Star Wars Jedi Survivor è senza dubbio uno dei titoli che aspettavo con maggior interesse quest’anno. Al netto di uno scoppiettante inizio della stagione videoludica, che ha già saputo regalare ore ed ore di gioco e divertimento a tantissimi appassionati, con diversi pezzi grossi già approdati sugli scaffali e con l’imminente arrivo di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, da grande appassionato del franchise Star Wars e del lavoro fatto sul brand da Respawn Entertainment non poteva essere altrimenti. Del resto, la promessa di ampliare e migliorare la già ottima alchimia raggiunta con il primo capitolo della serie, quel piccolo capolavoro di Fallen Order, era un motivo già di per sé più che valido per attendere a braccia aperte il ritorno di Cal Kestis e della sua banda, sempre alla ricerca di un bagliore di luce in mezzo ad un’oscurità sempre più minacciosa e ingombrante. E, venendo al discorso della volontà di migliorare il primo capitolo, voglio subito dire che è impossibile non capire immediatamente che Star Wars Jedi Survivor sia per certi versi definibile un sequel coi fiocchi, proprio perché riesce a centrare appieno il suo target principale: migliorare, espandere e perfezionare, ma senza snaturare. Jedi Survivor è un action-adventure a tinte “soulslike” molto divertente, appagante e stimolante, e lo è per tutta la sua durata, al netto di momenti meno convincenti e soluzioni poco innovative, ma chiaramente non è esente da svarioni importanti, legati soprattutto all’aspetto tecnico della produzione. Nel complesso, comunque, la nuova fatica di Respawn Entertaniment mi ha convinto ma, per ambire allo status di Maestri Jedi, i nostri amici californiani hanno ancora da lavorare sulle vie della Forza.
Star Wars Jedi Survivor: lo spettro del passato avvolge il presente
Se, come il sottoscritto, avete un po’ la memoria corta e non siete particolarmente aggiornati sugli eventi di Fallen Order, non preoccupatavi più di tanto. Fidatevi. Seguendo una politica narrativa ben precisa, infatti, i ragazzi di Respawn Entertainment hanno deciso di attingere molto sul piano della costruzione tematica dalle grandi pellicole e dai prodotti dell’intrattenimento in generale dedicati al marchio Star Wars, portando su schermo una storia certamente continuativa ma non collegata direttamente al suo predecessore. Star Wars Jedi Survivor, infatti, riprende il viaggio di Cal Ketsis, uno degli ultimi Jedi rimasti in vita nella sempre più oscura “Galassia lontana lontana” creata da George Lucas, circa cinque anni dopo gli eventi del primo capitolo della serie, che ormai vive la sua vita con il solo scopo di dare la caccia allo spietato Impero. D’altronde, l’inizio del gioco è proprio un segno indelebile della personalità del protagonista, impegnato sin da subito a cercare informazioni sulle oscure prese di potenza di un Impero sempre più forte, probabilmente in uno dei suoi periodi di maggiore potenza, grazie soprattutto agli Inquisitori ed alla loro caccia selvaggia (scusatemi se la citazione non vi piacerà) nei confronti degli ultimi Jedi, o potenziali tali, rimasti in vita.
Proprio dallo scontro con un Inquisitore riparte il viaggio di Cal, che ancora una volta si ritrova però a doversi fare spazio a colpi di fendenti e a spinte della Forza varie tra le forze nemiche, in un viaggio ancor più ampio, minaccioso e ricco di segreti che in passato. Dopo aver riparato e riattivato la Mantis, rimasta “ferita” sotto i colpi della primissima battaglia vista nel prologo, Cal compie un vero e proprio viaggio intergalattico, alla ricerca di vecchi e nuovi alleati per contrastare il potere sempre più dilagante e inebriante del Lato Oscuro che, lentamente e inesorabilmente, si sta espandendo a macchia d’olio, come un’infezione a cui sembra ormai impossibile sfuggire. Jedi Survivor, però, non è soltanto questo. Così come il Lato Oscuro semina orrore e distruzione nel nuovo capitolo della serie, a costituire il più grande pericolo per il giovane Jedi e i suoi alleati stavolta è lo stesso Ordine dei Jedi e il suo oscuro passato, che però non voglio spoilerarvi in alcun modo, lasciandovi squisitamente intatto il piacere della scoperta. Quello che ne consegue è un viaggio interessante, longevo e ricco di segreti, con il solito cast stellare di comprimari a cui si uniscono tante nuove facce, che riescono ad ampliare in maniera funzionale l’intelaiatura narrativa della produzione, in un turbinio di eventi che mi hanno accompagnato in maniera decisamente soddisfatta fino ai titoli di coda di un’avventura che voleva essere più grande e bella che in passato e che, sotto questo profilo, centra appieno il suo obiettivo.
