Dino Crisis: una serie tanto amata e perché dovrebbe tornare

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Dino Crisis è un po’ come la pizza il sabato sera: non sai bene il perché, ma sai che devi mangiarla e che vuoi mangiarla. Il titolo distribuito da Capcom nell’ormai lontano 1999 è stato, e per certi versi è ancora, uno dei prodotti culto del medium videoludico, risultando un prodotto tanto semplice e genuino nella sua concezione quanto complesso e ambizioso nella sua creazione. Del resto, Mikami non ha mai badato a spese e non si è mai tirato indietro, per quanto, in realtà, proprio con il primo Dino Crisis ha dovuto sottostare a diversi blocchi imposti da Capcom, che hanno in parte contribuito anche all’allontanamento del geniale director dal brand. Al netto di ciò, Dino Crisis è uno di quei prodotti che difficilmente passano inosservati. Da grande appassionato di dinosauri e dei vari Jurassic Park, non posso non ammettere che, già dalle prime battute, il titolo di Capcom mi ha suscitato un appeal irresistibile e, nonostante fossi molto giovane (nel 1999 avevo circa 12 anni), ho fatto il diavolo a quattro per poterci giocare. In compagnia del mio fidato compagno di mille avventure videoludiche (mio fratello più grande), mi sono lasciato trasportare dal fascino di un titolo che ancora oggi farei di tutto per poter rivivere con la stessa emozione e, per quanto i capitoli successivi non hanno saputo mantenere il livello del progetto sulla stessa onda, è innegabile che Dino Crisis sia comunque una pietra miliare del settore videoludico. E proprio a tal proposito le voci, sempre più diffuse (ma continuamente smentite), sul possibile arrivo di un nuovo titolo a tema o di un remake dei primi capitoli della serie sono diventatate un vero e proprio tormentone. Dino Crisis tornerà veramente? Io lo spero, e voglio provare a farvi capire perché questa serie meriterebbe di essere vissuta anche dalle nuove generazioni di videogiocatori.

Dino Crisis: il fascino di un titolo immortale

Il primo Dino Crisis non si scorda mai! No, non è uno slogan romantico. È innegabile quanto il primo capitolo della serie sia quello più riuscito a più simbolico, anche grazie alla supervisione di Mikami ed alle sue idee rivoluzionarie, tanto sul piano tecnico quanto sul piano narrativo e tematico. Le geniali idee di Mikami hanno fatto sì che il titolo sia arrivato sul mercato con un piglio creativo molto propositivo, quasi rivoluzionario, il che è già un segnale forte di quanto dietro al progetto ci sia sempre stata tanta ambizione. Dino Crisis è stato un po’ il primo squillo di una carriera poi rivelatasi incredibile e ha saputo riflettere in qualche modo tutta l’autorialità del suo creatore. In un futuro tutto sommato prossimo, sulla fantomatica isola di Ibis l’ambizione e la pazzia di uno scienziato – creduto morto – hanno riportato in vita una delle specie animali più affascinanti della storia: i dinosauri.

Per questo motivo, il recupero del famigerato dottor Kirk diventa una priorità assoluta per il SORT, che manda i suoi agenti migliori a mettere al sicuro una delle menti criminali più temute. Proprio tra i membri del team incaricati della missione figura Regina, l’affascinante e risoluta protagonista dei primi due capitoli, nonché simbolo dell’intero franchise. Regina è un personaggio che sembra provenire da un’epoca diversa, ed è per questo che è sempre stato facile entrare in sintonia con lei e diventare il suo braccio armato nella lotta contro gli orrori dell’isola. E tornando proprio a parlare dell’isola e dei suoi segreti, è chiaro sin da subito che è proprio questo uno dei punti cardine del successo del primo Dino Crisis: l’orrore, la sensazione di impotenza, quel continuo senso di pericolo che attanaglia il giocatore per tutta l’avventura, mixati sapientemente con una storia sì dai dettami da movie americano anni 90, ma comunque in grado di tirar fuori diversi spunti interessanti, grazie anche alla grande cura riposta nel cast e nella sua evoluzione.

Dino Crisis 2: un sequel meno ispirato, ma comunque affascinante

Le decine e decine di ore di gioco passate a tentare di portare a casa la pelle e contemporaneamente ammirare la bellezza di un mondo di gioco tanto affascinante quanto pericoloso hanno fatto sì che l’arrivo di Dino Crisis 2 fosse una delle cose che più ho atteso in vita mia. Non vedevo l’ora di tornare a vestire i panni di quel personaggio diventato ormai un po’ il simbolo della mia vita videoludica, nonostante non sia mai stato un vero e proprio fan dei sequel, anche delle opere a cui sono più legato, e per certi versi avevo anche ragione. Dino Crisis 2 è un un ottimo gioco, ma per diversi motivi non ha saputo bissare quel successo a tratti visionario del suo predecessore. Questa volta il percorso di sviluppo non è passato per le mani di Mikami, che si è allontanato dal progetto lasciandolo nelle mani del resto del team, e in particolare di Shu Takumi che, tra le altre cose, ha deciso di alterare in qualche modo la formula del gioco, proponendo un prodotto sotto diversi aspetti diverso ma comunque funzionale.

