Forspoken non ha centrato il bersaglio prefissato: questo è un fatto. I problemi alla catena produttiva, allo sviluppo, che ne hanno rallentato la messa in opera e modificato la struttura e le radici in profondità sono ben evidenti, in un gioco che è altalenante come una continua montagna russa. Si sale, ci si diverte, poi si scende, inesorabilmente. Non tutti vorranno aspettare la prossima salita, che pure arriva sempre alla fine: questo è un altro fatto. Eppure, c’è tanta “magia” in Forspoken, che spesso intrattiene e diverte; emoziona persino. Solo che la magia a volte non basta. Servono solide basi, narrative, tecniche e progettuali. Proprio queste basi in più settori fondamentali mancano, come se non ci fosse un punto di arrivo ben definito e uno o più tragitti che ci conducano a scoprirlo. Come se Forspoken fosse un grande brainstorming dal quale emergono sia idee ben riuscite, che bozzetti ancora da completare. Difficile accettare questi estremi in un titolo descritto, nel corso di tutta la sua commercializzazione pre-lancio, come una rivoluzione. Sappiamo bene come va a finire, lo abbiamo visto accadere moltissime volte negli ultimi mesi (ma anche prima, vedasi casi quali quello di Ghost of Tsushima). L’hype immotivato fa più danni che altro, la next-gen deve ancora palesarsi davvero e nonostante ciò ogni nuova uscita viene incautamente indicata come nuovo punto di riferimento per il futuro. Senza una direzione, o con la direzione indicata dalle “mappe” così lontana dalla reale cartografia verificabile da tutti, il gioco purtroppo si perde. Forspoken, si perde; e noi con lui. Dichiarare che non sia possibile ritrovare la strada e che non ci siano ragioni per farlo, però, sarebbe quantomeno riduttivo.
Forspoken: è un buon Isekai
Partiamo dalla base, quindi la narrazione: fin dall’incipit di questa recensione mi sento di dire che Forspoken, da story driven qual è, è un buon Isekai. La trama, di base, ci propone una persona normalissima, in questo caso con una vita parecchio incasinata, che da una particolarmente fredda e inospitale New York si trova catapultata in un altro mondo: Athia. Nel pieno rispetto dei canoni dell’Isekai nipponico, si tratta di un pianeta fantasy-medievale, con tutta la classica pletora di figure tipiche quali zombie/ghoul, draghi, animali feroci e altre amenità rese ancor più minacciose da una misteriosa piaga che li affligge. Tutta la mappa di Athia ne è intrisa: la corruzione è un male oscuro, che si manifesta in seguito a orribili tempeste inondate di nuvole azzurre e modifica i corpi e le anime. Nessun essere vivente sembra essere immune… tranne uno, ovviamente. La giovane Frey, questo è il nome della protagonista, da brava newyorkese dimostra una resilienza straordinaria alla corruzione. In realtà, riesce a resisterle sfruttando poteri magici di cui è dotata grazie a Cuf: un bracciale senziente il cui ritrovamento da parte di Frey a New York spalanca la porta tra la nostra terra e Athia. Nulla di nuovo apparentemente nel panorama degli eredi di “Alice nel paese delle meraviglie”; eppure vi ho appena detto che Forspoken è “un buon Isekai”: perché?
Sviluppandosi dalle radici canoniche del genere, la trama riesce a trovare un’identità abbastanza netta per quasi tutto il suo svolgimento. Sebbene il finale sia un po’ telefonato per chi ha un minimo di esperienza e attenzione ai dettagli, i colpi di scena che caratterizzano la produzione fin dai primi capitoli sono ben ponderati e distribuiti. Le circa 15 ore necessarie per portare a termine il gioco senza troppi fronzoli, missioni secondarie o esplorazioni superflue, perciò, scorrono lisce e lasciando anche un buon ricordo: non è indimenticabile, ma funziona. Parte del successo di questo comparto del titolo è da attribuirsi a una Lore abbastanza approfondita e curiosa, di nuovo, non rivoluzionaria, e agli strumenti multimediali (colonna sonora, cut-scene e soprattutto doppiaggi) che a volte in realtà si limitano al compitino, ma sanno anche stupire di tanto in tanto. Un buon esempio sono i dialoghi tra Cuf, il bracciale che preferirebbe essere chiamato “Vanbrace” (un nome più elegante, non c’è che dire) e Frey: sempre pronta a smontare la pomposità dell’accessorio parlante con freddo realismo e pragmatismo.