Star Wars Jedi Survivor: le vie della Forza sono infinite per davvero, almeno per quanto riguarda il gameplay
Sono sincero: il gameplay di Star Wars Jedi Survivor mi è piaciuto veramente tanto. L’action-adventure in salsa “souls-like” possiede veramente tutti i crismi di sorta, anche grazie alla scelta degli sviluppatori di arricchire il livello di sfida generale sia sul piano della difficoltà sia e soprattutto su quello dell’approccio agli scontri. Con questo sequel, i ragazzi di Respawn Entertainment hanno perfezionato e ampliato questa formula, portando su schermo un prodotto ben bilanciato, ricco e variegato, che sa offrire al giocatore un sistema di combattimento appagante e mai frustrante, che si basa tanto sulle abilità “pad alla mano” quanto sulla capacità di pianificare ed elaborare al meglio i vari scontri. Il livello di sfida è infatti più, se vogliamo, salato, soprattutto perché spesso e volentieri vi ritroverete ad affrontare gruppi nutriti di nemici con abilità e armi differenti, che richiedono una precisa strategia per poter portare a casa la pelle. È proprio così che il gioco strizza maggiormente l’occhio alla sua vena souls-like, con l’aumento non tanto della difficoltà in sé quanto della necessità sempre più predominante di riuscire a comprendere sia i propri attacchi sia, come da tradizione per il genere di riferimento, quelli dei nemici. Proprio a tal proposito, ho trovato molto interessante la scelta di rendere il gioco più “aperto”, con tante tipologie di nemici differenti con annessi movimenti e strumenti con cui minacciare la vita del giovane Jedi, sempre più in balia di un mondo smisurato e minaccioso. Per fortuna, però, Respawn ha pensato proprio a tutto, ed ha messo nelle mani del giocatore una grande libertà d’azione quando si tratta di impugnare la spada (o le spade, o i blaster…vabbè, avete capito) contro i nemici, inserendo per la prima volta nella serie gli Stili di combattimento, che sono ben cinque. Riposando ai “falò” è possibile equipaggiare due assetti alla volta, che a loro volta possono essere switchati con i semplici tasti direzionali e in qualunque momento, e posso dirvi che ognuno di essi mi ha saputo restituire sensazioni squisitamente uniche e mai ripetitive. Che sia la volontà di impugnare la classica Spada singola o la potenza della doppia lama in stile Darth Maul, o magari la scelta di affidarsi ad attacchi a distanza grazie ai blaster e via dicendo, ogni tipologia di stile di combattimento ha saputo risultare importante durante tutta l’avventura, con la necessità proprio di capire come e quando adattare ognuno di essi a seconda della circostanza.
Tutto questo funziona anche perché, di base, a funzionare è soprattutto il gameplay in sé. Il feedback dei colpi rende i combattimenti spettacolari e frenetici, al netto della forte componente strategica di cui vi ho già parlato e, ancora una volta, anche la varietà dei nemici riesce a giocare un ruolo fondamentale nell’economia della produzione. Il sistema di combattimento di Fallen Order è dunque senza troppi dubbi uno degli aspetti più riusciti della produzione (per quanto abbia trovato la parata troppo sfasata, specialmente contro gli avversari muniti di blaster) e viene saggiamente coadiuvato da un’ottima gestione della progressione di Cal che, rispetto al capitolo precedente, si espande con diverse opzioni pensate proprio per rendere le gesta del giovane Jedi più vicine possibile al proprio stile di gioco. Stavolta, infatti, Cal può migliorare le proprie prestazioni attraverso ben tre diversi alberi differenti: Difesa, Spada Laser e Forza, che permettono di potenziare ed ampliare il bagaglio tecnico e “fisico” del protagonista con grande libertà d’azione. La prima, come suggerisce la parola stessa, permette di aumentare parametri come la salute massima, la capacità rigenerativa delle cure e il margine di errore sul tempismo di parata. La seconda, invece, permette di ampliare le capacità offensive “spade alla mano”, chiaramente suddivise anche a seconda delle varie tipologie di assetti offensivi che si decide di usare. L’ultimo parametro, chiaramente, serve invece per aumentare la potenza “interiore”, con perk che consentono di migliorare abilità quali l’attrazione, la repulsione, la spinta e via dicendo, oltre ad aumentare la Forza massima, il recupero di quest’ultima, e così via. Nel complesso, ho trovato questa gestione delle abilità di Cal molto interessante per quanto non rivoluzionaria, anche perché si fonde perfettamente con un’altra grande novità di Jedi Survivor: l’esplorazione. Da buon “soulslike” infatti il nuovo capitolo della serie dedicata all’universo di George Lucas mette nelle mani del giocatore tantissime cose da fare, tanti segreti da scoprire, prove da completare, nemici potentissimi da sconfiggere e misteri da portare a galla, facendo in modo che si venga rapiti dalla bellezza e dalla prepotenza contenutistica di un mondo di gioco (in totale sono sei i pianeti esplorabili) veramente strabordante.
Esplorazione e level design: il lato cool della forza
La cosa che rende Star Wars Jedi Survivor sempre più vicino al genere di riferimento, al di là dell’ottimo gameplay, è sicuramente il level design. Lo sappiamo bene tutti, ormai, un buon “souls-like” o comunque un buon action-adventure è tale quando riesce a offrire un mondo di gioco costruito ad hoc, una matrioska gigante da spulciare fino all’ultimo segmento più interno possibile, e il nuovo titolo di Respawn riesce a centrare quasi perfettamente questo obiettivo. L’ho già detto più volte, ma voglio ripeterlo ancora una volta: Jedi Survivor è più grande e più “grosso” di Fallen Order e la prima cosa che lo rende evidente è senza dubbio la generosità delle aree di gioco, esplorabili tutte più o meno liberamente e mai poste lì come semplice riempitivo. I sei pianeti principali sono infatti delle grosse distese che si aprono davanti al giocatore come mai prima d’ora e rendono il viaggio di Cal ancor più interessante ed entusiasmante. A giocare un ruolo fondatamente in tal senso, al di là proprio della bellezza del poter assistere a un open-map così generoso, è sicuramente però il level design, che in Jedi Survivor fa la voce grossissima, sin delle primissime battute. È proprio sotto questo aspetto che il nuovo titolo di Respawn Entertainment ha saputo fare la differenza, con un la creazione di un mondo di gioco pieno zeppo di strade, stradine, passaggi segreti, aree nascoste e luoghi da scoprire per tutta la Galassia esplorabile, cosa che chiaramente spinge l’opera verso livelli qualitativi mai raggiunti in precedenza. La grande “Forza” del level design si muove pari passo con l’ottima gestione dell’elemento “Metrodivania” che accompagna il gioco, che mai come in questo secondo capitolo si avverte con grande convinzione. Molto spesso, infatti, mi è capitato di trovare segreti e strade potenzialmente importanti per arrivare a boss speciali o prove da affrontare, per poi scoprire di doverci ritornare in secondo momento, magari proprio sfruttando nuove abilità e nuove “movenze” sbloccabili in secondo momento e che richiedono, per forza di cose, un backtracking decisamente importante, ma mai frustrante. Ho parlato non a caso di sfide e boss da trovare sfruttando il saggio level design del gioco, perché i pianeti di Jedi Survivor sono veramente zeppi di cose da fare e da vedere, anche a livello di attività.
Oltre ai tanti collezionabili da reperire, che ampliano enormemente il background del mondo di gioco, alle varie sfide da portare al termine e ai tanti nemici da sconfiggere, Jedi Survivor offre ai giocatori anche un buon numero di incarichi secondari da portare al termine, da scoprire, attivare e seguire proprio lasciandosi trasportare dalla voglia di esplorare. Sia chiaro, non mi sono mai veramente imbattuto in qualcosa di clamoroso sul piano creativo, certo, ma comunque in grado di dare una ventata d’aria fresca a tutta l’avventura e di giocare un ruolo fondamentale nello “spezzare” la linearità potenziale della storia principale. A questi si aggiungono le Camere dei Jedi, dei veri e propri dungeon con una forte componente platform da completare per sbloccare ricompense e segreti vari, senza mai dimenticare la presenza di una sorta di hub centrale che, proprio come accade nei souls-like di From Software, si riempie man mano che il viaggio di Cal si espande e il giovane Jedi riesce a entrare in contatto con i nuovi quanto con i vecchi alleati sparsi per la Galassia. Nel complesso, dunque, Jedi Survivor sotto questo aspetto mi ha convinto appieno: per quanto alcune aree mi sono sembrate più “cariche” di altro e forse più importanti sul piano dei contentuti, devo ammettere che ho apprezzato parecchio la volontà degli sviluppatori di creare un mondo di gioco così esteso e così ben incastonato su stesso, e da appassionato anche del franchise in generale non ho potuto che ammirare anche i tanti rimandi alle pellicole cinematografiche e alle produzioni televisive più recenti, che mi hanno strappato un sorriso convinto in più di un’occasione durante il mio lungo viaggio sulla Mantis.
