TT Isle of Man Ride on the Edge 3 Recensione: ritorno sull’isola

Come sarà rimarcato più volte in questa recensione, TT Isle of Man Ride on the Edge 3 è un seguito anomalo, quasi che nel tentativo, riuscito, di ampliare l’offerta ludica e strutturale, la produzione Nacon abbia dovuto sacrificare altri aspetti, altri momenti. Difficile dire, insomma, se le nuove scorribande a due ruote in odor di simcade sull’Isola di Man siano davvero un’evoluzione o, al contrario, un’involuzione della formula sviluppata fino al recente passato dai finlandesi di Kilotonn. Anche perché, ecco la buona novella, a capo dello sviluppo c’è ora un team italiano che agli appassionati dei racing game non risulterà certo sconosciuto. Reduce da un discreto successo di critica e pubblico raccolto all’esordio, RaceWard ha cercato, in sintesi, di traslare parte della formula apprezzata in RiMS Racing su quel lembo di terra circondato dal mare dove, mescolando leggende e realtà, leprechaun e motociclette scorrazzano felici. Sia chiaro che in TT Isle of Man Ride on the Edge 3, dove si punta con moderata convinzione al realismo, di folletti dai capelli rossi e orecchie a punta neppure l’ombra. Tutto, piuttosto, è incentrato sulla velocità, sul controllo della moto, su quell’isola finalmente “aperta” che nei decenni ha raccontato, questo sì, storie e cadute di grandi campioni.

TT Isle of Man Ride on the Edge 3: l’Isola che c’è

Leggende e realtà, appunto. Per le prime, l’isola è stata plasmata e creata dal gigante irlandese Fionn mac Cumhail: fu lui a strappare al rivale scozzese quella porzione di terra poi scagliata con forza nel Mare d’Irlanda. Qualche secolo dopo, sotto il simbolo della iconica Triscele, l’isola troverà gloria e fame in uno degli eventi sportivi più affascinanti e pericolosi del globo. Ogni anno, stoppata solo nel 2020 causa pandemia, l’isola ospita il Tourist Trophy. Una gara lunga e logorante che si snoda sul mitico Snaefell, tecnicamente complessa e logorante e  che, attraverso curve ripide e veloci rettilinei, discese e salite, attira da anni e ancora oggi alcuni dei piloti più veloci e coraggiosi del pianeta. L’Isola di Man, pure, ha ispirato racconti e romanzi, artisti e dipinti, poesie e canzoni, suggestionando infine, quei videogiochi diventati, arrivati al terzo capitolo lo si può dire, una vera e propria serie che, dal 2018, si aggiorna ogni due anni o poco più. Eppure, se non vi è dubbio alcuno sul fatto che il secondo capitolo fosse effettivamente un videogioco migliore rispetto al predecessore, oggi, maggio 2023, i dubbi sulla qualità del prodotto, se pur in forma relativa, emergono con forza. Il cambio di sviluppatore imposto dal publisher ha modificato radicalmente la filosofia del titolo: nonostante il paragone sia rischioso e per tutti i versi azzardato, la struttura di Ride on the Edge 3 strizza l’occhiolino agli open world, su tutti la serie Forza Horizon.

