per stessa ammissione dell’autore, Luca “poncle” Galante, il gioco attinge a piene mani da Magic Survival dello sviluppatore coreano LEME, un action game per dispositivi mobili, dal quale eredita in buona parte le meccaniche di base: il prezzo allettante della versione Early Access su Steam, il passaparola e le recensioni entusiastiche hanno poi fatto il resto, decretandone il successo e consentendo a Galante di abbracciare il mestiere di sviluppatore a tempo pieno. Adesso, in ritardo di qualche settimana dal rilascio della versione 1.0, Vampire Survivors approda finalmente anche su console Microsoft e Game Pass, comprensivo di tutti gli ultimi update, Cloud Gaming e controlli touch integrati, perciò è giunto anche per me il momento di toccare con mano il fenomeno che sta generando tutto questo clamore.
Vampire Survivors: che cos’è un uomo?
Ricapitoliamo: il qui presente Vampire Survivors è un cosiddetto “single-stick shooter”, nel quale i comandi sono limitati al movimento del nostro alter ego che farà fuoco in automatico con le armi ed i poteri speciali in dotazione, approccio quantomeno curioso se inserito nel contesto del sofisticato ecosistema videoludico odierno. Nei panni di un eroe scelto da una stringata (almeno all’inizio) cerchia, percorreremo una vasta mappa con formazioni di nemici che si materializzano senza sosta a ondate, provvisti di salute e resistenze variabili. Gli ostili uccisi possono far cadere gemme blu, verdi o rosse che elargiscono diversi volumi di esperienza, ed ogni passaggio di livello consente di scegliere una nuova arma, o un potenziamento di quelle già in nostro possesso. Si prosegue così, a sbaragliare orde sempre più cospicue e aggressive di creature nel tentativo di restare in vita finché, raggiunti i 30 minuti di autoconservazione, arriverà la Morte in persona a decretare la nostra vittoria… uccidendoci. Trionfare con il decesso dell’eroe, che consentirà di sbloccare ulteriori livelli e power up, è un’altra scelta bizzarra ma, come dovreste aver iniziato ad intuire, perfettamente in linea con lo spirito che permea l’intero gioco. Non lasciate tuttavia che il gameplay vi tragga in inganno, perché è sì semplice ma affatto semplicistico: è vero, l’azione prevede l’utilizzo di una singola levetta analogica senza alcun pulsante perché ogni arma che raccogliamo, dalla classica frusta ad un originale piccione bombardiere, viene impiegata in automatico e tanto la frequenza quanto il numero di colpi o proiettili scagliati, che siano pugnali affilati, dardi incantati o bibbie rotanti, sono regolati in automatico a seconda del tipo di abilità e delle migliorie acquisite.
In buona sostanza, le uniche volte in cui dovremo schiacciare un tasto si riducono a quando scegliamo i bonus permanenti dal menu iniziale, il campione con cui scendere in campo, il livello da affrontare ed il bonus derivante da un nuovo livello. Per il resto, saremo solo noi e la nostra levetta sinistra, insieme contro il mondo. Il level design di Vampire Survivors è brillante nella sua essenzialità, e di questo bisogna rendere merito a poncle: sebbene le mappe siano tematicamente eterogenee, ognuna di esse offre un vastissimo spazio di manovra che infonde una falsa sicurezza di poter controllare quanto accadrà di lì a poco. Falsa perché tutta questa libertà ha un rovescio della medaglia poco piacevole, dato che la vasta superficie percorribile concede anche ai nemici un numero virtualmente infinito di punti di ingresso. La conformazione dei livelli richiede anche delle lievi variazioni di approccio, poiché la quasi totale assenza di barriere architettoniche della foresta (primo dei 5 di base) permette di adottare diversi stili di gioco, mentre la biblioteca o la centrale del latte (di minotauro, meglio non fare domande) sono più circoscritti e richiedono, di conseguenza, maggiore oculatezza nel vaglio degli strumenti offensivi. Insomma, non è soltanto la potenza di fuoco nuda e cruda a fare la differenza, ma anche un briciolo di ingegno nello sviluppo del personaggio.
