Fin dal suo primissimo annuncio Like a Dragon Ishin ha subito catturato la mia attenzione. Per un amante del lavoro della Ryu ga Gotoku Studio come il sottoscritto, questo spin off in salsa samurai non poteva che diventare uno dei titoli più attesi di questa prima metà di un 2023 videoludico partito già col botto. Per chi non lo sapesse Like a Dragon Ishin non è un titolo nuovo di zecca: il gioco infatti è un remake dell’originale titolo uscito soltanto in Giappone nel 2014 e che finalmente è arrivato anche nel nostro Paese, direttamente su console di nuova e di vecchia generazione, con tanto di localizzazione italiana. Ad accompagnare questo remake comunque ci sono tante interessanti aggiunte che hanno il compito di rendere in qualche modo più attuale un prodotto che porta con sé oltre 10 anni di vita sulle spalle, ma che possiede un potenziale ludico e narrativo a dir poco imponente. Gli sviluppatori hanno centrato l’obiettivo? In parte sì e in parte no, soprattutto considerando anche i loro incredibili traguardi con i primi capitoli della serie Yakuza, ma hanno comunque confezionato un remake che merita di essere vissuto a pieni polmoni, soprattutto se siete appassionati di vecchia data della serie e del lavoro team nipponico in generale. Se siete curiosi di scoprire nel dettaglio cosa ne pensiamo del nuovo capitolo della serie non vi resta che continuare con la lettura della nostra recensione.
Like a Dragon Ishin: la storia del Giappone a portata di katana
Sakamoto Ryoma è una figura storica molto importante nel paese del Sol levante. Il samurai, vissuto nel periodo Bakematsu, ha rivestito un ruolo chiave durante uno dei periodi storici più delicati per la storia del Giappone, finendo per l’essere ricordato, ancora oggi, come uno dei “padri” del Giappone moderno. Le sue lotte e il suo coraggio hanno ispirato diverse generazioni, e ritrovarlo come personaggio principale dello spin-off della serie Yakuza mi ha sinceramente reso molto più curioso del normale. Del resto, il lavoro svolto dal Ryu Ga Gotoku Studio in tal senso è sinceramente lodevole: Like a Dragon Ishin segue proprio la storia di Sakamoto Ryoma, della sua lotta per cambiare le sorti del Paese e del suo desiderio di rovesciare lo shogunato, e lo fa in maniera chiaramente tutta sua. Tra momenti esilaranti tipici della serie, tanti dialoghi e un focus sempre maniacale su quanto avviene sullo schermo, Like a Dragon Ishin si mostra sin da subito come uno dei titoli della batteria del Ryu Ga Gotoku Studio più interessanti a livello narrativo e tematico, per quanto ben lontana da quelli che sono i dogmi della serie principale, che con il capitolo in questione, com’è facilmente immaginabile, non è collegata direttamente.
Ma quindi, quali sono i punti in comune tra la serie principale e questo spin-off? In realtà, dopo aver trascorso oltre trenta ore in compagnia di Sakamoto Ryoma e della sua ossessiva ricerca del misterioso assassino di suo padre, di cui tra l’altro viene accusato ingiustamente dell’omicidio, la risposta è che i punti sono molti. Lo stile, le situazioni, l’umorismo e l’incedere generale dell’avventura ricordano molto quanto avviene nei panni di Kazuma Kiryu, di cui il protagonista di Like a Dragon Ishin eredita l’aspetto e la voce. È proprio questo un altro punto in comune: tutti i personaggi più importanti dell’opera sono riprodotti per fattezze, atteggiamenti e ovviamente nella voce con le sembianze dei volti più importanti della serie principale, come Goro Majima, il detective Naoto e via dicendo. Questo remake, ovviamente, non ha alterato in alcun modo questa caratteristica e, anzi, l’ha ampliata, introducendo nel cast di Like a Dragon Ishin figure prese dai capitoli più recenti come Like a Dragon e Yakuza 6, tra cui spicca il generale Todo, che ricorda Zhao, uno degli alleati principali di Ichiban Kasuga. Tra colpi di scena e segreti continui, la storia vi terrà genuinamente attaccati allo schermo, ma ho trovato alcuni passaggi eccessivamente lenti e tediosi, soprattutto a causa di dialoghi spesso molto carichi di informazioni, che potrebbero in qualche modo scoraggiare anche i più arditi appassionati. In definitiva, però, non posso non apprezzare l’impianto narrativo di Like a Dragon Ishin, la sua rilettura di situazioni e dei personaggi che si alternano sullo schermo e sul campo di battaglia virtuale, in un mare di emozioni che vi trasporterà sin dai primi minuti e sono convinto che anche voi farete altrettanto.