Intendiamoci, si tratta di un confronto in “scala” evidentemente ridotta, dove il “mondo” si trasforma in isola o, per citare gli sviluppatori, in “open roads”, con una riproduzione più o meno fedele non solo dei “tracciati”, ma anche di tante strade che disegnano costa ed entroterra della piccola nazione. Una volta scesi in pista, meglio: in strada, sarà quindi possibile percorrere l’isola in lungo e in largo per circa 200 chilometri che, giura il publisher, riproducono in maniera più o meno fedele, anche nell’edilizia e nella toponomastica, l’iconica Isola di Man. Lungo questo percorso ci si imbatterà in alcune icone che permetteranno, così, di accedere ad una moderata serie di eventi, divisi in competizioni, sfide e “curiosità” che, nel complesso, tengono in piedi la struttura ludica messa in piedi da RaceWard. Quanto descritto disegna per intero la principale novità del titolo ed è un evidente punto di rottura rispetto alla struttura più chiusa dei primi due episodi. Eppure, tutto ha un prezzo. In primis, il “forzato” paragone con Horizon resta, come prevedibile, una “fantasiosa ricostruzione giornalistica” su cui, onestamente, il reparto marketing di Nacon non ha mica colpe. Il punto è che, reduci dagli enormi e opulenti open racing moderni, le poche icone presenti sulla mappa faticano a soddisfare i palati del videogiocatore degli anni venti, avvezzo ad un’offerta sicuramente più ricca, per quanto alle volte caotica. Il punto, pure, è che, al netto delle due categorie disponibili di moto, Super Sport e Super Bike, di una manciata di livree e piloti e di oltre 30 percorsi ricavati dalle principali location del lembo, l’Isola di Man ricreata nel titolo non offre grandi spunti slegati dalla competizione, restando ben lontana dal concetto di “parco giochi” che, negli ultimi anni, ha influenzato il mercato. Il punto, ancora, è che i luoghi di interesse “visitabili” non fanno nulla più che sbloccare brevi descrizioni testuali in odor di Wikipedia sulla storia dell’isola e su quella della competizione consultabili dal menu. D’altro canto, sarebbe ingeneroso fondare la critica su improbabili paragoni, perché Ride on the Edge 3 ha alcuni punti di forza ben evidenti ereditati proprio dal precedente lavoro di RaceWard.

Il retaggio di RiMS

Non lo racconta certo una leggenda, infatti, che proprio con RiMS Racing, il giovane team di sviluppo avesse trovato una strada originale e apprezzata dagli appassionati di moto. Una strada che, se pur in maniera diversa, è stata traslata nella già citata struttura aperta, solo assaggiata con Kilotonn. Disseminati lungo l’isola, infatti, ci sono delle aree di servizio con tanto di officina dove sarà possibile sviluppare le componenti di ogni singola moto. Motore, serbatoio, carena, sospensioni, freni, rapporti, gomme. Tutto, o quasi, risulta potenziabile su cinque livelli al costo dei punti esperienza racimolati nel corso delle competizioni da affrontare lungo la carriera, per motociclette sempre più performanti e per tempi su giro che, in maniera inesorabile, sono destinati ad abbassarsi sensibilmente già dopo le primissime ore di gioco. Il tutto, in attesa dell’accesso alla competizione principale che, come da titolo, ha fornito la licenza al gioco. Gioco che, come prima e più di prima, punta in qualche modo ad un realismo scalabile, grazie alle tre configurazioni attivabili in qualsiasi momento dalle impostazioni. Si tratta di profili opzionali al momento e non personalizzabili in modo alcuno, ma che, di base, rendono l’esperienza fruibile e godibile ad una platea piuttosto ampia. Fino a un certo punto, sia chiaro. Rispetto ai due episodi firmati da Kilotonn, RaceWard ha impresso un’impronta decisamente più realistica intorno al sistema di guida, simulando in maniera più convincente la gestione dei pesi del corpo e della moto, ma anche la gestione delle frenate e dell’accelerazione. Aspetti, questi, che ben si integrano con il già citato sistema di sviluppo dei componenti motoristici e meccanici, con “pacchetti” che, una volta installati, restituiscono effettivamente la sensazione di avere il corpo abbracciato ad un bolide diverso. Tutto da rivedere, invece, il sistema di collisioni con gli altri piloti, che da sempre affligge la serie nata nel 2018. In linea generale, però, non abbiamo alcun dubbio nel ritenere il modello di guida del terzo capitolo di TT Isle of Man decisamente migliore rispetto al passato. Tutto merito, in questo caso, degli ex Milestone che compongono il team a capo di un progetto evidentemente rinnovato, se pur, come spiegato in attacco di recensione, limitato dai criticità e contraddizioni.

