Avatar – La via dell’acqua Recensione, un colossal oceanico

Avatar – La via dell’acqua arriva dirompente come un’onda oceanica sugli schermi cinematografici di tutto il mondo e segna il ritorno di James Cameron dietro la macchina da presa, dopo ben tredici anni d’attesa. Un’opera mastodontica, costata circa quattrocento milioni di dollari, moderno colossal a tema marino che riporta alla luce molte diverse tematiche della poetica dell’autore. Il grande amore per il mare, per la narrazione quasi documentaristica, la rappresentazione del genere umano come fautore di distruzione, contrapposto ad un popolo alieno che invece è riuscito a creare una perfetta armonia con la natura che lo circonda. Siete pronti per un lungo viaggio catartico ed un ritorno in grande stile sulla rigogliosa luna di Pandora? Mettetevi comodi ed indossate gli occhialini treddì, l’attesissimo sequel di Avatar è qui.

 Avatar – La via dell’acqua, una produzione titanica

Prima di analizzare, come di consueto, il cast artistico di questa mastodontica opera è necessaria una piccola precisazione, ovvero che James Cameron, da solo, detiene l’invidiabile primato di avere realizzato due delle opere più remunerative di sempre nel mondo della celluloide, ovvero proprio il primo Avatar e l’indimenticabile Titanic, film cult con un allora giovane Leonardo di Caprio che ha dato il via all’incredibile fenomeno del rewatching cinematografico, ovvero il fatto che tantissime persone decidevano di rivedere più volte il film al cinema, con record storici di decine di visioni individuali. Peraltro, con l’elevatissimo budget che ha richiesto il sequel di Avatar, sarà una vera impresa “titanica” riuscire non solo a pareggiare i conti al botteghino (e con l’home video) oltre che cominciare ad andare in attivo. Ma il talentuoso James Cameron è fiducioso sul successo della sua nuova opera, al punto da aver già messo in cantiere l’idea di produrre, in un periodo relativamente breve, ben altri tre sequel, trasformando l’universo di Pandora in una prolifica saga. Il regista canadese non ha certo bisogno di presentazioni, e, ha iniziato ideando e dirigendo il suo primo cortometraggio sci-fi Xenogenesis già nel 1978, che contiene già diverse tematiche che ricorreranno in tutta la sua produzione, in verità non molto prolifica, poiché parliamo della regia di solo nove lungometraggi in oltre quaranta anni di carriera. Dopo aver diretto il sequel del film Piraña Paura nel 1982, conosce la fama grazie alla sua creazione più nota, ovvero la saga di Terminator, a partire dal 1984, e solo due anni dopo diventa leggenda grazie ad uno dei migliori film fanta horror di sempre Aliens. In seguito dirige diverse pellicole legate al mare, uno dei suoi amori più grandi, ovvero The Abyss nel 1984 e Titanic nel 1997. Ma non solo, è attivo anche nella produzione di veri e propri documentari come Ghosts of the Abyss ed Aliens of the Deep, che nei primi anni duemila riempiono tutta la sua produzione. Solo nel 2009 torna dietro la macchina da presa per un film, dirigendo Avatar. L’attesissimo sequel presenta moltissimi attori cari al regista, a partire da Sigourney Weaver, in un piccolo ruolo diverso dal primo film e Kate Winslet, indimenticabile protagonista di Titanic, oltre che confermare gli attori più importanti di Avatar, come Zoe Saldana, nei panni di Neytiri, nota per le pellicole di Star Trek ambientate nel Kelvinverso, oltre che Sam Worthington, che ricordiamo anche in Terminator Salvation. Nel ruolo del villain, il malvagio colonnello umano, peraltro defunto nel primo film, ma si sa che nella fantascienza morire non è un ostacolo per il ritorno sullo schermo, ritroviamo Stephen Lang, noto anche per la serie sci-fi cult Terra Nova di Steven Spielberg. Tra gli umani c’è anche Michelle Yeoh, leggenda dei film di arti marziali orientali che abbiamo visto di recente nella saga di Star Trek, oltre che nel film Everything Everywhere All At Once, che trovate qui. Notevole la colonna sonora, che include alcuni brani realizzati da Simon Franglen, e pezzi evocativi cantati nella lingua dei Na’Vi. Ottimo il doppiaggio in italiano, con le voci di Francesco Pezzulli, Domitilla D’Amico e Luca Biagini. Spicca tra gli sceneggiatori la coppia Rick Jaffa & Amanda Silver, autori di tante produzioni fantascientifiche, come Relic, un paio di pellicole moderne della saga Il pianeta delle scimmie, Jurassic World e Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick, di Ron Howard. Quest’ultimo film, in particolare, è importante perché ritroveremo molte delle dinamiche del romanzo originale di Herman Melville, in cui il testardo ed anziano capitano di mare spreca la sua vita nella caccia all’iconica balena letteraria.