La via del…
Sono sincero: l’aspetto che mi incuriosiva di più di questo capitolo spin-off era sicuramente quello ludico e, nel bene e nel male, ho avuto ragione a reputarlo l’ago della bilancia principale. Nel bene, perché credetemi, senza esagerare, questo è forse il capitolo più divertente e appagante pad alla mano, nel male perché gli sforzi fatti dagli sviluppatori in questo ambito sono stati (giustamente) minimi e probabilmente con poco di più ci saremmo ritrovati per le mani una vera e propria perla. Parto subito col dirvi che Like a Dragon Ishin si poggia su una base di partenza eccezionale. Sakamoto Ryoma ha a sua disposizione ben quattro diversi stili di combattimento diversi. Con la semplice pressione di uno dei quattro tasti direzionali è possibile passare rapidamente e ogni volta che si vuole da uno stile all’altro, con conseguenze sensibili in battaglia per Sakamoto, tanto sul comportamento offensivo quanto su quello difensivo, che si plasma così di volta in volta a seconda della scelta del giocatore. I primi due sono quelli se vogliamo più “naturali”: Lotta libera e Gioco di spade si adattano in maniera più calzante e autentica alla natura del personaggio. Lo stile Lotta libera mi ha ricordato parecchio la via della Tigre di Kazuma Kiryu, con il protagonista che assume una posa arcuata con cui si mostra più abile nel bloccare gli attacchi avversari e rispondere di conseguenza con colpi precisi, combo devastanti e movimenti non esattamente rapidi ma comunque letali.
Ho preferito davvero spesso questo stile di combattimento, soprattutto negli scontri contro alcuni boss, proprio perché ho notato la grande “generosità” in termini di danni inflitti dai pugni di Ryoma, cosa che chiaramente aumenta a dismisura col passare del tempo e con l’acquisizione di nuovi potenziamenti sulla ruota delle abilità. Anche il sistema di combattimento Gioco di spade ha saputo rivelarsi unico e in grado di cambiare radicalmente la personalità in battaglia del buon Sakamoto. Grazie alla sua maestria nell’utilizzo delle spade, Sakamoto assume la postura da battaglia tipica dei samurai, facendo librare colpi precisi con movimenti leggiadri e incredibilmente veloci. Potenziando il ramo in questione, l’abilità con la spada di Sakamoto diventa via via maggiore, acquisendo nuove movenze, nuove tecniche “finali” e in generale un bagaglio più ampio tanto per attaccare quanto per difendersi, ma anche per rompere la guardia avversaria. Se questi due stilemi ludici sono più ordinari, a farci veramente godere sono quelli legati all’apertura verso il futuro di Ryoma, ossia le dottrine legate all’utilizzo delle armi da fuoco. Gli stili Scontro a fuoco ma soprattutto Danza folle, che unisce l’utilizzo della pistola a quello delle armi bianche, hanno reso l’esperienza di gioco ancor più divertente e appagante, anche considerando la grande quantità di nemici da affrontare per poter sperimentare ed affinare le proprie skills, anche in previsione della new entry legata all’arrivo di nuove tecniche uniche, identificati come “carte”, che si sbloccano mano mano che Sakamoto si afferma nelle fila della Shinsengumi. La bellezza di questi stili di combattimento, in particolare Danza folle, che ho amato sin dal primo momento e che continuo a pensare sia una delle cose più belle viste nei lavori del Ryu Ga Gotoku Studio, tanto nella versione base del gioco quanto, purtroppo, in questo remake, sono sporcati da un sistema di combattimento però troppo legnoso e animazioni a dir poco obsolete.
E, se la versione base la si poteva perdonare, non mi sento di chiudere un occhio sul lavoro svolto con la rivisitazione del titolo, che esce praticamente senza alcun tipo di accorgimento di sorta, portandosi dietro le stesse criticità di ormai quasi dieci anni fa. Like a Dragon Ishin soffre enormemente di animazioni lente, movimenti spigolosi e in generale un feedback dei colpi quasi inesistente, oltre che una sorta di input lag molto fastidioso. Per quanto, lo ripeto per evitare ogni dubbio, il gioco rimanga incredibilmente divertente, è evidente quanto in un prodotto che basa molte delle sue fortune proprio sul combattimento e sulle boss fight, è chiaro quanto questa problematica possa rivestire un ruolo importante nella valutazione del gioco. Lo dico con la morte nel cuore: alcuni scontri li ho veramente odiati, proprio per la mancata possibilità di scambiare colpi in maniera armoniosa con il nemico, anche a causa di un sistema di puntamento assente e che poteva essere introdotto, anche per sopperire alle mancanze sopracitate. Da pezzo pregiato a problema principale è un passo molto breve, ma state tranquilli: se siete abituati coi vecchi capitoli della serie potreste abituarvi rapidamente ai ritmi del gioco, ma è comunque un gran bel peccato che il remake non abbia saputo spingere più in alto il livello qualitativo della produzione.