Quando non soffia il vento

Cambiata la struttura – piaccia o non piaccia il concetto “open” appariva quasi come obbligo morale vista la particolare location – e migliorato il sistema di guida – non solo più realistico, ma anche più “coerente” e leggibile – i problemi, veri, di una produzione impreziosita ma allo stesso limitata dalla sua stessa licenza, risiedono tutti negli aspetti tecnici, vero e proprio tallone d’Achille di TT Isle of Man Ride on the Edge 3. Ed è un tallone bello grosso, perché bisogna ammettere che, paragonato al secondo capitolo, questo terzo episodio sia, semplicemente, meno bello e meno suggestivo da vedere e da ascoltare. Forse, anche meno rifinito. Nonostante l’evidente riciclo degli asset, è possibile che l’engine, portato di peso su scala “open”, non abbia trovato la giusta ottimizzazione, mostrando il fianco, almeno nella versione Xbox Series X testata, ad una serie di problematiche piuttosto evidenti. Nulla da dire sulla migliorata fluidità, visto che i 60 fotogrammi sono graniticamente garantiti in ogni occasione, ma tanto ci sarebbe da discutere sull’impoverimento generale del dettaglio e dell’estetica. Le moto sembrano meno belle, il fogliame a bordo pista meno rigoglioso, persino gli elementi oltre la linea di orizzonte appaiono spogli, mal disegnati, spigolosi, afflitti da un rendering che, nonostante i 4K, ha riportato a galla ricordi di contorni tutt’altro che definiti di qualche generazione fa. Come se non bastasse, anche l’illuminazione sembra depotenziata e, per quanto l’obiettivo evidente fosse chiaramente quello di puntare al fotorealismo, l’intero impianto artistico è meno ispirato, meno suggestivo. Date le suggestioni visive in dote allo scenario naturale, si tratta di un peccato mortale che, tralasciando un fastidioso pop-up che affligge texture ed elementi in secondo piano, ricade anche sul comparto audio. E no, il riferimento non è al sound dei motori, invero apprezzabile e differenziato, quanto a quello dello scenario stesso, in precedenza capace di “sussurrare” grazie a quel vento che muoveva foglie, rami e polvere, ma che oggi risulta terribilmente muto, assente. Piuttosto che relegare tali criticità alle abilità degli sviluppatori, l’idea, cristallizzata in alcuni glitch e bug che affliggono i menu, è che in RaceWard avessero bisogno di maggiore tempo per ottimizzare un pacchetto chiamato a girare, come mercato comanda, su tanti, troppi hardware diversi. Insomma, un bell’impiccio. Nonostante alcune chicche – su tutte, l’implementazione di una pioggia davvero convincente – il problema potrebbe comunque trovare parziale soluzione nei futuri aggiornamenti. In fondo, non è certo un mistero che la “creatura” di Nacon sia nata per durare, con sfide a tempo e classifiche online, oltre a lobby multiplayer personalizzabili, che lasciano ben sperare in termini di supporto post lancio, con tanto di promessa ufficiale su un prossimo update di moto, livree e piloti alla stagione 2023.

Piattaforme: PS5, PS4, Switch, PC, Xbox Series X/S, Xbox One
Sviluppatore: RaceWard Studio
Publisher: Nacon

TT Isle of Man Ride on the Edge 3, doveroso ribadirlo, è un sequel anomalo, che alterna il buono al brutto. Il cambio di sviluppatore ha sicuramente portato del “buono”, ovvero lo sviluppo delle moto e la nuova fisica che governa il modello di guida, ma anche quel “brutto” che, principalmente, risiede in una serie di magagne tecniche e artistiche su cui, anno 2023, è impossibile soprassedere. Restano, retaggio della particolare licenza, alcuni punti di forza legati al fascino di un posto speciale e di una competizione unica, nata dal coraggio dei piloti e da quel gigante che, secondo le leggende più antiche raccontate dagli anziani, per un errore di mira creò l’Isola di Man. Perché sì, anche dagli sbagli nascono cose buone, per quanto non adatte a tutti. 

VOTO 7.2

Michele Iurlaro è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo