Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi: storia di un fenomeno videoludico

Dragon Ball Budokai Tenkaichi

Ogni tanto, il mondo dei videogiochi vive un breve ed effimero istante in cui tutti – o comunque la maggior parte dei giocatori – vivono “quel momento”. Dura un secondo, manco te ne accorgi, ma in quel lasso di tempo migliaia o addirittura milioni di persone si riuniscono sotto un unico grande tetto virtuale e osservano attoniti l’arrivo di qualcosa. E al di là delle urla e discussioni accese e molto spesso spropositate ormai simbolo della “Hype Culture”, questo genere di eventi è talmente carico di emozioni, ricordi ed esperienze che riesce a generare un evento che ad oggi ha del miracoloso: un responso positivo unanime e collettivo. Queste sono le prime sensazioni che la penna riesce a scrivere dopo l’annuncio a sorpresa dell’arrivo di un nuovo capitolo della serie Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi, una delle serie picchiaduro più amate, chiacchierate e soprattutto giocate per quanto riguarda le trasposizioni videoludiche dell’opera magna di Akira Toriyama.

E in occasione di quanto accaduto durante il Dragon Ball Battle Hour, cerchiamo di ripercorrere la storia della serie, raccontarne la sua importanza per il mondo dei tie-in nipponici e riviverne le emozioni tra i suoi grandi alti e i suoi rovinosi bassi. Ma non solo, cerchiamo anche di fare mente locale, raccogliere quanto appreso e riflettere sul futuro della serie, attualmente in sviluppo presso gli uffici di Bandai Namco Entertainment. La macchina del tempo brandizzata Capsule Corp. è pronta, la rotta è stata impostata e siamo pronti a partire. Andiamo!

Budokai Tenkaichi

Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi: la “scintilla” della lotta

E direi di partire da una curiosità – o nello specifico un dettaglio – che per anni ha confuso i giocatori una volta che questa serie è arrivata sul mercato: Budokai Tenkaichi NON È un sequel della serie Budokai. Ma come? Ha lo stesso titolo, lo stesso logo, come può non essere un’evoluzione della formula picchiaduro 2.5D sviluppata da Dimps? La risposta più semplice possibile è marketing. Atari, che allora deteneva i diritti di distribuzione della serie assieme a Bandai, pensò che capitalizzare sul successo della serie precedente avrebbe aiutato nelle vendite, rimuovendo quindi il titolo “Dragon Ball Z Sparking!” sostituendolo a quello che oggi giorno conosciamo tutti. E se da un lato questa manovra ha di sicuro raggiunto il suo obiettivo all’epoca, la qualità offerta dal primo picchiaduro di Dragon Ball in 3D non poteva e non può essere paragonata ai suoi “predecessori spirituali”.

Sviluppato da Spike – sì, la stessa Spike Chunsoft dietro a titoli come Danganronpa e Pokémon Mystery Dungeon – e rilasciato su PlayStation 2 nel 2005, Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi è un titolo che se visto con gli occhi moderni può far sorridere a causa della sua struttura tecnica. Grezzo, legnoso e a tratti praticamente ingiocabile, il primo capitolo della serie non propone un gameplay profondo o memorabile, ma riesce comunque a mantenere la promessa iniziale ovvero quella di essere in tutto e per tutto un simulatore dell’esperienza di Dragon Ball. Un gioco che fino ad ora non si era mai visto, o che quantomeno non raggiungeva livelli imbarazzanti come quel Dragon Ball Z: Sagas uscito nello stesso anno.

Le “piccole” ma allo stesso tempo sterminate arene 3D diventavano il teatro di quella che potremmo definire una scazzottata tra le action figure dei nostri personaggi preferiti. Il o i giocatori avevano il completo controllo di Goku e compagni, dal movimento su più livelli (terra, aria e mari), all’esecuzione di un sistema di combattimento basato su combo facili da imparare ma difficili da concatenare in sequenza e come non dimenticare la feature che ogni giocatore ha provato a orchestrare con i propri amici: la possibilità di effettuare scontri drammatici tra fasci d’energia e durante i quali la levetta analogica sinistra va fatta ruotare il più velocemente possibile per vincere. Roba che farebbe tremare di paura un Joy-Con di Nintendo Switch. Oltre a questo e a un roster di 64 personaggi giocabili appartenenti alle saghe di Dragon Ball Z e GT, resta davvero poco di veramente degno di essere ricordato. La modalità storia infatti propone una trasposizione povera e approssimativa dell’opera di Toriyama, con scenari e costumi completamente sballati e una regia in-engine tutt’altro che lungimirante. Certo, c’erano le modalità Torneo Mondiale e Ultimate Battle da 100 incontri ad allungare la longevità del gioco, e chissà quante ore si possono tirar fuori dagli Scontri 1v1 tra 2 giocatori o contro la CPU, ma a conti fatti questo primo capitolo della serie Budokai Tenkaichi rappresentava un titolo sperimentale. Una base che sarebbe poi esplosa nel suo sequel.

