Remnant from the Ashes Recensione: la fine di tutto su Nintendo Switch

Remnant

C’è la fine del mondo, là fuori. In quelle brutali strade che un tempo ospitavano la vita mondana di un miliardo di persone, non rimangono che macerie e detriti sporchi di sangue. C’è la fine del mondo, là fuori, e a fare da portavoce a questa sofferenza perpetua è Remnant From the Ashes in arrivo sulla console della Grande N, proponendosi a un’utenza Nintendo che nelle ultime ore si sta leccando le dita dopo il gameplay reveal di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Sviluppato da Gunfire Games, il souls-like di successo arrivato alla ribalta nel 2019 guadagnandosi l’acclamazione di un numero esagerato di giocatore, varca la soglia del firmware di Nintendo con la stessa brutalità che in passato lo aveva caratterizzato. D’altronde, cosa c’è di più di una storia che comincia nel vuoto e nel dolore, nella perdizione e nella sofferenza? Chiunque abbia giocato Remnant From the Ashes sa bene di cosa sto parlando, e per chi invece ne sente parlare per la prima volta, magari proprio sulle nostre pagine, è giusto che sappia cosa significa erigere della speranza anche là dove non ve ne sono più.

Il team, in passato, ha proposto questa filosofia nella sua esperienza proprio per arrivare all’obiettivo e proporre un videogioco che mantenesse un preciso ordine. Scoprire l’ignoto, preservarlo, trovare il nuovo e dargli qualcosa che avesse ancora qualcosa di bello, e che ricordasse il vecchio mondo. Quel vecchio mondo perduto a causa di scelte illogiche, poco sensate e sciocche, che non hanno portato a nulla, solo alla fine di tutto. È così che ci siamo interfacciati, anche stavolta, alla versione Nintendo Switch di Remnant From the Ashes, consapevoli di poter provare a cambiare realmente quel futuro complesso e lastricato delle carogne di mille nemici adagiati sul terreno, in attesa di essere sbranati dai corvi.

Abbiamo sparato, siamo sopravvissuti, ci siamo nascosti e siamo morti, e come accade spesso con produzioni del genere, siamo ripartito per l’avventura con il capo chino e la certezza di essere pronti ad affrontare qualunque cosa si palesasse sul nostro cammino. Non è stato semplice, perché Remnant From the Ashes non ha lo scopo di essere un progetto di questo calibro. Il suo storico, stando ai dati degli ultimi, racconta di un videogioco uscito in un’annata complessa dominata da Control, Sekiro: Shadows Die Twice e Death Stranding, arrivando su Xbox GamePass qualche mese dopo. Ed è stato proprio grazie al servizio ideato da Phil Spencer se l’opera di Gunfire Games ha ottenuto l’acclamazione necessaria per prepararsi alla complessa sfida con altri sviluppatori. Abbiamo osservato la fine del mondo, e ne siamo rimasti incantati. E mentre tutto crollava e quel poco che dell’umanità restava di concreto, avevamo come la sensazione che ogni cosa fosse passeggera. Che ogni cosa, anche la più miserevole e piccina, non avesse senso.

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Valeva la pena davvero continuare in questo inferno bagnato dal sangue, sporco di milza, fegato spappolato e molto altro? Non ne abbiamo idea, ma di sicuro c’è qualcosa che si nasconde dietro al mistero del mondo che abbiamo perso. Se il nostro compito è sopravvivere e continuare la nostra missione, l’obiettivo del mondo è di trovare sé stesso, se riesce a farlo ben prima che sia troppo tardi.

Un contesto emozionante e riflessivo

Come detto poco più sopra, dell’umanità è rimasto ben poco. Le ultime sacche di resistenza si nascondono sottoterra o negli edifici abbandonati delle grandi metropoli, in attesa di uscire all’aperto mentre contano sulle dita di una mano quanto manca alla loro morte. Le comunità, chiamate Ward, ospitano ogni genere di sopravvissuto, soccorrendo e aprendo le loro porte ai più sfortunato, dando loro cibo e spesso persino ogni genere di supporto. Sopravvivere là fuori è dura, se non impossibile, e le cause principali del maggior numero di morti sono i Root, delle creature terrificanti che compaiono all’improvviso come per magia, straziando e uccidendo qualunque cosa capiti loro a tiro. Immaginate vivere in un mondo del genere: prima eravate qualcuno di importante o un lavoratore come tanti altri, e adesso invece uccidete Root per vivere e dormite dove capita, infischiandovene dei ratti e degli scarafaggi.

