Horizon Call of the Mountain recensione: non una gran giostra, ma una giostra

Horizon Call of the Mountain

PlayStation VR2 si è ormai affacciato sul Mercato e PlayStation 5 promette di diventare una piattaforma capace di far concorrenza alla realtà virtuale del settore PC. In occasione del lancio dell’attesa periferica, Sony si è assicurata di mettere a disposizione del pubblico una primissima selezione di titoli d’alto profilo progettati o riadattati al fine di valorizzare le piene potenzialità dello strumento. In questo elenco di nomi spicca Horizon Call of the Mountain, spin-off della celebre saga Horizon di Guerrilla Games che nasce con l’intenzione di garantire al device una killer application degna di entrare nella storia.

Per raggiungere un simile traguardo, lo staff di noti sviluppatori ha chiesto supporto anche al team britannico di Firesprite, uno studio nato nel 2012 che si è guadagnato nel tempo le attenzioni di Sony Interactive Entertainment, la quale ne ha assorbito le forze nel settembre del 2021. La genesi di Horizon Call of the Mountain rappresenta in altre parole una doppia scommessa: da una parte c’è il gigante nipponico che vuole usare il titolo come leva per promuovere il nuovo visore, dall’altra si trova una realtà di sviluppo relativamente giovane che non vede l’ora di mostrare finalmente al mondo cosa sia in grado di fare. Il risultato? L’opinione potrà variare profondamente a seconda dei soggetti ai quali porrete il quesito e la pluralità di letture non mancherà di suscitare accesi dibattiti internettiani.

Horizon Call of the Mountain, con l’accento che cade su “montagna”

I gamer dotati del nuovissimo prodotto di casa Sony potranno vestire i panni – quasi letteralmente, vista la dimensione coinvolgente della realtà virtuale – di Ryas, un “maestro scalatore e arciere” appartenente alla tribù dei Carja delle ombre. Se non siete fan del noto brand, non preoccupatevi, l’intreccio con la mitologia generale della saga viene trattato superficialmente e nei fatti il motore narrativo si può riassumere in un archetipo tipico da film action: il protagonista è un ricercato a cui viene assegnata una missione suicida con la promessa della grazia. Procedendo con l’avventura il copione si anima di sfaccettature più elaborate, tuttavia queste non raggiungono mai vette per le quali sia necessario impegnarsi in profondi ragionamenti e anche l’utente meno preparato avrà modo di non sentirsi smarrito. Horizon Call of the Mountain non esiste per strabiliare il pubblico per la sua trama sconvolgente, questo è chiaro.

Il focus dell’intera esperienza si concentra piuttosto sulle abilità tecniche del sopracitato delinquente, ovvero sui suoi talenti con l’arco e la sua propensione a inerpicarsi sulle pareti rocciose. Le scalate di certo non mancano. Come si evince dal titolo dell’opera, le montagne sono un passaggio essenziale dell’intera esperienza di gioco e buona parte dell’avventura si sintetizza nel dover superare ostacoli e crepacci che cadono a strapiombo su paesaggi mozzafiato abitati da pericolosi esseri robotici. Se l’idea di trascorrere ore a fissare le vostre mani digitali scivolare tra gli appigli di una parete di tufo vi sembra noiosa, potete direttamente glissare il gioco per dare priorità ad altre alternative. Magari a Resident Evil Village, ora che il survival horror si è dotato a sua volta di una modalità VR.

Senza girarci troppo attorno, l’avventura che Guerrilla Games e Firesprite hanno imbastito per il PlayStation VR2 non sarà mai per tutti. La ripetitività del gameplay è estremamente marcata e bisogna inoltrarsi non poco all’interno del titolo prima che sessioni di combattimento e indovinelli riescano effettivamente a sollecitare stimoli diversi dal doversi procacciare punti di appoggio all’interno di percorsi prestabiliti discretamente lineari. Detto questo, la dimensione della realtà virtuale incide non poco sui risultati finali, con il risultato che anche un’attività mostruosamente ordinaria raggiunge una profondità immersiva tale da essere priva di paragoni. Bastano pochi minuti per avere l’impressione di essere di persona sul posto: si inizia a percepire lo sforzo fisico e mentale patito da Ryas, a trattenere il respiro nei passaggi più vertiginosi, ad asciugarsi le mani madide di sudore.