NEO: The Tenkaichi Ends with Goku

Se il primo Budokai Tenkaichi rappresenta una base dalla struttura traballante ma comunque divertente nel suo piccolo, Budokai Tenkaichi 2 (o Sparking NEO) è il sequel di mezzo che non solo ha imparato dalle sue lacune tecniche, migliorandole, ma è anche il gioco che ha dato inizio all’immensa popolarità del genere “arena fighter” verso la seconda metà degli anni 2000. Oltre a un gameplay semplificato nel suo funzionamento – con una revisione completa del suo combat system e soprattutto della confusionaria meccanica dello “stun” presente nel primo capitolo – ma allo stesso tempo ampliato con nuove combo, nuove manovre difensive come la possibilità di effettuare blocchi laterali, cancel delle animazioni tra una mossa e l’altra, possibilità di ottenere frame di invincibilità e tutta una serie di tecnicismi e termini da fighting game glossary che hanno reso lo scorrere delle lotte pad alla mano ancora più frenetiche e avvincenti. Migliorata anche la presentazione generale del gioco; adesso le arene risultano molto più colorate rispetto agli ambienti spenti di BT1 e i modelli 3D in cell-shading dei personaggi risultano molto più curati e coerenti con lo stile artistico impostato da Spike.

Anche i contenuti hanno ricevuto uno Zenkai Boost non indifferente, a partire da un roster di ben 126 personaggi se si includono quelli esclusivi della versione per Nintendo Wii come il Grande Mago Piccolo, Cyborg Tao Pai Pai e Pilaf, che andavano quindi a introdurre assieme a Goku Bambino e il nonno Gohan la prima serie di Dragon Ball all’interno di questa enorme mischia, ma non solo loro. La possibilità di trasformarsi durante i combattimenti – pesante lacuna del suo predecessore – ha permesso al team di sviluppo di sfogare la propria fantasia, aggiungendo trasformazioni mancanti e arrivando a introdurre forme “non canoniche” come le varie versioni Oozaru (o Grande Scimmia) di Nappa, Raditz, Turles e Bardock. Ma se si parla di contenuti e Budokai Tenkaichi 2, non si può non parlare di ciò che lo ha reso uno dei due capitoli più apprezzati e l’eterno punto di discussione tra i fan della serie: la modalità Avventura del Drago.

La struttura narrativa a capitoli è arricchita da una open map esplorabile, piena di sfide extra e collezionabili variabili a seconda della saga o pianeta in cui ci si trova. Il ritmo dello scorrere dei vari eventi ha invece subito un rallentamento, dando la possibilità ai giocatori non solo di vivere ogni singolo evento significativo del manga e dei film di Dragon Ball Z e GT, ma anche di esplorare eventi ancora una volta fuori dall’opera di Toriyama (definiti capitoli “What It?”) dedicati a uno specifico personaggio o finale alternativo. Un’esperienza di una ventina di ore che però ha un enorme e gigantesco “Ma…” a rovinare tutto: il modo in cui la storia viene presentata. A prescindere dagli errori di continuità con i film e la serie GT, dovuta al roster e alle arene disponibili – che sì includono Goku, Vegeta e Gogeta in versione Super Saiyan 4, ma non le loro forme base mostrate nell’anime – il vero problema della modalità Avventura del Drago è il suo abuso di scenette in stile Visual Novel 3D statiche e fin troppo prolisse, con ogni tanto qualche filmato creato all’interno del motore di gioco dalla buona regia ma che non salvano una presentazione che lascia a desiderare e che dimostra le limitazioni di uno sviluppo su base annuale.

A parte questo piccolo neo, Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2 è il risultato della passione e del duro lavoro di Spike verso questa proprietà intellettuale, che nel 2006 ha preso tutto quello che funzionava nel primo capitolo e ha arrecato più risorse e tempo possibile per migliorarlo. Ma è ovvio che non ci troviamo ancora davanti al suo massimo potenziale, in rotta di collisione per il 2007 e che… Beh…  

“Ciao mamma, la PS2 è stata colpita da una meteora”

Lo ricordo ancora come se fosse ieri: ero a casa di una compagna delle elementari e a un certo punto – mentre giravamo di stanza in stanza – noto che uno dei suoi fratelli intento a giocare con la sua PlayStation 2. Il gioco era familiare, era Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2 che all’epoca avevo scoperto e provato grazie alla biblioteca cinematografica specializzata in noleggi di DVD e Videogiochi. Tuttavia, c’era qualcosa che non tornava: la grafica, le animazioni, le musiche. Era Budokai Tenkaichi… Ma più bello. Manco il tempo di salutare la mia coetanea che schizzai di fretta e furia verso casa, accesi il computer e – grazie alla rivoluzionaria connessione ADSL – cominciai a informarmi sul sito tramite i forum e a un neonato YouTube. Me ne innamorai.

Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 3 (o Sparking METEOR) è l’apoteosi e il miglioramento definitivo della formula creata da Spike, la perfetta conclusione di una saga che ha assunto il ruolo di spartiacque dei tie-in basati sugli anime shonen. Archiviato il discorso “presentazione e resa artistica” del capitolo precedente, non restava altro da fare se non migliorare e rimescolare le carte del gameplay, rendendolo ancora più veloce e aggressivo. Gran parte dei colpi energetici utilizzabili, e che fino a BT2 dovevano essere caricati dal giocatore, vengono preceduti da coreografie e inquadrature studiate ad hoc che replicano alcune delle tavole più iconiche del manga; altre mosse finali sono state rielaborate per permettere scontri tra raggi energetici dalla potenza immane come la Kamehameha Padre-Figlio e la Super Sfera Genkidama. Stesso discorso per la maggior parte delle trasformazioni, precedute da particellari e VFX più definiti e meno generici, o addirittura vere e proprie sequenze animate inedite come le terrificanti procedure di assorbimento che caratterizzano Cell e Super Buu. Insomma, Budokai Tenkaichi 3 accarezza la sottile linea di demarcazione tra videogioco picchiaduro e opera animata, trasudando creatività e passione da ogni pixel.

E la stessa passione e creatività si riflette anche nei contenuti offerti dal gioco. Partendo da un cast di ben 162 personaggi provenienti da tutto il materiale originale disponibile all’epoca, e con alcune scelte “folli” come Arale, ChiChi e Future Gohan, l’incarnazione del giovane saiyan apparsa nello Special OVA dedicato a Trunks e che aveva da pochissimo debuttato in Shin Budokai 2 per PSP (sempre sviluppato da Dimps). Ma non solo: Devilman, Babidi, il Generale Blue del Red Ribbon, Ottone, i Soldati di Freezer, Tapion, Nova Shenron e Goku bambino da Dragon Ball GT – con quest’ultimo assente dagli schermi videoludici dal tremendo Final Bout (PS1, 1997) – e chi più ne ha più ne metta; una pletora di personaggi da mischiare come più ci aggrada e che alzano vertiginosamente la longevità del titolo a centinaia di ore tra dialoghi nascosti, easter egg e chicche per i fan più appassionati. E rendiamoci conto che tutto questo può essere trovato nella semplice modalità Scontro 1v1 con la CPU o un altro giocatore. Oltre alla già citata modalità Torneo Mondiale del Drago, con al suo interno ben 5 diversi tornei dai premi e dalle meccaniche differenti, e una modalità online esclusiva per Wii e purtroppo non più funzionante; la versione PS2 offriva la possibilità di utilizzare la funzione Fusione Disco, un premio per i giocatori di lunga data e che permetteva l’accesso alle funzioni segrete della modalità Battaglia Suprema, un “simulatore” gestito dal computer del Dr. Gero con diverse modalità aggiuntive e che vanno a incrementare il valore dell’orologio di gioco.

L’unica “nota negativa” se così la si può definire del gioco è la sua Storia del Drago, una modalità storia che potrà non essere approfondita o longeva (nel bene e nel male) quanto quella di BT2, ma che merita comunque di essere inclusa in questo articolo per il suo funzionamento che a quei tempi si poteva considerare “sperimentale”. A differenza degli scambi di battute tra personaggi tramite una struttura visual novel, ogni capitolo di questa modalità butta fin da subito il giocatore all’interno dell’azione, integrando la narrazione e lo scorrere degli eventi durante gli scontri tramite il doppiaggio e i sottotitoli e dando la possibilità al giocatore di premere il tasto R3 per proseguire oppure “tirare la corda fino a spezzarla”, alla scoperta di svariati finali alternativi o scontri inediti. Cosa sarebbe successo se il Maestro Muten avesse sconfitto Broly? Oppure se Goku si fosse messo in mezzo tra Gohan e Darbula? Insomma, anche in questo caso nuovi modi per rendere l’avventura di Goku il più interattiva possibile, prima che CyberConnect2 rimescolasse le carte in tavola con la serie Naruto Ultimate Ninja Storm.