Tutto, nei succitati dialoghi, funziona egregiamente: il ritmo, l’equilibrio tra battute e serietà, la caratterizzazione dei due personaggi che ne esalta la personalità. Non ci sono nemmeno intermezzi troppo invadenti, come spesso accade quando in game c’è un personaggio che suggerisce direzioni e dà consigli utili a proseguire. Proprio in virtù della qualità di questi e altri istanti narrativi, però, quando una sotto trama, una cut-scene, un doppiaggio o un’animazione facciale non vanno, lo si nota parecchio. Ci sono NPC più o meno importanti trattati allo stesso modo quanto a espressività dei movimenti o del volto. Il divario può essere accettabile, in quanto è normale che il protagonista sia dotato di più poligoni e magari di un motion-capture più accurato. Però, non si può passare dal percepire il sarcasmo di un’affermazione perché si vede il personaggio alzare un sopracciglio e sogghignare, al non capire perché un giudice ci stia urlando contro tenendo tutti i muscoli della faccia perfettamente rilassati. Il contrasto è esagerato.
Spettacolari poteri cosmici…
Non sarà la trama, e forse nemmeno questa recensione, però, a convincervi che Forspoken può meritare un’opportunità. Nemmeno l’esplorazione, nonostante il gioco sia costantemente concentrato sul ricordarci il legame tra magia e parkour in Athia. Sono infatti i combattimenti a beneficiare maggiormente della rapidità di esecuzione e dell’eleganza delle acrobazie di Frey, regalando scene d’azione più che interessanti e, con la difficoltà giusta tra le tre proposte, persino impegnative da superare. A meno che non siate veterani di giochi action risaputamente più probanti, infatti, è nei combattimenti che troverete la maggior parte della soddisfazione in Forspoken. Quasi ogni sfida, anche le più basilari contro avversari a custodia di forzieri di poco valore, richiede di inanellare le numerose (oltre 100) magie equipaggiabili; giostrarsi tra incantesimi offensivi e di supporto; concatenare gli effetti secondari dei nostri malefici per scatenare imprevisti e sempre più scenografici effetti particellari ed esplosioni. Particolarmente piacevoli quando siamo circondati da nugoli avversari nemmeno fossimo in un Musou. Capita di frequente, soprattutto all’interno di dungeon (opzionali) strutturati ad arene di difficoltà crescente, ed è sempre bello mettere in scena la nostra superiorità battagliera, riducendo il numero dei nemici poco alla volta. Nota a margine a tal proposito: ho notato una evidente mancanza di attenzione nella coreografia delle mosse finisher, quelle che si eseguono su nemici atterrati o storditi. O forse, me ne sono accorto solo perché tutti gli altri svolazzi di Frey sono di una categoria ben superiore.
Ho citato i “veterani di giochi action risaputamente più probanti”, perché portare a termine le nostre battaglie in Forspoken per loro potrebbe non essere interessante come lo è per altri. La generosità delle finestre di schivata perfetta, la prevedibilità dei moveset (tutti, anche di quelli contro mostri e nemici avanzatissimi) sono elementi sui cui non posso soprassedere. Conscio, però, che il gioco Square non ha mai inteso entrare nella categoria dei videogame “tosti tosti”, preferendo avvicinarsi a ben altri “campioni di soddisfazione”. Proprio in questo termine, soddisfazione, risiede la luce brillante di ogni battaglia di Forspoken, che non si può certo definire insoddisfacente quando si tratta di far letteralmente brillare lo schermo. Ogni magia è uno spettacolo pirotecnico diverso dalle altre, compresi i potenziamenti incantati alla mobilità parkour di Frey. In virtù di questo, e della generale semplicità della sfida, mi sento di consigliarvi una tra le tre modalità grafiche disponibili su PS5: Ray Tracing!
Sebbene sia ovvio agli occhi di un esperto che il luminous engine non sprema fino in fondo le possibilità di PS5 quanto a riflessi e rifrazioni (quindi i campi di influenza maggiore della tecnologia Ray Tracing) 30 fps sono più che abbastanza per non perdersi tutti i luccichii, i filamenti fosforescenti, le eruzioni di terra, rocce o fuoco e il resto dei piccoli, numerosissimi dettagli che affollano lo schermo fino a riempirlo completamente. Se invece preferite la fluidità al dettaglio, optate per dare priorità agli FPS. Perderete qualcosa in termini di risoluzione, ma giocherete a 60 dps sempre costanti. Restando in campo tecnico, merita una digressione anche lo sfruttamento, anzi, il non-sfruttamento del DualSense. La vibrazione aptica è inserita quasi a caso e perde dunque il suo scopo di aumentare l’immersione sensoriale. Idem dicasi per i grilletti resistitivi, che specialmente con alcuni incantesimi avrebbero reso con efficacia lo sforzo di Frey nel caricare colpi più potenti o impegnativi. L’unico uso intelligente è quello degli speaker del controller, che riproducono le frasi di Cuf: dato che è un bracciale, ha senso sentire la sua voce proveniente dai nostri avambracci mentre giochiamo. Peccato però: dopo qualche combattimento e colpo ben assestato eravamo saliti in alto sulla giostra di Forspoken. Ci siamo divertiti molto anche a “scendere in basso”, scivolando di declivio in declivio saltando, arrampicandoci, surfando su scivoli di ghiaccio incantato sul pelo di laghi e fiumi. Ma l’adrenalina cala, la ripetitività si fa sentire, alla fine. Così, ricominciano i problemi.