Tecnica e performance (PS5): il lato oscuro della forza
Finora vi ho elencato mille motivi per cui Jedi Survivor vada considerato un titolo quasi imperdibile, specialmente per gli appassionati del genere e del brand, ma è chiaro che il titolo non sia esente da problemi e che non abbia diverse pecche, alcune delle quali anche discretamente importanti. Quello che mi ha veramente lasciato interdetto, a tal proposito, è l’aspetto tecnico del gioco, che fin dai primi minuti di gioco mi è apparso con qualche problemino di troppo. A finire sul banco degli imputati è sicuramente il frame-rate che, almeno su PS5, anche con la modalità Prestazioni attivata e in situazioni non particolarmente caotiche ha dimostrato di poter scendere velocemente sotto i 50 fps senza alcun vero motivo, per non parlare delle situazioni in combattimento in cui i frame sono calati in maniera vertiginosa, creando situazioni spiacevoli non soltanto sul piano estetico ma anche e soprattutto pratico, costringendomi anche in più di un’occasione a dover ripetere una battaglia proprio per la scarsa gestione della stabilità generale. Questo aspetto, purtroppo, si è evidenziato anche nelle fasi esplorative: spesso e volentieri, infatti, durante azioni come i salti, per dirne una, la scarsa reattività dei comandi e la pesantezza del frame rate hanno reso il movimento un vero e proprio supplizio, tanto da farmi arrabbiare e non poco in diverse occasioni. Al di là del frame rate è infatti proprio tutta la gestione del movimento di Cal a essere claudicante, con movimenti goffi e inceppati apparentemente inspiegabili che, uniti a un motion blur piuttosto evidente e a dei tempi di caricamento di alcune texture veramente pesanti hanno reso alcuni passaggi dell’avventura veramente pesanti e inspiegabilmente insopportabili. A tal proposito, nel momento in cui vi scrivo ho anche installato la patch 1.01 del gioco che è andata proprio a cercare di sistemare queste pesanti incertezze e, per quanto devo ammettere che ho trovato qualche piccolo miglioramento specialmente sul versante della stabilità, è evidente che di lavoro da fare i ragazzi di Respawn ne hanno ancora da fare, per correggere il tiro.
È certamente un peccato, anche perché il gioco artisticamente l’ho trovato veramente imponente. Il colpo d’occhio offerto dai pianeti visti durante la storia è encomiabile, così come la fotografia, che ha dimostrato di non avere niente da invidiare alle produzioni più importanti del brand in più di un’occasione. A livello “costruttivo” infatti, Jedi Survivor è un mix di sapere e amore per il marchio Star Wars e sincera voglia di stupire sul piano ludico, con passaggi che veramente farete fatica a dimenticare, soprattutto per il loro forte impatto sentimentale, specialmente se siete dei grandi appassionati del lavoro di George Lucas come il sottoscritto. Come al solito ho trovato di grande impatto anche la colonna sonora: da un titolo che porta Star Wars nel titolo, chiaramente, non mi sarei aspettato niente di meglio, ma sono felice di poterlo constatare in maniera diretta e con cognizione di causa. Buono, come sempre, anche il doppiaggio italiano: il cast di attori che hanno dato vita a Cal, Greeze, Bode e tutti gli altri protagonisti del gioco sembra sapere il fatto suo e sono contento della grande attenzione rivolta in tal direzione dal team, che ha dimostrato di non voler lasciare al caso, almeno sul piano della realizzazione artistica.
Piattaforme: PC, Xbox Series X|S, PS5
Sviluppatore: Respawn Entertainment
Publisher: Electronic Arts
Star Wars Jedi Survivor è più grande, bello e profondo del suo predecessore. Il sequel del coraggioso titolo di Respawn è sicuramente un prodotto migliore sotto praticamente tutti i punti di vista, e viene compromesso quasi unicamente da un comparto tecnico inspiegabilmente sottotono, specialmente considerando la natura only current-gen del gioco (per quanto lo sviluppo sia iniziato su-old, in pratica). Le prestazioni su console mi hanno sinceramente lasciato interdetto e per un action game avere dei grossi problemi con il frame rate, specialmente quando i combattimento all’arma bianca sono potenzialmente il pane della produzione, è un qualcosa che non puoi veramente permetterti. Nel complesso, però, è impossibile non consigliare la nuova avventura di Cal sia ai fan del brand sia agli appassionati del genere in generale, che si ritroveranno per mano un prodotto ricco, profondo e appagante e che, lasciatemelo dire, sprizza “forza” da (quasi) tutti i pori.