THE FINALS Provato: uno shooter dinamico e squisitamente distruttivo

The Finals

Un neonato gruppo di sviluppo e un trailer frenetico quanto confusionario: THE FINALS si introduce passo a passo sul Mercato affrontando un misto di spaesamento pubblico, speranze e desiderio di farsi notare. Ciò che è stato imbastito da Embark Studios non è d’altronde un prodotto facile da spiegare con le sole immagini, lo smarrimento non è solamente naturale, ma del tutto prevedibile. Proprio per questo, il progetto si sta accompagnando a un periodo di Play Test attraverso cui gamer e giornalisti possono perlomeno stagliarsi un’immagine di base del contesto videoludico in cui THE FINALS vuole incunearsi. Noi di GamesVillage eravamo presenti, ecco i nostri pensieri.

THE FINALS non è uno hero shooter

Le clip diffuse sulla rete mostrano THE FINALS come una roboante esperienza sparatutto in prima persona in cui personaggi sopra le righe piazzano torrette, dispiegano ostacoli e utilizzano cannoni capaci di curare i compagni di squadra. Siete scusati se, mossi da esperienze videoludiche passate, vi siete fatti l’idea che il gameplay vada a far leva sul genere hero-shooter o, in alternativa, all’ombrello del class shooter, tuttavia l’ultima fatica di Embark si muove in una direzione tutto sommato diversa, puntando a un obiettivo che i programmatori identificano con l’etichetta di “hero builder”.

Nomenclature di marketing a parte, il titolo è effettivamente difficile da comparare con la concorrenza che bazzica la categoria “eroica”, tuttavia è innegabile che la formula prettamente arcade presentata da Embark non manchi di preservare un estro frenetico che rimanda ai grandi nomi del genere. In un certo senso, THE FINALS si pone però come un’esperienza d’intrattenimento proveniente dal passato, il suo approccio è in qualche remoto, ma è arricchito da una formalizzazione delle meccaniche di gioco aggiornata per essere al passo coi tecnicismi odierni. Detto questo, basta guardare alla storia degli sviluppatori per capire come mai gli autori abbiano scelto un approccio tanto nostalgico.

Embark nasce nel 2018 per mano di un manipolo di ex dipendenti DICE insoddisfatti dal panorama videoludico odierno, da loro considerato “stantio”. Il motore che alimenta il loro operato, ci hanno rivelato in occasione della presentazione del titolo, è il desiderio di “costruire giochi migliori e più divertenti per il pubblico” Volendo leggere tra le righe, si potrebbe maliziare che i programmatori fossero insoddisfatti di come il loro vecchio datore di lavoro, ormai sussidiario di Electronic Arts, fosse finito con lo sfornare prodotti pregni di monetizzazioni ciniche o comunque soggetti a molteplici controversie. Il nuovo studio prende le distanze da certi modelli di business, ma non tradisce le sue radici creative, quindi non è difficile notare in THE FINALS quale traccia della distruttibilità vista in Battlefield: Bad Company o della mobilità che ha reso popolare Mirror’s Edge.

Un action frenetico, che ricorda un amico dei tempi passati

Avviato il gioco, l’utente si crea un avatar – agile, massiccio o intermedio –, quindi lo dota di un’abilità speciale, un’arma e tre accessori di supporto. Si tratta di un’impostazione estremamente elementare ed accessibile che permette anche al gamer più sprovveduto di sviluppare un combattente che soddisfi appieno il suo stile di combattimento, dunque la personalizzazione viene ovviamente assecondata dagli immancabili add-on decorativi. Volendo ci si può disegnare un combattente incredibilmente veloce capace di infiltrarsi dietro le linee nemiche per assassinare i bersagli a colpi di pugnale, ma non è da escludere l’opzione di predisporre un carrarmato umanoide che sia in grado di fare da scudo ai suoi due compagni. Non esistono scelte sbagliate. Non in assoluto, perlomeno.

Per la nostra avventura abbiamo optato per una classe dal peso medio con dotazione di kalashnikov, granate, bombe incendiarie e torretta automatica. Pur mettendo da parte i piccoli intoppi dovuti al fatto di avere per le mani una demo ancora acerba, il risultato è stato un bagno di sangue dai toni drammatici. Superata una fugace fase di shock post traumatico abbiamo però iniziato a stravolgere la nostra “build”. Il mitragliatore ha lasciato spazio prima alla revolver, poi al fucile Winchester, le granate si sono trasformate in un defibrillatore e le molotov sono state abbandonate in favore a un’abilità che permette di installare zip-line con cui traversare la mappa. Nel giro di due o tre partite ci siamo creati un profilo in grado di rispondere bene ai nostri comandi e di tenere testa alle insidie avversarie. A quel punto, il gioco ha iniziato a ingranare.