…in un impasto “insipido”
Purtroppo nemmeno sul fronte tecnico Forspoken riesce a essere costante. Nonostante gli sforzi profusi da Square Enix per lanciare e pubblicizzare il gioco come la punta di diamante del Luminous Engine, pare che i limiti del suddetto siano già stati raggiunti: nemmeno da Forspoken, bensì da Final Fantasy 15. Rispetto al JRPG, infatti, sono soprattutto le texture, ambientali e non, a deludere. La direzione artistica generale ha operato con dedizione per tratteggiare ambientazioni fantasy differenziate per tematica ma soprattutto creature, sia base che Boss o Mid-Boss, soddisfacenti e varie. Abbiamo inoltre già speso diverse righe per elogiare gli effetti particellari, i giochi di luce e ombra e la muscolatura tesa del Luminous Engine quando si tratta di “combattimenti”. Peccato solo che per accedere alla maggior parte delle ramificazioni più invitanti dell’albero delle abilità magiche di Frey si debba arrivare al termine di una sezione di storia lunga quasi 5 ore. Sarebbe già abbastanza grave, quindi, restare con poche opzioni, quindi soddisfazione visuale ed esperienziale minore, per tutto questo tempo. Ancora peggio, però, è notare che anche buona parte dell’open world, fino al raggiungimento di un certo momento, sarà precluso. Mi è anche dispiaciuto notare che Forspoken non riesce a fuggire dai binari di un mondo aperto iper conservativo; composto da punti di interesse luminosi su una mappa da rivelare esplorando, o scansionandola presso gigantesche antenne. Ci sono castelli da liberare, avamposti da conquistare e piccole sfide da superare a tempo. L’impasto generale di questi eventi talmente secondari e standardizzati che “visto uno visti tutti”, resta però altamente insipido.
PIATTAFORME: PLAYSTATION 5, STEAM
SVILUPPATORE: Luminous Productions
PUBBLISHER: Square Enix
La giostra di Forspoken non è noiosa, non tutta, almeno. Però, le differenze rispetto alle promesse fatte in sede di presentazione, le imprecisioni tecniche incomprensibili e un generale senso di incompiutezza bruciano più intensamente nel cuore di chi aveva creduto nel progetto. Forspoken ha un impianto esplorativo “nato vecchio”, che nemmeno l’efficace sistema di attraversamento tramite parkour incantato può sanare del tutto. Frey è una maga agile e leggiadra, i suoi attacchi sono tutti uno spettacolo e il flow delle battaglie scorre sempre liscio e costante, come una cascata impetuosa. Però, la difficoltà della sfida non è altissima, o quando lo è risulta artificiale. I particellari sono belli, ma certe volte invadenti tanto sono numerosi e compatti sullo schermo. La narrativa? Semplice, lineare, qualche colpo di scena e… un finale affrettato. Che apre a un post game interamente votato al gameplay, alla scoperta di nuovi incarichi o al completamento di quelli irrisolti. C’è chi vuole di più da un action RPG esplorativo. Però poi penso… e se Forspoken ci piacesse? Se io che vi ho scritto questa recensione cercando di essere obiettivo, comunque, avessi trovato Forspoken un’esperienza tutto sommato godibile, mi starei accontentando? No. Semplicemente, si può gradire ciò che funziona senza dire che funziona tutto, e senza gridare al capolavoro. Distinguiamo anche “l’accontentarsi” dal discernere coscientemente cosa ci interessa a livello personale, a prescindere dall’obiettività. Forspoken ha molti assi nella manica da tirar fuori al momento giusto: non è perfetto, non diventerà un caposaldo videoludico imprescindibile, ma fa il suo. Se sia abbastanza per voi, oppure no, spero non sia un voto a dirvelo.