Dino Crisis 2 vive di un’anima decisamente più action, in cui i toni cupi si avvertono più nella linea narrativa e tematica che accompagna il gioco che nella visione effettiva del prodotto, che si libera anche in larga parte di quei dettami tipici dei survival horror. Il nuovo capitolo del brand è un titolo più dinamico e “caciarone” ma narrativamente parlando conserva tutta l’oscurità dei temi del primo capitolo. Stavolta la minaccia che incombe su Regina e sul mondo intero è decisamente più grande e va oltre i confini dell’isola di Ibis, affondando le sue radici in tinte catastrofiche ben più corpose e spaventose. Per quanto tutto funzioni a dovere, Dino Crisis 2 ha però lasciato qualche “buco” di troppo, sotto diverse prospettive e, per quanto mi riguarda, non ha avuto quello stesso impatto devastante del suo predecessore. Questo è stato sicuramente un primo campanello d’allarme per una serie dal potenziale enorme, ma che ha iniziato a perdere colpi di capitolo in capitolo.

Dino Stalker: il sequel non sequel (spin-off) che pochi conoscono

Ci sono voluti circa due anni per veder tornare, in qualche modo, la serie in azione, seppur però in modo diverso. Arrivato ufficialmente come terzo capitolo della serie Gun Survivor, e dunque con i dogmi di uno spin-off nudo e crudo, Dino Stalker si è in qualche modo incastonato a livello narrativo con il secondo capitolo numerato della serie, e più precisamente con alcuni dei suoi personaggi e il loro destino, rimasto in sospeso qualche anno fa con Dino Crisis 2. Essendo un titolo della serie Gun Survivor, il primo grande punto di rottura col passato, se così si può dire, risiede nel gameplay, che ovviamente qui assume i dettami di uno sparatutto in prima persona più puro, con derivate tinte da survival horror decisamente intriganti.

Per quanto il titolo sia comunque più modesto in termini soprattutto narrativi, a livello ludico ha saputo comunque dire la sua, proponendosi come una sorta di versione più leggera di quanto visto nella serie principale, risultando un perfetto mix tra azione e pura distruzione, figlia di una corposa varietà di nemici da affrontare e da sconfiggere con meno pensieri e più voglia di buttarsi nella mischia, tra dinosauri di ogni forma e connotazione morfologica.

Dino Crisis 3: quel terzo capitolo che pochi ricordavano

Pensavate che fosse finita qui? E invece no, perché Dino Crisis ha continuato a esistere nella mente e nella voglia di Capcom di continuare a battere il ferro caldissimo di un brand sempre amato, al netto di quanto detto poco sopra. È così che arriva sul mercato Dino Crisis 3, che però a differenza del secondo capitolo segna un solco ben più evidente col passato, soprattutto a livello narrativo. Il gioco è infatti ambientato ben cinquecento anni dopo la linea temporale dei primi due capitoli, ma raccoglie i cocci dell’intelaiatura narrativa della serie portando avanti quello stesso terrore verso i temibili avversari, seppur con un setting e un’ambientazione completamente diversa.

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Dino Crisis 3 è ambientato nello spazio, con la nave Ozymandias che diventa il teatro di un nuovo e più minaccioso orrore, ma al contempo anche, probabilmente, uno dei tasselli più importanti verso la fine del brand per come lo conoscevamo. Dino Crisis 3 fa fatica a creare una struttura narrativa convincente intorno ai suoi personaggi, e nonostante abbia più strumenti (anche in termini di potenza tecnologica) sul piano ludico, non riesce a reggere l’urto coi suoi predecessori, ponendosi sul mercato come un propdotto decisamente più modesto e per diversi aspetti incolore.

Dino Crisis: quale futuro per il brand?

Per tutte le ragioni e per tutto quello che ho scritto poco sopra è chiaro che la storia d’amore tra Dino Crisis e la sua community non può finire così. Purtroppo, è innegabile che la creatura di Mikami e di Capcom abbia assunto sembianze sempre meno convincenti e piacevoli nel corso degli anni, ragion per cui quel senso di vuoto che si è creato, negli anni, nella community di appassionati è cresciuto a dismisura. E, non a caso, al netto dei tanti anni trascorsi, Dino Crisis continua a far parlare di sé, incessantemente, con una schiera nutritissima di fan (tra cui il sottoscritto) che richiedono a gran voce il ritorno della serie, in qualsiasi modo, purché sia comunque un ritorno convincente e in grado di riportare il marchio verso i fasti di una volta. Immaginare il ritorno di Dino Crisis, nell’epoca dei remake e delle remaster, a dire il vero, non è nemmeno uno scenario tanto complicato. Ma è davvero tutto fattibile? Negli ultimi tempi, le voci su un possibile ritorno di Dino Crisis, proprio sotto forma di remake o di remaster del primo capitolo in particolare, sono diventata sempre più frequenti, per quanto comunque quasi sempre prive di riscontri ufficiali o perlomeno ufficiosi.

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Capcom continua a non rispondere alla voce dei tanti fan, ignorando la richiesta dei fan per ragioni che, onestamente, fatichiamo a comprendere. Sia chiaro, muoversi in tal direzione non è affatto semplice né può garantire un successo scontato all’azienda nipponica, ma sono convito che, proprio per l’epoca videoludica in cui siamo attualmente, questa scelta potrebbe risultare più che vincente. A onor del vero, molti appassionati si accontenterebbero e si sarebbero accontentati anche di un semplice inserimento nel catalogo dei titoli dei grandi classici sul PlayStation Plus Extra, altra voce piuttosto frequente degli ultimi mesi e sempre smentita. Insomma, sembra sempre che qualcosa sia destinato ad andare storto quando si parla di Dino Crisis, ma io non perdo la speranza. D’altronde, Capcom negli ultimi anni sta dimostrando di saper lavorare molto bene, con i suoi tempi e i suoi modi,  e di saper risorgere sempre delle ceneri e sono convinto che, prima o poi, lo stridio dei velociraptor che più mi e ci mancano tornerà più forte di prima, e poco importa se sarà un remake o una remaster. C’è bisogno di Dino Crisis, e sono sicuro che un giorno se ne accorgeranno anche loro!

Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.