Anche se non possiamo rivelarvi dettagli importanti sulla trama e in generale sulla lore del gioco, sappiate che il contesto creato da Gunfire Games arriva in modo esemplare al suo obiettivo, sfruttando soprattutto i legami fra i personaggi, i comprimari e i protagonisti. Una volta avviata l’avventura, tutto è nelle nostre mani: scegliere chi vogliamo essere è alla base della struttura di gioco dell’opera, tanto che personalizzare una propria storia e fantasticare sul darsi è certamente la parte più divertente e appagante dell’intera produzione, che incanta grazie alla sua scrittura. I dialoghi, in tal senso, offrono momenti intensi che raccontano il passato di ciascun protagonista, oltre che a narrare le vicende del nostro personaggio. Noi abbiamo optato per un uomo barbuto e calvo, che si ritrova a sopravvivere in un mondo irriconoscibile e triste, disseminato di creature di ogni tipo. La parte più riuscita, infatti, risiede tutta nel contesto: realizzarne uno non è semplice ma non equivale a proporre qualcosa di effettivamente riuscito totalmente. La trama di gioco, per quanto interessante, risulta per la maggior parte del tempo alquanto asciutta e poco soddisfacente, puntando inevitabilmente sulla struttura di gioco.

Nonostante siano presenti alcuni problemi, le vicende mostrate e il mondo di gioco arrivano al loro obiettivo in modo egregio, dimostrando all’intero panorama cosa significhi avere passione e determinazione, pur riconoscendo degli evidenti limiti da correggere e limare. Gunfire Games, che non ha mai nascosto il suo talento, sa cosa significa rischiare e andare avanti, com’è consapevole di tanto altro, soprattutto delle ispirazioni cui fa riferimento, in particolare al cinema americano che racconta per l’appunto di disastri di qualunque tipo, infarcendo storie e sensazioni in modo attento e particolareggiato. Potrebbe sembrare facile, in effetti, ma non lo è per nulla: la narrazione è legata in maniera indissolubile alla progressione del giocatore e ai suoi risultati sul campo di battaglia.

Niente è dato al caso, neppure l’elemento meno rilevante, perché ogni dettaglio è pensato affinché i giocatori sappiano cosa significhi avanzare in un’avventura di questo calibro. Nonostante sia una narrazione già vista e la storia non racconti nulla di particolarmente nuovo, è la struttura del mondo di gioco a sorprendere e a lasciare di stucco, dimostrando un’ottima profondità legata all’intero racconto proposto. La necessità drammi del genere, soprattutto in un panorama post-apocalittico, determina che la fine, quando è inevitabile, ha il sapore di una vendetta. E quest’ultima è consumata ogni giorno dalle creature presenti nelle varie metropoli, pronte a fare la loro comparsa nel modo più viscido e peggiore in assoluto. Nessuno racconta, però, che è il migliore, perché è quello che determina il fato.

Se non altro, Remnant From the Ashes si basa proprio su questi stilemi, rafforzandoli inevitabilmente per accrescerli e migliorarli a perdita d’occhio. Quel sangue, alla fine, è solo questo: uno schizzo su una parete che non si toglie via né vuole essere sostituita, ma soltanto compresa e assorbita. Tornando al discorso concernente la trama, l’opera ne propone una classica e, purtroppo, alquanto telefonata. C’è un eroe improvvisato che si ritrova in una situazione più grande di lui a gestire una marea di problemi ed altrettanti situazioni scomodo e complesse. C’è la vita, che fugge via, e che è impossibile riuscire a riprendersi, perché ormai ad averne preso il controllo è la bestialità della crudeltà in ogni sua subdola e disumana forma. Lasciare ogni speranza non è un’esortazione, bensì un ordine.

Remnant IIUn gameplay appagante e stratificato

Una volta creato il personaggio dall’editor dedicato, sistemando la barba e la capigliatura, l’avventura inizia definitivamente con un breve preludio iniziale al tutorial che spiega come usare le armi e menare le mani corpo a corpo. La produzione, a differenza di molti altri prodotti del genere, approccia un gameplay ruolistico e profondo man mano che si avanza, non complicando troppo la gestione del proprio personaggio. La parte certamente più riuscita, in realtà, risiede proprio nella gestione dell’inventario e dell’equipaggiamento, che l’opera spinge a esplorare nella sua interezza per gran parte del tempo, cercando soluzioni e nuovi abbinamenti per potenziarsi in modo tale da essere imbattibili e pronti a sferrare attacchi di qualunque genere e portato.