Una città da vivere
Il grande merito di Like a Dragon Ishin è anche l’offrire un’esperienza ludica sontuosa in termini quantitativi. Oltre alla trama principale, che già da sola può tenervi incollati per decine e decine di ore tranquillamente, il gioco vanta anche una batteria di side story molto ampia, alcune di esse decisamente molto interessanti. Oltre alle solite Storie secondarie, il gioco offre anche un sistema di crafting molto basilare, ma comunque interessante. Ritrovando materiali e portandoli al fabbro è possibile creare nuove armi e armature, in un sistema sì classico, ma comunque in grado di offrire un minimo di varietà alla formula ludica del titolo. Non potevano mancare nemmeno i mini giochi: Like a Dragon Ishin vanta un numero interessante di attività extra con cui smorzare i ritmi dell’avventura, che risultano comunque molto classici e mai veramente “rivoluzionari”, e allo stesso modo molto divertenti. Sono convinto che vi perderete parecchio per le strade della città e i suoi segreti e, per quanto ogni cosa vi ricorderà parecchio i capitoli precedenti della serie principale, non smetterete mai di divertirvi e di sentirvi a casa.
Tecnica e grafica
Sarò sincero: mi aspettavo, forse, un tantino in più dal lavoro di restyling in termini tecnici e grafici del gioco. D’accordo, sarà sempre perché io sono pignolo e quando si toccano certe produzioni mi aspetto un lavoro maniacale, ma devo dire che, soprattutto dopo gli ottimi risultati raggiunti con Yakuza: Like a Dragon, anche su PS4, probabilmente qualcosina in più la si poteva fare. Il passaggio al nuovo engine ha contribuito a rendere il colpo d’occhio generale più attuale e piacevole, certo, ma la natura non più giovanissima del titolo si evince fin da subito, a causa di un lavoro di restyling che definirei piuttosto pigro. Escludendo il grande lavoro svolto nella modellazione e nella cura per i personaggi principali e gli antagonisti più illustri, a farmi storcere il naso è proprio quello che è accaduto al resto del pacchetto, lasciato troppo in disparte e che stona parecchio nel quadro complessivo. Capitemi, il mondo di gioco è ricchissimo di persone e ho trovato veramente triste il riciclo continuo e ossessivo di asset quali volti e anche corpi di passanti e nemici, così come mi è certamente dispiaciuto notare il forte distacco tra la pulizia generale degli ambienti interni e quelli esterni.
Considerando anche la scarsissima interazione ambientale e le dimensioni comunque moderatamente ridotte della mappa, mi sarei aspettato di vedere qualche sforzo in più da parte degli sviluppatori nel rendere in qualche modo più armoniosi alcuni aspetti dell’ambiente che circonda Ryoma e le sue avventure. Purtroppo, invece, quelle “spigolosità” tipiche di una produzione non più giovanissima ritornano anche in questo remake, che non offre nemmeno le solite modalità grafiche presenti ormai su tutte le nuove produzioni. Mi sarei aspettato, a dirla tutta, di poter scegliere tra la classica modalità prestazioni e quella frame rate, e avrei scelto la prima per godere del sistema di combattimento ma sinceramente, alla fin fine, il gioco si è comportato molto bene in termini di fluidità e stabilità e, dunque, posso anche metterci una pietra sopra. Molto buona è la localizzazione italiana: escludendo qualche piccolissimo svarione, il lavoro svolto nella traduzione dei testi nella nostra lingua è molto buono e coerente. Niente da dire sul doppiaggio e l’interpretazione da parte del cast, come al solito di ottimo livello, mentre dal punto di vista dell’accompagnamento sonoro mi sarebbe piaciuto vedere qualche traccia in più, ma non si può avere sempre tutto dalla vita. No?
Piattaforme: PC, PlayStation 5, Xbox Series, Xbox One, PS4
Sviluppatore: Ryu Ga Gotoku Sudio
Publisher: SEGA
Like a Dragon Ishin è un signor spin-off. Sul piano narrativo il titolo uscito nel 2014 è uno dei più ricchi mai partoriti dal team di sviluppo giapponese e, per quanto alcuni passaggi risultino troppo scontati, mi ha sinceramente emozionato e conquistato. A ciò si aggiunge un gameplay ricco e sfaccettato, su cui però c’è l’ombra di un lavoro troppo pigro in fase di remake, che non è riuscito a limare le spigolosità di un sistema di combattimento troppo legnoso e per certi versi inadeguato. Resta comunque un’opera che merita di essere vissuta da tutti gli appassionati del genere e della serie, per quanto alcune cose sembrano non aver dimenticato i loro anni sulle spalle.