Il combattimento è sullo sfondo della scenografia

Il mondo di Horizon si può sintetizzare come un Pleistocene fantascientifico in cui i mammut hanno lasciato spazio a dinosauri e belve meccaniche di varia natura e forma. Si tratta di un contesto in cui la “natura” estremamente ostile spinge gli abitanti ad affinare i rudimenti della caccia e a sviluppare competenze nel combattimento a distanza. Con una mitologia tanto colorita e scenografica, Horizon Call of the Mountain non poteva che sfruttare la sua fauna cibernetica per decorare l’esperienza con elementi di colore che siano in grado di offrire una distrazione dalle sole meccaniche del free climbing, depistaggi che in questo caso prendono la forma di sessioni di combattimento qualitativamente altalenanti.

Le creature sono animate e progettate in maniera notevole, con le scene scriptate che si dimostrano mozzafiato e adrenaliniche. L’emozione di vedere i mastodonti di metallo così da vicino rappresenta uno stimolo estremamente diverso dal viverli solamente in terza persona e le scene cinematografiche sono tanto coinvolgenti che i programmatori hanno deciso di includere una modalità Safari interamente dedicata a godersi appieno la magnificenza di simili entità. Purtroppo la fascinazione fanciullesca del mondo di gioco si infrange senza pietà nel momento in cui le macchine non sono più oggetti scenici, ma avversari da sconfiggere.

Complice l’impostazione del sistema di gioco, gli scontri sono spesso e volentieri confinati in “ring” facilmente identificabili e si risolvono semplicemente applicando pazienza e determinazione. Con la scusa che Ryas sia un guerriero e non un cacciatore, Horizon Call of the Mountain ha abbandonato le trappole e le strategie presenti altrimenti nel filone principale della saga, quindi le opzioni belliche di base si limitano perlopiù nello scoccare frecce e nello schivare di tanto in tanto gli attacchi nemici. L’arsenale prevede la costruzione di dardi dotati di effetti speciali minori e l’interazione con l’ambiente può aiutare a risolvere più efficacemente scontri, tuttavia questo genere di sfide tende ad assumere più che altro la dimensione di un mini-gioco secondario, lasciando all’utente ben poco margine decisionale.

Horizon Call of the Mountain è una tech demo?

Che gli si voglia dare una valenza positiva o negativa, il titolo è caratterizzato dalla peculiarità del voler concedere priorità all’illustrazione delle funzioni dell’ottimo visore PlayStation VR2. Questa necessità comporta che il titolo orbiti pericolosamente vicino alla sfera delle tech demo, con il risultato che un occhio critico non può fare a meno di non notare certe forzature. Così come sovente capita che i film girati in 3D cerchino di intrattenere il pubblico “lanciando” l’immagine contro lo spettatore, così Horizon Call of the Mountain pone nelle mani dei gamer degli espedienti che ben evidenziano la dimensione tecnica dell’apparecchio, ma che stonano con la scenografia di riferimento.

Un simile presupposto sfuma il confine che esiste tra le qualità proprie del videogame e quelle attribuibili al visore, tra la dimensione artistica e la profondità ingegneristica. Tenendo conto della sua fascia di prezzo, il PlayStation VR2 è d’altronde tra i set di realtà virtuale più appaganti e notevoli che abbiamo mai avuto modo di sperimentare, la sua resa rappresenta un traguardo importante per Sony, e Horizon Call of the Mountain mette in campo tutto ciò che serve per poterlo esplorare a fondo, ma proprio per questo il titolo fatica a sviluppare una dimensione valoriale autonoma. Le cinematiche sono eccellenti e anche qualche rompicapo si dimostra effettivamente entusiasmante, tuttavia i momenti di pregio sono sparpagliati in un’avventura che complessivamente si dimostra apatica e priva di mordente, ben lontana dalle virtù della saga di riferimento.

Piattaforme: PlayStation 5
Sviluppatore: Guerrilla Games, Firesprite
Publisher: Sony

Volete acquistare un PlayStation VR2 e cercate un titolo che sappia pienamente valorizzare le sue qualità? Horizon Call of the Mountain è il gioco che fa per voi, ancor più perché entrambi i prodotti possono essere recuperati in un unico comodo bundle. Se però cercate qualcosa che sia in grado di superare i confini della tecnica per sfociare verso una dimensione artistica, ci sono buone possibilità che l’ultima fatica di Guerrilla Games e Firesprite finisca con il deludere le vostre aspettative. Al titolo non mancano elementi di pregio, tuttavia questi vengono dissipati all’interno di un’esperienza videoludica che coinvolge l’utente facendo leva sulle qualità del supporto utilizzato, più che su di un’avventura degna di nota. Sotto molti aspetti giocare a Horizon Call of the Mountain è come salire sulla giostra di un parco a tema: è eccitante e frenetica, ma il pubblico non è che un soggetto passivo che si muove davanti a fondali plasmati nella cartapesta.

VOTO 7.2

VOTO: 7.2