Volendo fare un paragone un po’ audace e che non tutti riusciranno ad apprezzare, i rudimenti di THE FINALS potrebbero ricordare in qualche modo una reinterpretazione aggiornata di ciò che il Brink di Splash Damage aveva cercato di lanciare, fallendo clamorosamente, nel lontano 2011: i giocatori interpretano uno scagnozzo generico altamente personalizzabile, le meccaniche di gioco sono essenziali, il ritmo è frenetico, ci sono svariate possibilità di traversata, la vittoria è condizionata al perseguimento degli obiettivi e il gioco di squadra è un must

Team building e traguardi comuni

La modalità da noi collaudata – “Cashout” – prevede la composizione di molteplici team da tre guerriglieri, i quali si contendono delle scatole contenenti un bottino – le “cash box” – che dev’essere riscattato attraverso delle torrette di deposito estremamente lente. Per chi è avvezzo agli sparatutto, stiamo parlando praticamente del concetto di cattura la bandiera ibridato a quello di king of the hill: per ottenere punti ci si appropria di un oggetto, lo si porta a destinazione, quindi si difende l’area. Uno stratagemma concettualmente semplice, ma incredibilmente efficace per scatenare caos e zizzania tra i concorrenti.

Vale dunque la pena sottolineare che, per quanto abbiamo visto, THE FINALS si è dimostrato significativamente orientato al perseguimento di una strategia di battaglia solida ed efficace. Il mietere vittime tra le file nemiche serve molto poco se la mattanza non è mirata al raggiungimento di un traguardo ben preciso. Avere buoni riflessi rimane certamente di grande aiuto, tuttavia per trionfare è necessario avere al proprio fianco compagni lucidi, comunicativi e che sappiano mantenere alto il grado d’attenzione.

THE FINALS è un live service

Ultimamente il termine “live service”, un tempo tanto osannato dalle aziende, sembra aver subito un mutamento di senso per andare a orbitare nella stratosfera delle formule lessicali ritenute offensive, delle parolacce da non proferire in presenza di persone rispettabili. È innegabile che diversi editori abbiano abusato delle potenzialità della propria libreria videoludica al fine di cercare la formula alchemica dei soldi facili, tuttavia questa categoria rappresenta nondimeno uno strumento neutrale e potenzialmente positivo. Volente o nolente, THE FINALS sarà un live service e debutterà all’interno di un panorama ormai esasperato in cui i giocatori sembrano non sopportare più i titoli che si affrancano alle microtransazioni e ai battle pass, quindi i tecnici di Embark Studios dovranno fare salti mortali per consolidare un equilibrio solido che garantisca un’alta qualità dei contenuti in grado di conquistare i cuori induriti dei gamer..

I loro sforzi dovranno anzi essere doppi, se si considera che il settore videoludico è già da tempo saturo di shooter online a squadre. Per quanto il titolo sia divertente e appagante, i suoi raggiungimenti saranno infatti effimeri se la massa non finirà com dedicargli tempo ed energie. In questo frangente bisogna dunque sollevare una bandiera rossa: THE FINALS fatica ad abbracciare un canone estetico particolarmente unico o memorabile. La sua presentazione, per quanto valida, fatica ora come ora ad emergere sulla concorrenza, con il risultato che il gioco rischia di sparire ancor prima di poter lasciare qualsivoglia segno. 

L’idea di ambientare le partite in arene ispirate al mondo reale – noi abbiamo provato Seul e Monaca – è brillante, così come è apprezzabile l’intuizione di alterare le mappe grazie a un sistema atmosferico vario e immersivo, tuttavia il design del prodotto non persegue a pieno regime le estetiche al neon che si animano il sottofondo delle sue architetture, arenandosi in una posizione mediana che può – e forse deve – essere ulteriormente raffinata. Persino la distruttibilità dei palazzi e degli ostacoli, cavallo di battaglia del titolo, assume perlopiù una connotazione periferica, disertando il suo pieno potenziale. THE FINALS  è divertente, ma deve approfittare di questi ultimi periodi di test per enfatizzare le sue qualità fino a diventare unico e irripetibile.

Piattaforme: PC
Sviluppatore: Embark Studios
Publisher: Embark Studios
Data di uscita: Da definire

THE FINALS è la prima fatica di un gruppo di sviluppatori che, stufo di alcune derive tossiche del gaming contemporaneo, ha ripescato alcuni archetipi videoludici della fine degli anni Duemila per proporre qualcosa di fresco e frenetico. Palazzi profondamente distruttivi, multiplayer orientato alla conquista di obiettivi, meccaniche semplici e immediate fanno di THE FINALS un’opera che, pur con qualche vena nostalgica, non mancherà di divertire e intrattenere. Embark Studios ha però di fronte a sé una doppia sfida: offrire un live service capace di proporre contenuti di valore e, al contempo, ritagliare al proprio prodotto un’immagine che sappia attirare e trattenere i fan degli shooter online, i quali sono già sottoposti a mille stimoli.