Budokai Tenkaichi Modmania

Ma Budokai Tenkaichi 3 non è famoso solo per la sua mole colossale di contenuti e cura per i minimi dettagli, o per il suo combat system. Oh no, c’è ancora tanto di cui parlare e potrei estendere l’argomento all’infinito, ma siccome questo renderebbe l’intero articolo del tutto in-fruibile o prolisso da qui fino all’eternità, cercherò di essere breve. La varietà di contenuti offerta da BT3 e sotto certi aspetti l’incapacità di Spike, Bandai Namco, e della loro routine di rilascio annuale, esperienze della stessa qualità e cura su PS3 e Xbox 360 – con dei Raging Blast 1 e 2 scarni e la definitiva morte della serie con Ultimate Tenkaichi – ha portato a schiere di fan e smanettoni a “tornare indietro” e creare mod e nuovi personaggi da inserire all’interno di Budokai Tenkaichi 3. Una community così attiva da permettere l’arrivo dei personaggi appartenenti alla serie Dragon Ball Super o altro materiale fuori dal canon come Dragon Ball Heroes con un livello di dettaglio e dedizione che – pur trattandosi di lavori “artigianali” – non sfigurano di fronte agli asset del gioco ufficiale. E sebbene non possa condividere alcun link o pagina nello specifico, vi consiglio di addentrarvi all’interno di questo mondo bizzarro e allo stesso tempo affascinante. Si tratta senza alcun dubbio di una vera e propria sottocultura dell’internet – non dissimile da quanto si possa trovare all’interno delle community di Gmod, Team Fortress 2 o Half-Life – che giorno dopo giorno sforna nuove versioni dello stesso gioco del 2007. E come ogni community, non mancano le perle di puro trash e non-sense, degne dei peggiori meme e leggende metropolitane su Goku Super Saiyan 100 e tutto quello che i nostri cellulari potevano ospitare grazie alle meraviglie del trasferimento immagini tramite Bluetooth che riempivano le lunghe “pause merenda” della scuola elementare.

Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi: perché lo adoriamo e cosa possiamo aspettarci nel futuro della serie?

Conoscete il gioco “Bishōjo Senshi Sailor Moon S: Jōgai rantō!? Shuyaku sōdatsusen”? Si tratta di un picchiaduro per SNES uscito nel 1994 e famoso tra gli appassionati per essere uno dei giochi più sbilanciati e ingiusti di sempre, con mosse in grado di ridurre gli avversari in polvere e ribaltare un incontro. Ecco, lo stesso discorso lo si può applicare per Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi e i suoi sequel. Nonostante negli ultimi anni la serie abbia ricevuto titoli di tutto rispetto come Kakarot e FighterZ, il primo un’ottima re-immaginazione in stile action rpg dell’opera di Toriyama e l’altro un sublime (netcode permettendo) picchiaduro 3v3 in stile Marvel, la possibilità di creare matchup del tutto sbagliati come Saibaman contro Gogeta Super Saiyan 4 e testare le proprie abilità da giocatore con sfide sempre più assurde, rimane ancora uno dei punti di forza della serie Tenkaichi, con buona pace di altri progetti che hanno provato a “emularne” l’anima come Xenoverse. Perché dopotutto – e vi prego di non prendere questo pensiero come il pensiero distorto di un finto-boomber videoludico” – si parla pur sempre di un titolo appartenente ai “vecchi tempi” e dove non importava tanto avere un picchiaduro competente, bilanciato e tecnicamente eccelso. Bastava menare le mani.

Ma adesso sono passati 15 lunghissimi anni e ora Budokai Tenkaichi è pronto a tornare su PS5 e Xbox Series X|S con un nuovo capitolo e non posso non nascondere una certa emozione. Allo stesso tempo però, sono appunto passati 15 anni e il mondo dei videogiochi è cambiato parecchio a livello tecnologico – e da quel che si è visto, sembra che almeno in quel frangente non dovrebbero esserci problemi – e anche a livello economico, con nuovi metodi di monetizzazione tramite DLC e season pass. E se Xenoverse 2 e la sua quantità di DLC dal costo totale di 270 euro possono testimoniare la volontà dei publisher di spremere l’utente fino all’ultimo centesimo, in nome di una passione per il brand nata dalla nostalgia o dal semplice amore per il mondo di Dragon Ball e i suoi personaggi, Bandai Namco (o chi svilupperà il gioco per lei) dovrà fare molta attenzione a non calcare troppo la mano, fornendo ai giocatori un’esperienza al day one almeno paragonabile a quella di Budokai Tenkaichi 3, con l’aggiunta dei personaggi più recenti dell’era Dragon Ball Super e la presenza di modalità di gioco varie e soprattutto valide. Succederà? Sarà un disastro annunciato? Non ci resta che attendere per scoprirlo. Incrociamo le dita o se volete, alziamo le braccia al cielo.

Game Designer e scrittore, alla fine si è deciso ad aggiornare la propria bio dopo 50 anni di muffa. Perché va bene l'essere "cresciuti a pane e Tekken 2", ma a una certa arriva il momento di "voltare pagina".