Oltre ai protagonisti bipedi, divisi equamente tra alieni ed umani, infatti, un ruolo fondamentale lo hanno proprio una sorta di cetacei spaziali super intelligenti, parecchio più dei terrestri invasori, che, purtroppo per loro, possiedono anche nel loro organismo un fluido che, una volta estratto e trattato, permette di arrestare l’invecchiamento umano. Questo liquido miracoloso, versione aliena dell’avorio terrestre contenuto nei corni degli elefanti, è quello che richiama gli umani sul remoto satellite di Pandora, che orbita attorno al pianeta Polifemo, oltre alla misteriosa pietra grigia vista nel primo film. Il vero protagonista dell’opera è di fatto l’ecosistema naturale della luna aliena, dettagliatissimo, pieno di vita ed intessuto di rapporti di interdipendenza con le tribù autoctone che vivono su di essa, in particolare il popolo dell’acqua, chiamato Metkayina, che andiamo a conoscere più da vicino grazie alla trama di Avatar – La via dell’acqua. Se ancora ricordate con stupore le bizzarre creature volanti dette Ikran, che i Na’Vi cavalcano grazie ad una speciale connessione neurale, preparatevi a conoscere i loro cugini d’acqua, ancora più stupefacenti. Lo spirito ambientalista ed animalista del film ci invita a riflettere sulle follie umane, che spesso mettono flora e fauna all’ultimo posto. Il secondo episodio, anche per questa ragione, è migliore del suo prequel sotto tutti gli aspetti. 

Non c’è principio e non c’è fine nell’acqua, il mare è attorno a noi

Avatar – La via dell’acqua è diretto con piglio quasi documentaristico, del resto da un maestro dei documentari, ed a volte si perde nella sua stessa descrizione minuziosa, quasi bloccando la trama per esplorare l’universo acquatico della pellicola. Un film fatto di ombre e di luci della natura uniche. Il tutto viene peraltro proposto al cinema con la moderna tecnologia tridimensionale basata su occhiali indossabili, ed è un vero stupore continuo godere degli eccezionali effetti visivi, realizzati dalla Industrial Light & Magic di George Lucas. Lungo le circa tre ore e mezza di durata del colossal ci si perde letteralmente nei suoi mondi fantastici. James Cameron pare quasi studiare le sue creature, gli affascinanti alieni Na’vi di Pandora, con una storia che parte dall’esilio della coppia mista tra l’ex umano Jake Sully, che fa ormai coppia fissa con Neytiri, con tanto di famiglia numerosa a carico,  e racconta la tortuosa vita in un lungo documentario onirico, che come quelli a lui tanto cari sulla fauna marina. La storia viene interrotta nel suo idillio dagli invasori malvagi, chiamati dai Na’Vi come Popolo del Cielo ma, soprattutto, Demoni. E mai epiteto è stato più calzante. Similmente ai colonizzatori europei, che hanno sconvolto la vita degli indiani d’America, che così da vicino ci ricordano i Na’Vi, questi ultimi si ritrovano a lottare per la propria sopravvivenza contro i barbari invasori. I costumi degli autoctoni sono stati ispirati alla cultura dei nativi americani precolombiani, ideati e curati da una collaboratrice storica di James Cameron, ovvero la celebre costumista Deborah Lynn Scott che ha lavorato sul set di Titanic e del primo Avatar. Purtroppo gli umani vengono dipinti in maniera parecchio negativa dalla pellicola, come avidi conquistatori spaziali, con il bonus di avere a disposizione una tecnologia che permette di viaggiare oltre la velocità della luce e raggiungere in circa quattro anni l’idilliaco sistema di Polifemo, esopianeta attorno a cui gira la luna aliena. Una piccola curiosità per gli amanti della linguistica, il satellite di Pandora, così chiamato dagli umani, ha il nome autoctono di Eywa’eveng, ed il linguaggio che sentiamo parlare dai Na’Vi nel film è stato creato a tavolino in maniera molto precisa, con un rudimentale vocabolario, da alcuni studiosi con a capo il professore californiano Paul Frommer. Questo è uno dei piccoli dettagli che fa capire la grandezza del risultato finale, per una sceneggiatura complessa, e con diverse chiavi di lettura e piani narrativi, realizzata del resto a sei mani da Cameron stesso e la collaudata coppia Jaffa & Silver, a cui si unisce un ulteriore soggettista del calibro di Josh Friedman, talentuoso autore della serie TV Terminator: The Sarah Connor Chronicles e del recente Terminator – Destino oscuro, solo per citare le opere del Cameronverse, coadiuvato da Shane Salerno. La cosa più stupefacente del film è quella di essere migliore del primo episodio, praticamente sotto diversi punti di vista, visivamente, narrativamente ed anche moralmente, col suo messaggio di fondo importante, che la natura va rispettata e che la tecnologia se usata in maniera negativa, è nefasta.