È appunto questa la grande novità che al tempo il prodotto apportò, nonostante fosse uno stilema già visto in passato con altre pubblicazioni, ed è una modalità provata anche nel nuovo Evil West, decisamente più action e meno di ruolo rispetto a Remnant From the Ashes, che si focalizza in modo peculiare sul miglioramento delle abilità. Esplorare, in tal senso, può garantire di trovare oggetti nuovi utilissimi per sopravvivere ai Root e alle creature dell’incubo pronte a comparire improvvisamente. Dimenticate approcci e massimi sistemi: il sistema di combattimento della produzione, al contrario di tante altre, si approccia in modo semplice ma è meglio saperlo usare in modo oculato. Inevitabilmente, impegnativi gli scontri corpo a corpo, come quelli con fucile a pompa e pistola. A riguardo, ci sono tre classi disponibili, ognuna diversa a modo suo: Attaccabrighe, ex-accolito e Cacciatore. Noi abbiamo optato per la seconda, perché ci ha ricordato un Chuck Norris pronto a fare del male a chiunque senza troppe esitazioni. Man mano che si avanza nell’esperienza, eliminando nemici di qualunque tipo, si ottengono punti esperienza per sbloccare nuove abilità.

Sebbene sia un game design particolarmente efficace, sotto questo aspetto Remnant From the Ashes non propone alcunché di nuovo al pacchetto, e si focalizza solamente su poco altro, risultando a tutti gli effetti una produzione che poteva proporre qualcosa di diverso e migliore, costruendo una struttura ludica ancora più solida. Uno scopo complesso, sia chiaro, ma fondamentale da ottenere per accrescere le potenzialità e migliorare tutti gli aspetti di un game design che avrebbe meritato maggiore attenzione. Pur ispirandosi ad altre produzioni, Remnant from the Ashes sa comunque regalare parecchie ore di divertimento al giocatore, coinvolgendo e impressionando per il suo worldbuilding e molto altro. La ricetta, però, non è sfruttata sapientemente e non nel modo adeguato, non distinguendosi dunque da altri souls-like presenti sul mercato.

Remnant from the Ashes alla prova su Nintendo Switch

Abbiamo avuto modo di provare Remnant from the Ashes sia in dock che in portabilità. Se la seconda opzione è stata più gestibile, la prima non ci ha impressionato affatto. Parliamo di sgranature sull’impatto grafico nei momenti più concitati, oltre a cali di frame rate netti che si notano immediatamente sul televisore e determinano purtroppo un porting non particolarmente brillante e alquanto approssimativo. Portare un videogioco del genere su Nintendo Switch, soprattutto se già il lato tecnico su console più potenti non è mai stato il punto forte di Gunfire Games, potrebbe essere stata una scelta azzardata.

Di questo n’eravamo certi finché non lo abbiamo provato in portabilità, notando una stabilità maggiore sotto l’aspetto dei fotogrammi al secondo e della resa grafica. Sul televisore, in tal senso, si notano appunto problematiche estetiche che non determinano tuttavia la godibilità dell’esperienza. I problemi di compenetrazione, i bug e la telecamera ballerina erano già difetti noti sulle altre versioni. Al netto questi difetti, Remnant From the Ashes resta quell’opera inalterata che abbiamo conosciuto altrove in questi anni. Non brilla per una direzione artistica memorabile e punta tutto sulle atmosfere, che risultano in ogni caso appaganti e piacevoli, nonché ben implementate e supportate. La fine di tutto in portabilità ha comunque un buon sapore.

Piattaforme:  Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One, PC

Sviluppatore:  Gunfire Games

Publisher:  Gearbox Publishing

In definitiva, Remnant from the Ashes su Nintendo Switch risulta un porting modesto che avrebbe potuto proporre l’avventura in una chiave decisamente diversa e più curata. Al netto di questo, la struttura di gioco è comunque solida e coinvolgente, in grado di attirare e coinvolgere quanto di impressionare in modo appassionato e particolareggiato. Forte di un contesto che arriva all’obiettivo, il videogioco di Gunfire Games potrebbe trovarsi piacevolmente a proprio agio nel vasto ecosistema di Nintendo Switch. 

VOTO 7.6