Trema dinanzi al mio vero aspetto!
E di ingegno ne trapela un bel po’ nel modo in cui le varie sezioni di Vampire Survivors vengono sbloccate man mano che concludiamo le micro-avventure della famiglia Belpaese (chi ha detto Belmont?) o di uno dei loro eloquenti alleati: benché la grafica in pixel art, simpatica ma abbastanza frugale, e le varie tracce di accompagnamento, a loro volta gradevoli pur peccando di incisività, sembrino relegarlo nel limbo delle produzioni di portata ridotta ancorate al nostalgico periodo degli 8-bit, basta prendere in mano il controller per iniziare a scalfire la superficie dei contenuti annidati fra le centinaia di obiettivi che ci premiano per essere rimasti in vita, per aver ucciso un certo numero di nemici, per aver potenziato oggetti che sbloccano nuove armi che svincolano personaggi e livelli aggiuntivi. Ci sono una moltitudine di opportunità diverse che il caso può proporci ad ogni nuovo giro, inedite mescolanze di volontà e fortuna capaci di trasformare una sfida iniziata male nella migliore partita della nostra carriera di cacciatori di mostri e, più in generale, un piano ben preciso per catturare l’attenzione dei giocatori e spingerli a tornare per la classica “ne faccio un’altra e poi smetto, giuro”.
Che poi, parliamoci chiaro, riuscire a coinvolgere il proprio pubblico di riferimento, e magari qualche altro curioso, è uno dei traguardi che ogni videogioco sogna di raggiungere. Nel caso di Vampire Survivors, il merito risiede soprattutto nello schema ludico basilare che favorisce un ciclo infinito di iterazioni: possiamo giocare letteralmente con una mano sola, veniamo ricompensati quanto più a lungo riusciamo a sopravvivere, uccidiamo mostri, raccogliamo gemme e studiamo le sinergie tra le armi che meglio si adattano ai nostri gusti, tenendo gli occhi aperti per non finire in un vicolo cieco e stroncare gli avversari più forti che lasceranno cadere uno scrigno. Questi ultimi elargiscono uno, tre o cinque potenziamenti casuali senza bisogno di riempire la barra dell’esperienza, e la sensazione che si prova nell’ottenere il massimo quantitativo di bonus ricavabili, fra la musichetta energetica, le luci lampeggianti e le esplosioni di stelline, è paragonabile a quella di aver fatto jackpot al casinò, di certo figlia dei trascorsi di Galante come sviluppatore di software per slot machine. Dopodiché, una volta conclusa la partita, è difficile tenere a freno l’adrenalina del tripudio lisergico di effetti speciali scatenato a video, la curiosità di scoprire qual è l’effetto massimizzato dell’arma che abbiamo appena scoperto, come si può amalgamare con gli oggetti già guadagnati e dove porta quella scorciatoia che abbiamo intravisto mentre l’ultimo branco di golem giganti si chiudeva su di noi, e dunque via di nuovo nella Torre del Gallo o nella Cappella Magna a sperimentare una nuova combinazione di classi e poteri, fino a perdere la cognizione del tempo.
Piattaforme: PC, Xbox One, Xbox Series X|S
Sviluppatore: poncle
Publisher: poncle
Vampire Survivors potrebbe non entusiasmarvi granché di primo acchito, ma le meccaniche del suo gameplay sono da manuale e il fascino magnetico che riesce ad esercitare una volta che vi abbandonerete alle stesse rischia di creare dipendenza. Ideale per sessioni di qualunque durata grazie alla stringatezza dei comandi e alla familiarità che si instaura in breve con armi, mostri, livelli e personaggi. Che lo paghiate a modestissimo prezzo pieno oppure approfittiate della sua inclusione nel Game Pass, lasciatevi catturare dalle endorfine che il vostro cervello inizierà a produrre accumulando gemme blu, perché siete dinanzi ad uno dei migliori titoli indie dell’anno e, probabilmente, di sempre.