Avatar è un ottimo film, lo sappiamo, ma Avatar – La via dell’acqua è un’opera eccezionale, dove il regista ha messo davvero anima e cuore per sviluppare i tanti temi a lui cari e presenti in oltre quaranta anni di carriera. una splendida coproduzione tra 20th Century Studios (ex FOX) e Lightstorm Entertainment, la casa fondata dal regista e nato sotto l’ala della Disney, che spingerà al meglio la pellicola. I Na’vi delle foreste, gli Omaticaya conosciuti nel primo episodio, ora prosperano sotto la guida di Neytiri, figlia dello sciamano defunto nel primo episodio, e del suo marito mezzo-umano, ma che si ritrovano di nuovo perseguitati dai Demoni terrestri, decisi a catturarlo, al punto da dover essere esiliati presso i vicini aquatici, a cui portano lo spettro della guerra stessa. La trama, tutto sommato semplice ed immediata, è solo un pretesto per una narrazione unica, visiva e fatta di immagini davvero extra-mondo raccontate come in un vero documentario sugli alieni, per far capire che, stavolta, i veri alieni siamo noi. Un’epopea familiare e popolare raccontata tra uno stupore visivo e l’altro. Un film ricco di momenti toccanti e commoventi, epico e sognante al tempo stesso, con poche ma incisive battute umoristiche, forse l’opera di una vita intera per il visionario James Cameron, un film che ricorderemo per sempre. La Computer Grafica dell’opera diventa pura arte visiva lisergica, fondendo lo spettatore col mondo in cui viene immerso.

Avatar – La via dell’acqua è, per ora, il punto di arrivo della saga. L’universo di Avatar appare oggi più maturo e complesso di quanto fosse al suo debutto sul grande schermo e, in attesa, speriamo, dei nuovi episodi che lo renderanno sempre più grande e complesso. Un enorme colossal girato con piglio documentaristico da un maestro del genere, che ha un rapporto tutto speciale con i misteri delle profondità oceaniche. Molte sono in realtà le lune che orbitano attorno a Polifemo, il pianeta che ospita la luna di Pandora, unica attualmente narrata dai racconti di Avatar, dapprima col Popolo della Foresta, gli Omaticaya visti nel primo film, ed ora col Popolo dell’Acqua. Speriamo quindi in un grosso successo del sequel di Avatar, oggettivamente parecchio migliore del predecessore, è bene ribadirlo, cosa che permetterà di realizzare nuove pellicole dedicate a questo universo narrativo e visivo così particolare, intrigante e splendido, a suo modo, davvero unico.

VOTO: 9

Super Fabio Bros, al secolo Fabio D'Anna (ma non diteglielo: ancora soffre perché Facebook lo ha costretto a usare il suo vero nome), è un collezionista leggendario di videogiochi nonché super esperto di retrogaming. Ha organizzato due edizioni della mostra ARCHEOLUDICA ed è Responsabile della Collezione al museo VIGAMUS, ha collaborato con i portali specializzati Games Collection e Retrogaming History. Adora Super Mario, Pac-Man e le sue adorabili cagnoline. L'obiettivo finale della sua vita è possedere tutti e 2047 i modelli di PONG esistenti. Attualmente è a quota 69.... quindi augurategli lunga vita e prosperità.